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Messaggio Da Different Staff Mar Lug 27, 2021 10:17 am

“Apri la porta.”
Fa segno di no con la testa. La parvenza di buio in cui è raccolto, all’impiedi, quattro pareti e un minuscolo riquadro di pavimento, sono tutto ciò che lo divide dall’inferno del mondo di fuori. Un fagotto lacero giace in terra, nell’angolo.
“Liam, apri la porta.”
Altro segno di no.
“Liam, non erano questi gli accordi.”
Silenzio. Trattiene il respiro come nei momenti in cui tutto sembra vorticargli intorno e l’ansia si fa più feroce.
“Liam, avevamo un patto.”
C’è una lama di luce che filtra da sotto la porta di ferro arrugginito.
“Liam.”
Espira a fondo.
“Liam.”
Appoggia cinque dita sul metallo come a lasciarvi impresso il segno del palmo: una leggera pressione, la porta s’apre un poco alla volta. La luce del sole entra dall’ingresso del bunker, un riquadro di cemento irradiato di bianco.
La figura di Socrate, disegnata controluce, è tutto ciò che i suoi occhi abbagliati distinguono: il fagiano sbatte le ali e arruffa le piume come fa ogni volta che lo stress prende il sopravvento.
I loro sguardi s’incrociano per un lungo attimo quando l’abituarsi delle sue pupille lo consente. Negli occhi del volatile c’è reprimenda.
Liam lascia cadere tutto con un gesto severo della mano; s’avvia fuori dal bunker, marcia a passo spedito, scalzo, nella sabbia. La spiaggia che gli si stende davanti è lo stelo del grande fiore marino, azzurro, scintillante, esteso fino a perdita d’occhio.
Socrate avanza a balzi cadenzati per stargli dietro; Liam si volta a guardarlo, ha un indice alzato nel modo che di solito precede un concetto grandioso.
“Ho,” mormora con la voce ancora impastata dal sonno, “Elaborato una teoria.”
Socrate sembra sorridere lungo la linea sottile del becco.
Lui si volta verso il bunker, apre le braccia ispirato: ha un aspetto profetico in quel paio di calzoncini beige e ciò che resta d’una Lacoste verde celadon, con la barba che inizia a crescergli più decisa e i capelli chiari, folti, ormai selvatici.
“Una teoria cui nessuno ha mai pensato prima. Sta’ a sentire.”
Guarda il bunker, nulla più che una mezza cupola di cemento tra le palme, il resto del camminamento crollato da tempo e inghiottito dalla vegetazione.
“Prova a immaginare la scena: lassù ci sono i Giapponesi, okay? Mentre di qua,” indica verso il bagnasciuga, “Ci sono i nostri che vengono su dal mare, okay? Riesci a immaginarli?”
Il fagiano strizza gli occhi e si concentra, annuisce vigorosamente.
“Saranno mille, duemila persone. Facciamo duemila. Mi segui?”
Socrate fa segno di sì, con gli occhi tondi e giallognoli colmi d’ammirazione.
“Fa’ attenzione perché è importante. Se tu sei UNO tra tutti costoro, dei Jap, dei nostri, non importa, uno solo: come fai a essere ancora vivo alla fine del giorno?”
Socrate fa segno di no.
“Mi dirai che è solo una questione di fortuna, o di destino. Di caso. Invece no.”
Socrate razzola la sabbia con insistenza.
“Se noi potessimo,” Liam maneggia l’aria, “Tracciare la vita d’ognuna di queste persone all’indietro, ciò che le ha portate ad essere qui, su quest’isola, questo giorno ben preciso, e in questo punto piuttosto che in quest’altro, distese anziché sedute, con l’elmetto o senza.”
Raccoglie un ramo secco d’arbusto indicando ogni direzione come la rosa dei venti.
“Allora potremmo tracciare una linea retta per ogni singolo proiettile che viene sparato.” Pianta il bastone nella sabbia e lo trascina.
“Qui un uomo muore. Ucciso da un proiettile sparato dal fucile d’un altro uomo che proprio quella mattina aveva pulito l’otturatore, cosa che ha permesso alla sua arma di non incepparsi. E lo ha pulito perché quella mattina s’è svegliato prima degli altri poiché non riusciva a dormire. E non riusciva a dormire perché la paura dell’attacco non lo faceva riposare. E la paura era così forte perché suo fratello era morto in Normandia qualche mese prima.”
C’è un vigore feroce nelle sue parole.
“E così per ognuna delle duemila persone che ci sono qui. Tutte quante, senza eccezioni.”
Abbatte le braccia lungo i fianchi.
“Alla fine del giorno, tutti coloro che sono sopravvissuti hanno dietro di sé una stringa, una linea retta, sulla quale si possono leggere, avendo un certo grado di onniscienza, le minuzie che lo hanno portato dove si trova. E così all’indietro, lungo tutto il corso della vita, formando un sistema matematico e fisico assieme, combinati alla perfezione.”
Si batte sulla tempia.
“E vale per tutti, tutti quanti! A Natale i Sovietici hanno invaso l’Afghanistan, migliaia di uomini contro altre migliaia di uomini: ognuno con la sua stringa.”
L’indice della mano destra si muove frenetico, a metà tra entusiasmo e stress emotivo, tracciando nella sabbia un principio di funzione.
Socrate ondeggia da una zampa all’altra e scuote le piume variopinte.
“Che c’è?”
“Non so, Liam,” pigola dispiaciuto, “Non mi convince, manca qualcosa.”
“Che cosa?”
“E se interviene una forza esterna a modificare il moto di un proiettile? Un soffio di vento, uno sbuffo di terra: come si spiega?”
Liam gratta la testa, vaga gli occhi. Fa per replicare, ci ripensa, non dice nulla. Cancella con un palmo.
“C’è un metodo per intersecare la stringa della vita con il tavolo, la superficie, che è il mondo, la natura. Se inseriamo un limite alla funzione, anzi un limite di limite, forse troviamo il valore esatto della sopravvivenza. La formula per stabilire un successo certo in un contesto di pericolo, di disordine, qualsiasi cosa.”
Il fagiano china il capo, in attesa che finisca di tracciare segni e formule nella sabbia. “Ma se quello che cerchi, Liam, non esistesse?”
Lui non ascolta, perso dietro un’ennesima sequenza di addendi. A un certo punto si alza e, senza proferir parola, se ne torna a chiudersi nel ripostiglio dentro al bunker.
 
*
 
“Apri la porta.”
Medita ancora, torvo, sulle variabili non considerate, gli effetti della natura, il macro e il micro. Fa caldo.
“Liam, apri la porta.”
Un segno di no.
“Liam, sei ben oltre il tempo concordato.”
Trattiene il respiro come nei momenti in cui tutto sembra vorticargli intorno e l’ansia si fa più feroce.
“Liam, abbiamo un patto.”
C’è una lama di luce che filtra da sotto la porta di ferro arrugginito.
“Liam.”
Spalanca l’uscio ed esce fissando il nulla; Socrate espira di sollievo.
“Ci stai sempre di più dentro quel buco. Posso ricordarti che abbiamo stabilito un massimo di…”
“Forse ho capito.” Agita un indice con quel che di nevrotico che è andato peggiorando col tempo. “Ho capito dov’è l’errore nella formula precedente: anche il cielo, la terra, il vento, tutto ha la sua stringa, ancora più ampia e complessa rispetto a quella degli esseri viventi. Tutto ha una stringa attaccata dietro di sé, tutto quanto! E se noi potessimo leggerla, allora capiremmo il senso della vita e del mondo.”
Socrate sbatte più volte le palpebre. “Sì, ma, tornando al ripostiglio, non ci stavi così tanto all’inizio. Adesso invece…”
“Mi aiuta a pensare.”
Il fagiano lo guarda con la stessa cupa amarezza di quella mattina. “Io sono preoccupato, Liam.”
“Oh, finiscila,” minimizza con un gesto, s’avvia a passo lento giù dal breve pendio, verso la riva del mare, “Sono sopravvissuto a un disastro aereo, non sarà qualche ora nel ripostiglio a uccidermi.”
“Io, io,” il volatile s’affretta a zampettargli dietro, “Io capisco, Liam: ti affanni a cercare un senso al perché sei sopravvissuto solo tu, ma… a volte non c’è un senso o un motivo, le cose succedono e basta.”
L’uomo si ferma, lo guarda. Ha l’aria provata da tutti i giorni spesi sull’isola, da un’alimentazione limitata, la solitudine.
“Non lo accetto, non più.”
Liam si volta, riprende a camminare, fosco, verso il bagnasciuga.
“Convincersi che qualcosa esista non lo rende reale!”
L’uomo fa segno di no con un indice, senza voltarsi, poi entra in acqua e continua a camminare. Socrate lo guarda sprofondare sempre di più tra le onde azzurre, per intero, un passo alla volta, fino a che anche la sua chioma incolta non scompare tra i flutti.
 
*
 
È calato il buio.
La luce del falò, acceso poco fuori dai resti del bunker, illumina un tratto di spiaggia e un’infinitesima parte della notte.
Liam siede a gambe larghe, con lo sguardo perso e la ciotola tra le mani, quel poco di legumi in scatola cotti alla meglio che non ha più voglia di mangiare.
Ha smesso già da un po’ di buttar giù le sue funzioni matematiche alla luce precaria del fuoco.
“Non eri così quando sei arrivato.” Il fagiano pulisce un’ala con metodico becchettare. “Voglio dire, salvarsi dalla morte dovrebbe renderci contenti d’andare avanti, non smaniosi di guardare indietro.”
“Non puoi capire.”
“Certo che posso,” sembra offeso, Socrate, mentre interrompe la toeletta e corruga lo sguardo, “Posso ricordarti che mi hai salvato la vita? Sarei morto di fame se tu non mi avessi raccolto e curato l’ala. E questo mi ha reso molto felice d’andare avanti.”
Crepitio del fuoco.
Liam espira mentre i tratti gli s’ammorbidiscono in un’espressione rassegnata. “Le nostre stringhe erano pronte a incrociarsi in questo punto, proprio qui, per una serie di motivi che solo analizzando quest’infinita distesa di informazioni potremmo comprendere.”
“Oh, la mia non è così lunga,” tuba con una certa soddisfazione, “Stavo solo cercando cibo sul limitare della spiaggia quando…”
S’interrompe e scruta negli occhi stanchi dell’uomo: in quelle iridi c’è un principio d’autodistruzione che ha origini più lontane del suo arrivo sull’isola, del suo serrarsi sempre più spesso nel ripostiglio, unico luogo veramente chiuso in quei pochi chilometri di roccia, piante e terra.
“Liam, io credo che non dovresti più entrarci lì.”
“È l’unico posto dove c’è un po’ di silenzio.”
“Liam, io non posso accettare che un giorno tu decida di non uscirne più.”
“Anche fosse, è un problema mio.”
“Liam, non dire così.”
“È un problema mio.”
“Liam, mi spaventi.”
“Solo mio.”
“Liam.”
 
*
 
Il sole è alto, il mare una tavola.
La porta di metallo si apre, cigola su vecchi cardini. Socrate espira di sollievo.
“Ho un altro pezzo della verità.”
Liam marcia deciso giù per il pendio, anche se una delle gambe è malferma per la forzata immobilità. Il fagiano gli zampetta dietro.
“La stringa delle esperienze vissute e quella dei fattori ambientali non bastano: ognuno di noi esseri viventi porta attaccata dietro la schiena anche una terza stringa, quella della nostra essenza. Dei nostri attributi innati. Quella somma di caratteristiche che ci contraddistinguono gli uni dagli altri.”
“Liam, tutto questo sta diventando assurdo.”
“No, invece. Un uomo con una microscopica malformazione congenita può reggere il fucile,” mima il gesto, “Un grado più in basso di un uomo sano, determinando il fallimento d’un singolo tiro che ne causa la dipartita sul fuoco di risposta.”
“Liam.”
Lui alza pollice, medio e indice verso il cielo limpido. “Tre stringhe. Attaccate dietro la schiena.”
Punta verso l’arbusteto slacciandosi i calzoni. Canticchia I’ve learnt to hate the Russians mentre innaffia le piante con troppe ore di vescica piena.
 
*
 
La notte è bagnata da un mare di stelle.
Socrate ha già avvicinato tre volte la ciotola ancora piena all’uomo che siede accanto al falò, digiuno, ma lui non l’ha raccolta.
“Liam.”
Fissa il fuoco che disegna brutti chiaroscuri sul suo volto scavato e i capelli sporchi di salsedine.
“Non puoi proseguire così.”
“No.”
“Devi trovare un motivo per andare avanti. Prima o poi passerà una nave, qualcuno verrà a cercarti.”
“No.”
“Il tuo aereo è caduto, ci saranno dei soccorsi …”
Non ascolta, perso dietro un’altra congettura immaginaria.
“Liam.” Socrate razzola il terreno. “Cos’è che non va?”
Silenzio, il suono delle onde, placido, in sottofondo.
“Liam.”
Un sospiro rassegnato. “L’assioma delle stringhe: non sono mai andato così vicino a renderlo efficace.”
“Lo stai facendo a spese della tua salute.”
“Eppure funziona, ci penso di continuo. Incrocia tutte le variabili possibili, in qualunque situazione, e la lettura del risultato spiega perfettamente l’evento accaduto. La vita, la morte, tutto ha un senso con tre stringhe attaccate dietro la nostra schiena.”
“Allora dov’è il problema?”
Altro sospiro. “Che c’è un solo ambito, uno solo, dove l’assioma non funziona.”
“Cioè?”
“L’amore.”
Occhi di fagiano si aprono e chiudono perplessi.
“L’amore, sì.” Liam porta una mano dietro la schiena, stringe forte alla base, come a tenere nel pugno le tre stringhe che da lì si estendono indietro fino al buio infinito. “Prendi la mia vita, leggila: non troverai una singola goccia d’amore. Non una.”
Socrate si sforza di scorgere i filamenti immaginari che sussultano nella sabbia.
Liam socchiude gli occhi mentre la testa inizia a viaggiare più forte. Ritorna all’infanzia, la timidezza, i pochi amici. Rivive in un turbine le botte e gli occhiali spaccati, l’acqua versata sui calzoni per sembrare piscio.
I voti eccellenti.
Riprende per mano se stesso coi languori e la rabbia della pubertà, la solitudine, lo studio, la stanza, chiuso in una stanza di college, quattro pareti, poca luce. Spazi ridotti, a suo agio.
Lo chiamano Granchio Eremita.
Le risa e il disgusto delle compagne di corso.
Granchio.
Eremita.
Il mondo va avanti, lui no.
Ritorna al giorno in cui decide d’andare avanti anche lui. Straccia i libri e i volumi di matematica, di fisica, getta gli occhiali, taglia i capelli. Spende i primi stipendi in abiti di marca, roba alla moda, scarpe all’ultimo grido.
Frequenta i disco-pub, le sale da ballo, da solo, con chi capita. Vince quelle paure ancestrali dell’uomo e avvicina prima con attenta selezione poi sempre più a caso.
Vuoi ballare? No.
Ci vediamo? No.
Un drink? No.
Perde il tempo ma non una mente brillante e allenata. Si laurea col massimo dei voti.
Trova lavoro a New York, uffici d’elite, stipendio alto, un mare di conoscenze.
Abbandona il marchio per un abbigliamento adulto, ragionato, consono alla sua posizione.
Un mare di colleghe.
Usciamo? No.
Ci vediamo? No.
Uno strappo a casa? Non occorre.
Decide che il problema è il suo fisico esile: paga un personal trainer, s’allena, aumenta di peso. Sceglie abiti che esaltino i pettorali in crescita.
Usciamo? No.
Ci vediamo? Non posso.
Mi accompagni? Sono già fidanzata.
Smette di allenarsi, compra un’auto sportiva, lenti a contatto azzurre, paga escort per passeggiare in strada e fingere d’avere una relazione.
Una normale.
Gli anni passano, cambia lavoro, posto, cambia città. Non la musica, quella rimane la stessa.
Usciamo? Sei troppo giovane.
Ci vediamo? Sei troppo vecchio.
Beviamo qualcosa?
Almeno una risposta?
È tutto scritto lì, in caratteri arancio fuoco, sulla stringa della sua vita passata che freme e si contorce come un viscido serpente. Sulla seconda ci sono i suoi tratti ineliminabili, i suoi attributi fisici: alto, basso, gli occhi ora scuri ora azzurri, esile, magro, allenato, un corpo che inizia a sentire il passare del tempo.
La terza stringa è quella piatta del mondo che ha attraversato in perfetta solitudine.
Granchio.
Eremita.
Socrate incupisce, la voce è esile. “Così è questo che cerchi di spiegare con tanta insistenza? La tua solitudine?”
“Perenne, perpetua, immodificabile.”
“Non sei solo, Liam.”
“Ci sei tu, certo. Un fagiano su un’isola deserta.” Sospiro denso. “Non sei neppure un fagiano, a dirla tutta. A quale specie appartieni: tu sai dirmelo?”
Silenzio imbarazzato. “No.”
“Certo, come potresti. Parli con la mia voce, sto parlando da solo. Mi sono ridotto a questo: fingere di parlare con un fagiano su un’isola deserta, solo per cullare l’illusione d’avere un posto nelle cose del mondo. Nei legami che tutti stringiamo gli uni con gli altri, ma non io.”
Socrate china il capo, affranto. “Tu mi hai salvato, Liam. Hai curato la mia ala.”
“Sei l’unico che abbia accettato da me quel che potevo dare.”
“C’è ancora tempo. Passerà qualcuno, prima o poi, i soccorsi per l’aereo caduto: tornerai a casa!”
Sorride appena, lui, scuote la testa. “Non c’è alcun aereo, amico mio.”
Il fagiano arruffa le piume in un subitaneo accumulo di stress. “Come?”
“Ho inventato tutto. Mi sono fatto portare da un naviglio. Ho detto loro di non tornare a cercarmi, che sarei rimasto qui.”
“Ma…”
“Volevo lasciare tutto dietro di me, tutto quanto. Tornare a essere chi ero. Volevo cercare un senso alla mia perpetua solitudine. Spiegarla come si spiegano tutti i fenomeni del mondo.”
“Liam!”
“Le stringhe spiegano ogni cosa, danno un senso all’infinita somma delle azioni umane combinate con quelle imprescindibili della natura. Ma non riescono a spiegare, è inutile, la mia solitudine.”
Granchio.
Eremita.
L’uomo si alza con un respiro più lungo e, nel farlo, le stringhe attaccate alla sua schiena si alzano e fremono con lui. Sono filamenti liberi, senza connessioni, prive di qualsiasi intreccio. Intersecano solamente un altro trio di esili stringhe, connesse alla coda variopinta d’un uccello tropicale.
“Tornerò nel ripostiglio,” Liam accenna un sorriso, “È l’unico posto al mondo dove mi senta a casa.”
Socrate non parla più. Agita la testa come fanno gli uccelli, ma è una movenza naturale.
Liam s’incammina verso il bunker, senza fretta; il fagiano lo segue come ha sempre fatto da quando lo ha raccolto e curato.
Non è un fagiano, solo non conosce la specie.
Entra nel piccolo riquadro di ferro e cemento, uno stanzino in cui i Jap stipavano chissà cosa, chiude la porta. Socrate attende fuori, come sempre.
Arriva un momento, nella vita, in cui la mancanza cronica d’affetto diventa assenza stessa di vita. Di stimoli. Diventa desiderio d’oblio.
Come per quel bizzarro animale del Pacifico, quando non trova un guscio vuoto da reclamare per sé, da chiamare casa.
Granchio.
Eremita.
Liam siede in terra, tra quattro strette pareti. Raccoglie da un angolo il fagotto lurido, lo apre: una vecchia pistola in dotazione alle forze USA, trovata in un buco sulla spiaggia.
Funziona ancora.
La solitudine.
Arriva un momento, nella vita, in cui neppure l’assuefazione basta più.
Se almeno le stringhe spiegassero perché.
Se almeno avesse trovato un motivo, uno.
Se solo le stringhe.
Solo.
Le stringhe.
Una vecchia pistola.
Granchio.
Eremita.
Le stringhe si sciolgono, infine, libere.
Socrate becchetta insistente contro la porta chiusa. Ha le piume arruffate per lo stress.
Il suo verso pigolante sembra chiamarlo per nome, come sempre.
Liam.
Liam.
 
Liam.
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Messaggio Da SisypheMalheureux Mar Lug 27, 2021 3:31 pm

Come si fa quando si è quasi sicuri di aver individuato chi ha scritto il racconto? è la prima volta che mi capita. Boh, per ora non dico niente (che poi magari mi sto sbagliando e alla fine viene fuori che l'autore non era quello che pensavo io). 
L'idea è originale, ma ancora più bello è il messaggio che il racconto veicola. Io ero e sono ancora una zappa in matematica, fisica e affini e mentirei se dicessi che ho capito fino in fondo il discorso delle stringhe, delle variabili ecc. Ho un cervello limitato e queste cose non le capisco, ma proprio per nulla. 
Però il sentimento di solitudine, di isolamento imposto, ahimé non da noi ma dagli altri, quello credo che sia un sentimento comune a molti, quello arriva subito. 
Il tuo è un racconto amaro ma a mio parere molto vero: ci sono persone destinate a non essere mai amate, persone che verranno sempre escluse e rifiutate dai loro simili. Per quanti sforzi possano fare per essere accettati, non riusciranno mai nel loro intento.   
Questo è Liam o, per lo meno, io così l'ho interpretato. Ed è pieno di Liam a questo mondo, è inutile negarlo. 
Ti segnalo solo un errore di concordanza che ho notato:  "Alla fine del giorno, tutti coloro che sono sopravvissuti hanno dietro di sé una stringa sulla quale si possono leggere, le minuzie che lo hanno portato dove si trova."
Per il resto è un racconto ben strutturato e ben scritto. Se fossimo stati in un altro step molto probabilmente saresti da podio. Ma stavolta il livello, da quel poco che ho letto finora, sembra davvero altissimi quindi vedremo... In ogni caso ottima prova!

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"Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? 
Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto."
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Messaggio Da vivonic Mar Lug 27, 2021 4:18 pm

SisypheMalheureux ha scritto:Come si fa quando si è quasi sicuri di aver individuato chi ha scritto il racconto? è la prima volta che mi capita. 
OFF TOPIC
Giusto per rispondere: fai il tuo toto-autore e poi lo alleghi nella votazione. Lo fanno in molti Smile L'importante è che il toto-autore non iniziamo a farlo in calce ai racconti.
Grazie della domanda Wink

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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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A SisypheMalheureux garba questo messaggio

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Messaggio Da SisypheMalheureux Mar Lug 27, 2021 4:22 pm

Sì, in effetti ho ritenuto opportuno non scriverlo proprio per non influenzare i commenti successivi. Grazie del chiarimento!

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Messaggio Da Petunia Mer Lug 28, 2021 8:09 am

Ciao autor@

racconto che definirei ipnotico. Certo la tua è una penna molto esperta.
 Ho apprezzato molto il ritmo della storia, una costruzione che cresce fino al climax finale e raggiunge lo scopo di tenere incollato il lettore. Le immagini sono vivide e ben mostrate. Mi è piaciuta la scelta del fagiano, un animale tutt’altro che tropicale e proprio per questo rende alla perfezione il senso di inadeguatezza e solitudine in cui si “avvita” l’eremita Liam. Non mi è chiaro se si tratti di un disertore. 
Di certo un ragazzo con doti intellettive superiori alla media, destinato a stare solo coi propri pensieri.
Funzionale l’uso della punteggiatura con frasi così ridotte all’osso ma di grande impatto emotivo.
Hai scelto un argomento complesso (le stringhe) e forse gli hai dato troppo spazio tanto che, a volte, l’occhio scivola via da certi concetti e contenuti che restano poco immediati.
Può essere un effetto voluto, anzi penso che tu lo abbia proprio cercato.
Il risultato finale ė che la storia che hai costruito lascia qualcosa da pensare e una sensazione di disagio che perdura anche a lettura finita. 
Un ottimo lavoro. Complimenti.
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Messaggio Da Antonio Borghesi Gio Lug 29, 2021 6:18 pm

Sono affascinato dalla teoria delle stringhe. Affascinato non vuol dire che ci capisca molto ma nel tuo racconto ho visto qualcosa in più di quello che nel mio immaginario concepivo per le stringhe: l'entanglement. Siamo comunque tutti uniti e formiamo un unico essere. Forse però sto scivolando nel filosofico ma sei tu che mi ci hai portato. Non ho trovato il paletto del tempo? Liam se l'è portato con lui? Non ho nulla da dire se non favorevole per come scorre anche nelle sue difficoltà di comprendonio, il tuo racconto. Magari lo rileggerò. Ora decanta.
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Messaggio Da Arunachala Ven Lug 30, 2021 7:59 pm

ma se dico che non l'ho capito per niente che succede?
rischio la lapidazione, visti i tempi?
onestamente confesso di non averci capito nniente, giuro.
non me ne voglia l'aut@, ma è così.
scritto bene, a parte qualche normale refuso o errore di battitura.
però, per la miseria, cosa mi vuoi dire?
non capisco per niente, non recepisco il messaggio, non comprend il significato.
oh, il problema è certamente mio, ma alla fine gradirei un chiarimento

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Messaggio Da Ospite Ven Lug 30, 2021 8:22 pm

Piaciuto da matti.
E mi fa male leggere la ricerca di un significato, di una morale, di un messaggio.
Non c'è niente da spedire, questo è, vi piaccia o no, sembra dire o pensare l'autore.
Proviamo a metterci di fronte a un quadro d'autore.
Contano i rimandi di quella tela, non le interpretazioni, le spiegazioni.
Conta farsi amare, farsi amare, farsi riconoscere.
Senza nessun trucco, come scrive Ray Carver.
In un suo racconto c'è un pavone che somiglia al tuo fagiano. Lui non parla, fa la guardia.
Bravissimo.

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Messaggio Da Arunachala Ven Lug 30, 2021 9:17 pm

Tommybe ha scritto:Piaciuto da matti.
E mi fa male leggere la ricerca di un significato, di una morale, di un messaggio.
Non c'è niente da spedire, questo è, vi piaccia o no, sembra dire o pensare l'autore.
Proviamo a metterci di fronte a un quadro d'autore.
Contano i rimandi di quella tela, non le interpretazioni, le spiegazioni.
Conta farsi amare, farsi amare, farsi riconoscere.
Senza nessun trucco, come scrive Ray Carver.
In un suo racconto c'è un pavone che somiglia al tuo fagiano. Lui non parla, fa la guardia.
Bravissimo.
tom, scusa, a me Ray Carver nn piace per niente, quindi?
non dovevo esprimere le mie opinioni si questo racconto?
i quadri d'autore, come ogni cosa, sono soggettivi: tu adori Picasso? bene, a me fa cagare, scusa l'espressione, e preferisco un De Chirico.
farsi amare va benissimo, ci mancherebbe altro.

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Messaggio Da FedericoChiesa Ven Lug 30, 2021 9:28 pm

La scrittura è notevole.
Le continue ripetizioni ti aiutano ad entrare nella mente e nei tutbamenti di Liam.
La teoria delle stringhe è quasi filosofica.
... ma alla fine ti lascia ranta amarezza. 
Complimenti
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Messaggio Da Hellionor Dom Ago 01, 2021 3:54 pm

Resta attaccato dentro un disagio infinito, un voler allungare la mano verso Liam e fermare la pistola. Questo racconto ha scatenato in me un senso di impotenza intenso, quello che spesso abbiamo verso il dolore degli altri. Socrate vorrebbe disperatamente salvare Liam ma non può, non avrà mai nessuna arma per farlo e questo è devastante... questa sensazione di impotenza ti si appiccica addosso a strati fino al finale. Porti il lettore verso il finale preparato, perché mi fai comprendere che Liam non vuole essere salvato, non gli interessa più.
Un racconto davvero notevole, brav
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Messaggio Da Danilo Nucci Dom Ago 01, 2021 4:26 pm

Sgombriamo subito il campo dal giudizio sulla qualità della scrittura su cui non vale la pena disquisire. È sicura, esperta, sempre efficace e merita più che un plauso:
Sui contenuti e su come questi sono sviluppati mi sento di dire qualcosa. I temi affrontati sono molto seri e importanti: la solitudine, il rifiuto da parte degli altri, il bullismo subìto, l’assenza dell’amore, nonostante i disperati tentativi spiegati dal protagonista nella seconda parte, che considero la migliore.
Il percorso per arrivare allo sviluppo di questi temi mi lascia invece un po’ perplesso. Che bisogno c’era di seguire questa strada contorta e complicata, attraverso una serie di ragionamenti incomprensibili ai più? Perché insistere su questa teoria delle stringhe? (stringa e stringhe sono ripetute ossessivamente una ventina di volte nel brano). L’effetto su un lettore modesto come me è una chiusura, una barriera, come se l’autore mostrasse autocompiacimento in una serie di nozioni complicate di cui lui è uno dei pochi depositari.
Questo brano è solo un esempio di quello che intendo dire:  
“C’è un metodo per intersecare la stringa della vita con il tavolo, la superficie, che è il mondo, la natura. Se inseriamo un limite alla funzione, anzi un limite di limite, forse troviamo il valore esatto della sopravvivenza. La formula per stabilire un successo certo in un contesto di pericolo, di disordine, qualsiasi cosa.”
Seguendo un percorso più semplice e lineare sono sicuro che mi avresti entusiasmato.
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Messaggio Da Ospite Dom Ago 01, 2021 5:06 pm

La ricompensa migliore per chi ha finito di commentare tutti i racconti e di poterli rileggere con calma.
Mi manca qualcosa di alcolico ghiacciato, mi manca una sigaretta. L'età si porta via tante cose e pure queste.
Danilo ha ragione, le stringhe era meglio lasciarle a casa.
Sei bravo e commovente, non c'è bisogno.
Le cose migliori le ho scritte quando ero più giovane e sprovveduto e quando non pensavo a gare e concorsi.
Per quanto mi riguarda nulla si è mosso, sei nella mia cinquina.


Ultima modifica di Tommybe il Lun Ago 09, 2021 5:48 pm - modificato 1 volta.

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Messaggio Da Asbottino Dom Ago 01, 2021 5:29 pm

Allora, mentirei se dicessi che non mi è piaciuto. Perché mi è piaciuto molto e voglio dirlo subito perché più avanti dirò delle cose che sembreranno in qualche modo contraddire questa affermazione, ma mi preme di rassicurare l'autore dicendo che non è così. Fino a un certo preciso punto, diciamo due terzi del racconto, l'ho trovato affascinante, misterioso, cervellotico come un film di Nolan, ma con tutto il buono che c'è nei film di Nolan in termini di potenza visiva e intensità cinematografica, che qui ovviamente si traduce in un linguaggio narrativo sospeso, insistito (quel Liam ripetuto continuamente), carico di attesa, come l'atmosfera piena di elettricità prima di un temporale.
Poi arriva un punto in cui l'ho adorato, quando dice: "Ritorna all'infanzia, la timidezza, i pochi amici. Rivive in un turbine le botte e gli occhiali spaccati. L'acqua versata sui calzoni per sembrare piscio." Mi sono detto: ecco, qui inizia a piovere, qui la scrittura ritorna sulla terra dopo aver camminato per aria. In queste immagini mi ci vedo. Il racconto sta parlando a me. Quella macchia sui calzoni riesco a vederla. Potrebbero essere i miei. Da lì alla fine il racconto prosegue così, anche se non con la stessa capacità di parlare. Un po' gioca con il vezzo di dover per forza isolare le parole.
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Una cosa che non ho mai capito di un certo modo di scrivere. Come se isolare una parola dovesse per forza di cose darle una potenza e un valore (non emotivo, di sicuro) che mischiata in mezzo alle altre non avrebbe. Secondo me non è così, ma è un parere personale. Trovavo i "Liam" comunque più efficaci.
Insomma in quel punto il racconto mi ha dato davvero una scossa emotiva, ma dopo rientra nelle dinamiche precedenti, la scrittura torna a fare le capriole per aria e il racconto mi parla un po' meno. Cerca più una perfezione formale, un'eleganza tutta sua. E ci riesce.
Ok concludo. Non credo che tu lo possa scrivere meglio, non credo che renderlo più terra-terra gli gioverebbe. Penso sia perfetto così, anche se mi parla per un istante solo. Ma quando lo fa, urla davvero. E quando non lo fa, resta comunque affascinante, leggibile pur parlando di stringhe, carico di tensione.

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Messaggio Da Susanna Lun Ago 02, 2021 6:17 pm

Arriva un momento, nella vita, in cui la mancanza cronica d’affetto diventa assenza stessa di vita. Di stimoli. Diventa desiderio d’oblio.
Questa frase mi ha colpito moltissimo, l’essenza del racconto racchiusa in un pugno di parole.
 
Devo dire che ho attraversato la lettura del racconto come in una serie di fasi: all’inizio ho immaginato nel protagonista una persona passatemi il termine “disturbata/fragile” ma molto intelligente, un genio, sebbene viva rinchiusa in un mondo tutto suo, il cui solo interlocutore è un animale parlate.
Forse davvero un naufrago, uno studioso naufrago che trova modo di non impazzire discutendo di teorie con un amico immaginario.
Quando l’aut* illustra la teoria delle stringhe, mi sono persa (confesso di aver pensato ad una bella invenzione letteraria, perdonami aut*, potrai bacchettarmi più avanti): questo è purtroppo dovuta alla mia ignoranza abissale in termini fisica e non parliamo di fisica quantistica, materie che non sono rientrate nel mio percorso di studi neanche di striscio.
Quindi prima di scrivere il commento ho fatto delle ricerche e a questo punto mi faccio zerbino per come sei riuscit* ad esporre concetti davvero complessi in poche frasi.
Poi però mi sono trovata immersa in un mare di tristezza, anche frustrazione, delusione, amarezza: tante emozioni importanti che il protagonista ci mette ben in fila, decidendo improvvisamente di parlarci di sé.
La parte più sostanziale del racconto, la più emozionale, rimane per me quella in cui parli della solitudine di chi si vede rifiutato perché non rispetta certi canoni di bellezza, prestanza, superficialità, scontrandosi con bullismo, invisibilità, impossibilità di farsi accettare semplicemente nella propria essenza.
Ecco perché quella frase mi ha colpito molto: la solitudine è uno stato d’animo complesso, sia che derivi da un aspetto proprio del carattere di una persona, sia ma forse soprattutto, quando deriva dal sentirsi rifiutati, dall’aver qualcosa che impedisce alle persone di comprenderti a fondo e accettarti come sei.
Nella vita può capitare di vivere un momento “di solitudine” ed uscirne è complicato, vengono messe in campo logiche talmente sottili che la fatica è tanta. Ci sono persone che non riescono ad uscirne, tanto è il peso delle motivazioni sottostanti, che cercare un rifugio come quello di Liam pare essere l’unica soluzione per loro accettabile, quando ogni altra strada è stata percorsa.
Descrivere gli stati d'animo è arduo, siano essi vissuti in prima persona, siano prestati alla narrativa pura e semplice. Direi che, sia pure con qualche aggiustamento, ci sei riuscito discretamente.

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Messaggio Da Akimizu Lun Ago 02, 2021 7:05 pm

Bellissimo. E io sono distrutto, lo giuro.
Qualcuno, in un commento a un altro splendido racconto scriveva di trovare difficoltà nel rendere le emozioni in parole e quindi in scrittura. Quel qualcuno dovrebbe leggere questo racconto, per capire come si fa.
Io l'ho trovato desolante. Perché sì, perché chi mi conosce sa che certe cose le ho vissute. Perché ogni volta mi uccidono e mi fanno ricordare di quando ero chiuso in quel bunker. Liam non ne uscirà più e io muoio un poco con lui, anche se ancora busso, insieme a Socrate, e spero che ci ripensi. Non lo farà, perché lui è ultrarazionale, a me ha salvato la fantasia, la mia quarta stringa, ma lui cerca spiegazioni che non troverà mai.
L'unica cosa, e qui concordo con Asbo, sono alcune forzature nel finale, forzature stilistiche, che se è vero che creano una cifra autoriale è anche vero che raffreddano il lettore. Me è l'unica cosa, e la scrivo perché mi piace in ogni commento provare a essere utile. Smussa questi estremi e troverai un equilibrio perfetto.
Complimenti, a rileggerci!
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Messaggio Da Byron.RN Lun Ago 02, 2021 9:48 pm

Racconto complesso da giudicare.
Sulla scrittura non mi soffermo, le qualità dell'autore sono evidenti.
Il racconto emoziona? Abbastanza.
Totalmente? A me non è successo.
Forse perché non ho vissuto sulla mia pelle tutte quelle esperienze, tutte quelle sensazioni. Il bullismo per fortuna non l'ho mai provato.
E la solitudine? Quella in un certo senso sì, la solitudine che si crea quando i no sovrastano i sì, quella solitudine che nasce quando ti intestardisci a essere te stesso, a non cedere a compromessi, quando non pieghi la schiena al fato, al caso, e continui a credere che il miracolo risiede nella scelta reciproca e non nell'accontentarsi, nel vivere una vita di bugie
Il tuo protagonista concentra la sua attenzione molto(soprattutto?) sull'amore non corrisposto, un tema su quale mi sento abbastanza preparato. Ho pensato molto nel tempo a questa cosa e credo che la risposta sia semplice e al tempo stesso dura da accettare: l'amore non è per tutti. Non so perché, ma è così. Non è un casualità, le cose per alcuni vanno così, c'è un perché ma non è dato saperlo.
La cosa che non capisco è perché hai voluto incanalare il discorso verso la fisica, argomento ostico ai più, me compreso. Sto leggendo un pò di libri di scrittura creativa ultimamente, leggendo questo tuo racconto mi viene automatico dire che il sottotesto e più fruibile del testo. 
Parlare di argomenti di non facile comprensione divide inevitabilmente, c'è chi resta incuriosito e affascinato e chi invece si ritrae, vede un muro nelle parole, si sente come uno che non è stato invitato a una festa.
Io mi trovo in mezzo, ho capito il senso, non tutte le sfumature, ma il succo sì.
E mi chiedo ancora il perché di questa scelta, l'effetto alla fine, anche se involontario, è qualcosa che può apparire troppo studiato, artificioso, non completamente naturale.
Forse la semplicità è davvero la scelta vincente, ma poi a qualcuno sono sicuro non andrà bene neanche quella.
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Messaggio Da caipiroska Lun Ago 02, 2021 10:45 pm

Ho trovato questo racconto davvero molto potente.
Il disagio, la solitudine, la lucida follia: nel testo tutto è mescolato insieme, tutto è così intenso e devastante che il dolore di Liam arriva diretto in faccia a chi legge.
L'ossessiva ricerca di un perchè, il bisogno viscerale di trovare una spiegazione alla sua situazione lo porta a vaneggiare: a me non interessa sapere se ciò che dice possa essere vero o no, mi devasta percepire il suo malessere, mi arriva tutto il disagio di vivere in un mondo che non lo ha mai accettato, mi annienta la sua lucida consapevolezza di essere solo, di essere stanco di essere solo... 
Liam è un personaggio bellissimo e complesso, perchè riesce a trascinare il lettore nel suo mondo, a fargli intravedere la grandezza dell'inferno che ha dentro: impossibile non provare empatia verso di lui, perchè nella sua storia è riportato in grande qualcosa che ognuno ha sperimentato in piccolo: l'inadeguatezza, l'invisibilità, l'incapacità di farsi apprezzare e quindi amare.
La storia di Liam colpisce perchè ha un linguaggio universale.
E poi complimenti per essere riuscito ad architettare questo racconto che parla di un tema veramente difficile da trattare, ma che hai realizzato in modo invidiabile ed efficace .
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Messaggio Da gipoviani Mar Ago 03, 2021 8:52 am

Ti dispiace se mi dissocio dal coro?
Il racconto non mi piaciuto in modo particolare. Mi ha fatto venire in mente una canzone di Bersani:
Troppo cerebrale per capire che si può star bene senza
complicare il pane
ci si spalma sopra un bel giretto di parole vuote ma doppiate.
La tua scrittura è potente, e a me piacerebbe scrivere bene come scrivi te. Ma questo non basta.
Noi raccontiamo storie che dovrebbero far emozionare. E questo racconto non mi emoziona.
Mi pare troppo costruito e poco spontaneo.
E' probabile tuttavia che sia mia la colpa

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Messaggio Da Ospite Mar Ago 03, 2021 10:22 am

Sono fuori di testa, da dieci anni partecipo e da dieci anni soffro, ma mai così.
In questo racconto c'è tanto dolore che nessuno capisce. Per induzione, e perchè sto vivendo un momento particolarissimo, un po' l'ho fatto mio.
Non aggiungo altro. Non ho capito minimamente chi ha scritto questo racconto. Ma darei la mia vita per lui.

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Messaggio Da ImaGiraffe Mer Ago 04, 2021 9:47 am

Ciao Aut*

Parto da te con i miei commenti perché per me hai vinto tutto. Ho riletto il racconto ogni giorno da quando l'ho letto il 29 di luglio. lo rileggo perché ha una potenza che mi annienta e mi lascia in una valle di lacrime. 
Hai scelto un tema scientifico molto alto ma hai saputo mixarlo alla perfezione con il tema ben più intimo della solitudine. 
Il racconto tecnicamente è bilanciato alla perfezione e contiene tutte le spiegazioni necessarie che servono per comprenderlo al meglio rimanendo tutto credibile e reale.
Il tema della solitudine è stato affrontato in un modo cosi efficace che mi ha riportato alla memorie vecchi ricordi. 
Per molto tempo anche io mi sono sentito rinchiuso in una gabbia/sgabuzzino, era l'unico luogo in cui mi sentissi a casa e al sicuro. Io ne sono uscito grazie alla scrittura e il mio Socrate, nel mio caso aveva la forma di una giraffa, è riuscito a liberarmi e la cosa che mi devasta è che Liam alla fine non sia riuscito a uscirne. 
Farti i complimenti è d'obbligo. BRAVISSIM* 
ti ringrazio.
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Messaggio Da Susanna Mer Ago 04, 2021 10:18 am

Descrivere gli stati d'animo è arduo, siano essi vissuti in prima persona, siano prestati alla narrativa pura e semplice. Direi che, sia pure con qualche aggiustamento, ci sei riuscito discretamente.
 
Chiedo scusa all’aut* e ai commentatori: siccome scrivo i miei commenti in un documento word, per ragionarci meglio prima di caricare, mi sono accorta di aver fatto un pasticcio nell’ultima parte, quando è necessario, copiando da un documento, cancellare quella serie di caratteri e scritte strane che si accodano nell’anteprima. Tagliato troppo e non riletto attentamente prima di dare invia. Di nuovo scuse a tutti.
 
Descrivere gli stati d’animo è arduo siano essi vissuti in prima persona, siano prestati alla narrativa pura e semplice. Direi che il racconto è molto potente e arriva dritto come una freccia scoccata con estrema bravura. Sfronderei solamente la parte più “tecnica” non di moltissimo, ma quel che basta per rimanere – come ci sei riuscito peraltro - ma un po’ più discretamente, in quel didattico che sa anche tanto di filosofia. Da rileggere.

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Messaggio Da paluca66 Mer Ago 04, 2021 11:08 pm

Trovo molto difficile commentare questo racconto perché è scritto benissimo da un@ scritt@ che sa maneggiare frasi e parole alla perfezione, perché tratta un argomento difficile come la solitudine, un certo tipo di solitudine che, in un modo o nell'altro,  prima o poi ogni essere umano prova nel corso della vita e lo fa in un modo dolorosamente perfetto, perché hai inserito i paletti così naturalmente te da far scordare a chi legge che ci sono...
Ma, allora, ti chiedo, sinceramente, che bisogno c'era di ingarbugliata e complicare tutto con quelle stringhe, quelle maledette stringhe? Saresti stato senza dubbio ben dentro la mia cinquina,  così invece dovrai combattere strenuamente per entrarci e non sai quanto mi dispiace.

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Messaggio Da digitoergosum Gio Ago 05, 2021 1:28 am

Io non so perché tu abbia voluto farmi piangere prima di andare a dormire. So che ti ho letto con passione, so che poco mi importa di spiegarti perché. So che sei riuscit@ a farmi comprendere facilmente il concetto di "stringa" e nella mia stringa c'è di aver letto questo racconto. Stupendo, perdona se mi fermo qui. Non ho parole. E ora vado a leggere le parole degli altri commentatori. È probabile che, passata l'emozione, tra qualche giorno torni qui a trovarti. È un bel posto "qui" , a trovarti.
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Messaggio Da vivonic Lun Ago 09, 2021 5:34 pm

È un racconto con delle tematiche molto forti e scritto per di più molto bene.
Tuttavia non posso definirla una lettura facile: richiede un complesso patto con il lettore, e a me è servita parecchia concentrazione per arrivare alla fine. Credo sia un po’ il leitmotiv di questo step!
Anche per quanto concerne il discorso “step” ho dovuto prestare parecchia attenzione: il paletto temporale è affidato all’invasione dell’Afghanistan; per il resto, non è che l’ambientazione si possa evincere in altro modo. Comunque, mi sono posto pochi problemi, anche in altri racconti: c'è chi piazza la data lì per non correre pericoli (e poi il racconto potrebbe essere ambientato oggi o ieri), c'è chi usa un accadimento incontrovertibile, e c'è chi (come in questo racconto) non fa un riferimento esplicito alla data ma da ciò che racconta l'ambientazione è incontrovertibile. Cioè, se pochi mesi fa l'Afghanistan è stato invaso, è per forza il 1980. E primo problema risolto.
C’è poi anche il fatto che l’animale parlante, per stessa ammissione dell’Autore, non parla: ma alla fine, io sto leggendo un racconto e l'animale parla eccome. Pazienza se non è la vera realtà: ma perché, nella realtà gli animali parlano?
Quindi diciamo che come paletti del concorso ci siamo in pieno.
Resta una lettura sicuramente difficile. Quando un Autore riesce a trattare questi argomenti e a emozionare il lettore con una scrittura più “facile”, di solito si grida al capolavoro. In questo caso, per me resta un ottimo lavoro, ma bisogna mettere in conto di effettuare uno sforzo in più, e nei concorsi veloci come tutto sommato è DR non sempre tutti sono disposti a compierlo.
Complimenti, per quanto mi riguarda!

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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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