Una storia morta e sepolta
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Different Tales :: Off Topic :: Archivio :: Different Rooms - Tutti i racconti :: Step 7 - L'anticamera
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Una storia morta e sepolta
Nel palazzo fiorentino, due uomini siedono l’uno di fronte all’altro.
Il più anziano, in sedia a rotelle, stringe tra le mani una lettera antica. L’altro non distoglie lo sguardo dal documento. «Mi tenga informato» dice prima di voltargli le spalle e uscire di scena col passo leggero di un’ombra.
È ancora notte. Marcello si chiude nello studio, sceglie con misurata lentezza un vinile dalla collezione e indossa le cuffie. La puntina accarezza i solchi e lui si lascia avvolgere dalle note umanizzate del sax di Coltrane. Accende la lampada da tavolo, siede, avvia il computer e, come d’abitudine, scorre le prime informazioni della giornata sullo schermo.
Non è la fine dello stato di emergenza per la pandemia che lo colpisce; ad attirare la sua attenzione è la notizia che riguarda Emmanuel Carrère: lo scrittore dice addio a Putingrad. Solleva lo sguardo verso la libreria. La copia di “Un romanzo russo” occhieggia dallo scaffale; scuote la testa la letteratura è un’altra vittima della guerra, pensa.
È soprappensiero quando il display dello smartphone s’illumina: appare il nome di Duccio Neri. A quest’ora? Prima di rispondere si assicura che la porta dello studio sia ben chiusa.
«Pronto. Ma certo, dottore, che mi ricordo di lei. Che succede? No, no. Non sono più in servizio da tempo» posa lo sguardo sulla foto del nipotino.
«Ho urgente bisogno di vederla. Oggi stesso.»
La richiesta è inattesa come la neve a ferragosto. Marcello aggiorna la pagina del calendario da tavolo. «Le ho detto che sono fuori dal giro. Ormai, sono un nonno a tempo pieno e…»
«Lo consideri uno scambio di favori» risponde l’uomo senza fargli terminare la frase.
Marcello guarda l’orologio e fa un rapido calcolo. «D’accordo. Il tempo di fare una doccia e mi metto in viaggio.»
L’autostrada, prima dell’alba, è un nastro scuro proteso verso l’ignoto. Marcello spinge a fondo l’acceleratore.
La città rinascimentale lo accoglie col profumo di caffè e di paste appena sfornate.
Raggiunge palazzo Neri alle otto in punto. Preme l’unico pulsante sulla bottoniera lucidata a specchio e attende la risposta. L’occhio discreto di una telecamera proietta la sua immagine sul monitor. È la prima volta che l’avvocato Neri vede l’ex carabiniere in borghese. Aziona il citofono.
«Digito?» chiede con circospezione.
«Ergo sum!» risponde Marcello con prontezza.
La serratura del grande portone ligneo fa uno scatto. All’ingresso lo investe un sentore di chiuso. La luce fioca di lampade a basso consumo illumina la grande scala in pietra serena che conduce al piano nobile. Riconosce subito i virtuosismi de “L’isola dei morti” opera n. 29 di Rachmaninov diffusi nell’anticamera. Solleva lo sguardo verso la piccola finestra a mosaico. Il cielo coperto lascia filtrare timidi raggi che illuminano la parete affrescata. Granelli di polvere sembrano danzare lievi nell’aria.
Tanta bellezza vale sempre il prezzo del viaggio, pensa.
Il ronzio della sedia a rotelle precede il click dell’apriporta.
«Entri pure, Digito. Posso ancora chiamarla così, vero? Come ai tempi della nostra collaborazione.»
I due si scambiano una calorosa stretta di mano. Marcello ammira il soffitto a volta interamente affrescato. «È davvero splendido, complimenti.»
«Un tempo, questa era la chiesa di famiglia. Pensi che l’ho scoperto solo di recente; eppure il palazzo appartiene alla mia casata da secoli» dice l’avvocato «ma non voglio farle perdere tempo. Vengo subito al motivo del nostro incontro.» L’uomo apre un cassetto della scrivania, estrae un foglio ingiallito e glielo porge.
Marcello indossa gli occhiali e scorre il testo in silenzio. È costretto a tornare indietro più volte. Il documento è parecchio danneggiato.
“Mi accoglierà l’Eterno nella schiera dei santi per aver difeso la Chiesa? Oppure le mani mie lorde di sangue arderanno tra le fiamme? Lo confesso, sì. Per codardia non fui capace di distruggere il regale dono. Lo celai agli occhi del mondo e a guardia posi quattro paladini, sí che la Chiesa non corresse periglio alcuno. Donato Neri A.D. 1600.”
A lettura ultimata, una ruga profonda gli solca la fronte. «Dov’era?»
L’avvocato indica un’antica Bibbia nella libreria. «Fra quelle pagine, a metà del libro.»
Marcello raggiunge lo scaffale e preleva il prezioso volume.
All’interno, né una dedica, né un segno rivelatore, soltanto una frase sottolineata nel libro di Giosuè: “Fermati, sole, su Gàbaon, e tu, luna, sulla valle di Àialon”.
«Un’eclisse… sembra incredibile che queste parole abbiano avuto il potere di bloccare per secoli il progresso della scienza e fatto giustiziare parecchi uomini» pensa a voce alta.
«Già, proprio così: un’interpretazione cieca delle sacre scritture. Ma la storia dell’uomo è piena di errori» risponde l’avvocato.
I due restano in silenzio per qualche istante.
«Vede, da quando ho trovato la lettera non riesco a pensare ad altro. È come avere uno scheletro nell’armadio. Cosa può essere stato nascosto? Chi è stato ucciso? Queste domande mi danno il tormento. Digito, la prego, sono sicuro che lei può aiutarmi.»
«Grazie per la fiducia, ma perché ha pensato a me?» chiede senza distogliere lo sguardo.
«Perché lei è un uomo colto, arguto, e…» prosegue sottovoce «mi deve un favore» risponde l’avvocato.
Anni prima, l’indagine fiorentina gli aveva tolto il sonno per parecchio tempo. L’esito brillante di quell’operazione, risolta grazie all’aiuto dell’avvocato Duccio Neri, aveva fatto decollare la sua carriera nell’Arma.
Marcello sospira. Rilegge la lettera.
«Chi era Donato Neri? Immagino che lei abbia già fatto delle ricerche.»
«Un mio antenato. Pare avesse preso i voti e fosse un accanito detrattore di Giordano Bruno. In famiglia si tramanda la leggenda che abbia speso parecchio pur di assistere di persona al suo rogo. Questo è tutto.»
«Non è molto. Farò il possibile, ma temo che sarà un buco nell’acqua.»
Una stretta di mano sigilla l’accordo.
Una volta rimasto solo, l’avvocato fa una telefonata.
«È uscito adesso. Sì, ha accettato.»
Firenze è magnifica anche sotto la pioggia primaverile. Assorto nei propri pensieri, Marcello non si accorge dell’uomo che lo segue con discrezione.
Per la prima tappa della ricerca si reca alla biblioteca delle Oblate. Il fascino dell’antico convento è ancora intatto. Bere un caffè nel bar allestito all’ultimo piano dell’edificio, con vista sulla cupola del Brunelleschi, è quanto di meglio si possa desiderare.
L’ambiente è splendido ma è un vero labirinto: deve chiedere a più di uno studente le indicazioni per la sezione storica.
A giudicare dalla quantità d’informazioni disponibili, a Firenze l’evento più importante del secolo fu il matrimonio per procura tra Maria de’ Medici ed Enrico IV di Francia celebrato il 5 ottobre del 1600. Tutto è minuziosamente documentato: dagli abiti della nobiltà, al ricco menù, alla lista dei regali per gli sposi.
Per codardia non fui capace di distruggere il regale dono le parole della lettera gli ronzano in testa. Forse era un dono di nozze, pensa. Scorre l’elenco: gioielli, soprammobili, statuette, perfino un corsiero napoletano.
Nel girare le pagine, lo colpisce la didascalia sotto alla riproduzione di un dipinto: “Ritratto del giovane Damiano Adimari († 4 ottobre 1600). Morto il giorno prima del matrimonio reale. Un’idea si fa strada nella sua mente. Guarda l’orologio. Chissà se faccio ancora in tempo… Si affretta a uscire.
L’uomo seduto dietro di lui chiude il volume, si alza e continua a seguirlo in strada.
Palazzo Bastogi, sede dell’archivio storico della città di Firenze, si trova giusto nelle vicinanze.
La signorina della biglietteria blocca Marcello all’ingresso: «Ha prenotato?»
Sul badge spicca il nome “Daniela Adimari”.
Marcello gioca l’asso: «Se le dicessi che sto facendo una ricerca araldica proprio sulla sua famiglia? Sia gentile, la prego. Mi faccia entrare.»
«Mi spiace, ma senza prenotazione non posso» risponde quella con un mezzo sorriso.
Marcello sta per desistere, quando il suo inseguitore esce dall’ombra e mostra alla ragazza un tesserino. «Per oggi può fare un’eccezione» le dice con tono autorevole. Nell’asola sul bavero della giacca riluce una spilla d’oro.
L’ex militare ha già visto quel distintivo, ma non ricorda dove. «La ringrazio moltissimo» dice cercando di mettere a fuoco il soggetto.
L’uomo fa un cenno di assenso, entra insieme a lui e si dilegua nel buio del lungo corridoio.
Quando esce, Marcello ha in testa un mormorio di nomi, date, e informazioni ma un nuovo tassello si è aggiunto: Damiano Adimari è stato trovato morto nei pressi del Palazzo della Signoria.
Intanto, l’uomo che ha agevolato il suo accesso alla struttura esce da una porta laterale dell’edificio.
Marcello fa una rapida sosta nella vicina cattedrale di Santa Maria del Fiore; siede nel silenzio per radunare le idee. Potrei cercare all’archivio arcivescovile, decide.
È fortunato. Il primo ingresso è disponibile dopo un’ora e la sede, da lì, è raggiungibile a piedi.
Affretta il passo.
Un sacerdote, dopo una serie innumerevole di firme, lo conduce in una stanza asettica e gli fornisce un paio di guanti immacolati. Sul tavolino c’è già l’annuario richiesto per la consultazione.
I fogli sembrano fragili come ali di farfalla. La calligrafia ordinata è certo opera di qualche novizio, ma il linguaggio antico è ostico da decifrare. Molte registrazioni riguardano il matrimonio reale: un nutrito elenco di alte autorità ecclesiastiche intervenute alle nozze.
Marcello toglie gli occhiali e si stropiccia gli occhi. Il sacerdote controlla ogni sua mossa.
«Ha bisogno di aiuto?» chiede.
«Sì, grazie. Cerco notizie sulle esequie di Damiano Adimari un giovane nobile deceduto il giorno prima del matrimonio di Maria de’ Medici.»
Il prete aggrotta le sopracciglia. «Il rito funebre sarà stato celebrato di sicuro molto più tardi.» S’accarezza la barba e sfoglia con lentezza le pagine. Alla data 20 ottobre 1600 c’è l’annotazione di un funerale. L’officiante fu un certo Donato Neri, consacrato frate Cosma, domenicano.
Marcello si sofferma sui simboli accanto al nome: una croce, un ramo d’olivo e una spada racchiusi in un ovale. «Cosa significano?» chiede.
«È probabile che il frate fosse un membro dell’Inquisizione» risponde il religioso.
Donato Neri… un inquisitore! Si alza come folgorato da un’intuizione, ringrazia il prete e s’affretta a uscire.
San Cristoforo degli Adimari, oggi, è un’autorimessa per le ambulanze della Misericordia.
«La chiesa è stata sconsacrata alla fine del ’700» risponde uno dei volontari «un tempo era la cappella di famiglia, ma, come vede, non è rimasto molto.»
Gli stemmi della potente casata fiorentina non sono che cicatrici levigate dai secoli e dalle intemperie sulla facciata dell’antico edificio di culto.
Marcello si avvia a tornare dall’avvocato con poche idee confuse.
L’anticamera gli sembra meno affascinante. L’ambiente è umido, la sedia emette una specie di lamento lugubre a ogni minimo movimento.
«Allora, Digito, ha già scoperto qualcosa?»
«Dottore, mi spiace, ma ci sono pochi elementi per indagare. Ho più domande che risposte.»
Il più anziano, in sedia a rotelle, stringe tra le mani una lettera antica. L’altro non distoglie lo sguardo dal documento. «Mi tenga informato» dice prima di voltargli le spalle e uscire di scena col passo leggero di un’ombra.
È ancora notte. Marcello si chiude nello studio, sceglie con misurata lentezza un vinile dalla collezione e indossa le cuffie. La puntina accarezza i solchi e lui si lascia avvolgere dalle note umanizzate del sax di Coltrane. Accende la lampada da tavolo, siede, avvia il computer e, come d’abitudine, scorre le prime informazioni della giornata sullo schermo.
Non è la fine dello stato di emergenza per la pandemia che lo colpisce; ad attirare la sua attenzione è la notizia che riguarda Emmanuel Carrère: lo scrittore dice addio a Putingrad. Solleva lo sguardo verso la libreria. La copia di “Un romanzo russo” occhieggia dallo scaffale; scuote la testa la letteratura è un’altra vittima della guerra, pensa.
È soprappensiero quando il display dello smartphone s’illumina: appare il nome di Duccio Neri. A quest’ora? Prima di rispondere si assicura che la porta dello studio sia ben chiusa.
«Pronto. Ma certo, dottore, che mi ricordo di lei. Che succede? No, no. Non sono più in servizio da tempo» posa lo sguardo sulla foto del nipotino.
«Ho urgente bisogno di vederla. Oggi stesso.»
La richiesta è inattesa come la neve a ferragosto. Marcello aggiorna la pagina del calendario da tavolo. «Le ho detto che sono fuori dal giro. Ormai, sono un nonno a tempo pieno e…»
«Lo consideri uno scambio di favori» risponde l’uomo senza fargli terminare la frase.
Marcello guarda l’orologio e fa un rapido calcolo. «D’accordo. Il tempo di fare una doccia e mi metto in viaggio.»
L’autostrada, prima dell’alba, è un nastro scuro proteso verso l’ignoto. Marcello spinge a fondo l’acceleratore.
La città rinascimentale lo accoglie col profumo di caffè e di paste appena sfornate.
Raggiunge palazzo Neri alle otto in punto. Preme l’unico pulsante sulla bottoniera lucidata a specchio e attende la risposta. L’occhio discreto di una telecamera proietta la sua immagine sul monitor. È la prima volta che l’avvocato Neri vede l’ex carabiniere in borghese. Aziona il citofono.
«Digito?» chiede con circospezione.
«Ergo sum!» risponde Marcello con prontezza.
La serratura del grande portone ligneo fa uno scatto. All’ingresso lo investe un sentore di chiuso. La luce fioca di lampade a basso consumo illumina la grande scala in pietra serena che conduce al piano nobile. Riconosce subito i virtuosismi de “L’isola dei morti” opera n. 29 di Rachmaninov diffusi nell’anticamera. Solleva lo sguardo verso la piccola finestra a mosaico. Il cielo coperto lascia filtrare timidi raggi che illuminano la parete affrescata. Granelli di polvere sembrano danzare lievi nell’aria.
Tanta bellezza vale sempre il prezzo del viaggio, pensa.
Il ronzio della sedia a rotelle precede il click dell’apriporta.
«Entri pure, Digito. Posso ancora chiamarla così, vero? Come ai tempi della nostra collaborazione.»
I due si scambiano una calorosa stretta di mano. Marcello ammira il soffitto a volta interamente affrescato. «È davvero splendido, complimenti.»
«Un tempo, questa era la chiesa di famiglia. Pensi che l’ho scoperto solo di recente; eppure il palazzo appartiene alla mia casata da secoli» dice l’avvocato «ma non voglio farle perdere tempo. Vengo subito al motivo del nostro incontro.» L’uomo apre un cassetto della scrivania, estrae un foglio ingiallito e glielo porge.
Marcello indossa gli occhiali e scorre il testo in silenzio. È costretto a tornare indietro più volte. Il documento è parecchio danneggiato.
“Mi accoglierà l’Eterno nella schiera dei santi per aver difeso la Chiesa? Oppure le mani mie lorde di sangue arderanno tra le fiamme? Lo confesso, sì. Per codardia non fui capace di distruggere il regale dono. Lo celai agli occhi del mondo e a guardia posi quattro paladini, sí che la Chiesa non corresse periglio alcuno. Donato Neri A.D. 1600.”
A lettura ultimata, una ruga profonda gli solca la fronte. «Dov’era?»
L’avvocato indica un’antica Bibbia nella libreria. «Fra quelle pagine, a metà del libro.»
Marcello raggiunge lo scaffale e preleva il prezioso volume.
All’interno, né una dedica, né un segno rivelatore, soltanto una frase sottolineata nel libro di Giosuè: “Fermati, sole, su Gàbaon, e tu, luna, sulla valle di Àialon”.
«Un’eclisse… sembra incredibile che queste parole abbiano avuto il potere di bloccare per secoli il progresso della scienza e fatto giustiziare parecchi uomini» pensa a voce alta.
«Già, proprio così: un’interpretazione cieca delle sacre scritture. Ma la storia dell’uomo è piena di errori» risponde l’avvocato.
I due restano in silenzio per qualche istante.
«Vede, da quando ho trovato la lettera non riesco a pensare ad altro. È come avere uno scheletro nell’armadio. Cosa può essere stato nascosto? Chi è stato ucciso? Queste domande mi danno il tormento. Digito, la prego, sono sicuro che lei può aiutarmi.»
«Grazie per la fiducia, ma perché ha pensato a me?» chiede senza distogliere lo sguardo.
«Perché lei è un uomo colto, arguto, e…» prosegue sottovoce «mi deve un favore» risponde l’avvocato.
Anni prima, l’indagine fiorentina gli aveva tolto il sonno per parecchio tempo. L’esito brillante di quell’operazione, risolta grazie all’aiuto dell’avvocato Duccio Neri, aveva fatto decollare la sua carriera nell’Arma.
Marcello sospira. Rilegge la lettera.
«Chi era Donato Neri? Immagino che lei abbia già fatto delle ricerche.»
«Un mio antenato. Pare avesse preso i voti e fosse un accanito detrattore di Giordano Bruno. In famiglia si tramanda la leggenda che abbia speso parecchio pur di assistere di persona al suo rogo. Questo è tutto.»
«Non è molto. Farò il possibile, ma temo che sarà un buco nell’acqua.»
Una stretta di mano sigilla l’accordo.
Una volta rimasto solo, l’avvocato fa una telefonata.
«È uscito adesso. Sì, ha accettato.»
Firenze è magnifica anche sotto la pioggia primaverile. Assorto nei propri pensieri, Marcello non si accorge dell’uomo che lo segue con discrezione.
Per la prima tappa della ricerca si reca alla biblioteca delle Oblate. Il fascino dell’antico convento è ancora intatto. Bere un caffè nel bar allestito all’ultimo piano dell’edificio, con vista sulla cupola del Brunelleschi, è quanto di meglio si possa desiderare.
L’ambiente è splendido ma è un vero labirinto: deve chiedere a più di uno studente le indicazioni per la sezione storica.
A giudicare dalla quantità d’informazioni disponibili, a Firenze l’evento più importante del secolo fu il matrimonio per procura tra Maria de’ Medici ed Enrico IV di Francia celebrato il 5 ottobre del 1600. Tutto è minuziosamente documentato: dagli abiti della nobiltà, al ricco menù, alla lista dei regali per gli sposi.
Per codardia non fui capace di distruggere il regale dono le parole della lettera gli ronzano in testa. Forse era un dono di nozze, pensa. Scorre l’elenco: gioielli, soprammobili, statuette, perfino un corsiero napoletano.
Nel girare le pagine, lo colpisce la didascalia sotto alla riproduzione di un dipinto: “Ritratto del giovane Damiano Adimari († 4 ottobre 1600). Morto il giorno prima del matrimonio reale. Un’idea si fa strada nella sua mente. Guarda l’orologio. Chissà se faccio ancora in tempo… Si affretta a uscire.
L’uomo seduto dietro di lui chiude il volume, si alza e continua a seguirlo in strada.
Palazzo Bastogi, sede dell’archivio storico della città di Firenze, si trova giusto nelle vicinanze.
La signorina della biglietteria blocca Marcello all’ingresso: «Ha prenotato?»
Sul badge spicca il nome “Daniela Adimari”.
Marcello gioca l’asso: «Se le dicessi che sto facendo una ricerca araldica proprio sulla sua famiglia? Sia gentile, la prego. Mi faccia entrare.»
«Mi spiace, ma senza prenotazione non posso» risponde quella con un mezzo sorriso.
Marcello sta per desistere, quando il suo inseguitore esce dall’ombra e mostra alla ragazza un tesserino. «Per oggi può fare un’eccezione» le dice con tono autorevole. Nell’asola sul bavero della giacca riluce una spilla d’oro.
L’ex militare ha già visto quel distintivo, ma non ricorda dove. «La ringrazio moltissimo» dice cercando di mettere a fuoco il soggetto.
L’uomo fa un cenno di assenso, entra insieme a lui e si dilegua nel buio del lungo corridoio.
Quando esce, Marcello ha in testa un mormorio di nomi, date, e informazioni ma un nuovo tassello si è aggiunto: Damiano Adimari è stato trovato morto nei pressi del Palazzo della Signoria.
Intanto, l’uomo che ha agevolato il suo accesso alla struttura esce da una porta laterale dell’edificio.
Marcello fa una rapida sosta nella vicina cattedrale di Santa Maria del Fiore; siede nel silenzio per radunare le idee. Potrei cercare all’archivio arcivescovile, decide.
È fortunato. Il primo ingresso è disponibile dopo un’ora e la sede, da lì, è raggiungibile a piedi.
Affretta il passo.
Un sacerdote, dopo una serie innumerevole di firme, lo conduce in una stanza asettica e gli fornisce un paio di guanti immacolati. Sul tavolino c’è già l’annuario richiesto per la consultazione.
I fogli sembrano fragili come ali di farfalla. La calligrafia ordinata è certo opera di qualche novizio, ma il linguaggio antico è ostico da decifrare. Molte registrazioni riguardano il matrimonio reale: un nutrito elenco di alte autorità ecclesiastiche intervenute alle nozze.
Marcello toglie gli occhiali e si stropiccia gli occhi. Il sacerdote controlla ogni sua mossa.
«Ha bisogno di aiuto?» chiede.
«Sì, grazie. Cerco notizie sulle esequie di Damiano Adimari un giovane nobile deceduto il giorno prima del matrimonio di Maria de’ Medici.»
Il prete aggrotta le sopracciglia. «Il rito funebre sarà stato celebrato di sicuro molto più tardi.» S’accarezza la barba e sfoglia con lentezza le pagine. Alla data 20 ottobre 1600 c’è l’annotazione di un funerale. L’officiante fu un certo Donato Neri, consacrato frate Cosma, domenicano.
Marcello si sofferma sui simboli accanto al nome: una croce, un ramo d’olivo e una spada racchiusi in un ovale. «Cosa significano?» chiede.
«È probabile che il frate fosse un membro dell’Inquisizione» risponde il religioso.
Donato Neri… un inquisitore! Si alza come folgorato da un’intuizione, ringrazia il prete e s’affretta a uscire.
San Cristoforo degli Adimari, oggi, è un’autorimessa per le ambulanze della Misericordia.
«La chiesa è stata sconsacrata alla fine del ’700» risponde uno dei volontari «un tempo era la cappella di famiglia, ma, come vede, non è rimasto molto.»
Gli stemmi della potente casata fiorentina non sono che cicatrici levigate dai secoli e dalle intemperie sulla facciata dell’antico edificio di culto.
Marcello si avvia a tornare dall’avvocato con poche idee confuse.
L’anticamera gli sembra meno affascinante. L’ambiente è umido, la sedia emette una specie di lamento lugubre a ogni minimo movimento.
«Allora, Digito, ha già scoperto qualcosa?»
«Dottore, mi spiace, ma ci sono pochi elementi per indagare. Ho più domande che risposte.»
«Purtroppo, io ho solo la lettera che le ho mostrato. È riuscito almeno a farsi un’idea?»
«Niente di che. Da quanto ho potuto ricostruire, un giovane inventore protetto dalla famiglia Medici, certo Damiano Adimari, sembra sia stato assassinato e derubato il giorno prima delle nozze di Maria de’ Medici.»
«Interessante… nella lettera il mio antenato dice di aver agito in difesa della Chiesa. E se avesse ucciso l’Adimari perché aveva delle idee “pericolose”?»
«Non ne vedo il motivo. Forse lei non lo sa, ma il suo parente era un inquisitore. All’epoca avrebbe potuto far condannare a morte un eretico per un semplice sospetto. Perché sporcarsi le mani?»
«Per i Medici sarebbe stato uno scandalo… Un loro protetto condannato per eresia! Meglio evitarlo, no?»
«Si vede che lei è un bravo avvocato» risponde Marcello.
«Che ne è stato del dono regale? Dove può essere nascosto? Digito, vorrei che continuasse la ricerca. Si prenda il tempo necessario, la ricompensa sarà adeguata.»
«Ci penserò. Per oggi si è fatto tardi.»
Marcello apre la porta. Solleva lo sguardo verso la finestra dell’anticamera. Al tramonto i raggi, filtrati dalle tessere di vetro colorate, proiettano una luce dorata che illumina il globo terracqueo dipinto sulla parete. Il pianeta è sostenuto ai quattro lati dalle ali di arcangeli.
A guardia posi quattro paladini… La suggestione è irresistibile.
Rientra nella stanza, prende la scala della libreria, la porta nell’anticamera e sale per osservare da vicino l’affresco: le dita affusolate degli angeli puntano dritto verso il centro della Terra, proprio dove s’intravede un minuscolo foro.
Scende per avvisare l’avvocato ma lui è già lì. Nella mano destra stringe una piccola chiave. «Forse le serve questa» dice porgendogliela «era insieme alla lettera del mio antenato.»
Marcello lo guarda di traverso. «Perché non me l’ha detto subito? Credevo si fidasse di me.»
«Digito, la prego. Chiudiamo questa faccenda.»
La chiave entra alla perfezione nel foro. Occorrono tre giri per far scattare l’antica serratura. Il vano che si apre è piuttosto profondo. All’interno c’è un astuccio in pelle malridotto.
Marcello lo preleva con cura e lo consegna nelle mani del professionista.
Una volta aperto, la vista del contenuto lascia entrambi senza parole: un piccolo rotolo e due mezzi tubi in cuoio, ciascuno dei quali reca all’estremità una lente.
Marcello prende la pergamena. «Posso?» Ottenuto il tacito assenso, inizia a srotolare piano il documento costellato qua e là da infiorescenze di muffa e macchie scure.
Sulla parte superiore del foglio c’è una serie di disegni. Una stella racchiusa in un cerchio e quattro stelline che sembrano ruotarle intorno. Giove e i quattro satelliti: Io, Europa, Ganimede e Callisto… incredibile!
La lettera prosegue, ma il contenuto è molto deteriorato.
“Mia Regina, vi reco in dono un istrumento che mostra il cielo in tutta sua bellezza e movimento.”
L’unica cosa ben visibile è la firma: “D. Adimari A.D. 1600.”
Marcello esamina il documento alla luce della finestra. La data non presenta sbavature o correzioni.
«Il dono regale… un cannocchiale! Adimari l’aveva costruito nove anni prima di Galileo. Si rende conto della portata di tutto ciò, dottore? Si dovranno riscrivere i libri di storia!»
Ma l’avvocato, le spalle curve come schiacciate da un peso, dice: «A chi gioverebbe saperlo, Digito?»
In quel momento, un uomo sembra materializzarsi davanti a loro. Un raggio di luce fa risplendere il triangolo d’oro spillato sul bavero.
L’avvocato Neri si volta verso di lui e, senza dire una parola, gli consegna l’astuccio col prezioso contenuto.
«Il suo posto è nel museo di Galileo, grazie» dice il nuovo entrato.
Gli occhi di Marcello saettano dall’uno all’altro uomo. Col volto in fiamme, scatta: «Galileo ha subìto un processo ingiusto ma ha ceduto all’intransigenza della Chiesa rinnegando le sue scoperte. Questo giovane, al contrario, è morto senza ricevere alcun merito per la sua invenzione!»
«E chi vorrebbe mai vedere infangato il nome dello scienziato fiorentino più famoso al mondo?» chiede, glaciale, l’uomo prima di chiudere il reperto in una valigetta. «Per quanto ovvio, contiamo sulla sua assoluta discrezione riguardo a tutta la vicenda» conclude prima di uscire di scena.
Marcello siede con testa fra le mani. «Avvocato, era d’accordo con lei, vero?»
«Se questa storia venisse allo scoperto, sarebbe un danno irreparabile anche per il buon nome della mia famiglia» risponde senza scomporsi. «La prego, Digito, ora richiuda tutto e mi restituisca la chiave.»
La vena sul collo pulsa con vigore. «Dottore, credo che lei abbia un dovere morale nei confronti della Storia. Ha ancora le lettere. Può fare la cosa giusta.»
«Quali?» Con un gesto fulmineo, il dottor Neri estrae un accendino dalla tasca della giacca. Gli antichi documenti sfrigolano nel piccolo incendio divampato tra le sue dita.
L’ex carabiniere si avventa sulle carte divorate dalle fiamme, ma, di loro, non resta che un mucchietto di cenere sul pavimento.
Quando riprende la parola, il tono non lascia spazio all’indulgenza. «Con questo, dottore, credo di aver saldato il mio debito con lei.»
L’avvocato annuisce. «Da oggi in poi lascerò che Digito si goda la pensione, glielo prometto.» Un raggio obliquo che filtra dalla finestra accende di luce il piccolo triangolo d’oro spillato nella sua giacca.
Appena uscito, Marcello, senza indugio, elimina il contatto dell’avvocato Duccio Neri dalla rubrica dello smartphone.
La chiusura della giornata meriterebbe l’ascolto di una musica rilassante, ma nel viaggio di rientro sono le note del Carmina Burana di Orff a tenergli compagnia. Il segreto di cui è venuto a conoscenza continua a mulinargli nella testa. Una storia morta e sepolta. Mah…pensa alzando il volume della radio.
«Niente di che. Da quanto ho potuto ricostruire, un giovane inventore protetto dalla famiglia Medici, certo Damiano Adimari, sembra sia stato assassinato e derubato il giorno prima delle nozze di Maria de’ Medici.»
«Interessante… nella lettera il mio antenato dice di aver agito in difesa della Chiesa. E se avesse ucciso l’Adimari perché aveva delle idee “pericolose”?»
«Non ne vedo il motivo. Forse lei non lo sa, ma il suo parente era un inquisitore. All’epoca avrebbe potuto far condannare a morte un eretico per un semplice sospetto. Perché sporcarsi le mani?»
«Per i Medici sarebbe stato uno scandalo… Un loro protetto condannato per eresia! Meglio evitarlo, no?»
«Si vede che lei è un bravo avvocato» risponde Marcello.
«Che ne è stato del dono regale? Dove può essere nascosto? Digito, vorrei che continuasse la ricerca. Si prenda il tempo necessario, la ricompensa sarà adeguata.»
«Ci penserò. Per oggi si è fatto tardi.»
Marcello apre la porta. Solleva lo sguardo verso la finestra dell’anticamera. Al tramonto i raggi, filtrati dalle tessere di vetro colorate, proiettano una luce dorata che illumina il globo terracqueo dipinto sulla parete. Il pianeta è sostenuto ai quattro lati dalle ali di arcangeli.
A guardia posi quattro paladini… La suggestione è irresistibile.
Rientra nella stanza, prende la scala della libreria, la porta nell’anticamera e sale per osservare da vicino l’affresco: le dita affusolate degli angeli puntano dritto verso il centro della Terra, proprio dove s’intravede un minuscolo foro.
Scende per avvisare l’avvocato ma lui è già lì. Nella mano destra stringe una piccola chiave. «Forse le serve questa» dice porgendogliela «era insieme alla lettera del mio antenato.»
Marcello lo guarda di traverso. «Perché non me l’ha detto subito? Credevo si fidasse di me.»
«Digito, la prego. Chiudiamo questa faccenda.»
La chiave entra alla perfezione nel foro. Occorrono tre giri per far scattare l’antica serratura. Il vano che si apre è piuttosto profondo. All’interno c’è un astuccio in pelle malridotto.
Marcello lo preleva con cura e lo consegna nelle mani del professionista.
Una volta aperto, la vista del contenuto lascia entrambi senza parole: un piccolo rotolo e due mezzi tubi in cuoio, ciascuno dei quali reca all’estremità una lente.
Marcello prende la pergamena. «Posso?» Ottenuto il tacito assenso, inizia a srotolare piano il documento costellato qua e là da infiorescenze di muffa e macchie scure.
Sulla parte superiore del foglio c’è una serie di disegni. Una stella racchiusa in un cerchio e quattro stelline che sembrano ruotarle intorno. Giove e i quattro satelliti: Io, Europa, Ganimede e Callisto… incredibile!
La lettera prosegue, ma il contenuto è molto deteriorato.
“Mia Regina, vi reco in dono un istrumento che mostra il cielo in tutta sua bellezza e movimento.”
L’unica cosa ben visibile è la firma: “D. Adimari A.D. 1600.”
Marcello esamina il documento alla luce della finestra. La data non presenta sbavature o correzioni.
«Il dono regale… un cannocchiale! Adimari l’aveva costruito nove anni prima di Galileo. Si rende conto della portata di tutto ciò, dottore? Si dovranno riscrivere i libri di storia!»
Ma l’avvocato, le spalle curve come schiacciate da un peso, dice: «A chi gioverebbe saperlo, Digito?»
In quel momento, un uomo sembra materializzarsi davanti a loro. Un raggio di luce fa risplendere il triangolo d’oro spillato sul bavero.
L’avvocato Neri si volta verso di lui e, senza dire una parola, gli consegna l’astuccio col prezioso contenuto.
«Il suo posto è nel museo di Galileo, grazie» dice il nuovo entrato.
Gli occhi di Marcello saettano dall’uno all’altro uomo. Col volto in fiamme, scatta: «Galileo ha subìto un processo ingiusto ma ha ceduto all’intransigenza della Chiesa rinnegando le sue scoperte. Questo giovane, al contrario, è morto senza ricevere alcun merito per la sua invenzione!»
«E chi vorrebbe mai vedere infangato il nome dello scienziato fiorentino più famoso al mondo?» chiede, glaciale, l’uomo prima di chiudere il reperto in una valigetta. «Per quanto ovvio, contiamo sulla sua assoluta discrezione riguardo a tutta la vicenda» conclude prima di uscire di scena.
Marcello siede con testa fra le mani. «Avvocato, era d’accordo con lei, vero?»
«Se questa storia venisse allo scoperto, sarebbe un danno irreparabile anche per il buon nome della mia famiglia» risponde senza scomporsi. «La prego, Digito, ora richiuda tutto e mi restituisca la chiave.»
La vena sul collo pulsa con vigore. «Dottore, credo che lei abbia un dovere morale nei confronti della Storia. Ha ancora le lettere. Può fare la cosa giusta.»
«Quali?» Con un gesto fulmineo, il dottor Neri estrae un accendino dalla tasca della giacca. Gli antichi documenti sfrigolano nel piccolo incendio divampato tra le sue dita.
L’ex carabiniere si avventa sulle carte divorate dalle fiamme, ma, di loro, non resta che un mucchietto di cenere sul pavimento.
Quando riprende la parola, il tono non lascia spazio all’indulgenza. «Con questo, dottore, credo di aver saldato il mio debito con lei.»
L’avvocato annuisce. «Da oggi in poi lascerò che Digito si goda la pensione, glielo prometto.» Un raggio obliquo che filtra dalla finestra accende di luce il piccolo triangolo d’oro spillato nella sua giacca.
Appena uscito, Marcello, senza indugio, elimina il contatto dell’avvocato Duccio Neri dalla rubrica dello smartphone.
La chiusura della giornata meriterebbe l’ascolto di una musica rilassante, ma nel viaggio di rientro sono le note del Carmina Burana di Orff a tenergli compagnia. Il segreto di cui è venuto a conoscenza continua a mulinargli nella testa. Una storia morta e sepolta. Mah…pensa alzando il volume della radio.
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Re: Una storia morta e sepolta
Ciao Penna. Non avrei mai pensato che potessi essere oggetto e soggetto di un racconto, seppure come utente. Ti ringrazio per avermi prima immaginato e poi descritto, peraltro abbastanza bene.
Le pulci.
Dopo le prime quattro righe, per capirci, da “…col passo leggero di un’ombra” allo stacco successivo ho sentito la mancanza di una netta cesura. Una cesura che facesse comprendere prima, nel proseguo della lettura, che i due personaggi iniziali non sono Marcello e l’avvocato, ma “un altro” e Duccio Neri.
“ “ Digito? chiede con circospezione. Ergo sum!” . Questo approccio ha il sapore di una parola d’ordine di qualche confraternita; mi sembra di capire, stante il simbolismo successivo, della massoneria. Ma Digito non risulta, dalla stesura del testo, che sia in quella o in altra associazione esoterica o di mutuo soccorso. Anzi, proverà a mettersi di mezzo. Quindi, perché questo approccio?
“Per codardia non fui capace di distruggere il regale dono le parole della lettera gli ronzano in testa.” Qui, a mio parere discutibile, sarebbe stato meglio presentare la frase della lettera come inciso, oppure almeno mettere una virgola tra “dono” (fine della frase estrapolata dalla lettera) col seguito “parole”.
“Corsiero napoletano”. Non sono un appassionato di cavalli, pertanto ho fatto una ricerca. In quasi tutti i riferimenti trovati si parla di Cavallo Napolitano o Neapolitano (maiuscolo). I pochi rimandi a Napoletano, come tu l’hai scritto (in minuscolo), è usato attualmente. E’ una sottigliezza, ma forse avrei mantenuto il termine arcaico.
“I fogli sembrano fragili come ali di farfalla.” Quando l’ho letta, questa frase, l’ho subito segnata pensando a fogli da velina. Ora che la rileggo per commentarla, guardo meglio che non accenni allo spessore della carta (che allora era molto, molto più spessa di quella che utilizziamo oggi) ma alla fragilità della stessa. Eppure, nella lettura in cui non ci si sofferma, l’immagine che perviene è quella, appunto, di un libro antico con fogli sottilissimi. Proverei, ma è discutibile, a metterla sotto una diversa luce, con altre parole.
“…un giovane inventore protetto dalla famiglia Medici (…) sembra sia stato assassinato e derubato…” Nel testo, stante anche la natura dei documenti ricercati e visionati da Digito, non compare come abbia l’investigatore appurato che il giovane fosse “inventore” e che sia stato assassinato.
“…proprio dove s’intravede un minuscolo foro.” Forse, visto che da quel foro è possibile inserire una pur piccola chiave, toglierei o cambierei “minuscolo”. Comprendo che il “minuscolo” serva a giustificare il fatto che nessuno si fosse mai accorto di quella serratura nell’affresco, ma allora avrei pensato (ma non sono io che scrivo, ovvio) a un altro sistema per far scattare il meccanismo di apertura del vano segreto.
“Ha ancora le lettere. Può fare la cosa giusta,” Ho riletto il testo, e mi sembra che si trattasse di una sola lettera.
Riferimenti o suggestioni culturali.
1. Lo sceneggiato televisivo “Il Segno del Comando”, per l'alone di mistero e per l'ambiente quasi esoterico) ;
2. Il libro Vita Brevis di Jostein Gaarder (solamente nella parte introduttiva, dove la Chiesa fa sparire il Manoscritto originale di Flora che contesta la conversione "opportuna" di Sant'Agostino) ;
3. Un episodio qualsiasi della splendida raccolta a fumetti di Naori Urasawa che ha per protagonista Master Keaton, un investigatore archeologo.
4. Brano musicale “In Viaggio” dei C.S.I. (ma nel complesso tutto lo splendido album live "In Quiete" dei Consorzio Suonatori Indipendenti).
Considerazioni conclusive.
Un racconto molto interessante, moderno, attuale, che segue quel filone che con – fonde esoterismo, storia passata e indagine. Forse, stante comunque il limite delle battute consentite che giustifica la “fretta”, una indagine così complessa non è molto plausibile che si possa svolgere e concludere in una sola giornata. Molto belli i riferimenti storici: il matrimonio di Maria De’ Medici e Enrico IV di Francia, l’uccisione di Giordano Bruno, la scoperta scientifica di Galileo Galilei. Bellissime alcune descrizioni, che volendo parafrasare il nostrano Guccini quando parlava di una canzone di Vecchioni, mi viene da dire “Maledizione, perché non le so scrivere anch’io?”. Splendidi i riferimenti musicali. Ma soprattutto, rifulge di luce propria il personaggio Marcello Digito, e come potrebbe essere altrimenti?
L’ho letto con divertimento. Grazie due volte, per avermi scelto e per averci fatto leggere un racconto che, se non fosse che siamo qui a fare le pulci per noblesse oblige, comunque scorre bene che è una meraviglia.
https://youtu.be/jAY3qUVeLeQ
Le pulci.
Dopo le prime quattro righe, per capirci, da “…col passo leggero di un’ombra” allo stacco successivo ho sentito la mancanza di una netta cesura. Una cesura che facesse comprendere prima, nel proseguo della lettura, che i due personaggi iniziali non sono Marcello e l’avvocato, ma “un altro” e Duccio Neri.
“ “ Digito? chiede con circospezione. Ergo sum!” . Questo approccio ha il sapore di una parola d’ordine di qualche confraternita; mi sembra di capire, stante il simbolismo successivo, della massoneria. Ma Digito non risulta, dalla stesura del testo, che sia in quella o in altra associazione esoterica o di mutuo soccorso. Anzi, proverà a mettersi di mezzo. Quindi, perché questo approccio?
“Per codardia non fui capace di distruggere il regale dono le parole della lettera gli ronzano in testa.” Qui, a mio parere discutibile, sarebbe stato meglio presentare la frase della lettera come inciso, oppure almeno mettere una virgola tra “dono” (fine della frase estrapolata dalla lettera) col seguito “parole”.
“Corsiero napoletano”. Non sono un appassionato di cavalli, pertanto ho fatto una ricerca. In quasi tutti i riferimenti trovati si parla di Cavallo Napolitano o Neapolitano (maiuscolo). I pochi rimandi a Napoletano, come tu l’hai scritto (in minuscolo), è usato attualmente. E’ una sottigliezza, ma forse avrei mantenuto il termine arcaico.
“I fogli sembrano fragili come ali di farfalla.” Quando l’ho letta, questa frase, l’ho subito segnata pensando a fogli da velina. Ora che la rileggo per commentarla, guardo meglio che non accenni allo spessore della carta (che allora era molto, molto più spessa di quella che utilizziamo oggi) ma alla fragilità della stessa. Eppure, nella lettura in cui non ci si sofferma, l’immagine che perviene è quella, appunto, di un libro antico con fogli sottilissimi. Proverei, ma è discutibile, a metterla sotto una diversa luce, con altre parole.
“…un giovane inventore protetto dalla famiglia Medici (…) sembra sia stato assassinato e derubato…” Nel testo, stante anche la natura dei documenti ricercati e visionati da Digito, non compare come abbia l’investigatore appurato che il giovane fosse “inventore” e che sia stato assassinato.
“…proprio dove s’intravede un minuscolo foro.” Forse, visto che da quel foro è possibile inserire una pur piccola chiave, toglierei o cambierei “minuscolo”. Comprendo che il “minuscolo” serva a giustificare il fatto che nessuno si fosse mai accorto di quella serratura nell’affresco, ma allora avrei pensato (ma non sono io che scrivo, ovvio) a un altro sistema per far scattare il meccanismo di apertura del vano segreto.
“Ha ancora le lettere. Può fare la cosa giusta,” Ho riletto il testo, e mi sembra che si trattasse di una sola lettera.
Riferimenti o suggestioni culturali.
1. Lo sceneggiato televisivo “Il Segno del Comando”, per l'alone di mistero e per l'ambiente quasi esoterico) ;
2. Il libro Vita Brevis di Jostein Gaarder (solamente nella parte introduttiva, dove la Chiesa fa sparire il Manoscritto originale di Flora che contesta la conversione "opportuna" di Sant'Agostino) ;
3. Un episodio qualsiasi della splendida raccolta a fumetti di Naori Urasawa che ha per protagonista Master Keaton, un investigatore archeologo.
4. Brano musicale “In Viaggio” dei C.S.I. (ma nel complesso tutto lo splendido album live "In Quiete" dei Consorzio Suonatori Indipendenti).
Considerazioni conclusive.
Un racconto molto interessante, moderno, attuale, che segue quel filone che con – fonde esoterismo, storia passata e indagine. Forse, stante comunque il limite delle battute consentite che giustifica la “fretta”, una indagine così complessa non è molto plausibile che si possa svolgere e concludere in una sola giornata. Molto belli i riferimenti storici: il matrimonio di Maria De’ Medici e Enrico IV di Francia, l’uccisione di Giordano Bruno, la scoperta scientifica di Galileo Galilei. Bellissime alcune descrizioni, che volendo parafrasare il nostrano Guccini quando parlava di una canzone di Vecchioni, mi viene da dire “Maledizione, perché non le so scrivere anch’io?”. Splendidi i riferimenti musicali. Ma soprattutto, rifulge di luce propria il personaggio Marcello Digito, e come potrebbe essere altrimenti?
L’ho letto con divertimento. Grazie due volte, per avermi scelto e per averci fatto leggere un racconto che, se non fosse che siamo qui a fare le pulci per noblesse oblige, comunque scorre bene che è una meraviglia.
https://youtu.be/jAY3qUVeLeQ
Ultima modifica di digitoergosum il Dom Mag 01, 2022 1:02 pm - modificato 1 volta.
digitoergosum- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Una scrittura pulita, corretta, asciutta e lineare, che si segue bene. Nella formattazione, toglierei gli spazi tra i paragrafi, tranne quelli che servono per separare davvero porzioni narrative distinte. Il percorso con word è questo: si seleziona o tutto il testo oppure la porzione su cui si vuole agire, poi dal menù in alto, home-paragrafo-c’è un’icona con due freccine blu che indicano alto e basso a fianco di 4 righine orizzontali, con il segnale di un menù a tendina-dal menù a tendina si seleziona l’ultima voce in basso, “rimuovi spazio dopo i paragrafi”.
Carina la trovata del trasformare il nick in una parola d’ordine.
La facilità e la piacevolezza della lettura portano la mente a ignorare alcune forzature temporali/narrative: una ricerca storica che subito si orienta sull’evento giusto, la capacità di trovare e decifrare le informazioni necessarie, la coincidenza che nel volume si trovi proprio il ritratto della persona interessata…
Però, appunto, il racconto è ben scritto e si legge con piacere.
La figura di Digito è tratteggiata con tanti elementi personali, per cui ho pensato che o che l’autore lo conosca personalmente oppure lo abbia seguito con attenzione sul forum e su Facebook. Per questo ho letto il commento di Digito, ma non ho trovato lumi.
Un buon lavoro, in cui forse mi manca un po’ la parte emozionale, che io tendo a cercare – per mio gusto personale – nei racconti.
Arianna 2016- Maestro Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Arianna 2016 ha scritto:Una scrittura pulita, corretta, asciutta e lineare, che si segue bene. Nella formattazione, toglierei gli spazi tra i paragrafi, tranne quelli che servono per separare davvero porzioni narrative distinte. Il percorso con word è questo: si seleziona o tutto il testo oppure la porzione su cui si vuole agire, poi dal menù in alto, home-paragrafo-c’è un’icona con due freccine blu che indicano alto e basso a fianco di 4 righine orizzontali, con il segnale di un menù a tendina-dal menù a tendina si seleziona l’ultima voce in basso, “rimuovi spazio dopo i paragrafi”.Carina la trovata del trasformare il nick in una parola d’ordine.La facilità e la piacevolezza della lettura portano la mente a ignorare alcune forzature temporali/narrative: una ricerca storica che subito si orienta sull’evento giusto, la capacità di trovare e decifrare le informazioni necessarie, la coincidenza che nel volume si trovi proprio il ritratto della persona interessata…Però, appunto, il racconto è ben scritto e si legge con piacere.La figura di Digito è tratteggiata con tanti elementi personali, per cui ho pensato che o che l’autore lo conosca personalmente oppure lo abbia seguito con attenzione sul forum e su Facebook. Per questo ho letto il commento di Digito, ma non ho trovato lumi.Un buon lavoro, in cui forse mi manca un po’ la parte emozionale, che io tendo a cercare – per mio gusto personale – nei racconti.
INTERVENTO DI MODERAZIONE
Gli spazi tra i paragrafi sono stati aggiunti da me in fase di caricamento del racconto, in quanto col copia incolla venivano a mancare le separazioni tra i paragrafi e di conseguenza sarebbe venuto fuori un muro di parole.
______________________________________________________
IN GRAN SILENZIO OGNI PARTIGIANO GUARDAVA QUEL BASTONE SU IN COLLINA.
REACH OUT AND TOUCH FAITH! Sembrano di sognante demoni gli occhi, e i rai
del lume ognor disegnano l’ombra sul pavimento,
né l’alma da quell’ombra lunga sul pavimento
sarà libera mai!
Quel vizio che ti ucciderà
non sarà fumare o bere,
ma è qualcosa che ti porti dentro,
cioè vivere.
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Re: Una storia morta e sepolta
Mi scuso, non lo sapevo.
Arianna 2016- Maestro Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Finalmente una bell'avventura con la partecipazione dell'utente scritta ben in chiaro. Si legge benissimo e la scrittura è moderna. Non ho trovato nulla da eccepire e mi è piaciuta moltissimo la storia dell'oggetto che se messo a disposizione del pubblico avrebbe rivoluzionato di non poco la storia come noi la conosciamo. Una bella fantasia abbinata all'ottima penna. Finora ho letto più della metà dei racconti e se non c'è qualcuno a scalzarti un bel voto te lo meriti. Brav@
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Re: Una storia morta e sepolta
Racconto interessante.
L'indagine storica che Digito svolge ricalca molto quelle classiche del genere: un vecchio manoscritto da interpretare, un oggetto nascosto, un segreto che in qualche modo alla fine non viene divulgato.
Sì, rimane l'impressione che tutto avvenga molto in fretta, ma in questo step cercherò di non dare troppo peso alla cosa, vista l'evidente difficoltà di comprimere in maniera efficace una storia di viaggi e avventure in così pochi caratteri.
C'è qualcosa che non mi convince nei dettagli, peraltro già rilevati dal protagonista stesso (intendo il Digito reale, insomma ci siamo capiti) e forse (ma dico forse) è un pochino forzata l'idea che l'avvocato s'appoggi a un ex carabiniere per risolvere un mistero che forse un archeologo/storico sarebbe stato più indicato.
E' vero, Digito è in qualche modo in debito con Neri, per motivi che non sono detti e che comunque fanno pensare a qualcosa di semi-losco, visto l'uso del nome in codice che è poi anche la password al citofono.
Una specifica sull'eventuale talento in materia del protagonista poteva essere di maggior effetto.
Ma sono dettagli, appunto. In uno step così particolare non posso appellarmi più di tot al realismo.
Stile.
Non è male; si legge bene, è scorrevole, non è sempre molto vivace. Riesce meglio nelle descrizioni, soprattutto di Firenze e dei suoi edifici, che evidentemente l'autore conosce bene, piuttosto che nelle scene un minimo più concitate o cariche di pathos.
Come in altri racconti letti, non ho trovato la componente del viaggio irto di pericoli, che pure dovrebbe essere fondamentale.
In definitiva, una storia piacevole da leggere cui però manca il famoso guizzo, quel qualcosa che ti faccia dire UAH!
L'indagine storica che Digito svolge ricalca molto quelle classiche del genere: un vecchio manoscritto da interpretare, un oggetto nascosto, un segreto che in qualche modo alla fine non viene divulgato.
Sì, rimane l'impressione che tutto avvenga molto in fretta, ma in questo step cercherò di non dare troppo peso alla cosa, vista l'evidente difficoltà di comprimere in maniera efficace una storia di viaggi e avventure in così pochi caratteri.
C'è qualcosa che non mi convince nei dettagli, peraltro già rilevati dal protagonista stesso (intendo il Digito reale, insomma ci siamo capiti) e forse (ma dico forse) è un pochino forzata l'idea che l'avvocato s'appoggi a un ex carabiniere per risolvere un mistero che forse un archeologo/storico sarebbe stato più indicato.
E' vero, Digito è in qualche modo in debito con Neri, per motivi che non sono detti e che comunque fanno pensare a qualcosa di semi-losco, visto l'uso del nome in codice che è poi anche la password al citofono.
Una specifica sull'eventuale talento in materia del protagonista poteva essere di maggior effetto.
Ma sono dettagli, appunto. In uno step così particolare non posso appellarmi più di tot al realismo.
Stile.
Non è male; si legge bene, è scorrevole, non è sempre molto vivace. Riesce meglio nelle descrizioni, soprattutto di Firenze e dei suoi edifici, che evidentemente l'autore conosce bene, piuttosto che nelle scene un minimo più concitate o cariche di pathos.
Come in altri racconti letti, non ho trovato la componente del viaggio irto di pericoli, che pure dovrebbe essere fondamentale.
In definitiva, una storia piacevole da leggere cui però manca il famoso guizzo, quel qualcosa che ti faccia dire UAH!
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Il titolo mi ha incuriosito, può avere tanti significati, magari anche banali, visto che a volte utilizziamo allocuzioni senza pensare al reale significato delle parole. Qui, a racconto finito, direi indovinato.
Personaggi: il nostro Digito reale ha parlato di sé in tanti post, pertanto costruire il personaggio che abbiamo letto non deve essere stato molto complesso, anzi, quindi ci siamo, così pure con l’arco temporale.
L’anticamera è deboluccia, ancorchè vi sia ambientato un passaggio molto importante della storia. Poteva essere anche lo studio o una biblioteca. Così come la chiesa, che entra come luogo che in passato era stata chiesa. Volendo considerala più portante, occorre fare la sommatoria tra il suo passato e la presenza dell’anticamera, che avrebbe potuto far parte della struttura religiosa all’epoca dei fatti. Ma se stiamo leggendo, rimane una mia personalissima opinione.
La scrittura è sicura, niente eccessi, moderna e in linea con la trama, con alcune descrizioni ben studiate. Ho solo alcune note che riprendo successivamente.
La storia di base al racconto è interessante e ben costruita, con un buon dispiego di riferimenti storici per aiutare il lettore a comprendere la vicenda e le “scoperte” di Digito. Non troppo enciclopedico ma neanche da semplici nozioni di tre righe.
L’utilizzare poi nozioni storiche per far virare il racconto verso un finale che stravolgerebbe la Storia se fossero vere, è stato gestito con eleganza e sicurezza.
Come struttura il racconto mi ha ricordato i romanzi di Dan Brown, con un ex carabiniere – colto e preparato – al posto di uno studioso: cassetti della memoria sempre pronti per recuperare dettagli che guidano le ricerche, capacità di incrociare i dati, memoria non comune, le difficoltà superate in modo insperato… Come nei romanzi di Dan Brown il tempo sembra scorrere in modo diverso che nella realtà: in poche ore il protagonista riesce a fare un sacco di cose, compreso il non facile lavoro di consultazione di testi antichi, che non sempre sono a disposizione immediata dei richiedenti e che comunque richiede tempo. Invece zac, trovano la pagina giusta in men che non si dica, così come il filo conduttore… i collegamenti (pare non vadano mai in bagno, forse per la privacy?)
Quindi nel complesso un bel racconto, con personaggi e trama ben delineati, forse un po’ frettoloso nel finale, dove tutto viene svelato in pochi minuti, ma equilibrato nel complesso. Mi è però mancata la tensione, così come qualche momento davvero avventuroso, che dia un briciolo di adrenalina: può sicuramente essere un’”avventura” a livello mentale/culturale, ma ugualmente tutto viene svelato quasi in tranquillità, senza colpi di scena.
Le mie note, poche in verità:
«Digito?» …«Ergo sum! Qui ho detto “ E no dai! Troppo forzato!” Ci manca solo il battere dei tacchi.
“Per codardia non fui capace di distruggere il regale dono”… le parole della lettera gli ronzano in testa – la frase ripresa della lettera la metterei in corsivo e virgolettata, con dei puntini di sospensione, per rendere l’idea del ronzargli in testa
“Ritratto del giovane Damiano Adimari († 4 ottobre 1600). Morto il giorno prima del matrimonio reale. Anche questo lo avrei messo in corsivo
di Damiano Adimari, un giovane nobile – metterei una virgola dopo Adimari
Personaggi: il nostro Digito reale ha parlato di sé in tanti post, pertanto costruire il personaggio che abbiamo letto non deve essere stato molto complesso, anzi, quindi ci siamo, così pure con l’arco temporale.
L’anticamera è deboluccia, ancorchè vi sia ambientato un passaggio molto importante della storia. Poteva essere anche lo studio o una biblioteca. Così come la chiesa, che entra come luogo che in passato era stata chiesa. Volendo considerala più portante, occorre fare la sommatoria tra il suo passato e la presenza dell’anticamera, che avrebbe potuto far parte della struttura religiosa all’epoca dei fatti. Ma se stiamo leggendo, rimane una mia personalissima opinione.
La scrittura è sicura, niente eccessi, moderna e in linea con la trama, con alcune descrizioni ben studiate. Ho solo alcune note che riprendo successivamente.
La storia di base al racconto è interessante e ben costruita, con un buon dispiego di riferimenti storici per aiutare il lettore a comprendere la vicenda e le “scoperte” di Digito. Non troppo enciclopedico ma neanche da semplici nozioni di tre righe.
L’utilizzare poi nozioni storiche per far virare il racconto verso un finale che stravolgerebbe la Storia se fossero vere, è stato gestito con eleganza e sicurezza.
Come struttura il racconto mi ha ricordato i romanzi di Dan Brown, con un ex carabiniere – colto e preparato – al posto di uno studioso: cassetti della memoria sempre pronti per recuperare dettagli che guidano le ricerche, capacità di incrociare i dati, memoria non comune, le difficoltà superate in modo insperato… Come nei romanzi di Dan Brown il tempo sembra scorrere in modo diverso che nella realtà: in poche ore il protagonista riesce a fare un sacco di cose, compreso il non facile lavoro di consultazione di testi antichi, che non sempre sono a disposizione immediata dei richiedenti e che comunque richiede tempo. Invece zac, trovano la pagina giusta in men che non si dica, così come il filo conduttore… i collegamenti (pare non vadano mai in bagno, forse per la privacy?)
Quindi nel complesso un bel racconto, con personaggi e trama ben delineati, forse un po’ frettoloso nel finale, dove tutto viene svelato in pochi minuti, ma equilibrato nel complesso. Mi è però mancata la tensione, così come qualche momento davvero avventuroso, che dia un briciolo di adrenalina: può sicuramente essere un’”avventura” a livello mentale/culturale, ma ugualmente tutto viene svelato quasi in tranquillità, senza colpi di scena.
Le mie note, poche in verità:
«Digito?» …«Ergo sum! Qui ho detto “ E no dai! Troppo forzato!” Ci manca solo il battere dei tacchi.
“Per codardia non fui capace di distruggere il regale dono”… le parole della lettera gli ronzano in testa – la frase ripresa della lettera la metterei in corsivo e virgolettata, con dei puntini di sospensione, per rendere l’idea del ronzargli in testa
“Ritratto del giovane Damiano Adimari († 4 ottobre 1600). Morto il giorno prima del matrimonio reale. Anche questo lo avrei messo in corsivo
di Damiano Adimari, un giovane nobile – metterei una virgola dopo Adimari
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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Re: Una storia morta e sepolta
bella storia, ben scritta ed esposta, che si lascia leggere con piacere fino al termine.
però anche qui mi permetto di fare delle annotazioni.
il 1600 appare di striscio, nel senso che la storia si svolge oggi e la data la si legge sulle lettere.
l'anticamera appare alla fine, molto laterlamente al racconto, così come la chiesa.
l'avventura? mah, per me manca una parte essenziale per definirla tale.
in sostanza, come tanti altri, è un buon racconto ma con i paletti deboli.
però anche qui mi permetto di fare delle annotazioni.
il 1600 appare di striscio, nel senso che la storia si svolge oggi e la data la si legge sulle lettere.
l'anticamera appare alla fine, molto laterlamente al racconto, così come la chiesa.
l'avventura? mah, per me manca una parte essenziale per definirla tale.
in sostanza, come tanti altri, è un buon racconto ma con i paletti deboli.
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Re: Una storia morta e sepolta
Ciao autor@
anche tu come altri autori hai scelto il filone indagine storica. Il racconto ha luci e ombre.
A differenza di altri, trovo molto bene inseriti sia il paletto temporale che l’utente prescelto e molto centrale il ruolo del l’anticamera vero fulcro della storia.
Non mi soddisfa altrettanto la resa del contesto avventuroso, manca un antagonista forte o degli intoppi tipici del genere, insomma la storia si fa leggere, interessante la trovata del cannocchiale costruito anni prima rispetto a Galileo Galilei. Una lettura piacevole ma poteva essere migliore.
anche tu come altri autori hai scelto il filone indagine storica. Il racconto ha luci e ombre.
A differenza di altri, trovo molto bene inseriti sia il paletto temporale che l’utente prescelto e molto centrale il ruolo del l’anticamera vero fulcro della storia.
Non mi soddisfa altrettanto la resa del contesto avventuroso, manca un antagonista forte o degli intoppi tipici del genere, insomma la storia si fa leggere, interessante la trovata del cannocchiale costruito anni prima rispetto a Galileo Galilei. Una lettura piacevole ma poteva essere migliore.
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Re: Una storia morta e sepolta
Un racconto interessante che però necessitava di maggior respiro.
L'inizio è molto lento e ho fatto fatica a immergermi nella lettura ma quando la storia entra nel vivo tutto scorre via liscio, anche troppo.
La pecca più grande è che l'indagine si svolge tutta in un solo giorno con Marcello che schizza da una parte all'altra velocemente. Credo che racconti di questo genere abbiano bisogno di pause narrative che permettano al lettore di assimilare i vari elementi. È difficilissimo condensare una storia d'avventura in un racconto quindi i complimenti per esserci riuscito sono necessari e meritatissimi. Quel senso di non approfondito però rimane e in qualche modo ha condizionato il mio giudizio.
Quello che secondo me potevi evitare era complicarti la vita inserendo un terzo personaggio. Anche se in racconti del genere l'antagonista c'è sempre, visto che non è così forte come personaggio lo avrei eliminato lasciando la resa dei conti a Marcello e a Neri.
Per quanto riguarda i paletti sono tutti presenti, sfruttati abbastanza bene, ma che non lasciano il segno.
L'inizio è molto lento e ho fatto fatica a immergermi nella lettura ma quando la storia entra nel vivo tutto scorre via liscio, anche troppo.
La pecca più grande è che l'indagine si svolge tutta in un solo giorno con Marcello che schizza da una parte all'altra velocemente. Credo che racconti di questo genere abbiano bisogno di pause narrative che permettano al lettore di assimilare i vari elementi. È difficilissimo condensare una storia d'avventura in un racconto quindi i complimenti per esserci riuscito sono necessari e meritatissimi. Quel senso di non approfondito però rimane e in qualche modo ha condizionato il mio giudizio.
Quello che secondo me potevi evitare era complicarti la vita inserendo un terzo personaggio. Anche se in racconti del genere l'antagonista c'è sempre, visto che non è così forte come personaggio lo avrei eliminato lasciando la resa dei conti a Marcello e a Neri.
Per quanto riguarda i paletti sono tutti presenti, sfruttati abbastanza bene, ma che non lasciano il segno.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Tra le indagini a carattere storico questo racconto è quello che mi ha convinto di più come trama.
L'idea che il cannocchiale sia stato inventato 10 anni prima da un personaggio diverso da Galileo è stuzzicante e gustosa.
Il personaggio di Digito mi sembra ben inserito, come ex carabiniere mi pare congruo il suo "utilizzo" all'interno di una indagine di questo tipo.
Quindi come idea di storia mi è piaciuta e in generale anche il suo sviluppo.
Come ti hanno già fatto notare il punto dolente è quello delle tempistiche. Gestire indagini di questo tipo all'interno di una sola giornata o poco più è pressoché impossibile.
Questo è un aspetto poco credibile della vicenda, ma devo dire che pure gli altri racconti che hanno deciso di percorrere la via degli enigmi storici sono incappati nel medesimo intoppo.
Questo aspetto mi ricorda un pò il primo step, quello del racconto giallo, perché la difficoltà di imbastire una trama del genere con così pochi caratteri a disposizione è praticamente proibitiva.
Per gli altri paletti forse è vero che sono un pò tirati, però ci sono.
Un buon racconto, però quelle tempistiche troppo congestionate e poco ariose avranno comunque un certo peso.
L'idea che il cannocchiale sia stato inventato 10 anni prima da un personaggio diverso da Galileo è stuzzicante e gustosa.
Il personaggio di Digito mi sembra ben inserito, come ex carabiniere mi pare congruo il suo "utilizzo" all'interno di una indagine di questo tipo.
Quindi come idea di storia mi è piaciuta e in generale anche il suo sviluppo.
Come ti hanno già fatto notare il punto dolente è quello delle tempistiche. Gestire indagini di questo tipo all'interno di una sola giornata o poco più è pressoché impossibile.
Questo è un aspetto poco credibile della vicenda, ma devo dire che pure gli altri racconti che hanno deciso di percorrere la via degli enigmi storici sono incappati nel medesimo intoppo.
Questo aspetto mi ricorda un pò il primo step, quello del racconto giallo, perché la difficoltà di imbastire una trama del genere con così pochi caratteri a disposizione è praticamente proibitiva.
Per gli altri paletti forse è vero che sono un pò tirati, però ci sono.
Un buon racconto, però quelle tempistiche troppo congestionate e poco ariose avranno comunque un certo peso.
Byron.RN- Maestro Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Potrei fare un copia incolla di un commento fatto per un altro racconto.
Racconti così hanno bisogno di più spazio, sia temporale ma anche per permettere a tutte le caselline di rientrare al loro posto: la logica deve essere ineccepibile.
C'è la sensazione che l'avvocato sappia già tutto e aspetti che Digito arrivi alla soluzione: ma allora perchè?
Avrei poi bisogno di un chiarimento: Giove e i quattro satelliti: Io, Europa, Ganimede e Callisto… incredibile! chi lo dice? O chi lo pensa? Non potrebbe essere scritto sul foglio.
Comunque le avventure che partono da documenti storici mi affascinano sempre, e anche questa è stata molto interessante, con qualche piccola modifica potrebbe diventare anche molto avvincente.
Racconti così hanno bisogno di più spazio, sia temporale ma anche per permettere a tutte le caselline di rientrare al loro posto: la logica deve essere ineccepibile.
C'è la sensazione che l'avvocato sappia già tutto e aspetti che Digito arrivi alla soluzione: ma allora perchè?
Avrei poi bisogno di un chiarimento: Giove e i quattro satelliti: Io, Europa, Ganimede e Callisto… incredibile! chi lo dice? O chi lo pensa? Non potrebbe essere scritto sul foglio.
Comunque le avventure che partono da documenti storici mi affascinano sempre, e anche questa è stata molto interessante, con qualche piccola modifica potrebbe diventare anche molto avvincente.
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Mi piace il protagonista di questa storia, mi piace la storia.
Ho perfino pensato che l'autore fosse proprio Digito.
È scritta talmente bene...
Per ora, per i miei gusti, si batte per il primo posto sul mio podio. Il cannocchiale sconvolgerà i libri di storia, e non è la sola meraviglia ce ne sono altre, nascoste, tipo che accade e si risolve tutto in un giorno. Ma soprattutto sono i rimandi e la simpatia del protagonista a vincere. I paletti solo un dettaglio superato con facilità.
Ho perfino pensato che l'autore fosse proprio Digito.
È scritta talmente bene...
Per ora, per i miei gusti, si batte per il primo posto sul mio podio. Il cannocchiale sconvolgerà i libri di storia, e non è la sola meraviglia ce ne sono altre, nascoste, tipo che accade e si risolve tutto in un giorno. Ma soprattutto sono i rimandi e la simpatia del protagonista a vincere. I paletti solo un dettaglio superato con facilità.
tommybe- Maestro Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Ciò che mi è piaciuto di più in questo racconto è stata la scrittura: asciutta, chiara e senza troppi fronzoli, molto attenta anche alla punteggiatura (con solo una piccola caduta nella frase "Per codardia non fui capace di distruggere il regale dono le parole della lettera...", nella quale manca come minimo una virgola fra "regale dono" e "le parole").
Ciò che invece ho apprezzato di meno è stata l'eccessiva linearità degli eventi che portano infine alla scoperta - sconvolgente - dell'invenzione dell'Adimari.
Tutto si svolge senza intoppi e anche il misterioso complice del Neri è lì per agevolare la ricerca di Marcello "Digito", non certo per ostacolarla. Le sue motivazioni, alla fine, risultano chiare, ma ho avvertito l'assenza di un vero antagonista (magari espresso anche sotto forma di false piste o ripensamenti di Marcello stesso) che desse al racconto un sapore d'avventura più deciso. E non riesco a ravvisarlo neppure nella figura dell'avvocato, che, nelle scene finali, sembra già sapere tutto e accogliere il ritrovamento solo con triste rassegnazione.
Segnalo infine un'imprecisione. Galileo non è fiorentino ma pisano. Ha vissuto a Firenze, a fasi alterne, solo dal 1610 in poi.
Nel complesso, un buon lavoro.
M.
Ciò che invece ho apprezzato di meno è stata l'eccessiva linearità degli eventi che portano infine alla scoperta - sconvolgente - dell'invenzione dell'Adimari.
Tutto si svolge senza intoppi e anche il misterioso complice del Neri è lì per agevolare la ricerca di Marcello "Digito", non certo per ostacolarla. Le sue motivazioni, alla fine, risultano chiare, ma ho avvertito l'assenza di un vero antagonista (magari espresso anche sotto forma di false piste o ripensamenti di Marcello stesso) che desse al racconto un sapore d'avventura più deciso. E non riesco a ravvisarlo neppure nella figura dell'avvocato, che, nelle scene finali, sembra già sapere tutto e accogliere il ritrovamento solo con triste rassegnazione.
Segnalo infine un'imprecisione. Galileo non è fiorentino ma pisano. Ha vissuto a Firenze, a fasi alterne, solo dal 1610 in poi.
Nel complesso, un buon lavoro.
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M. Mark o'Knee- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Sono abbastanza avanti con le letture e posso dire con certezza che con riferimento ai paletti (stavolta veramente impegnativi) ho trovato questo racconto uno dei più centrati. L’anticamera svolge, come deve essere, un ruolo centrale. L’utente è il solo Digito ma è giustamente descritto ricorrendo alle poche tracce desumibili da DT e non viene utilizzato, come ho letto altrove, con la semplice citazione del nome. L’avventura non ha un ritmo forsennato, ma la progressione, talvolta concitata, nella ricerca della verità storica, riesce a tenere sufficientemente attento il lettore. L’anno 1600 è preso in pieno, così come la chiesa.
Un altro merito è la ricerca storica accurata. Da fiorentino non avevo mai sentito citare la chiesa di San Cristoforo degli Adimari e avevo pensato che si trattasse di un elemento creato dalla fantasia dell’autore. Ho trovato invece che esiste veramente, come chiesa sconsacrata e attualmente veramente adibita a garage.
Anche la scrittura mi è parsa molto scorrevole e senza particolari intoppi. Ottimo giudizio.
Un altro merito è la ricerca storica accurata. Da fiorentino non avevo mai sentito citare la chiesa di San Cristoforo degli Adimari e avevo pensato che si trattasse di un elemento creato dalla fantasia dell’autore. Ho trovato invece che esiste veramente, come chiesa sconsacrata e attualmente veramente adibita a garage.
Anche la scrittura mi è parsa molto scorrevole e senza particolari intoppi. Ottimo giudizio.
Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Come spesso succede durante questo viaggio all'interno delle DTRooms, la sensazione che ho avuto è che questa sarebbe stata una bella storia da sviluppare in molte più battute.
Bella l'idea, ottima la scrittura, ma il tutto avviene troppo rapidamente, nella lettura ti confesso di avere fatto fatica a stare dietro a tutto e di aver dovuto tornare più volte a rileggere per essere certo di aver compreso bene.
Detto questo solo complimenti per come è scritto bene, per l'idea che hai avuto, per la naturalezza con cui hai inserito i paletti.
Se ne avrai voglia e tempo mi piacerebbe che sviluppassi questa storia dandole il giusto respiro e magari togliendo quelle tre frasi finali che, non me ne volere, proprio non mi sono piaciute.
Bella l'idea, ottima la scrittura, ma il tutto avviene troppo rapidamente, nella lettura ti confesso di avere fatto fatica a stare dietro a tutto e di aver dovuto tornare più volte a rileggere per essere certo di aver compreso bene.
Detto questo solo complimenti per come è scritto bene, per l'idea che hai avuto, per la naturalezza con cui hai inserito i paletti.
Se ne avrai voglia e tempo mi piacerebbe che sviluppassi questa storia dandole il giusto respiro e magari togliendo quelle tre frasi finali che, non me ne volere, proprio non mi sono piaciute.
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paluca66- Maestro Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Leggendo sono inciampata subito nelle prime righe: due uomini parlano, poi uno se ne va e rimane quello anziano sulla sedia a rotelle che inizia a fare tantissime cose...
Quando ho letto siede mi sono chiesta se fingesse lui o se non avevo capito niente io... Poi, ma molto più avanti, ho capito che quel Marcello non era l'anziano sulla sedia a rotelle ma un terzo uomo. Rileggendo l'incipit più volte sono sempre convinta che lasci il lettore con questa falsa sensazione: rivedrei quindi le prime righe, perchè fanno lo sgambetto al lettore.
Detto questo, trovo che la storia sempre perfettamente in bilico tra l'esigenza di mostrare tanti fatti e la volontà di descriverli bene: succedono davvero un'infinità di cose in una manciata di caratteri!
L'abilità dell'autore sta nell'aver trovato un compromesso abbastanza accettabile: tutto accade velocemente, tutto fila via liscio come l'olio, non ci sono problemi ne intoppi, ma in cambio il lettore si trova davanti a una bella storia che parte da un'intuizione accattivante e dalle grandi attese.
Il ritmo del testo diventa quindi molto veloce, tutto accade in poche ore e le azioni si accalcano l'una sull'altra portando alla soluzione del mistero.
Il limite di battute occhieggia all'orizzonte, l'urgenza narrativa prende la mano e, a mio avviso, il testo ne risente un pò, prendendo quell'alone d'inverosimile che avrei preferito non percepire.
Un bel testo che lascia poco spazio per prendere fiato; manca però un bel guizzo, quell'imprevisto che avrebbe reso la lettura ancora più appassionante.
Quando ho letto siede mi sono chiesta se fingesse lui o se non avevo capito niente io... Poi, ma molto più avanti, ho capito che quel Marcello non era l'anziano sulla sedia a rotelle ma un terzo uomo. Rileggendo l'incipit più volte sono sempre convinta che lasci il lettore con questa falsa sensazione: rivedrei quindi le prime righe, perchè fanno lo sgambetto al lettore.
Detto questo, trovo che la storia sempre perfettamente in bilico tra l'esigenza di mostrare tanti fatti e la volontà di descriverli bene: succedono davvero un'infinità di cose in una manciata di caratteri!
L'abilità dell'autore sta nell'aver trovato un compromesso abbastanza accettabile: tutto accade velocemente, tutto fila via liscio come l'olio, non ci sono problemi ne intoppi, ma in cambio il lettore si trova davanti a una bella storia che parte da un'intuizione accattivante e dalle grandi attese.
Il ritmo del testo diventa quindi molto veloce, tutto accade in poche ore e le azioni si accalcano l'una sull'altra portando alla soluzione del mistero.
Il limite di battute occhieggia all'orizzonte, l'urgenza narrativa prende la mano e, a mio avviso, il testo ne risente un pò, prendendo quell'alone d'inverosimile che avrei preferito non percepire.
Un bel testo che lascia poco spazio per prendere fiato; manca però un bel guizzo, quell'imprevisto che avrebbe reso la lettura ancora più appassionante.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Breve giallo piacevole e con un intrigo non banale e una delle più belle città del mondo a fare da cornice e coprotagonista. Si legge molto bene e ti faccio i complimenti per essere riuscito/a a racchiudere la vicenda in così pochi caratteri. Mestro che profuma di sette e occultismo. Bella l'idea di creare un precursore di Galileo che va tenuto celato per salvaguardare lo status quo che alla fine fa comodo a tutti. Se devo trovare un difetto forse c'è poca azione in questo giallo mentale (se vogliamo escludere i continui spostamenti di Digito). Protagonista ben caratterizzato.
Un buon lavoro.
Complimenti.
Grazie.
Un buon lavoro.
Complimenti.
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I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
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Re: Una storia morta e sepolta
Ciao autor@
A me il tuo racconto è piaciuto molto.
La scrittura è matura, corretta, il testo pulito e ben costruito.
Ho ammirato la ricerca che c’è dietro, l’abilità nell’incastrare tutti i tasselli con naturalezza, in modo convincente.
Spesso dimentichiamo che la creazione di questi racconti è vincolata dai paletti e riuscire a seminarli lungo il percorso non è semplice. a volte si trovano forzature anche imbarazzanti.
Ecco, non ho sentito niente di tutto questo.
Le citazioni colte, le tappe in una splendida e misteriosa Firenze hanno reso la lettura molto piacevole
accompagnata da uno splendido sottofondo musicale.
promosso a pieni voti
complimenti
a rileggerci presto
A me il tuo racconto è piaciuto molto.
La scrittura è matura, corretta, il testo pulito e ben costruito.
Ho ammirato la ricerca che c’è dietro, l’abilità nell’incastrare tutti i tasselli con naturalezza, in modo convincente.
Spesso dimentichiamo che la creazione di questi racconti è vincolata dai paletti e riuscire a seminarli lungo il percorso non è semplice. a volte si trovano forzature anche imbarazzanti.
Ecco, non ho sentito niente di tutto questo.
Le citazioni colte, le tappe in una splendida e misteriosa Firenze hanno reso la lettura molto piacevole
accompagnata da uno splendido sottofondo musicale.
promosso a pieni voti
complimenti
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Resdei- Maestro Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Eccoci qui, amico Autore.
Il tuo racconto ci ha fatto penare non poco per quanto concerne l'aderenza al genere. Io sono stato da sempre propenso all'ammissione, in quanto fin dalla prima lettura il tuo testo mi ha ricordato un piccolo "Il codice del quattro", un romanzo stratosferico del quale consiglio a tutti la lettura. Questo è stato anche il motivo che ho espresso al CdL votando per l'ammissibilità, finché Pier non mi ha mandato a cagare e mi ha detto: "Guarda che Il codice del quattro è un thriller, non è un romanzo d'avventura".
Io resto convinto che il tuo racconto abbia combinato bene il genere dell'avventura con quello del thriller o del giallo che dir si voglia. A posteriori, poi, c'è un utente usato in maniera ottimale, l'anticamera assolutamente centrale e ben inserita, il paletto spaziale centrato...
Un'altra cosa che ho pensato da subito è stata che il racconto sarebbe finito con un pesce d'aprile, giusto per beccare l'altro paletto temporale; sono stato molto soddisfatto nel constatare che non era così.
Non mi dilungo troppo su altri elementi del racconto, dato che arrivo per ultimo o quasi con i commenti ed è già stato detto tutto; preferisco raccontarti qualche retroscena, appunto, relativo alla fase di ammissione e alle mie sensazioni personali a prima lettura e, poi, a distanza di qualche settimana.
D'altronde, che te lo dico a fare che scrivi benissimo? Lo sai già.
Per me, un racconto davvero convincente che può tranquillamente giocarsi il posto in antologia.
Complimenti
Il tuo racconto ci ha fatto penare non poco per quanto concerne l'aderenza al genere. Io sono stato da sempre propenso all'ammissione, in quanto fin dalla prima lettura il tuo testo mi ha ricordato un piccolo "Il codice del quattro", un romanzo stratosferico del quale consiglio a tutti la lettura. Questo è stato anche il motivo che ho espresso al CdL votando per l'ammissibilità, finché Pier non mi ha mandato a cagare e mi ha detto: "Guarda che Il codice del quattro è un thriller, non è un romanzo d'avventura".
Io resto convinto che il tuo racconto abbia combinato bene il genere dell'avventura con quello del thriller o del giallo che dir si voglia. A posteriori, poi, c'è un utente usato in maniera ottimale, l'anticamera assolutamente centrale e ben inserita, il paletto spaziale centrato...
Un'altra cosa che ho pensato da subito è stata che il racconto sarebbe finito con un pesce d'aprile, giusto per beccare l'altro paletto temporale; sono stato molto soddisfatto nel constatare che non era così.
Non mi dilungo troppo su altri elementi del racconto, dato che arrivo per ultimo o quasi con i commenti ed è già stato detto tutto; preferisco raccontarti qualche retroscena, appunto, relativo alla fase di ammissione e alle mie sensazioni personali a prima lettura e, poi, a distanza di qualche settimana.
D'altronde, che te lo dico a fare che scrivi benissimo? Lo sai già.
Per me, un racconto davvero convincente che può tranquillamente giocarsi il posto in antologia.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Re: Una storia morta e sepolta
Mi piace come scrivi, pulito, asciutto senza inutili orpelli, mantenendo sempre una grande efficacia.
Concordo con altri nel dire che forse è inverosimile che in un pomeriggio il nostro Digito riesca ad arrivare alla soluzione, ma sai che ti dico? Mi interessa poco.
Mi sei piaciuto, ho letto il racconto, gustandomi le tue ricerche, le tue citazioni, e soprattutto le tue ambientazioni.
COnsiglio: metti questo storia da parte, potresti ricavarne un bel romanzo.
Concordo con altri nel dire che forse è inverosimile che in un pomeriggio il nostro Digito riesca ad arrivare alla soluzione, ma sai che ti dico? Mi interessa poco.
Mi sei piaciuto, ho letto il racconto, gustandomi le tue ricerche, le tue citazioni, e soprattutto le tue ambientazioni.
COnsiglio: metti questo storia da parte, potresti ricavarne un bel romanzo.
Mac- Padawan
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Re: Una storia morta e sepolta
Un racconto ben scritto, con un ritmo costante e lineare.
Pochi personaggi, ben caratterizzati e, considerando solo i protagonisti, ciascuno con un ruolo ben definito. La loro collaborazione passata mantiene anche in questo contesto il giusto "distacco professionale". Un aspetto non trascurabile secondo me, che contribuisce molto all'alone investigativo che permea tutta la vicenda.
Ora, ci sono due aspetti che non ho capito. Premetto che restano funzionali al racconto, ma io lettore ho cercato di vederli da un altro punto di vista. Perché l'avvocato Neri chiede aiuto a Digito per la risoluzione del caso? Effettivamente si può pensare che tutte le informazioni raccolte dall'investigatore fossero già in suo possesso. Il fatto che avesse la chiave che s'infila nel buco dell'affresco è emblematica in questo senso: sembra che Neri sapesse già a cosa servisse e che cosa apriva. Inoltre, altro aspetto che rafforza quanto ho appena detto: perché l'avvocato fa seguire Digito durante le sue indagini? A che pro se tutto era già pianificato? Certo, il "segreto" del giovane Adimari potrebbe veramente scardinare la Storia ma, ripeto, perché mettere in mezzo Digito?
Ho posto queste domande in qualità di semplice lettore, spero possano essere utili all'Autore per migliorarne la resa qualora volesse. Tuttavia, il racconto mi è piaciuto e l'ho veramente apprezzato.
Grazie.
Pochi personaggi, ben caratterizzati e, considerando solo i protagonisti, ciascuno con un ruolo ben definito. La loro collaborazione passata mantiene anche in questo contesto il giusto "distacco professionale". Un aspetto non trascurabile secondo me, che contribuisce molto all'alone investigativo che permea tutta la vicenda.
Ora, ci sono due aspetti che non ho capito. Premetto che restano funzionali al racconto, ma io lettore ho cercato di vederli da un altro punto di vista. Perché l'avvocato Neri chiede aiuto a Digito per la risoluzione del caso? Effettivamente si può pensare che tutte le informazioni raccolte dall'investigatore fossero già in suo possesso. Il fatto che avesse la chiave che s'infila nel buco dell'affresco è emblematica in questo senso: sembra che Neri sapesse già a cosa servisse e che cosa apriva. Inoltre, altro aspetto che rafforza quanto ho appena detto: perché l'avvocato fa seguire Digito durante le sue indagini? A che pro se tutto era già pianificato? Certo, il "segreto" del giovane Adimari potrebbe veramente scardinare la Storia ma, ripeto, perché mettere in mezzo Digito?
Ho posto queste domande in qualità di semplice lettore, spero possano essere utili all'Autore per migliorarne la resa qualora volesse. Tuttavia, il racconto mi è piaciuto e l'ho veramente apprezzato.
Grazie.
Molli Redigano- Maestro Jedi
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Re: Una storia morta e sepolta
Racconto interessante e piacevole, molto erudito.
Mi tocca ripetere quanto già detto da molti altri prima di me, non ho trovato nulla di originale da aggiungere, mi spiace.
La scrittura è ottima. Diretta, fluida, ricca di dettagli ma nel contempo semplice.
La maggior parte delle perplessità sono sulla trama:
L’indagine mi è sembrata scorrere facilmente, senza intoppi e senza antagonisti. La sensazione che mi ha lasciato è qualcosa di poco realistico.
Perché affidare di tutta fretta l’indagine a Digito e perché proprio a lui? Questo non l’ho capito, sorry.
Anche io ho avuto la sensazione che Duccio Neri già sapesse (la chiave consegnata senza esitare al momento giusto, la mancanza di sorpresa al momento delle rivelazioni del risultato delle indagini e all’apertura della scatola: sono indizi in questo senso). Ma non mi spiego il perché.
Molto affascinanti il contesto fiorentino, i riferimenti storici, la tesi cospiratoria.
Mi tocca ripetere quanto già detto da molti altri prima di me, non ho trovato nulla di originale da aggiungere, mi spiace.
La scrittura è ottima. Diretta, fluida, ricca di dettagli ma nel contempo semplice.
La maggior parte delle perplessità sono sulla trama:
L’indagine mi è sembrata scorrere facilmente, senza intoppi e senza antagonisti. La sensazione che mi ha lasciato è qualcosa di poco realistico.
Perché affidare di tutta fretta l’indagine a Digito e perché proprio a lui? Questo non l’ho capito, sorry.
Anche io ho avuto la sensazione che Duccio Neri già sapesse (la chiave consegnata senza esitare al momento giusto, la mancanza di sorpresa al momento delle rivelazioni del risultato delle indagini e all’apertura della scatola: sono indizi in questo senso). Ma non mi spiego il perché.
Molto affascinanti il contesto fiorentino, i riferimenti storici, la tesi cospiratoria.
SuperGric- Padawan
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Re: Una storia morta e sepolta
Ecco, questo a parer mio è il modo perfetto, senza scorciatoie varie, per usare il personaggio "utente di DT". Certo, inserito in un contesto di pura fantasia, ma del tutto verosimile e riconoscibile come Digito/Marcello. Sulla trama qualche perplessità l'ho avuta anche io, tipo quando Digito non si pone il minimo problema del perché un perfetto sconosciuto lo aiuti e poi scompaia nel nulla, ma devo dire che difficilmente questo racconto uscirà dal novero dei miei preferiti. Non è solo per l'uso del personaggio, mi pare logico, ma proprio perché mi ha avvinto la lettura e sono stato coinvolto sia dallo stile che dal disvelamento del mistero, non certo per il ruolo ambiguo di Duccio, quello non lo vuole nascondere neppure l'autore, ma dalla trovata geniale del cannocchiale. Ottima anche la costruzione del racconto, che certo, avrebbe avuto bisogno di più spazio, in effetti tutto fila via molto veloce, ma a cui non manca assolutamente nulla, non ho riscontrato buchi i carenze. Insomma, ottimo lavoro, a rileggerci!
Akimizu- Cavaliere Jedi
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