Avventura a Pettinengo
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Avventura a Pettinengo
Jesse Dooney aveva girato molto in vita sua e non teneva più il conto di quante città o paesi avesse visitato. I nomi e i volti si confondevano nella memoria in un puzzle frammentato, ma di quel viaggio avrebbe conservato la memoria fino alla fine dei suoi giorni.
Era una mattina come tante. Jesse si trovava nella stalla a mungere le vacche quando si sentì chiamare per nome.
«Sto cercando Jesse Dooney.»
L’uomo indossava un gran sombrero con un nastro verde e stivali così lucidi che pareva fosse arrivato in sella a un proiettile anziché cavalcando tra la polvere; l’aveva guardato dritto negli occhi e costretto a terminare in fretta la mungitura con inevitabili rimostranze sonore della vacca.
Jesse rispose senza scomporsi. «L’hai trovato, straniero.»
Era una mattina come tante. Jesse si trovava nella stalla a mungere le vacche quando si sentì chiamare per nome.
«Sto cercando Jesse Dooney.»
L’uomo indossava un gran sombrero con un nastro verde e stivali così lucidi che pareva fosse arrivato in sella a un proiettile anziché cavalcando tra la polvere; l’aveva guardato dritto negli occhi e costretto a terminare in fretta la mungitura con inevitabili rimostranze sonore della vacca.
Jesse rispose senza scomporsi. «L’hai trovato, straniero.»
Il misterioso visitatore rincarò la dose: «Si dicono certe cose di te in giro.»
«Cerchi guai, amigo?»
La pazienza stava per terminare e Jesse era pronto a far suonare la sua Jingle Bell, una Colt 45 placcata in argento con manico in madreperla, quando lo sconosciuto rivelò la propria identità.
«Pat Garrett non cerca guai. Però, se vuoi, può fartene trovare.»
Jesse incassò il colpo. Non avrebbe mai potuto riconoscere lo sceriffo più famoso del momento vestito così.
Ora, bisogna sapere che Jesse Dooney era un uomo dall’apparenza mite, il cervello sopraffino e la mira micidiale. Pare che avesse un metodo infallibile per catturare i ricercati e si fosse arricchito grazie alle numerose taglie incassate girando in lungo e in largo ogni buco del West per ripulirlo dalla feccia.
Nel ranch di Dooney, appeso alla parete della latrina, faceva ancora bella mostra di sé il manifesto con la taglia da cinquecento dollari per la testa del fuorilegge più ricercato del west: Billy the Kid. Era stato proprio lo sceriffo Pat Garrett a risolvere la questione mesi prima e Billy, ormai, non era che cibo per i vermi.
Vi chiederete perché Jesse non avesse dato egli stesso la caccia a Billy the Kid, ma il fatto è che, quando era ancora un ragazzino innocente, lo aveva ospitato per un periodo nel proprio ranch e gli si era affezionato. Non lo avrebbe mai potuto fottere: anche i cacciatori di taglie hanno una loro etica.
La cifra offerta per la testa del Kid era davvero succulenta, ma il governatore Lew Wallace non l’aveva mai scucita. Con la scusa che Garrett aveva fatto solo il proprio dovere di tutore della legge, aveva tenuto ben stretti i cordoni della borsa e se l’era cavata con un elogio pubblico.
La cosa non era andata affatto andata giù allo sceriffo poiché aveva promesso fior di dollari agli uomini che lo avevano aiutato a catturare il fuorilegge e ora pretendevano di incassare. Da mesi, gli stavano incollati alle costole come mosche intorno al culo di un bisonte.
Desideroso di vendetta, per risolvere la questione senza sporcarsi le mani, Garrett aveva deciso di rivolgersi al leggendario cacciatore di teste della contea di Lincoln: Jesse Dooney.
Fu così che, nel giro di qualche minuto, l’uomo di legge e l’assassino di professione si trovarono seduti a un tavolo per mettere a punto l’incarico: lo sceriffo lo avrebbe pagato profumatamente per riempire di piombo nientemeno che il governatore Lew Wallace.
L’accordo fu sancito davanti a una bottiglia di dynamite, una mistura di whisky scadente addizionato di tabacco e zucchero bruciato che Dolores, la governante, teneva sempre pronta per le occasioni speciali.
Prima di montare con un balzo sul cavallo e sparire in una nuvola di polvere, Pat Garrett gli mise in mano cinquanta dollari come anticipo; per il saldo, si sarebbero rivisti a lavoro concluso.
Per Dooney, far fuori il governatore sarebbe stato un gioco da ragazzi. La cosa si sarebbe risolta in breve tempo, come al solito. Si mise subito al lavoro.
Rimasto solo, Jesse si avviò verso la latrina, ci entrò e chiuse bene la porta. Con il calcio della Colt assestò due o tre colpetti nel centro della parete esposta a nord. Si aprì un piccolo portello che conteneva uno strano marchingegno pieno di fili e pulsanti colorati.
Dooney armeggiò qualche minuto e, infine, si avvicinò alla buca del cesso. Aveva inventato uno speciale tappo in legno per coprirla e contenere gli odori sgradevoli. Tirò la corda per scoperchiarla e tutta la latrina iniziò a vibrare. Un vapore denso come una nuvola carica di pioggia iniziò a sbuffare dal soffitto prima di incanalarsi in un piccolo tubo che sbucava in un comignolo nel tetto. In men che non si dica, il casottino puzzolente si sollevò da terra. Con gesti rapidi ed esperti Dooney teneva dritta con la mano destra la barra che era emersa dal buco nel pavimento, mentre con la sinistra sorreggeva una mappa. Individuato con l’indice il punto esatto da raggiungere, premette il bottone rosso che lo avrebbe fatto atterrare direttamente nell’ufficio del governatore.
Grazie dalla latrina volante di sua invenzione, Jesse Dooney cacciava le prede facendole prima morire d’infarto per lo spavento e poi, una volta stecchite, finiva il lavoro piazzando loro un buco nel centro del petto.
Era così che si era costruito la fama di gran pistolero. Colpire Lew Wallace sarebbe stato un lavoretto semplice e pulito.
La latrina smise di vibrare, la Colt già fremeva dal desiderio di sputare piombo. Jesse Dooney spalancò la porta, ma non si trovò affatto nell’ufficio del governatore...
Dall’altra parte del globo, Orazio Colombo detto l’americano per via del suo cognome, stava seduto sotto il filo d’ombra che tagliava in due il piazzale di fronte alla scuola di Pettinengo.
La sottile striscia di frescura proveniva dal tetto della latrina che si trovava all’esterno dell’edificio scolastico e offriva un po’ di refrigerio dal riverbero del sole.
Nel piccolo paese abbracciato dalle Alpi non mancavano certo alberi e aria fresca, ma gli abitanti del luogo avevano assecondato le richieste della maestra e disboscato l’area di fronte al fabbricato. Con la visuale libera, la donna riusciva senza sforzo a tenere sotto controllo gli alunni durante la ricreazione e a evitare di perderli di vista.
Orazio faceva il custode; un compito che, il ragazzone di vent’anni o poco più, prendeva molto sul serio.
Gli allievi più svegli avevano imparato presto che l’unico modo per salvarsi dalla noia delle lezioni era chiedere di uscire per i propri bisogni e l’americano approfittava senza scrupoli della situazione: pretendeva che i ragazzini gli pagassero un pedaggio per accedere al bagno. Che fosse un boccone di merenda, un frutto oppure un dolcetto, egli riusciva sempre a sbafare qualcosa di buono da mettere sotto i denti.
Orazio sedeva davanti alla porta della latrina a gambe allungate. Con la stazza imponente e l’inseparabile Stellina, un gioiello di pistola marchiata Regia Manifattura d’Armi di Torino bene in vista, incuteva un certo timore e teneva lontani dalla suola i malintenzionati.
Calzava degli stivali che, a giudicare dalla polvere e dai buchi nelle suole, dovevano aver fatto almeno due volte il giro del mondo ed esalavano un odore pestilenziale in perfetta sintonia con il luogo.
Ogni tanto si attaccava alla fiaschetta per un sorso: una sublime grappa alle castagne che avrebbe fatto un buco nello stomaco senza prendere la mira.
Suo padre avrebbe voluto che lavorasse insieme a lui all’allevamento, ma Orazio non se la diceva proprio con pascoli e pecore. Preferiva avere a che fare con quei lupi dei ragazzini e poi pensava che l’aria della scuola gli facesse davvero bene: aveva molto tempo per pensare e di certo non gli sarebbe mancata l’occasione di dimostrare il proprio valore, prima o poi.
Sembrava un giorno come un’altro: qualche allievo aveva già fatto visita al bagno e la maestra, come sempre, si sgolava per spiegare non so più quale regola di grammatica a quei piccoli zotici. Non erano ancora le dieci e Orazio già ciondolava stravaccato sulla sedia mezzo sbronzo. All’improvviso il terreno tremò così forte da farlo rovinare a terra. Uno sbuffo di vapore gli inzuppò i capelli all’istante. Orazio alzò lo sguardo al cielo giusto in tempo per vedere atterrare nel cortile della scuola la latrina volante.
La porta dello strano oggetto si aprì di scatto. L’americano balzò in piedi col cuore in gola ed estrasse l’arma dalla fondina.
Orazio Colombo e Jesse Dooney, le pistole strette in pugno e lo sguardo smarrito, si trovarono faccia a faccia guardandosi a lungo senza capire. Il primo ad aprire bocca fu Dooney:
«Diablo! Hombre, donde terminé?»
Orazio aprì la borraccia e la scosse: non uscì neppure una goccia. “Ho esagerato” pensò “chissà con cosa l’hanno annacquata questa merda...”
Ma Jesse lo prese per un braccio, e guardandolo dritto negli occhi, cercò di scandire bene le parole:
«Amigo, cual es el nombre de este pais?»
Orazio Colombo non aveva voglia di scervellarsi. Con il caldo gli faceva fatica persino pensare.
«La scuola è laggiù in fondo al piazzale.» Rispose senza impegnarsi.
Jesse Dooney scosse la testa, rientrò nella latrina, controllò la mappa e provò di nuovo ad azionare la leva.
Nulla da fare. Era atterrato in un posto assurdo e, per di più, il cowboy che si era trovato davanti, oltre a non capire una parola, non era neppure morto di spavento. Una volta uscito dall’incubo avrebbe dovuto aggiornare il programma della sua meraviglia.
Si chiuse di nuovo dentro e rovistò tra chiodi e bulloni. Svitò il tappo del serbatoio e… capì. Quella scansafatiche di Dolores doveva aver usato la riserva speciale di carburante alcolico per preparare i suoi intrugli anziché rifornirsi del solito whisky al saloon.
La straordinaria macchina volante era rimasta irrimediabilmente a secco. Ma dove trovare il propellente in quel paese dal nome impronunciabile?
Dooney non era certo uomo facile a scoraggiarsi. Vivendo nella frontiera del New Mexico, aveva avuto modo di incontrare gente che parlava le lingue più disparate e aveva messo a punto un congegno per interpretarle. Non avrebbe mai dimenticato la dolce Filomena, che gli aveva insegnato a tradurre i suoi besos calientes in baci ardenti. A orecchio, il ragazzone doveva essere italiano.
Col translinguatore appeso al collo, uscì dalla latrina e tentò di nuovo di comunicare col ragazzo. “¿Cómo se traduce saloon en italiano?” disse Jesse rivolgendosi allo strano aggeggio.
Passò qualche istante e il congegno rispose con voce metallica: “Luogo dove si possono trovare donne, cibo, carte e whisky.”
Orazio comprese al volo.
«Straniero, non c’è un sal...cosa da queste parti ma, se vuoi da bere, seguimi.»
Al Caffè del Centro l’aria era greve, il fumo stagnante impregnava abiti e pareti.
Gli avventori abituali erano i giocatori incalliti e qualche alcolizzato che barcollava tra i tavoli. Delle belle donne italiane, neppure l’ombra. Ma Jesse Dooney non si trovava lì per cercare amore.
«Americano, sei rimasto a secco?» La vecchia ciabatta del barman, senza attendere la risposta, gli riempì il bicchiere fino all’orlo. «E il tuo amico non ha sete?»
Non aveva fatto in tempo a versare il liquore nei recipienti, che entrambi lo avevano scolato in un fiato.
Il cacciatore di taglie non aveva mai assaggiato niente di più forte e delizioso. Ruttò soddisfatto, si avvicinò a Orazio e gli bisbigliò all’orecchio: «Dí al vecchio di darti tutto l’alcol che ha.»
«Ma… amico, io non ce li ho i soldi per pagare» rispose balbettando.
«Fattelo dare o ti faccio un buco in quella testa vuota.»
Così, Orazio, nel giro di cinque minuti divenne il bevitore più indebitato di Pettinengo. Suo padre, Batista Colombo, detto Batí, era un brav’uomo e avrebbe senz’altro onorato il pagamento a costo di ammazzarsi di fatica.
Jesse fece caricare il barile sulle spalle al ragazzo e salutò il barman toccando con la mano la falda del cappello e aprendosi in un largo sorriso.
Tornato alla latrina si mise al subito lavoro. Orazio lo trovò poco dopo con le mani imbrattate, il viso nero fino agli occhi. Il barile di grappa era completamente vuoto.
«Hai bevuto tutta quella merda e sei ancora vivo?»
«Non ti impicciare, hombre.»
Orazio si prese la testa fra le mani e cominciò a piagnucolare. «Ti sei scolato la paga di un anno di mio padre e dovrei anche stare zitto?»
Jesse Dooney era un duro ma aveva il cuore tenero e si mosse a compassione.
«Apri la mano, ragazzo. Veloce! Prima che mi penta.» Si frugò in tasca e gli mise sul palmo i cinquanta dollari che aveva ricevuto come anticipo da Pat Garrett.
«E cosa dovrei farmene di questi?» disse Orazio che non aveva mai visto un simile denaro prima di allora.
Dooney, estrasse la pistola con la rapidità di un mamba e gliela puntò in mezzo alla fronte.
Non fu necessario dire altro.
La grappa alle castagne si rivelò un carburante portentoso. La latrina sparacchiava vapore a meraviglia: il motore non aveva mai funzionato meglio di così. In un attimo si sollevò in volo e, davanti a un Orazio sbalordito, sparì tra le nuvole.
Le mani stringevano ancora le banconote, dunque non poteva trattarsi di un sogno. L’americano non era mai stato un tipo sveglio, ma quella volta gli venne in mente di rivolgersi alla banca.
Il cassiere, senza fargli troppe domande, incassò i dollari e in cambio gli diede giusto il denaro sufficiente a ripagare il debito al bar. Il resto lo trattenne come commissione per il servizio, ma si dice che il bancario poté fare una vacanza lunga un anno.
Orazio Colombo fu cacciato dalla scuola: pare che passasse tutto il giorno con lo sguardo rivolto al cielo invece che occuparsi della sicurezza degli alunni. L’ anziano padre lo accolse a braccia aperte e l’americano imparò ad amare pecore e pascoli.
Jesse Dooney non uccise mai Lew Wallace: ormai, gli era passata la voglia di farlo.
Al contrario, avrebbe avuto un gran desiderio di tornare a Pettinengo per fare rifornimento di grappa alle castagne, ma non riuscì mai più a trovare sulla mappa le coordinate del ridente paesino abbracciato dai monti.
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Re: Avventura a Pettinengo
Non so chi sei autore, ma sei un pazzo, nel senso buono del termine.
La tua latrina volante mi ha divertito e sorpreso, lasciandomi con un palmo di naso.
Per la verità mi ha ricordato il Professor Pat Pending del Wacky Races e le sue macchine strampalate, così mi sono divertito ancora di più.
Allora, diciamo che questo è un pezzo che ha elementi positivi e negativi.
Il linguaggio mi ha convinto, hai usato il tipico lessico del west, quindi l'atmosfera che riesci a creare è quella giusta. Ho un dubbio solo sul mamba che è un serpente africano, sarebbe stato meglio serpente a sonagli.
Il cacciatore di taglie c'è, il bagno pure e in un modo che originale è dire poco. [Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]
La scuola è un pò sullo sfondo, un pò latitante e il cassiere è solo accennato, anche se con l'ambientazione a Pettinengo bastava utilizzare un solo personaggio.
Pettinengo però mi rimane un pò anonima, mi parli del Caffè del Centro(che non so neppure se esiste) e poco altro, quindi è davvero poco caratterizzata.
Poi ho anche una serie di dubbi che so che non mi puoi spiegare subito, però la curiosità su come funziona quella strampalata latrina ce l'ho e su come abbia fatto ad atterrare in Italia piuttosto che nel Nevada(o comunque quella zona lì). Poi perché Jesse parla spagnolo? E come fa a conoscere la lingua italiana? Perché è stato co la Filomena che citi?
Ok, forse mi sto facendo troppe domande e dovrei prendere il pezzo così com'é, mettendo da parte la razionalità e tuffandomi in questo marchingegno surreale.
Il finale comunque è un pò troppo veloce e repentino.
Non mi convince del tutto però lo trovo un pezzo divertente, pazzoide e originale.
La tua latrina volante mi ha divertito e sorpreso, lasciandomi con un palmo di naso.
Per la verità mi ha ricordato il Professor Pat Pending del Wacky Races e le sue macchine strampalate, così mi sono divertito ancora di più.
Allora, diciamo che questo è un pezzo che ha elementi positivi e negativi.
Il linguaggio mi ha convinto, hai usato il tipico lessico del west, quindi l'atmosfera che riesci a creare è quella giusta. Ho un dubbio solo sul mamba che è un serpente africano, sarebbe stato meglio serpente a sonagli.
Il cacciatore di taglie c'è, il bagno pure e in un modo che originale è dire poco. [Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]
La scuola è un pò sullo sfondo, un pò latitante e il cassiere è solo accennato, anche se con l'ambientazione a Pettinengo bastava utilizzare un solo personaggio.
Pettinengo però mi rimane un pò anonima, mi parli del Caffè del Centro(che non so neppure se esiste) e poco altro, quindi è davvero poco caratterizzata.
Poi ho anche una serie di dubbi che so che non mi puoi spiegare subito, però la curiosità su come funziona quella strampalata latrina ce l'ho e su come abbia fatto ad atterrare in Italia piuttosto che nel Nevada(o comunque quella zona lì). Poi perché Jesse parla spagnolo? E come fa a conoscere la lingua italiana? Perché è stato co la Filomena che citi?
Ok, forse mi sto facendo troppe domande e dovrei prendere il pezzo così com'é, mettendo da parte la razionalità e tuffandomi in questo marchingegno surreale.
Il finale comunque è un pò troppo veloce e repentino.
Non mi convince del tutto però lo trovo un pezzo divertente, pazzoide e originale.
Byron.RN- Cavaliere Jedi
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Re: Avventura a Pettinengo
A me questo racconto è piaciuto da matti.
So che in questo step i miei commenti non saranno utilissimi, ma siamo davanti a un livello talmente alto che uno si trova in difficoltà.
Faccio un esempio cretino: se visiono una partita di seconda categoria, allora mi concentro su diversi aspetti: tattico, tecnico, disciplinare, comportamentale, atletico... Ma quando visioni un arbitro di serie A, che cosa gli vuoi dire? È normale che si parli di un episodio, è quello che decide l'intera prestazione. Qui non siamo neanche in serie A, siamo in Champions League, proprio.
Mi dispiace che ti sia dovuto beccare tu il commento più inutile della storia dei commenti, ma io veramente non ho niente da dirti
Paletti ok, scrittura perfetta, scorrevolezza giusta, refusi zero, errori men che meno... Non mi resta che farti i complimenti!
Sarà uno step agguerrito
So che in questo step i miei commenti non saranno utilissimi, ma siamo davanti a un livello talmente alto che uno si trova in difficoltà.
Faccio un esempio cretino: se visiono una partita di seconda categoria, allora mi concentro su diversi aspetti: tattico, tecnico, disciplinare, comportamentale, atletico... Ma quando visioni un arbitro di serie A, che cosa gli vuoi dire? È normale che si parli di un episodio, è quello che decide l'intera prestazione. Qui non siamo neanche in serie A, siamo in Champions League, proprio.
Mi dispiace che ti sia dovuto beccare tu il commento più inutile della storia dei commenti, ma io veramente non ho niente da dirti
Paletti ok, scrittura perfetta, scorrevolezza giusta, refusi zero, errori men che meno... Non mi resta che farti i complimenti!
Sarà uno step agguerrito
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
vivonic- Admin
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Re: Avventura a Pettinengo
Ciao autor*
Inizio da te, dato che da buon abitante di Pettinengo, non potevo farne a meno.
Il racconto mi piace, è ben scritto e scorre alla grande. Le immagini sono ben delineate, così come i personaggi. Non ho trovato refusi da segnalarti, anzi ti dico che doversi particolari che hai inserito hanno reso tutto il racconto ben formato.
Capitolo Pettinengo.
Davanti alla scuola il piazzale è ok, c'è. Ma non nel periodo descritto, la scuola non era lì (ma non lo potevi sapere!)
In ogni caso, nel periodo che hai raccontato, davanti alla ipotetica scuola (oggi c'è) non c'erano alberi, in quanto è il piazzale della chiesa che risale al 1600, con il suo bel campanile del XIII secolo con la chiesa vecchia.
Tutto fruibile su sito comune e Wiki comunque.
Anche il bar no, e di questo sono sicuro perché il bar del paese era quello dove sono io, del mio bisnonno.
In ogni caso, tolti particolari che non potevo sapere, mi ha colpito come hai collegato i due spazi nel racconto, così lontani e così diversi.
Forse, dico forse, avrei speso qualche parola in più per descrivere il mio bel paesello.
Complimenti e a rileggerci
Inizio da te, dato che da buon abitante di Pettinengo, non potevo farne a meno.
Il racconto mi piace, è ben scritto e scorre alla grande. Le immagini sono ben delineate, così come i personaggi. Non ho trovato refusi da segnalarti, anzi ti dico che doversi particolari che hai inserito hanno reso tutto il racconto ben formato.
Capitolo Pettinengo.
Davanti alla scuola il piazzale è ok, c'è. Ma non nel periodo descritto, la scuola non era lì (ma non lo potevi sapere!)
In ogni caso, nel periodo che hai raccontato, davanti alla ipotetica scuola (oggi c'è) non c'erano alberi, in quanto è il piazzale della chiesa che risale al 1600, con il suo bel campanile del XIII secolo con la chiesa vecchia.
Tutto fruibile su sito comune e Wiki comunque.
Anche il bar no, e di questo sono sicuro perché il bar del paese era quello dove sono io, del mio bisnonno.
In ogni caso, tolti particolari che non potevo sapere, mi ha colpito come hai collegato i due spazi nel racconto, così lontani e così diversi.
Forse, dico forse, avrei speso qualche parola in più per descrivere il mio bel paesello.
Complimenti e a rileggerci
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Valar Morghulis. Valar Dohaeris.
Tutti devono morire. Tutti devono servire.
Midgardsormr- Padawan
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Re: Avventura a Pettinengo
Ciao Autore.
Oh, come mi sono divertito!
Un western vero, nel linguaggio, infarcito di ironia in ogni riga.
E' la prima volta che partecipo, e ritengo che i paletti possano lasciare spazio alla follia, quando è di questo calibro.
Finale da sviluppare meglio; un racconto così si merita di più.
Grazie
Oh, come mi sono divertito!
Un western vero, nel linguaggio, infarcito di ironia in ogni riga.
E' la prima volta che partecipo, e ritengo che i paletti possano lasciare spazio alla follia, quando è di questo calibro.
Finale da sviluppare meglio; un racconto così si merita di più.
Grazie
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Avventura a Pettinengo
Davvero complimenti per la fantasia: la latrina volante rimarrà indelebile nella mia memoria.
Piacevole il tono leggero e umoristico di tutta la narrazione.
La scrittura è corretta. Ti segnalo:
- un’altro= un altro
- dì= di’ (imperativo; con l’accento significa “giorno”)
- un simile denaro= del denaro simile, delle simili banconote
- Dooney, estrasse= Dooney estrasse
C’è un punto che va sistemato. Dooney parla di un “paese dal nome impronunciabile”, ma alla sua domanda Orazio ha risposto con “La scuola è laggiù in fondo al piazzale”, non con il nome del paese. O hai tagliato la frase oppure lo hai sottinteso in qualche modo, ma io non l’ho capito, non mi sembra chiaro.
Il western non è propriamente western, perché questo è un racconto umoristico-surreale. C’è qualche personaggio western, poi però in realtà non accade praticamente niente, se non appunto le vicende fanta-surreali.
La latrina è certo centrale, ma in realtà non lo è in quanto “stanza da bagno”, ma in quanto cabina volante. Comunque, c’è.
Il mercenario c’è. Il bancario è marginale, ma non importa perché, essendoci Pettinengo, viene meno il vincolo dei due personaggi.
La scuola rimane marginale: Orazio avrebbe potuto fare qualunque altro lavoro. È vero però che è bella l’idea di far pagare l’ingresso in bagno.
Insomma, diciamo che hai trovato delle tue soluzioni per i paletti, e non si può non riconoscere che siano soluzioni divertenti e originali.
Arianna 2016- Maestro Jedi
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Re: Avventura a Pettinengo
Allora, ti confesso una cosa, avevo iniziato a scrivere qualcosa, mentre leggevo, un commento un po' così, lo ammetto, non troppo positivo, ecco. Poi, andando avanti, più o meno quando decolla il cesso, ho capito che in realtà il tuo è un racconto ironico, al limite della parodia, e ho cancellato tutto. Sì, perché in un racconto canonico, diciamo, ti avrei segnalato cose tipo: Ora, bisogna sapere che Jesse... O peggio ancora: vi chiederete perché... Insomma, questo narratore, cioè tu autore, così presente e dialogante, sempre pronto ad aprire parentesi e squarciare l'azione, narrando fatti passati un po' a pera, che sinceramente non mi piace proprio. Ma trattandosi di una parodia, di un racconto leggero, il dialogo con il lettore ci sta, ci sta il cappello introduttivo (che non piace comunque, ma ci sta) etc etc. E allora il mio commento si riduce a un bravo, mi hai strappato un sorriso, soprattutto quando l'azione si sposta a Pettinengo e diventa anche un po' caciarona, e poco altro. Occhio ai refusi però, ne ho notato parecchi, niente di che, tipo una scuola che diventa suola, dì invece di di', un'altro invece di un altro e similia, oltre a diverse virgole fuori posto, alcune anche tra soggetto e predicato. Insomma, una rilettura più attenta l'avrei fatta.
Alla prossima.
Alla prossima.
Akimizu- Cavaliere Jedi
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Re: Avventura a Pettinengo
Il racconto è davvero molto divertente, il linguaggio da fumetti western delizioso, l'incastro fantascientifico western-Pettinengo in fondo un po' scontato. Ma poi, per andare dalla fattoria di Jesse Dooney (presumibilmente da qualche parte nel sud degli Stati Uniti) a Santa Fè dove Lew Wallace aveva il suo ufficio, come ha fatto la latrina volante a capitare a Pettinengo per mancanza di carburante? Questo dubbio non mi lascerà dormire per giorni. Sulle imprecisioni ed errori già altri hanno posto l'accento.
Re: Avventura a Pettinengo
Un cesso volante a metà strada tra un teletrasporto e il TARDIS del Doctor Who. Ammetto di aver pensato anch'io al Professor Pat Pending come Byron.
Caro autore, non difetti certo di fantasia. Lo stile ironico parodistico giustifica tutte le incongruenze presenti. Dopotutto, se un cesso vola come puoi fare le pulci ad altro?
Molto divertente.
Complimenti.
Grazie
Caro autore, non difetti certo di fantasia. Lo stile ironico parodistico giustifica tutte le incongruenze presenti. Dopotutto, se un cesso vola come puoi fare le pulci ad altro?
Molto divertente.
Complimenti.
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I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
CharAznable- Cavaliere Jedi
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Re: Avventura a Pettinengo
Racconto demenziale che oltre a far sorridere ridimensiona figure importanti del vecchio West
L'impresa di portare le scene a Pettinengo era impossibile e solo la fantasia smisurata dell'autore, bravissimo, poteva riuscirci. Complimenti.
L'impresa di portare le scene a Pettinengo era impossibile e solo la fantasia smisurata dell'autore, bravissimo, poteva riuscirci. Complimenti.
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Re: Avventura a Pettinengo
Vado un po' controcorrente, ma l'eccesso di ironia e strampalatezza non mi ha fatto gustare appieno il lavoro.
Dalla situazione iniziale che in qualche modo era seriosa tutto è virato sull'assurdo senza che ve ne fossero le premesse. Anche l'incastro dei paletti appare più dettato dalla necessità di inserirli che non per naturale scorrimento della storia (che essendo surreale in realtà non ha nulla di naturale ma vabbé).
Lo stile di scrittura non è impeccabile, ci sono diversi refusi, soprattutto manca di quella vivacità che avrebbe dato più energia alla vicenda raccontata.
In effetti, come ho letto in un altro commento, sembra che tutti i Western abbiano un narratore onniscente. A me continua a ricordare quello di un noto telefilm anni '90.
Alla prossima!
Dalla situazione iniziale che in qualche modo era seriosa tutto è virato sull'assurdo senza che ve ne fossero le premesse. Anche l'incastro dei paletti appare più dettato dalla necessità di inserirli che non per naturale scorrimento della storia (che essendo surreale in realtà non ha nulla di naturale ma vabbé).
Lo stile di scrittura non è impeccabile, ci sono diversi refusi, soprattutto manca di quella vivacità che avrebbe dato più energia alla vicenda raccontata.
In effetti, come ho letto in un altro commento, sembra che tutti i Western abbiano un narratore onniscente. A me continua a ricordare quello di un noto telefilm anni '90.
Alla prossima!
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Avventura a Pettinengo
Un bel racconto, un fantastico/similfantascientifico/demenziale come ha detto [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link], non ancora riscontrato in questo step: leggero e divertente, con una ottima caratterizzazione di tutti i personaggi.
Senza esagerazioni, la scrittura e un ritmo scorrevoli hanno coniugato fantasia, ironia, qualcosa di reale e qualcosa di surreale, personaggi credibili nel loro ruolo singolo ma che in un improbabile incontro che più improbabile non si può, ci hanno portato in una storia che si legge in un solo fiato, senza pensare che “ma figurati, ‘ste cose!”.
Che dire della scena del bar? Per gli addetti ai lavori, ordinaria amministrazione.
In questo racconto sono stati inseriti in modo eccellente tutti i paletti e con un qualcosa in più:
Il titolo è un po’ banale, ma chissà quante alternative ha valutato l’aut* (o magari si è fermato al primo che gli è venuto in mente, o magari è partito dal titolo per...).
I personaggi previsti dallo step sono stati inseriti entrambi, ed entrambi bene: il mercenario maggiormente, il bancario ha fatto il bancario, però a rischio licenziamento perché qui ti faccio una pulciona da ex bancaria: il riferimento all’operazione compiuta per il cambio banconote di reale non ha nulla, non funziona così con banconote non in corso di validità e le commissioni comunque non se le intasca il cassiere...tiratina d’orecchie.
La latrina... due film mi sono tornati in mente: Ritorno al Futuro (la DeLorean sostituita dalla latrina) e, ma per fortuna solo per un primo unico e rapido pensiero, alla latrina del film “Il cacciatore di teste” tratto da un romanzo di Jo Nesbø, ma solo un attimo, poi siamo tornati sul pulito.
Nel valutare il racconto ho volutamente ignorato, dopo la lettura, la chiosa finale. Lo so che a volte si sente il bisogno di chiudere con spiegazioni per far capire che tutti i particolari erano stati pensati, ma qui mi sa di fretta, eppure avevi ancora un po’ di caratteri per chiudere il racconto con la stessa verve di prima.
Per i refusi... capita anche rileggendo con (crediamo)attenzione.
Senza esagerazioni, la scrittura e un ritmo scorrevoli hanno coniugato fantasia, ironia, qualcosa di reale e qualcosa di surreale, personaggi credibili nel loro ruolo singolo ma che in un improbabile incontro che più improbabile non si può, ci hanno portato in una storia che si legge in un solo fiato, senza pensare che “ma figurati, ‘ste cose!”.
Che dire della scena del bar? Per gli addetti ai lavori, ordinaria amministrazione.
In questo racconto sono stati inseriti in modo eccellente tutti i paletti e con un qualcosa in più:
Il titolo è un po’ banale, ma chissà quante alternative ha valutato l’aut* (o magari si è fermato al primo che gli è venuto in mente, o magari è partito dal titolo per...).
I personaggi previsti dallo step sono stati inseriti entrambi, ed entrambi bene: il mercenario maggiormente, il bancario ha fatto il bancario, però a rischio licenziamento perché qui ti faccio una pulciona da ex bancaria: il riferimento all’operazione compiuta per il cambio banconote di reale non ha nulla, non funziona così con banconote non in corso di validità e le commissioni comunque non se le intasca il cassiere...tiratina d’orecchie.
La latrina... due film mi sono tornati in mente: Ritorno al Futuro (la DeLorean sostituita dalla latrina) e, ma per fortuna solo per un primo unico e rapido pensiero, alla latrina del film “Il cacciatore di teste” tratto da un romanzo di Jo Nesbø, ma solo un attimo, poi siamo tornati sul pulito.
Nel valutare il racconto ho volutamente ignorato, dopo la lettura, la chiosa finale. Lo so che a volte si sente il bisogno di chiudere con spiegazioni per far capire che tutti i particolari erano stati pensati, ma qui mi sa di fretta, eppure avevi ancora un po’ di caratteri per chiudere il racconto con la stessa verve di prima.
Per i refusi... capita anche rileggendo con (crediamo)attenzione.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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Re: Avventura a Pettinengo
ci sono svariati refusi, purtroppo, e dal mio punto di vista penalizzano un poco l'esito.
però l'idea è simpatica e ben esposta, sicuramente originale.
quanti possono avere pensato a una latrina volante? non molti, credo. anzi...
la grappa alle castagne come propulsore... beh, per gli esseri umani sì, ma fino a un certo punto.
mi complimento per idea ed esposizione, anche se nel complesso la storia dice pochino.
una parodia divertente, comunque.
però l'idea è simpatica e ben esposta, sicuramente originale.
quanti possono avere pensato a una latrina volante? non molti, credo. anzi...
la grappa alle castagne come propulsore... beh, per gli esseri umani sì, ma fino a un certo punto.
mi complimento per idea ed esposizione, anche se nel complesso la storia dice pochino.
una parodia divertente, comunque.
Arunachala- Admin
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Re: Avventura a Pettinengo
Mi spiace cominciare segnalando un errore da matita rossa ma in uno scritto inviato a un concorso letterario lo reputo abbastanza grave
Per quanto riguarda i paletti hai aggirato le grandi difficoltà di questo step in maniera molto originale e questo a mio parere è un aspetto da premiare (come sempre, se il tuo racconto è stato ammesso vuol dire che a parere dello staff ha rispettato le consegne e noi siamo chiamati a valutare come e quanto).
Il western non è un vero western, il bagno non è propriamente un bagno ma, ripeto, la tua fantasia è stata davvero grande e questo aspetto mi è piaciuto molto.
Il racconto in sé è molto carino nonostante il suo essere "surreale" anche se alla fine mi ha lasciato, paradossalmente, la sensazione che tu abbia raccontato poco più di nulla.
Avrei evitato le ultime righe, inutili nell'economia del racconto.
Una cosa che non ho capito è il perché questo paragrafo
lo vedo con un carattere più piccolo: è un problema solo mio? è una scelta voluta? o è un refuso?
Ce ne sono altri sparsi qua e là ma questo è il più grave (insieme a qualche virgola tra soggetto e verbo).Sembrava un giorno come un’altro:
Per quanto riguarda i paletti hai aggirato le grandi difficoltà di questo step in maniera molto originale e questo a mio parere è un aspetto da premiare (come sempre, se il tuo racconto è stato ammesso vuol dire che a parere dello staff ha rispettato le consegne e noi siamo chiamati a valutare come e quanto).
Il western non è un vero western, il bagno non è propriamente un bagno ma, ripeto, la tua fantasia è stata davvero grande e questo aspetto mi è piaciuto molto.
Il racconto in sé è molto carino nonostante il suo essere "surreale" anche se alla fine mi ha lasciato, paradossalmente, la sensazione che tu abbia raccontato poco più di nulla.
Avrei evitato le ultime righe, inutili nell'economia del racconto.
Una cosa che non ho capito è il perché questo paragrafo
Nel piccolo paese abbracciato dalle Alpi non mancavano certo alberi e aria fresca, ma gli abitanti del luogo avevano assecondato le richieste della maestra e disboscato l’area di fronte al fabbricato. Con la visuale libera, la donna riusciva senza sforzo a tenere sotto controllo gli alunni durante la ricreazione e a evitare di perderli di vista.
Orazio faceva il custode; un compito che, il ragazzone di vent’anni o poco più, prendeva molto sul serio.
Gli allievi più svegli avevano imparato presto che l’unico modo per salvarsi dalla noia delle lezioni era chiedere di uscire per i propri bisogni e l’americano approfittava senza scrupoli della situazione: pretendeva che i ragazzini gli pagassero un pedaggio per accedere al bagno. Che fosse un boccone di merenda, un frutto oppure un dolcetto, egli riusciva sempre a sbafare qualcosa di buono da mettere sotto i denti.
lo vedo con un carattere più piccolo: è un problema solo mio? è una scelta voluta? o è un refuso?
paluca66- Maestro Jedi
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Re: Avventura a Pettinengo
Questo racconto ha molti pregi:
a) l'idea di partenza: originale, a quel che io ne sappia, e trasgressiva quanto basta;
b) la storia è sviluppata bene;
c) la scrittura leggera e scorrevole.
Tuttavia a mio modestissimo avviso anche alcuni difetti che forse me lo faranno collocare solo nei dintorni della cinquina.
a) alla fine anche la storia sembra superficiale; il mio ideale di "lettura" è una scrittura leggera per un tema profondo che qui non vedo;
b) c'è una alternativa, ovviamente. Il tema non c'entra ma la lettura deve essere divertente in se. In questo caso non voglio però ironia, voglio proprio ridere, pretendo la comicità che ti fa scoppiare a ridere.
Comunque complimenti
Hai davvero una bella fantasia, amico (scommetto il mio cavallo che sei con la o finale). Il cesso è un tappeto volante e io non lo sapevo. Ci penserò la prossima volta che vado a trovarlo.
E proverò a farlo partire. D'altra parte anche sul tappetto si sta seduti.
a) l'idea di partenza: originale, a quel che io ne sappia, e trasgressiva quanto basta;
b) la storia è sviluppata bene;
c) la scrittura leggera e scorrevole.
Tuttavia a mio modestissimo avviso anche alcuni difetti che forse me lo faranno collocare solo nei dintorni della cinquina.
a) alla fine anche la storia sembra superficiale; il mio ideale di "lettura" è una scrittura leggera per un tema profondo che qui non vedo;
b) c'è una alternativa, ovviamente. Il tema non c'entra ma la lettura deve essere divertente in se. In questo caso non voglio però ironia, voglio proprio ridere, pretendo la comicità che ti fa scoppiare a ridere.
Comunque complimenti
Hai davvero una bella fantasia, amico (scommetto il mio cavallo che sei con la o finale). Il cesso è un tappeto volante e io non lo sapevo. Ci penserò la prossima volta che vado a trovarlo.
E proverò a farlo partire. D'altra parte anche sul tappetto si sta seduti.
Ultima modifica di gipoviani il Ven Giu 25, 2021 11:46 am - modificato 1 volta.
gipoviani- Padawan
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Re: Avventura a Pettinengo
Ciao Aut*
ho iniziato il racconto e subito mi sono sentito catapultato in un western con il giusto linguaggio e la giusta atmosfera. Ero lì che me la spassavo quando il bagno ha cominciato a volare.
Il cambio repentino di tono è stato fenomenale. Ti godi la storia a pieno. Forse nella parte ambientata a Pettinengo avrei gradito più azione che mettesse in risalto i contrasti tra le due realtà.
Se devo fare una scelta preferirei salire su un TARDIS anche perché sai quello è più grande all'interno.
Detto questo. Ti faccio i miei più vivi complimenti per aver affrontato questo difficile step con ironia, riuscendo dove molti hanno fallito.
Brav* Brav* Brav*
ho iniziato il racconto e subito mi sono sentito catapultato in un western con il giusto linguaggio e la giusta atmosfera. Ero lì che me la spassavo quando il bagno ha cominciato a volare.
Il cambio repentino di tono è stato fenomenale. Ti godi la storia a pieno. Forse nella parte ambientata a Pettinengo avrei gradito più azione che mettesse in risalto i contrasti tra le due realtà.
Se devo fare una scelta preferirei salire su un TARDIS anche perché sai quello è più grande all'interno.
Detto questo. Ti faccio i miei più vivi complimenti per aver affrontato questo difficile step con ironia, riuscendo dove molti hanno fallito.
Brav* Brav* Brav*
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Avventura a Pettinengo
Devo confessare che mi hai spiazzato in pieno. Sono quasi arrivato alla fine delle letture e dalla prima parte del tuo brano avevo pensato che si trattasse di un racconto molto simile a quelli che avevo già letto, che ripetevano i classici cliché del genere western. Il brano, grazie a una buona scrittura e una sottile ironia, mi pareva solo più gradevole di altri. Il decollo della latrina mi ha sorpreso e mi ha fatto storcere il naso perché di solito non amo molto troppe commistioni di generi e qui il salto era veramente notevole. Devo riconoscere però che, continuando nella lettura ho cominciato a gradire questa prova un po’ folle, pur mantenendo le mie riserve su questo cocktail di generi. L’irruzione di Pettinengo nel racconto che poteva essere un colpo letale per la mia sensibiità d’antan mi ha stupito in questo contesto molto meno di come mi abbia stupito l’introduzione un po’ arbitraria del paesello in altri racconti meno pazzi di questo.
In sostanza, non escludo un piazzamento nel giudizio finale.
In sostanza, non escludo un piazzamento nel giudizio finale.
Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: Avventura a Pettinengo
Quella della latrina volante per me ti fa già guadagnare un gradino del podio. Mi piacciono enormemente queste idee bislacche e ingegnose. Tutto il resto del racconto è dell'ironia che io gradisco moltissimo. Credo che senza di quella, a meno che non si debba scrivere una tragedia e magari anche lì un po' nascosta io ce la metterei, sia indispensabile. Anch'io come te autore non potrei vivere senza. Bravissim@. Una scrittura semplice senza fronzoli e anche questo è un vantaggio.
Antonio Borghesi- Cavaliere Jedi
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Re: Avventura a Pettinengo
Prima i refusi, hombre:
"La cosa non era andata affatto andata giù allo sceriffo"
C'è un' "andata" di troppo. Io toglierei la prima.
"Dall’altra parte del globo, Orazio Colombo detto l’americano per via del suo cognome,"
Dall’altra parte del globo, Orazio Colombo, detto l’americano per via del suo cognome,"
"incuteva un certo timore e teneva lontani dalla suola i malintenzionati."
"incuteva un certo timore e teneva lontani dalla scuola i malintenzionati."
In un racconto veramente ben scritto, quanto sopra sono le uniche quisquilie che sono riuscito a trovare dopo un'attenta autopsia del testo.
In verità, quando si comincia a parlare di Pettinengo, c'è una parte del testo scritta con un carattere più piccolo. E' abbastanza lunga, strano non accorgersene. Pace.
Penso che questo racconto sia il più originale tra quelli di questo step. La latrina volante è una trovata veramente particolare, che sorprende. Io direi che spacca. Insomma, mi sono trovato di fronte a un western classico dalle venature fantascientifiche. Il ritmo è inkalzante, l'ambientazione sembra quasi la medesima nonostante si passi dalle aride pianure del New Mexico alle fresche colline e montagne del nord d'Italia.
Ottima anche la caratterizzazione dei personaggi. Sia i protagonisti Jesse e Orazio l'americano, ma anche Pat Garret ha il suo perché come colui che commissiona l'omicidio al cacciatore di taglie.
E allora chissà dove sarà volata la latrina di Jesse dopo questa mirabolante avventura. Non ho potuto fare a meno di chiedermelo. Un solo dubbio, ma più che altro perché mi è dispiaciuto per Orazio: già si potevano fare cambi valuta all'epoca? Povero Orazio, il bancario t'ha fottuto alla grande. Dollari americani...
"La cosa non era andata affatto andata giù allo sceriffo"
C'è un' "andata" di troppo. Io toglierei la prima.
"Dall’altra parte del globo, Orazio Colombo detto l’americano per via del suo cognome,"
Dall’altra parte del globo, Orazio Colombo, detto l’americano per via del suo cognome,"
"incuteva un certo timore e teneva lontani dalla suola i malintenzionati."
"incuteva un certo timore e teneva lontani dalla scuola i malintenzionati."
In un racconto veramente ben scritto, quanto sopra sono le uniche quisquilie che sono riuscito a trovare dopo un'attenta autopsia del testo.
In verità, quando si comincia a parlare di Pettinengo, c'è una parte del testo scritta con un carattere più piccolo. E' abbastanza lunga, strano non accorgersene. Pace.
Penso che questo racconto sia il più originale tra quelli di questo step. La latrina volante è una trovata veramente particolare, che sorprende. Io direi che spacca. Insomma, mi sono trovato di fronte a un western classico dalle venature fantascientifiche. Il ritmo è inkalzante, l'ambientazione sembra quasi la medesima nonostante si passi dalle aride pianure del New Mexico alle fresche colline e montagne del nord d'Italia.
Ottima anche la caratterizzazione dei personaggi. Sia i protagonisti Jesse e Orazio l'americano, ma anche Pat Garret ha il suo perché come colui che commissiona l'omicidio al cacciatore di taglie.
E allora chissà dove sarà volata la latrina di Jesse dopo questa mirabolante avventura. Non ho potuto fare a meno di chiedermelo. Un solo dubbio, ma più che altro perché mi è dispiaciuto per Orazio: già si potevano fare cambi valuta all'epoca? Povero Orazio, il bancario t'ha fottuto alla grande. Dollari americani...
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"Ottiene il risultato migliore chi - nell'opera letteraria - ha saputo unire l'utile col piacevole, divertendo e ammaestrando nello stesso momento il lettore."
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Re: Avventura a Pettinengo
Errore di formattazione in fase di caricamento del racconto, appena sistemato.Molli Redigano ha scritto:
In verità, quando si comincia a parlare di Pettinengo, c'è una parte del testo scritta con un carattere più piccolo. E' abbastanza lunga, strano non accorgersene. Pace.
Lo Staff si scusa con l'autore del racconto per il - troppo - poco tempestivo intervento.
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del lume ognor disegnano l’ombra sul pavimento,
né l’alma da quell’ombra lunga sul pavimento
sarà libera mai!
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non sarà fumare o bere,
ma è qualcosa che ti porti dentro,
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A Petunia garba questo messaggio
Re: Avventura a Pettinengo
INTERVENTO DI MODERAZIONEgipoviani ha scritto:Hai davvero una bella fantasia, amico/a. Il cesso è un tappeto volante e io non lo sapevo. D'altra parte anche sul tappetto si sta seduti.
Mi hai divertito: irriverente e trasgressivo. Bravo/a
Caro [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link] , il tuo commento non è conforme a quanto previsto dalle linee guida. Ti rimando qui
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Re: Avventura a Pettinengo
Ciao
Che fantasia che avete, ragazzi!
Complimenti
racconto che parte semplice e pulito e diventa geniale.
Tutto scorre tranquillo e … mi ritrovo a Pettinengo!
In modo così repentino e inaspettato, ma le due parti risultano ben integrate e la lettura è davvero piacevole.
Insomma, il tuo racconto mi ha divertito e convinto.
E credo che anche tu ti sia divertito a scriverlo.
la tua ottima scrittura potevi incanalarla dentro qualcosa di più classico,
senza nessuna fatica, invece la genialità esce fuori prepotente.
che bella la latrina volante!
la frase che ho preferito, non volermene:
Da mesi, gli stavano incollati alle costole come mosche intorno al culo di un bisonte.
Se passo da quelle parti, verrò a farmi un goccetto di grappa alle castagne, stanne cert@
Che fantasia che avete, ragazzi!
Complimenti
racconto che parte semplice e pulito e diventa geniale.
Tutto scorre tranquillo e … mi ritrovo a Pettinengo!
In modo così repentino e inaspettato, ma le due parti risultano ben integrate e la lettura è davvero piacevole.
Insomma, il tuo racconto mi ha divertito e convinto.
E credo che anche tu ti sia divertito a scriverlo.
la tua ottima scrittura potevi incanalarla dentro qualcosa di più classico,
senza nessuna fatica, invece la genialità esce fuori prepotente.
che bella la latrina volante!
la frase che ho preferito, non volermene:
Da mesi, gli stavano incollati alle costole come mosche intorno al culo di un bisonte.
Se passo da quelle parti, verrò a farmi un goccetto di grappa alle castagne, stanne cert@
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Re: Avventura a Pettinengo
Ciao e grazie per aver scritto per noi.
Le pulci:
1. "L'uomo indossava...che pareva fosse arrivato in sella a un proiettile..." In realtà questa è una pulce "positiva", mi è piaciuta molto questa frase.
2. "La cosa non era andata affatto andata..." È una ripetizione.
3. Il gabinetto volante sembra anche una macchina del tempo perché, anche se altri lettori hanno trovato corrispondenza nel periodo, a me sembra invece che la scena di Pettinengo sia da datare più spostata in avanti. Infatti i 50 dollari sono fuori corso.
4. "Orazio non se la diceva proprio con pascoli e pecore." Non so se sia una espressione tipica di qualche zona, in lingua italiana è errato.
5. Il paese dal nome impronunciabile non poteva saperlo.
Gradevolezza di lettura.
Buona, ma nulla di più. Il titolo è probabilmente una citazione di Faber con la sua" Avventura a Durango" e anche la storia ha una sua percettibile liaison con il testo di quella canzone. Questo tuo lavoro avrebbe potuto fare in me centro se mi avesse fatto ridere e sorridere durante l'intera lettura, se la natura surreale del racconto fosse stato al servizio di una sana risata, oppure se dietro vi fosse una precisa morale. Ho riso e sorriso sporadicamente "...donde terminè?" veramente molto divertente. Ma alla fine mi resta poco dalla lettura di questo lavoro che ha avuto come filo il riuscire a far star dentro i paletti. A rileggerti.
Le pulci:
1. "L'uomo indossava...che pareva fosse arrivato in sella a un proiettile..." In realtà questa è una pulce "positiva", mi è piaciuta molto questa frase.
2. "La cosa non era andata affatto andata..." È una ripetizione.
3. Il gabinetto volante sembra anche una macchina del tempo perché, anche se altri lettori hanno trovato corrispondenza nel periodo, a me sembra invece che la scena di Pettinengo sia da datare più spostata in avanti. Infatti i 50 dollari sono fuori corso.
4. "Orazio non se la diceva proprio con pascoli e pecore." Non so se sia una espressione tipica di qualche zona, in lingua italiana è errato.
5. Il paese dal nome impronunciabile non poteva saperlo.
Gradevolezza di lettura.
Buona, ma nulla di più. Il titolo è probabilmente una citazione di Faber con la sua" Avventura a Durango" e anche la storia ha una sua percettibile liaison con il testo di quella canzone. Questo tuo lavoro avrebbe potuto fare in me centro se mi avesse fatto ridere e sorridere durante l'intera lettura, se la natura surreale del racconto fosse stato al servizio di una sana risata, oppure se dietro vi fosse una precisa morale. Ho riso e sorriso sporadicamente "...donde terminè?" veramente molto divertente. Ma alla fine mi resta poco dalla lettura di questo lavoro che ha avuto come filo il riuscire a far star dentro i paletti. A rileggerti.
digitoergosum- Cavaliere Jedi
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A Petunia non piace questo messaggio.
Re: Avventura a Pettinengo
Racconto interessante. Non è tanto nelle mie corde, se devo essere sincero. Apprezzo la fantasia e certe invenzioni ma non mi fa impazzire il tono da parodia. Alla fine credo di aver preferito i western classici, canonici, forse meno originali ma più centrati. Per tradizione sono sempre favorevole ai tentativi di scassinare un genere, ma di base usando altri strumenti. Forse il problema è qui c'è troppo, troppe invenzioni e troppi paletti, e a tratti si avverte persino un accenno di compiacimento per avere buttato dentro tutto quello che si poteva. Sicuramente ti sei divertito a scriverlo e l'entusiasmo traspare e rende comunque la lettura piacevole, anche se è il genere di lettura che seguo con un sopracciglio alzato, chiedendomi sempre dove voglia andare a parare e cosa stia cercando realmente di raccontare. Il punto è che ci sono tanti racconti davvero ottimi in questo step, che riescono a soddisfare i requisiti e allo stesso tempo potrebbero vivere ovunque, fuori dai confini del concorso. Ecco forse il reale problema di questo racconto è che lo vedo vivere solo all'interno di quei confini. Lì funziona che è una meraviglia, ma fuori lo vedo fermo come la latrina volante rimasta senza carburante. Ma sono scelte e il mio è solo un giudizio sugli intenti. Rispetto le scelte e rispetto gli intenti e la qualità del racconto resta buona, fatta eccezione per i refusi che già ti hanno segnalato.
Asbottino- Cavaliere Jedi
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Re: Avventura a Pettinengo
Ciao, il tuo racconto mi piace: è uno stuzzicante classico western un po' fuori di testa, anche se preferisco meno il finale e il titolo troppo sempliciotto.
Però devo farti i complimenti per come è scritto, innanzitutto privo di errori gravi, ma anche scorrevole e lineare.
I paletti sono rispettati, tranne, secondo il mio punto di vista, il ruolo centrale del bagno.
Complimenti!
Però devo farti i complimenti per come è scritto, innanzitutto privo di errori gravi, ma anche scorrevole e lineare.
I paletti sono rispettati, tranne, secondo il mio punto di vista, il ruolo centrale del bagno.
Complimenti!
miichiiiiiiiiiii- Younglings
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