- prima lettura per conoscervi:
«Raccomandata!» Otto campanelli.
Ugo Belli, il postino, attese che anche l’ultimo utente rispondesse prima di entrare nell’androne del condominio Camillo, fresco e profumato di cera per pavimenti.
Gran bel condominio: ben curato, abitanti gentili e cortesi. Beh, quasi tutti. Regalino a Natale.
Con aria carognesca distribuì lentamente ai convocati il resto della posta, pubblicità compresa. Aspettando…
Lei arrivò per ultima: DDT, al secolo Dina Dotti Telli: 75 anni di antipatia, dannosa come il ddt appunto.
«Prima la mia.» esordì acida.
«Perché?» chiese la signora Cleofe
«Perché sono anziana.»
«Vecchia.» Non si sa chi.
«Eh, mi spiace – dice Ugo, falso come Giuda, mostrandogli il palmare – comanda lui.»
Ovviamente la raccomandata di DDT fu l’ultima.
«Ah, se ci fosse ancora mio marito, ci penserebbe lui a metterla a posto!» e DDT girò sui tacchi con aria offesa, stringendo la raccomandata come temesse che potessero rubargliela.
«Marito? Non sapevo che le zitelle avessero un marito!» una voce sottovoce. In effetti di un marito eventualmente defunto non c’era traccia all’anagrafe.
I condòmini erano persone a posto, si facevano gli affari degli altri giusto quel tanto che bastava per non essere indifferenti alle vicissitudini altrui, ma DDT stava mettendo a dura prova la civiltà dei loro rapporti.
«Riunione di condominio! Auguri!» gongolò Ugo.
Appena il gruppetto girò l’angolo da cui si accedeva alle scale, la signora Mara, 45 anni portati prosperosamente, tornò indietro e gli diede un bacio sulle guance, ci scappò pure una carezza al braccio con un seno taglia quarta abbondante: il suo grazie per il dispetto alla Dina.
Ma quanto poco ci vuole per far felice un postino! Quel tocco, quel profumo… in estasi sino a sera!
Le buste cicciottelle recavano la convocazione per la riunione di condominio: evento che causava ansia al rag. Amedeo Corti, amministratore del Camillo.
«Giulia, c’è dell’antiacido in casa?» e la moglie gli allungava una scatoletta di compresse, con su scritto a caratteri maiuscoli “Cond. Camillo”.
Condominio da favola, prima che arrivasse LEI.
Per delicatezza verso alcuni abitanti anziani, prima la riunione di teneva a casa di uno dei condòmini, a turno, e dopo aver civilmente discusso i vari punti, la riunione terminava sempre con una bella bicchierata, tovaglia di lino e torte casalinghe a volontà. Il ragioniere tornava a casa riappacificato con i condomìni in genere e con fette di torta che sarebbero bastate per una settimana di colazioni abbondanti.
Poi era arrivata DDT: per gestire le sue infinite lamentele, controlli e dubbi sulla correttezza delle spese, bazzecole di ogni tipo, la riunione ora aveva cadenza semestrale e si teneva nel garage che il signor Venanzio aveva gentilmente consentito ai vicini di usare come deposito per le biciclette.
«Io a casa degli altri non ci metto piede, neanche da lei, ragioniere. Chissà che malattie mi prenderei. E a casa mia, MAI: ci metterei una settimana, poi, a ripulire dal lerciume che lascereste!» aveva chiarito la donna.
«E non ci pensi ad affittare una sala al ristorante, il deposito di quei rottami di biciclette va più che bene. Metta a verbale.»
Antipatica e pettegola, acida e arcigna, DDT nei suoi giri mattutini al mercato, in farmacia e in chiesa, raccoglieva pettegolezzi e sputava maldicenze e falsità come un cobra col mal di denti.
Quel giorno si presentò dall’Ada, la parrucchiera, senza appuntamento: «Messa in piega e in fretta che ho la riunione di condominio. Oggi mi sentono, ah se mi sentono!» e tirò fuori un libricino dove segnava accuratamente le presunte sgarberie e torti subiti, in ordine di cognome.
«Ma lo sa quante volte il gatto dell’Ebe mi piscia sotto al balcone? – DDT abitava al secondo piano - Sette volte!»
«Ah ah.» noia con shampoo.
«E sa quante volte il Negri va in bagno di notte? Quattro. Prostata. Ma fatti curare, dico io.»
«Ah ah.» risciacquo indifferente.
«E sa che marca di preservativi usa il Lucci?» Bigodini esterrefatti.
«Scusi, ma cosa centra con la riunione di condominio? E poi, lei come fa a saperlo?» Bigodini stretti.
«Pfui, mica ne ho colpa io se non chiudono bene i sacchetti dell’indifferenziata o se usano quelli trasparenti. Comunque, siccome lei campa, a fatica, di pieghe e di pettegolezzi, si tenga la notizia al posto della mancia.» Mai lasciata una mancia.
Quel giorno l’ing. Belletti Carlo rincasò che erano già le sei del pomeriggio: era in piedi dalla notte prima per risolvere problemi di lavoro, ne aveva fin sopra i pochi capelli di abend di programma e capi isterici perché non arrivavano i dati che il Grande Capo si aspettava in quattro e quattr’otto. Ci voleva una doccia, una cosa qualsiasi da mangiare e un letto.
Aprì il garage delle biciclette: vecchio tavolo da ping pong, sedie spaiate, tovaglia natalizia di carta. La riunione. Tra un’ora.
Scoraggiato, si trascinò su per le scale, pensando che avrebbe mangiato una barretta energetica sotto la doccia, mentre l’acqua bollente districava i muscoli delle spalle, e che alla riunione ci sarebbe andato in accappatoio, per risparmiarsi il tempo di cambi e controcambi. Magari senza niente sotto.
Entrò in casa, accese la lampada del corridoio, posò chiavi e cellulare sul tavolino, appese la giacca, salutò gentilmente l’uomo seduto scompostamente sul divanetto e si avviò vero il bagno.
Due passi e tornò indietro:
«Ma… scusi lei chi è? E cosa ci fa in casa mia?»
I morti non danno risposte, semmai lasciano domande, e questo non faceva eccezione.
Un coltello piantato all’altezza del cuore… ingegnere, ma che domande fa?
L’uomo corse sul pianerottolo a chiedere aiuto.
Dieci secondi e la Cleofe, sua dirimpettaia, aveva già sganciato due catenelle, aperto due serrature, sbirciato in casa dell’ingegnere e cominciato ad urlare:
«Ssassino! Sassino! Aiuto che mi mazza anche me! Accor’uomo! Accor donna!»
A ruota arrivarono altre cinque o sei persone: tutti prima a sbirciare il morto e poi a gettare la croce addosso al pover’uomo:
«Assassino! E in questa casa onorata! Si vergogni! Si penta! Vade retro, omicida!» Nessuno che pensasse a chiamare la polizia, un’ambulanza o i carabinieri.
Dal piano superiore arrivò il Colonello: vestaglia di seta con risvolti di velluto, pantaloni di flanella con piega tagliente, scarpe da casa di panno con tanto di stemma ricamato, monocolo e bastone.
Baffi alla Poirot e capelli stracarichi di brillantina Linetti.
Al seguito DDT: occhiali come fondi di bottiglia e una cofanata traballante di capelli cotonati che la costringeva ad una postura innaturalmente rigida, neanche avesse inghiottito un manico di scopa o portasse un cesto di uova in testa.
Ada si era vendicata della frecciata: aveva usato tanta di quella lacca che la donna non avrebbe avuto bisogno del guanciale quella notte.
«Insomma, cosa succede qui? Lei – esordì l’ex militare puntando minacciosamente il bastone verso l’ingegnere – risponda, svelto! E niente fandonie, altrimenti la mando sotto corte marziale!» Eh, l’imprinting!
«Scc… scusate il disturbo, ma ho trovato un morto in casa!» balbettò il Belletti, di solito sicuro si sé.
«E’ suo?»
«Ma non so chi sia! E poi mio? Ma che razza di domanda è?»
«Che fa, chiama i carabinieri? – DDT pure aveva curiosato e sembrava un po’ perplessa - «Guardi, se le cose si mettono male, per lei, perché io… duecento euri e le faccio l’alibi: era con me quando il morto è moruto.» Odiosa e ignorante.
«L’alibi! Ma cosa… e certo, un po’ di acqua calda, un dado e l’alibi è pronto! Ma per favore!»
«Quando ha visto il morto vivo l’ultima volta?» indagò il Colonnello.
«Colonnello, per favore, non infierisca. – L’ingegnere era sempre più convinto di essere andato ad abitare nella filiale dimenticata di un manicomio – Allora: sono uscito di casa ieri sera, alle dieci. Problemi di lavoro, se interessa.»
«Confermo. Ore 22.07.» La Colonnella.
«… e sono rientrato poco fa. Non conosco quest’uomo e non so come sia entrato. Le chiavi le ho sempre avute in tasca.»
«Confermo l’arrivo in cortile alle ore 18.32 mentre sul resto, zero, nada.»
«Pfui! Chissà che orologi scassati avete in casa! E poi vai a sapere che storie avete insieme, voi, di certo vi parate il culo a vicenda, voi. Lo so, io, come vanno le cose qui.» sentenziò DDT, accennando con la mano al condominio e sprecando pronomi personali.
Intanto dal primo piano era arrivato, lento e silenzioso come un gatto, il signor Venanzio.
Piccoletto, magrissimo, sempre vestito di grigio e sempre con un basco in testa.
Teneva le braccia incrociate dietro la schiena, tranquillo e pacifico come stesse facendo una bella passeggiata.
Anche lui diede una sbirciatina al morto poi, guardando in viso prima l’ingegnere poi il Colonello, con una voce calma e dal tono pacato, prese il controllo della situazione.
«Adesso qui ci pensiamo noi, vero Colonello? – prendendolo per un gomito lo spinse in casa dell’ingegnere – Anche lei, Belletti, dentro. E voi, sciò sciò, andatevene in casa e aspettate: acqua in bocca e niente panico. Quando arriva il ragioniere, ditegli che siamo un po’ in ritardo, ma arriviamo. Intanto cominciate pure.»
Appena in casa, Venanzio fece cenno ai due di parlare sottovoce e tirò un calcio ad una caviglia del morto, che si riscosse, guardandosi attorno con aria sorpresa.
«Eh, cosa c’è? Urca, dove sono? Ahhhh, mi hanno pugnalato! Ah, no… no…»
«Ma che pugnalato e pugnalato, deficiente che non sei altro! A casa di DDT dovevi andare, no dal Belletti! Ma che roba, che roba! Vatti – a – fidare – di – un- fratello - stupido!»
Venanzio stava prendendo a scappellotti il finto morto, parlando a voce bassa e rauca.
«Stavo entrandoci, ma lei era ancora in casa e ho fatto appena in tempo a entrare qui. Mentre aspettavo… beh, insomma… un cicchetto e mi sono addormentato!» Anche lui sottovoce, chinato pure per nascondere meglio le parole.
«Un cicchetto! Lui si fa un cicchetto! Ma se con un dito di vino annacquato dormi tre giorni, ti fai un cicchetto!»
«Scusate, non per sapere i fatti vostri – si intromise timidamente l’ingegnere – ma cosa sta succedendo? E come ha fatto lei ad entrare in casa mia?»
«Esperienza e professionalità! – il morto gli mostrò un anello cui erano appesi ferretti apriporta di varie fogge e dimensioni, mimando il gesto di sgraffignare – Come dice mio fratello qui presente, per ogni lavoro l’attrezzo giusto.»
«Concordo. Ma se vi spiegaste un po’ più chiaramente, fareste un favore. Grazie.»
«Ma certo, però dobbiamo sintetizzare, che tra poco arriva il ragioniere. Lei abita qui solo da quindici giorni, ancora non ha conosciuto la signorina Dotti.»
«Già avuto un assaggio: non so come faccia a sentire, ma le da fastidio il rumore di quando strappo il nastro adesivo per aprire gli scatoloni del trasloco.»
«Vede? Da due anni, da quanto è venuta ad abitare nell’appartamento della sorella, anima buonissima, purtroppo deceduta causa caduta dalle scale – il Colonello camminava impettito su e giù per il corridoio – anche se più probabilmente spinta, non so se mi spiego…»
«… è un continuo lamentarsi per ogni piccolezza – continuò Venanzio – dispetti, pettegolezzi. Apre la nostra posta, ruba le riviste, prende a calci il gatto dell’Ebe. Avevamo delle belle piante giù in entrata, ma le davano fastidio e le ha annaffiate con la candeggina.»
«Guardi, guardi qua, nel caso non ci credesse.» Il Colonello prese dalla capace tasca della vestaglia un tablet ultima generazione: foto, piccoli video suffragarono le loro affermazioni.
«E vogliamo parlare delle pulci che fa ai conti del condominio? Il ragioniere, se continua così, lascia l’incarico.»
I condòmini avevano deciso di liberarsi di DDT: non potevano certo farla fuori, erano persone civili e timorate di Dio, ma avevano cercato di “convincerla” ad andarsene.
Complice il fratello di Venanzio, riuscivano ad entrare in casa senza che lei se ne accorgesse: topi morti nella vasca da bagno, un nido di formiche sotto il lavello, contatore della luce che saltava di continuo e poi l’idea geniale di farle trovare un morto in casa. Il tempo dello spavento e della telefonata ai carabinieri e il morto spariva, calandosi dal balcone sul retro, dotato di comodissime griglie di cemento e ben protetto dai folti alberi del giardino.
Procurato allarme una volta, due volte, tre volte e sarebbero arrivati i servizi sociali, lo psichiatra, la casa di cura e quant’altro. Il condominio sarebbe tornato quello di prima.
«Invece niente da fare, neanche un urletto. Men che meno i carabinieri. Come se niente fosse.»
«Mi guardava, mi toccava e poi… un’alzata di spalle e via. Uscivo dalla porta come niente fosse, uno smacco che non le dico.» il fratello stupido era proprio demoralizzato.
«Però ieri abbiamo capito che stava cedendo, eravamo sulla strada giusta, il morto la impressionava.» informò un gongolante Venanzio.
«Magari le ricordava il marito…» avevano ipotizzato i due, quindi non demordere, magari al coscienza avrebbe cominciato a morderle.
«Come l’avete saputo?» L’ingegnere era pronto a qualsiasi risposta.
«Intercettazioni ambientali.» Informò fieramente il Colonnello.
«Colonnello! Non mi dirà…»
«Ingegnere, ma in che mondo vive lei! Comunque, adesso dobbiamo uscire da questa situazione del kaiser. Gli altri non sanno niente, abbiamo fatto tutto noi due.»
Venanzio sorrise, sornione: «Ma lei, Belletti, non ha per caso un cugino, che lavora per il cinema, effetti speciali… che è venuto a trovarla proprio oggi? Gran burlone, anche. Guardi che scherzo le ha preparato!»
«Eh, cosa? – Belletti era interdetto, ma si riprese alla svelta, molto sollevato - «Ma certo, che stupido. Stamattina gli ho dato le chiavi di casa perché ero bloccato in ufficio. Ah, è bravissimo con i trucchi e con gli scherzi… un genio, uno stupido genio, che – chiederà – scusa – a – tutti – non – è – vero – cugino?» Scappellotti liberatori che il fratello stupido si prese senza protestare.
Il ragioniere avrebbe ricordato per sempre quella riunione di condominio e quella sera tentò soltanto di raccontare alla moglie quello che era successo: le risate convulse per il ricordo dell’accaduto lo tennero sveglio tutta la notte. Anche senza la storia del morto, il resto bastava e avanzava.
«Amedeo, tu hai bevuto! Lo sai che poi ridi per delle ore!»
La seduta era iniziata come al solito, ma l’atmosfera era decisamente strana.
Il cugino burlone chiese scusa e furono accettate.
«Ci devo pensare.» ovviamente DDT.
Resoconto spese, smarcato.
«Lamentele?» chiese speranzoso Amedeo.
DDT sfoderò il libricino. Il Colonnello il tablet e il punto “Varie ed eventuali" fu smarcato.
La donna sembrò afflosciarsi, anche la lacca iniziò a mollare la presa e il viso si fece smorto. gli occhi bassi. Sconfitta.
Non era un bello spettacolo. Le mogli presero possesso della scena.
«Si metta a verbale che la qui presente DDT – sì DDT – da oggi in poi, se non sta bene, chiederà aiuto a noi invece di andare a dire in giro che siamo dei menefreghisti.»
«E mi terrà il gatto quando vado da mia figlia, che è allergica al suo pelo, sapete no cosa le è successo?»
«Sappiamo, sappiamo. E quando si sente sola, prenda uncinetto e cotone e passi da me, che le insegno a fare dei bei centrini!»
«Per farsi perdonare sarà necessario che lei presti la sua testa di capelli a mia nipote, che studia da parrucchiera.»
L’ingegnere si allontanò pochi minuti e tornò portando una cuffia per tv: «E se proprio vuole ascoltare le cartomanti alle tre di notte, usi queste. Per favore. O abbassi il volume.»
«Bene, signori, la seduta è chiusa. Ci vediamo tra sei mesi.» Amedeo pensò che era meglio andarsene in fretta, prima che succedesse dell’altro.
«Tra un anno.» corresse Dina, con voce smorzata dall’emozione.
Che dire, stendere il verbale della riunione il giorno dopo fece solo sorridere, e neanche tanto, il ragioniere: aveva toccato con mano quanto possa essere deleteria la solitudine, soprattutto quando una persona crede di essere sola, mentre basterebbe scendere dal piedestallo e chiedere.
Niente parcella.
Di certo la vita al condominio Camillo è molto migliorata, per tutti.
Sentirsi utili è appagante tanto quanto sentirsi parte di una piccola comunità che ti protegge anche da te stesso.
Dina scoprì che il gatto dell’Ebe era un ottimo scaldino per le ginocchia, che un gomitolo di cotone, fai e disfa, dura tanto, che il Colonnello in casa quasi si metteva sull’attenti quando la moglie parlava.
Se ne andò in giro con coi capelli dalle tinte più improbabili, fino a che una permanente troppo permanente rese necessario un taglio drastico e una parrucca temporanea.
Tornarono di moda le bicchierate quindicinali, in giardino o casa di uno o dell’altro condòmino: con tatto Dina venne esonerata dal portare torte (immangiabili): «Di torte ne abbiamo, lei porti uno spumantino, della frutta! E porti lei stessa, che basta.»
L’amministratore? Continua a fare l’amministratore, a girare per condomini, sorprendendosi sempre più spesso di quanto una semplice riunione di condominio possa scatenare i peggiori istinti. Non sempre, ma basta una volta per chiedersi “dove andremo a finire”.
Ultima modifica di Susanna il Mar Mar 09, 2021 10:24 am - modificato 2 volte.