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Fino all'ultimo respiro Empty Fino all'ultimo respiro

Messaggio Da Different Staff Mer Apr 07, 2021 9:13 pm

Fino all’ultimo, nonostante la mia mano sia appesantita da un’accidia inspiegabile, farò ciò che sono capace di fare. Tutto questo è pena, è dolore, è morte del cuore. I miei occhi non vedranno più i colori brillanti della natura poiché tutto è ombra e oscurità interiore. Qualcosa che mai riuscirò a rappresentare.
Può un artista rinunciare alla sua musa? No. Può un uomo rinunciare alla donna amata? No. Può quest’uomo vivere nella certezza che il suo sentimento non sarà mai corrisposto? Sì. Perché lo sta già facendo.
Una vita che non segue il normale corso della natura, ma è palesemente contro la natura stessa, la ostacola, la deride, si fa beffe di lei. La volontà del singolo non è contemplata in questa dimensione. L’unica virtù rimasta, sopravvissuta all’anticamera della morte, è la forza della mente. Quello sviluppo mentale che non è possibile arrestare se sopraggiunto precedentemente a un certo evento. Il resto, si può soltanto immaginare. Questa è la mia natura.
Io sono l’allievo che non osserva il maestro, ma lo vigila. Vigila sui suoi modelli. Io sono la controfigura che non vede, non si fa domande, non può apprendere, non può capire. Sono stato scelto apposta. Eppure, non ho niente di diverso dagli altri.  
Il desiderio fisico è un ricordo che non ho più, per sempre represso dalla lama. Il dolore è la peggiore tortura. La mente galoppa come un cammello mangiando sabbia, più veloce e più risoluta, nel deserto di una vita e di una virilità strappata. Le energie sottratte al piacere della carne appartenevano a quella parte del corpo ora vuota. La rabbia s’insinua prepotentemente dentro di me, facendomi diventare ciò che non avrei mai voluto essere. Sono l’ombra di me stesso. Un uomo vero che non c’è più.
L’ultima alba è una sfumatura di colori che vela la volta celeste. Rosa del mattino, fiore d’arancio, sottile linea purpurea. Il giorno sta nascendo, tra poco il sole emergerà dalle profondità del mare. I miei occhi godranno per l’ultima volta di tanta bellezza. Nubi minacciose si scontrano dentro di me in un turbine di emozioni che generano soltanto tempesta. Da troppo tempo ormai.
Sui sottili fili d’erba le gocce di rugiada baluginano investite dai primi deboli raggi solari. Un tappeto verde, morbido e regolare; i miei occhi vedono rosso. Non è ancora il momento del sangue.
Verdeggiare d’ulivi, delicatezza dei fiori di pesco ombreggiati a tratti da foglie di palma scosse dal vento. Sopra al piccolo stagno ronzano le api, sono dimesse, disorientate, lente. Cercano un fiore di loto che non c’è. Oggi non ci sarà rinascita. È l’inizio di una fine premeditata e calcolata con perizia. L’arte trionfa anche nella vendetta più spietata, nel rancore di una natura senza colpe. Mi chiedo cosa potrebbe pensare il maestro se sentisse certi miei pensieri. Solo per aver pensato, mi avrebbe punito peggio di come fa con gli schiavi.
Ti sento vicina. Ogni passo mi avvicina a te, il tuo respiro diventa il mio. Fino a quel momento ero rimasto in apnea, per sentirti meglio, per scovare il tuo odore. Avrei trattenuto l’aria per sempre, l’avrei soffocata fino a non sentirla più, fino a non sentirmi più. Ma la conclusione non può essere così semplice. Muoio volentieri una seconda volta. Il tormento che mi assilla è terribile, una punizione perpetua; sono vittima di una passione mentale che mai potrà trovare la sua parte complementare.
Sei lì, oltre la finestra. Mi fermo un attimo. Vale la pena disegnare questa cornice. Oltre la tenda di candido lino c’è un luogo misterioso, tanto crudo quanto la realtà dell’esistenza, tanto bello quanto la sfuggevolezza di un sogno. Avrei voluto, quanto avrei voluto che l’uomo giacesse con te tra le soffici lenzuola del tuo talamo. Non l’artista che più volte hai ispirato, ma l’uomo che ti ha sempre amato, anche se tu non lo sai; l’uomo che ora percorre idealmente i suoi ultimi passi verso un destino che non ha scelto. Ora capisco quanto la fama non sia niente. Quanto il denaro non sia altro che bieco tintinnare metallico. Eppure, io non ho né fama né denaro.  
Mi attardo volutamente sulla prospettiva delle pareti che circondano la finestra oltre la quale ci sei tu. Mi approprio delle luci e delle ombre che il sole proietta. I miei occhi catturano l’ambiente circostante e la mia mano lo riporta sul papiro. Un geco sale sul muro dal prato ancora umido. Si ferma poco prima della linea d’ombra: gode del tepore che traspira dalla parete riscaldata; oltre, un brivido di fresco si ritira progressivamente, asciugandosi e seccandosi come una lacrima sul viso. Solchi, gole sul mio viso, lacrime di fuoco sgorgano dai miei occhi rossi e profondi.
Che gli dei abbiano pietà di me! Il mio sguardo è finalmente penetrato oltre la tenda. Potrei chiudere gli occhi e farmi guidare soltanto dall’immaginazione. Nel buio delle mie palpebre chiuse, sapendoti davanti a me, addormentata e bellissima, saprei facilmente orientare la mia mano sulla tavoletta.
Quante volte ho osservato il tuo corpo, quante volte è stato modello ideale e inconsapevole da cui trarre la mia arte? Non hai mai immaginato che anch’io potessi essere un artista capace di rappresentare la potenza della tua figura, versatile e genuina, ferma ma espressiva. L’innata forza che trasmetti è l’impeto che travolge chi ti osserva, sia che ti ritragga come una semplice ancella, sia che ti voglia elevare alla stregua e alla gloria di una dea. Tocco, tocco ancora le curve che io stesso ho disegnato. La mia mano scivola sulla tua pelle liscia e morbida. Sento il tuo profumo. La mia arte compie il suo ultimo passo diventando vera, concreta, tangibile. Non vado oltre, non posso andare oltre. Sono prigioniero del mio corpo mutilato. Avrei preferito morire subito piuttosto che soffrire una tale pena.
I tuoi occhi chiusi tremano immersi nell’immagine sbiadita di un ultimo sogno prima del risveglio. Sei tranquilla, chissà se stai sognando un amore vero. Se così fosse, stai in guardia, poiché potrebbe trasformarsi nel più terribile degli incubi. L’incubo infinito e delirante che io vivo tutti i giorni, un peso che grava sulla mia fragilità imposta. Una condizione che mi ha reso più triste, più oscuro, più incapace; vorrei essere schiacciato come uno scarabeo tra il marmo del tempio e la suola di un calzare.
Sì, sei una dea, addormentata nel tuo mondo insondabile e profondo come gli abissi del mare. Lenisci il dolore di questo mezzo uomo mortale, che non può godere del peccato fisico e dei suoi piaceri. Arresta il delirio di un pazzo d’amore, condanna la pazzia delirante di un artista che ha fallito con se stesso senza aver avuto la possibilità di scegliere.
Ti svegli. Dalla mia posizione privilegiata di vile osservatore sento distintamente il calore del tuo corpo; sensazioni a me proibite di fronte alla visione del tuo seno che rialza la veste, mentre il tessuto scivola sul tuo corpo fino a rientrare in corrispondenza del pube. Nel mio disegno ti ho già svestito, facilmente, in un impeto artistico d’ispirazione incontrollata. Uno per volta, con sottili linee, disegno i tuoi lisci capelli dal color dell’ebano, sono dardi dal riflesso infuocato che colpiscono il papiro e incendiano il mio cuore.
Lo diceva sempre, il maestro, di quanto tu lo ispirassi particolarmente. Si esaltava per il piacere artistico che eri capace di accendere in lui. Era come se andasse oltre la realtà, tanto che, a tratti, avevo la sensazione che mi considerasse un uomo come lui, un uomo artista con le stesse virtù e le stesse debolezze, voglioso di condividere tutta la sua estasi meravigliosa. Ma la realtà cruda ritornava anche per lui e io tornavo un essere inferiore, indegno di fronte alla bellezza dell’arte. Un modo di fare arte che ho assorbito in silenzio, di cui mi sono appassionato, la cui forza passa oltre le regole della società e la vergogna del pregiudizio.
Mi sembra di vederti per la prima volta. Ogni volta che ti vedo è la prima. C’è sempre qualcosa da scoprire di te, qualcosa di nuovo da indagare, qualcosa di vero che vale la pena rappresentare. Se solo la mia lingua avesse la stessa scaltrezza della mia mano! Comunque, tu non mi vorresti. E mai io ti potrei avere.
Adesso sei veramente nuda, ti pettini, ti detergi, il tuo sguardo non tradisce il compiacimento che hai verso il tuo corpo perfetto. Il tempo, per te, sembra non passare mai. Anche per me non passa mai ed è per questo che ho deciso di fermarlo per sempre. Cosa rimarrà? Niente. Sopravviverà soltanto il sogno proibito di un’esistenza inutile, anonima, innaturale. Né le mie azioni né la mia arte potranno sottrarsi al giudizio degli dei.
Le onde s’infrangono sugli scogli, la schiuma lentamente scompare risucchiata dalla risacca. Maestoso, imponente, salvifico: come ha potuto il faro della nostra meravigliosa città non illuminare il nostro amore in balia del mare? Ho cercato una guida, ho cercato la ragione. Ho trovato soltanto vuoto. Empietà d’animo conseguente all’assassinio della mia virilità, condizione disperata che ha accentuato il mio delirio mentale fino alla pazzia assoluta. Nemmeno in questa ultima rappresentazione, l’ennesimo tentativo di ritrovare me stesso, il faro ha saputo indicarmi la giusta rotta, per cui la mia nave affonderà in un mare di sangue.
Tra poco non mi resteranno nemmeno i disegni, sepolti inesorabilmente dall’oblio dopo una tempesta di sabbia.
Lo sospettavo. Non poteva essere altrimenti. Non mi sorprende. Il maestro sarebbe stato troppo vecchio per te, anche se a volte ho pensato che potesse desiderarti. E averti, se solo avesse voluto.
Il giovane guerriero è aitante, te lo sei scelto bene. Lui ha scelto altrettanto bene. Quali possibilità può avere lo scaltro artista di fronte a un simile esempio di qualità morali e fisiche? Mi piace immaginarvi lontani. Tu lo attendi passeggiando in giardino. Sei turbata ma sorridi. L’attesa rende ancor più vero il tuo desiderio mentale e fisico. Il vento fa volare i lunghi capelli e schiaccia la veste sul tuo corpo. Le curve riprendono forma. Le tocco ancora una volta. Il sangue mi sale al cervello, le orbite si gonfiano, le mie pupille eclissano le iridi.
Lui è sul campo di battaglia e brandisce una lancia insanguinata. Il sangue ancora caldo cola sulla mano. Ha la fronte imperlata di sudore misto a polvere e sabbia. Ansima. Ha combattuto valorosamente, ha ucciso. Il suo onore incontra ancora una volta la volontà degli dei. Ansima ancora, ma d’impazienza. È impavido. La morte lo attende dentro di te.
D’istinto, la mia mano si ferma non appena sento i vostri umori invadere la stanza. Penserei a un mostro sopra di te se i tuoi gemiti di piacere non tagliassero l’aria riempiendola di tutta la tua estasi. Lui si comporta come in battaglia, deciso, altero, insormontabile; tu come in posa, sicura, fiera, inarrivabile. Non dimenticherò mai il tuo sguardo magnetico, lo smeraldo dei tuoi occhi che lancia dardi infuocati. Non sono riuscito a fermare le fiamme che si sono propagate dalle mie mani quando ho potuto disegnare il tuo corpo. La mia non poteva che essere arte successiva, consecutiva a un desiderio reciso dalle vanità dei potenti. L’artista brucia, a poco a poco le vampe iniziano a lambire il cuore. Non ci credo, mi sento sporco, insulso, schiacciato dalla volontà di abbandonare al più presto quell’involucro che imprigiona il mio vero essere. Voglio essere libero.
Continuate, godete e continuate ancora. Vi osservo e sento la fine sempre più vicina. Devo fermare questo supplizio che ho cercato volutamente. Il mio piacere terreno è quell’istinto incontrollabile di riprodurre la vita. Nel bene e nel male. Non c’è altro per me. Ho ammirato e glorificato la natura, le persone, gli dei. La mia vita come un fragile fuscello, spazzato via dal vento del rimorso per una tentazione che non potevo avere e che mi ha corroso l’anima.
Ho soltanto immaginato i colori di queste ultime scene. Bianco e nero, nero e bianco, non ci sarà colore per questa vita che s’avvia alla conclusione terrena. I colori, su di te, sono il ponte verso la più alta ed espressiva dimensione artistica di cui non resterà nemmeno il ricordo.
Smeraldo, zaffiro e rubino incastonati nell’oro. Tutto sembra infinito come la sabbia del deserto che acceca i miei occhi, che ha sepolto il mio animo, bruciato i polmoni, arso la gola. Il mio pugno è saldo sull’elsa, nella lama lucida si riflette il mio sguardo spiritato. Che gli dei abbiano pietà di me perché io non ne avrò.
Non pronunciare il mio nome!
Come lo scorpione che attacca, ho affondato il pugnale alla base del collo. È stato un attimo. Sopra di te per l’ennesimo amplesso, il guerriero ha avuto una morte da soldato. Il rosso del sangue è nero, è denso. Sul suo corpo, nel letto, sul tuo corpo, sulle pareti. Su di me. Il mio nome è stata la tua ultima parola.
Non so da quanto tempo vi osservo. Tocco il tuo piede tra le lenzuola intrise di sangue. È ancora caldo. Poso delicatamente il pugnale sul tavolo della specchiera, per non fare rumore. Anche se nessuno può sentirmi. Prima di riprendere il papiro mi lavo la crosta di sangue che ho sulle braccia e sulle mani. Mi tolgo la veste scoprendo la mia cicatrice e la getto sui vostri corpi inermi.
È una corsa contro il tempo. I contorni prendono velocemente forma sulla tavoletta, la mia mano non si stacca mai dalla superficie pulita. Tra le linee emergono le sagome dei vostri cadaveri. Sangue e sudore mescolati a ciò che è stato il vostro piacere e non il mio. Replico la scena in piccolo e in prospettiva mentre si riflette nella specchiera accanto al letto. Dalla parte opposta della stanza, le tende non più candide offuscano la luce del sole.
Il tempo non è che una finestra dalla quale mi affaccio a guardare la natura per l’ultima volta. Questo mondo, visto da qui, osservato in questo momento, ha tutt’altro sapore. Ho aspettato questo tramonto per far in modo che fosse l’ultimo. Sento la mia mano più leggera, spensierata, che agisce sul papiro cavalcando un’onda artistica che di umano non ha più niente. E che nulla avrà di divino a parte il giudizio che dovrà subire.
La mia opera rallenta di fronte al mare di lacrime che non pensavo di serbare. Oh, musa! Quante volte hai posato per me, quante volte ti ho guardato attento per scoprire e imprimere sul papiro ogni piccolo particolare del corpo? Niente di più semplice di un silente dialogo tra un artista e il suo soggetto. Ma non immaginavo che l’amore per una persona potesse essere così travolgente, che andasse oltre il volere degli dei. Pensavo che l’amore autentico fosse soltanto quello per l’arte e per la passione di fare arte. Una dimensione della mente che mi ha coinvolto nella mia totalità, senza lasciarmi spazio per altri pensieri che non potevo avere. Questo credevo fosse l’amore. C’è un confine che ci divideva e ci divide ancora. E ci dividerà anche oltre, per sempre lontani, posti su due piani diversi.
O forse no. La morte mi darà l’occasione di redimere la mia colpa terrena verso di te, per non essere stato capace di renderti partecipe di sentimento profondo anche se parziale, che non avrebbe mai avuto il suo naturale compimento. Un sentimento che mi ha cambiato la vita, abbattendosi su di me con una forza inaudita, che mi ha reso ostaggio della mia mente oltre che del mio corpo. Una follia cieca e inarrestabile. E’ tutto nei miei disegni.
Ho ancora voglia di ritrarti mentre mi attendi nell’aldilà accanto ad Hathor, ansiosa di ascoltarmi. Tutto è perfetto in te, come prima, come sempre. Da questa parte il tuo cadavere mi guarda. Amore mio, posso dirlo adesso?
Ci siamo. Resta l’ultimo papiro, ora la storia è completa. Tra pochi giorni il fetore dei cadaveri si sentirà sulla strada oltre il giardino e qualcuno entrerà qui. Attraverso i miei disegni, dentro la selva del mio delirio artistico, si potrà ammirare tutto il mio disagio. Non l’amore, ma la pena che ho provato per esso. Credo sia il massimo livello che io abbia raggiunto attraverso l’arte. Non una scena statica, ma tanti momenti in successione quasi repentina, come sono le immagini reali della vita che scorre, di cui i nostri occhi sono soltanto spettatori. Nel bene e nel male.
L’ultima scena la dovrò rappresentare attraverso l’immaginazione, poiché la realtà non mi permetterà di farlo in tempo reale. Come uno schizzo: camera da letto, comodino, specchiera e finestra. Due cadaveri sul letto, uno sopra l’altro. Sangue nero.
Ci sono anch’io, seduto sulla sedia della specchiera. Nudo come il verme che sono. Tra le dita stringo l’elsa del mio pugnale e guardo i due corpi che ho assassinato. Marco il sangue sul letto e quello copioso e caldo che scivola sulle mie gambe. Sotto i miei piedi una pozza si allarga. Uno stagno senza api. C’è un ultimo particolare: i miei disegni appoggiati sul comodino, in ordine, dall’alba al tramonto, dal principio alla fine di quest’ultima giornata terrena. Avrei preferito la morte, da subito. Ma questo hanno voluto gli dei. Sto cessando di essere. E non sono più.
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Messaggio Da Petunia Ven Apr 09, 2021 7:02 am

Ciao autor

Ho letto più volte questo racconto e ogni volta ho colto una sfumatura in più. Se lo rileggessi altre volte sono certa che ne troverei ancora.
È un pezzo potente, scritto in modo impeccabile. Il modello eunuco che ci trasmette tutta l’angoscia di un uomo mutilato nel corpo, ma vibrante di desideri e pulsioni che gli sono precluse.
È intensa la prospettiva che ci offri, sono splendide le immagini che descrivi. 
Non so se tu ti riferisca alla villa di Marco Frontone o alla Villa dei Papiri o altro, il fatto è che io in quella villa mi ci sono sentita immersa. Sono entrata in empatia con il personaggio. 
La narrazione ha un ritmo adeguato che ti lascia il tempo di visualizzare  assaporare ogni dettaglio, ogni moto dell’anima. Certo, il linguaggio è fin troppo ricercato se lo penso espresso da un povero modello eunuco, ma alla fine, è parte del fascino di questo racconto dal finale sorprendente e adeguato.
Bello, ecco. Bellissimo pezzo. 
I paletti sono perfettamente integrati nella storia, tanto che neppure si nota il gran lavoro che hai fatto. E questo è un ulteriore pregio. Insomma, se non lo hai capito, questo pezzo mi ha incantata.
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Messaggio Da Antonio Borghesi Ven Apr 09, 2021 5:15 pm

Devo respirare! Mi hai lasciato senza fiato. Sono entrato nei pensieri dell'eunuco assassino e mi sono detto: poveretto! E' veramente conciato male. Soffre le pene di un amore impossibile da concretare sul piano fisico e inoltre assiste al gioire della sua amata sotto il corpo di un valoroso soldato. Beh adesso che ho respirato, visto che io non ho mai provato una simile emozione ripeto che è veramente un poveretto se la sua mente è obbligata a quei pensieri terribili. E, per stemperare il mio disagio, scrivo: meno male che l'ha ucciso e poi si è ucciso così io non soffrirò più. A parte la battuta è veramente un bel pezzo.
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Messaggio Da Fante Scelto Sab Apr 10, 2021 2:48 pm

Il racconto si configura come un lungo lamento di disperazione di questo personaggio che, ammetto, non ero sicuro fosse un eunuco, e a dirla tutta neanche intuisco bene che ruolo sociale abbia. Leggo un "modello" negli altri commenti, ma non avevo idea si usassero eunuchi come modelli (non ne vedo l'utilità ma tant'è, magari lo facevano veramente).
Così come non ho capito chi sia lei, se una generica bella donna o abbia un qualche ruolo particolare.
L'unica cosa che ho capito è che la forza espressiva di questo racconto, del modo in cui la voce narrante parla, non riesce (almeno per me) a far arrivare tutta la sua disperazione.
C'è una cura notevole, forse fin eccessiva, nella scelta dei termini e nella ricercatezza della costruzione delle frasi: sono proprio questi elementi che fanno perdere di genuinità alla rabbia e alla disperazione del personaggio.
Il suo monologo appare costruito, edificato pietra su pietra ma, sempre per me, solo qua e là comunica le sue vere emozioni. Nella maggior parte del percorso, al contrario, fa sentire più la mano (esperta) retrostante che non l'umanità della voce, relegando il personaggio a una figura teatrale, eloquente ma poco spontanea.

La fumosità del monologo non lascia poi intuire molto bene se il tutto avvenga in una sequenza, cioè l'azione sia contemporanea al parlato, oppure se tutto sia già avvenuto quando il monologo inizia.

Insomma, è un lavoro potenzialmente buono che però ha indugiato troppo nella ricercatezza linguistica. Anche la lunghezza (un monologo così dovrebbe essere più breve e mordace, secondo me) non aiuta in questo senso.
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Messaggio Da Byron.RN Sab Apr 10, 2021 2:58 pm

Il pezzo è scritto benissimo, forma curata e precisa.
Questa è la prima considerazione che mi sento di fare, per dare il giusto valore al tuo lavoro.
Questo racconto poi è riuscito a ricordarmi una volta di più che i monologhi mi risultano assai ostici.
Sì perché, se un brano scritto così bene non è riuscito ad appassionarmi, la ragione è da ritrovare esclusivamente nel genere, non nello scrittore.
Il fatto è che un profluvio di parole di questo genere mi indispone, mi fa perdere quasi subito il contatto con la storia. Questo è sicuramente un limite mio, perché arrivato a un certo punto la mia mente vede soltanto parole che si affastellano le une sulle altre, in modo anche ridondante, facendo scemare il mio interesse per la storia. Non so neanche dire se i paletti siano tutti rispettati, perché non ci ho fatto caso travolto com'ero dalle parole e questo non so se sia un bene oppure no.
Ti rinnovo i miei complimenti più sinceri per il tuo modo di scrivere, ma a questo punto credo che i miei cinque favoriti, a meno di un'inesplicabile conversione, saranno tutti racconti umoristici.
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Messaggio Da SisypheMalheureux Sab Apr 10, 2021 3:17 pm

Un racconto scritto tecnicamente molto bene, si vede che l'autore (o autrice) ha una buona padronanza delle tecniche narrative e delle descrizioni. Il problema, secondo me, è che capiamo che il protagonista è un eunuco solo verso la metà del racconto e scopriamo che l'amata non dorme, bensì è morta assassinata per mano del protagonista, solo verso la fine. Tutta la prima metà del racconto è piuttosto ambigua. Non si riesce a inquadrare subito il personaggio il che, secondo me, potrebbe creare frustrazione in un certo tipo di lettori e farli desistere dal continuare la lettura. E sarebbe un peccato perché le tue descrizoni sono davvero molto dettagliate ma mai noiose, le padroneggi come pochi. Ho molto apprezzato il particolare del geco.


Ultima modifica di SisypheMalheureux il Dom Apr 11, 2021 11:40 pm - modificato 1 volta.
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Messaggio Da Arianna 2016 Sab Apr 10, 2021 5:59 pm

Parto dai paletti. Ho trovato il pittore e la camera da letto. Se ho bene interpretato il riferimento al faro e al dio Hathor, ci troviamo ad Alessandria d’Egitto, anche se il riferimento è appunto molto vago.
Non ho trovato la collocazione temporale, che immagino avrebbe dovuto essere il 79 d.C.
Il primo elemento positivo è l’idea di fondo, la trama nei suoi punti essenziali.
Il secondo è la forma, tecnicamente del tutto corretta.
Non me ne volere, autore, chi legge da tempo i miei commenti sa che è qualcosa che mi contraddistingue: purtroppo questo stile, carico di enfasi lessicale, ridondante, a me non piace. Lo sento pesante, intellettualistico, suscita in me un senso di distanza. Mi provoca una reazione addirittura opposta a quella che immagino tu voglia creare.
Ma, appunto, sono gusti personali.
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Messaggio Da gdiluna Sab Apr 10, 2021 6:48 pm

Il racconto è molto ben scritto, troppo forse per il momento che sta vivendo il parlante. Perché questo è il punto: è scritto, non è parlato. La vaghezza iniziale sulle condizioni fisiche del monologante e della sua amata è una eccellente creazione di suspense, sicuramente uno stimolo a proseguire la lettura ma è davvero coerente allo sfogo di un'animo liberato dalle situazioni nelle quali si sentiva costretto? poi, ma questo è sicuramente un mio limite, faccio fatica a immergermi in un racconto nel quale ignoro i nomi dei personaggi, mi diventano immagini paradigmatiche e come tali estranee dal mio sentire. Ma, ripeto, è sicuramente un mio limite.
Comunque complimenti per lo stile!
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Messaggio Da Resdei Sab Apr 10, 2021 7:37 pm

Ciao.
Monologo affascinante per la ricercatezza delle descrizioni e per l’approfondimento psicologico del protagonista. 
Tutto interiore, spinto a spiegare la sofferenza di un uomo che ama, ma non può amare come vorrebbe. 
Da qui emerge l'ottima scrittura di una mano esperta. 
Restano penalizzati, secondo me, la descrizione dell’ambientazione e il vissuto.
Sarò sincera, in alcuni momenti mi sono persa, non riuscivo più a seguire e alcune frasi mi sembravano già lette.
Forse un lavoro di “sfoltimento” gioverebbe a un lettore come me.
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Messaggio Da paluca66 Dom Apr 11, 2021 9:54 pm

Cominciamo con i paletti: tutti molto ben rispettati e integrati nel racconto a parte, forse, il 79 d.c. che non riesco a trovare in quale frangente dovrebbe emergere.
Hai una scrittura elegantissima e ricercata, in cui non ho trovato il minimo refuso ma, nell'economia del racconto, questo rischia di trasformarsi in un boomerang.
Mi spiego: l'inizio è folgorante, la sofferenza dell'eunuco innamorato che prova i desideri della carne ma sa che non potrà mai soddisfarli emerge forte e chiara, oserei dire "dolorosa".
Ma poi il tutto si perde in un eccesso di prolissità (devo dire che in questo "i nostri" sono stati abbastanza crudeli imponendo un minimo di 6.000 battute a un monologo), a un certo punto, lo confesso, ho cominciato a fare fatica a seguire il flusso di parole e ho sbirciato quanto mancasse alla fine.
Lo stesso monologo, ridotto a metà, sarebbe stato vicino alla perfezione, a mio parere.
Chiudo con un esempio: 
L’ultima alba è una sfumatura di colori che vela la volta celeste. Rosa del mattino, fiore d’arancio, sottile linea purpurea. Il giorno sta nascendo, tra poco il sole emergerà dalle profondità del mare. I miei occhi godranno per l’ultima volta di tanta bellezza. Nubi minacciose si scontrano dentro di me in un turbine di emozioni che generano soltanto tempesta. Da troppo tempo ormai.
Sui sottili fili d’erba le gocce di rugiada baluginano investite dai primi deboli raggi solari. Un tappeto verde, morbido e regolare; i miei occhi vedono rosso. Non è ancora il momento del sangue.
Verdeggiare d’ulivi, delicatezza dei fiori di pesco ombreggiati a tratti da foglie di palma scosse dal vento. Sopra al piccolo stagno ronzano le api, sono dimesse, disorientate, lente. Cercano un fiore di loto che non c’è.
Tutto questo periodo, a mio parere, naturalmente, è eccessivo, lo si potrebbe togliere senza che il senso del racconto cambiasse minimamente...
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Messaggio Da Susanna Dom Apr 11, 2021 10:57 pm

Confesso che prima di postare il mio commento ho voluto leggere gli altri, perché questo racconto mi ha messo davvero molto in difficoltà e ho voluto in primis confrontarmi con gli altri lettori.
Ho visto bei commenti e quindi mi spiace esprimere un parere non del tutto in sintonia, non me ne voglia l’autor*, ma il bello di questo forum è proprio il confronto.
Nella prima parte mi perdo, ma non demordo, anche per rispetto dell’autor* che ha veramente messo in campo una notevole capacità narrativa e padronanza di linguaggio e stile.
Ma il racconto per me è fumoso, pesante: ricco di spunti, di immagini, troppo per i miei gusti, mi spiace. Ho perso spesso il filo dei pensieri e ricominciare è servito a poco.
La figura dell’eunuco si è materializza quasi subito, così come è forte la percezione del dolore per la mutilazione fisica cui non corrisponde la mutilazione del desiderio, della necessità di amare non solo in senso fisico, ma anche di essere amato in tutte le forme in cui l’amore si declina. Così come rifiuta che alla mutilazione fisica debba corrispondere una sorta di mutilazione interiore e della sua facoltà di “pensare”, di coniugare nell’arte la filosofia di vita.
A mio parere la prolissità dei pensieri, seppur plausibile con il momento emotivo dell’uomo, toglie qualcosa alla forza del racconto. Sembra quasi che i singoli pensieri vengano duplicati, declinati in pensieri “sinonimi”.
Proprio questa prolissità mi ha impedito di gustare appieno il racconto.
Il monologo quindi c’è, perbacco, ma andrebbe sfoltito, sfrondato e allora scorrerebbe più leggero, senza perderne in drammaticità.

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Messaggio Da Ospite Lun Apr 12, 2021 11:18 am

Per come la penso io, l'eccessivo manierismo, la bravura talmente assurda può creare un distacco con il lettore. Invece di avvicinarlo, allontanarlo. 
'Di cosa parliamo quando parliamo d'amore?' Il bel racconto di Carver in un certo senso somiglia a questo straordinario monologo. Ha la stessa asciuttezza, la stessa sofferenza esterna. La stessa quotidianità, ovviamente riferita al periodo.
Nello step la ritengo una delle opere migliori. E pensare che quando ho cominciato a scrivere il commento volevo criticarla. Poi mi è bastato accennare al parallelismo con l'opera di Ray Carver per amarla all'infinito.
L'amore è tutto e niente. L'amore è il più grande mistero.
Grazie autore.


Ultima modifica di tommybean il Gio Apr 22, 2021 7:11 pm - modificato 1 volta.

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Messaggio Da Danilo Nucci Lun Apr 12, 2021 3:21 pm

Bella l’idea della descrizione di questo amore impossibile e malato, tanto malato a spingere verso un finale nel sangue che mi ha messo a disagio, come in disagio mi trovo quando sento narrare di cronache quotidiane in cui l’amore finisce in sangue e violenza.
Sulle qualità della scrittura, sull’uso della parola, sulla forma non ho osservazioni particolari, se non complimenti da fare.
Purtroppo non posso fare a meno di scendere sul soggettivo. Come ho già scritto più volte in altre occasioni, questo stile di scrittura “barocco” mi allontana irrimediabilmente dal testo e ho la lettura con una certa fatica.
Scusami, Autore, sei bravissimo e credo che tu abbia i tuoi estimatori. D’altra parte non è scritto da nessuna parte che uno stile di scrittura debba per forza essere apprezzato da tutti. C’è anche chi, legittimamente, scrive per sé stesso, incurante del gradimento di chi legge: la mia collocazione sull’argomento è nel mezzo.
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Messaggio Da gemma vitali Lun Apr 12, 2021 4:09 pm

Un monologo scritto con molta ricercatezza di stile.
Lo stato d'animo del protagonista è talmente contorto, convulto da trascinare il lettore con la voglia di capire di più dal suo racconto.
Emerge la frustrazione del modello per la sua condizione di eunuco quando lo travolge l'amore per la donna soggetto artistico che ha imparato a ritrarre ed è ossessionato da questa figura femminile sia come opera d'arte che come donna che non potrà mai avere.
Il tuo racconto è bello, ma al livello emotivo si dilunga troppo e la lettura diventa poco agevole.
Hai comunque realizzato un'opera degna di nota. Coplimenti.
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Messaggio Da ImaGiraffe Mar Apr 13, 2021 12:38 pm

Ciao Aut*

Io la penso esattamente come Susanna. Il tuo monologo è scritto bene ma per me è risultato pesante.
Ti soffermi sulle immagini e sui pensieri così tanto che ti si appiccicano addosso rendendo la lettura quasi impossibile. 
Non è noia. Perché quello che racconti è bello ma è veramente troppo prolisso.
I fatti narrati e  i personaggi che hai creato sono decisamente potenti e funzionerebbero anche se tu sfoltissi il testo. Così come mi sono stati presentati non me li sono gustati come avrei voluto.
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Messaggio Da Yoghi69 Mar Apr 13, 2021 2:13 pm

Il monologo è scritto molto molto bene. I paletti sono rispettati ( manca forse un chiaro riferimento all'anno). 
Ma...
come ho letto anche in altri commenti, pur apprezzando la tua bravura ( io non sarei mai in grado di scrivere così...) il tuo stile così carico e la lunghezza del testo mi ha reso molto difficile la lettura.
L'idea è bella, però mi sarebbe piaciuto vederla sviluppata in modo meno prolisso e "barocco". Al di là del mio gusto personale resta comunque il fatto che scrivi veramente bene.

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Messaggio Da Susanna Mer Apr 14, 2021 12:41 pm

Ho riletto diversi racconti, quelli su cui avevo qualche perplessità da prima/seconda lettura, non tanto per aggiustare il tiro, il giudizio quello rimarrà, ma per vedere quel qualcosa che magari era sfuggito.
Rilettura: essendo il testo "corposo" ho voluto in un certo senso rianalizzarlo, ma l'impressione che determinate frasi/periodi non fossero che la duplicazione di altri mi è rimasta. Potrebbe anche non essere un difetto, ma un tentativo di rafforzare il tema trattato, molto delicato, però sono del parere che sfoltendo, scegliendo i periodi migliori, più intensi, il racconto ne guadagnerebbe perchè merita sia valorizzata l'originalità della scelta di base.

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Messaggio Da Hellionor Sab Apr 17, 2021 10:53 am

Te lo dico senza troppi preamboli: questo monologo è troppo lungo, troppo. Mi fa distogliere l'attenzione dalla storia, al finale ci arrivo strisciando perché il finale per me è circa duemila battute prima.
Il registro narrativo è molto ampolloso e ricercato ma questo non sarebbe un aspetto negativo anzi lo trovo un registro assolutamente coerente con il personaggio e il suo periodo storico (si trasforma in aspetto negativo quando ti dilunghi troppo).
Il delirio del tuo eunuco ha notevolissime potenzialità. Un omicidio passionale raccontato dall'assassino, attraverso i suoi deliri e i suoi ricordi. Un'idea veramente ottima anche per soddisfare i paletti dello step. Ci sono alcuni passaggi davvero interessanti, ma resta un testo da snellire e parecchio anche. Per me ci sono almeno cinquemila battute da eliminare, magari al di fuori del contest e con la possibilità di spaziare fuori dai paletti.
Lo considero un buon testo sul quale lavorare.
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Messaggio Da vivonic Sab Apr 17, 2021 11:01 am

Mi è molto difficile commentare questo racconto, quindi cercherò di andare con ordine perché ho mille cose da dire e probabilmente qualcuna non la dirò.
Secondo me è difficile da leggere. Ma non di quella difficoltà che, quando arrivi alla fine, ti ripaga, bensì di quella che ti porterebbe a interrompere la lettura o a leggere distrattamente. La colpa di ciò mi sento di attribuirla tutta al genere. E infatti non credo che il monologo ti sia congeniale, come genere.
Ma aggiungo l'asso di briscola, e ti dico che, se anche il monologo ti fosse congeniale, questo racconto non potrebbe certo dimostrarcelo, giacché è lontanissimo dall'esserlo. Questo è tutto fuorché un monologo: è un racconto scritto in prima persona singolare con tanti di quei cambi di scena da far venire il mal di testa solo a ricordarseli a lettura finita.
C'è da dire che in questo step sei in ottima compagnia, quindi, una volta capito che il genere era stato talmente frainteso, ci siamo dati dei limiti più elastici per l'accettazione in concorso.
Se tu avessi scritto lo stesso racconto fregandotene di doverlo farlo rientrare nel genere del monologo, anche lasciandolo in prima persona, probabilmente avresti scritto un piccolo capolavoro, senza prolissità, senza domande retoriche, senza eccessive descrizioni o sovrabbondanza di aggettivazione; invece, il tentare di ricondurlo nel genere ha solo appesantito la lettura di un racconto che è favoloso, scritto benissimo (io non ho notato neanche una virgola fuori posto), con una trama avvincente che avrebbe tenuto tutti incollati allo schermo (altro che annoiarsi!)
Mi dispiace che tu abbia "sprecato" questa idea in questo step; ma nessuno ti impedisce di riscrivere il racconto nel tuo stile più congeniale, e renderlo una vera e propria perla.
Così, com'è, può andare bene forse per questo step, perché di sicuro non è tra i peggiori e - anzi - mi azzardo a dire che è addirittura tra i più belli!
Però, e credo lo sappia anche senza che te lo dico io, è davvero molto difficile da leggere così.
Per me è comunque una prova positiva, quindi i complimenti te li faccio!

______________________________________________________
Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Messaggio Da mirella Sab Apr 17, 2021 1:25 pm

Tema sensibile. Si è scelto un personaggio maschile, l’eunuco, come paradigma della mutilazione più atroce che si possa infliggere al corpo per le conseguenze che produce sullo spirito e sulla personalità. Qui addirittura si arriva al doppio omicidio e al suicidio, quando allo strazio dell’impotenza si aggiunge il tormento di vedere la donna amata appagata da un altro.
L’uomo non agisce d’impulso, gli atti efferati sono preceduti da una lunghissima riflessione. (troppo, in verità!)
Attraverso immagini efficaci e intrise di poesia affiora la nostalgia per la vita, l’incanto della natura, la bellezza, l’arte e l’amore per la donna che l’uomo, privato della sua virilità, può soltanto contemplare come fosse una dea. Non c’è alternativa, non c’è compenso, non c’è speranza e allora resta solo il furore e il sangue.
Difficile restare indifferenti di fronte a tanta devastazione. Nonostante le lungaggini del narrato e la ripetizione di concetti già espressi, il racconto commuove e offre spunti di riflessione. Penso, ad esempio, all’infibulazione, ancora largamente praticata in Africa e non solo.
Rispettate le regole imposte dallo step. Il monologo però va snellito.

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Messaggio Da Ospite Sab Apr 17, 2021 1:36 pm

A me è piaciuto da matti, pure dopo averlo riletto.
Questa è la vera scrittura creativa, in altre opere ho trovato banali riassunti storici.
Qui si crea, si soffre, si ama.
Pur essendo tutto finzione, tutto inventato,
anche senza appoggi nella realtà storica, resta molto credibile.

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Messaggio Da digitoergosum Dom Apr 18, 2021 5:01 am

Ciao aut*. Scrivi molto bene, ma dopo mezza pagina, non averne a male, ho proseguito per rispetto nei confronti dello scrittore concorrente. È stata la lettura più lunga in cui finora, li ho letti quasi tutti, mi sia imbattuto. Praticamente mi sono fermato in ogni, ogni tua frase per "entrarci", capirla e quasi sempre apprezzarla. Ma è così densa ogni tua frase, così piena di concetti, che sfianca il lettore che sono. È un delirio, e i deliri sono secchi, immediati, a volte surreali. Il tuo pecca purtroppo di una prolissità tecnica e dei concetti. Scrivi veramente bene, non vedo l'ora di ritrovarti con un altro racconto "libero".
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Messaggio Da Molli Redigano Mar Apr 20, 2021 12:05 pm

Non posso che accodarmi ai commenti precedenti: questo testo necessita di una potatura che lo faccia emergere dalle onde narrative in cui l'aut l'ha immerso e che, purtroppo, rischiano di allontanare il lettore. 

Il senso che voglio attribuire a questo testo credo stia tutto nella psicologia dell'eunuco. Mi sono fatto una ricerca e ho scoperto che esistevano due tipi di eunuchi: quelli mutilati durante la pubertà, che mantenevano una voce da bambino e che non avrebbero mai conosciuto le pulsioni sessuali e quelli mutilati in età adulta (a quanto pare la maggior parte di loro non sopravviveva alla mutilazione), che rimanevano uomini, se non altro psicologicamente. Mi sembra che il personaggio del racconto appartenga a questa seconda categoria. E in un certo senso si spiega il suo tormento interiore. 

Poi, ma potrei aver capito male, l'eunuco in questione ha imparato l'arte del disegno dal maestro, mentre la ragazza di cui si è invaghito è una delle modelle che si prestano per i ritratti. Non so, l'aut ci spiegherà.

Con i paletti, a costo di ripetermi, mi sembra siano tutti rispettati, a parte la collocazione temporale diretta al 79 d.c. che è soltanto intuibile.

Racconto migliorabile circa la sua fruibilità.

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Orazio, Ars Poetica, vv. 343-344


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Messaggio Da caipiroska Gio Apr 22, 2021 7:00 pm

Quello che mi ha più colpita di questo racconto è la lucida, perfetta analisi che il protagonista fa di quello che sta succedendo: dovrebbe essere travolto dall'emozione, frastornato dall'insano gesto che sta per compiere, delirante di follia...
E invece niente di tutto ciò: infila considerazioni e pensieri uno dietro l'altro con invidiabile calma e irreale sangue freddo, senza inveire mai contro la sua situazione, senza imprecare, senza uscire mai di senno. Ecco, questo a mio avviso è troppo poco verosimile nel contesto, toglie umanità al personaggio rendendolo qualcosa di astratto, che non riesco a trovare credibile, ma artefatto, troppo costruito, lontano dalla realtà.
Ora, io non so se il protagonista sia un eunuco o un semplice castrato magari a seguito di una vendetta o di una ferita di guerra, sta di fatto che è un'apprendista pittore che non vive per niente bene la sua situazione; non conosco nemmeno bene la sua condizione sociale, però mi chiedo perchè, in un simile contesto, non rivolga mai un pensiero ai suoi aguzzini, magari un pò colorito.
Forse ci sarebbe stata più empatia con il lettore...
Invece la sua situazione di castrato (che in realtà è l'origine del suo malessere...) rimane ammantata da un velo pudico che trovo poco credibile.
Tutte le considerazioni del protagonista si perdono poi nel testo, che è davvero troppo ampolloso e artefatto per il personaggio: capisco se a parlare fosse stato un filosofo o un letterato, ma da un semplice apprendista pittore mi sarei aspettata delle riflessioni più semplici e, dato il frangente, più sanguigne.
Il monologo rimane comunque favorevolmente impresso per la buona capacità narrativa e le intense immagini descritte, dove tutto è ben confezionato e allestito per il lettore.
Rimango però del parere che presentato in questa forma si perde un pò l'anima ardente del protagonista, che sarebbe stata molto più pertinente da narrare e interessante da leggere (volendo il testo essere, appunto, un monologo).
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Messaggio Da Arunachala Sab Apr 24, 2021 9:16 am

in tutta sincerità, devo dire di aver avuto difficoltà a concludere la lettura.
troppo lungo questo testo, tanto lungo che poi diviene pesante, pur essendo scritto benissimo.
ottime le descrizioni, riesci a portare il lettore nell'ambiente dove tutto si svolge però, ripeto, a tratti mi sono perso tra le righe.
può darsi che il problema sia mio, visto che i monologhi non li amo proprio, comunque devo farti i complimenti per la stesura e per l'idea.

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