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L'eroe della fine

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Messaggio Da Different Staff Lun Mag 13, 2024 9:41 pm

Te lo dico io, com’è finito il mondo. La prima cosa che devi sapere è che le bombe atomiche c’entrano solo in parte. Cioè, sì, certo, le radiazioni sono dovute a quelle, ma ciò che intendevo dire è che per fare un albero ci vuole un seme, e per fare il seme ci vuole un frutto e bla bla bla.
Alludo alle donne. Sì, le donne. Già immagino la tua faccia. Adesso che i nostri problemi sono le radiazioni, la fame e i tumori, figuriamoci se qualcuno penserà al sessismo, in questo dannato buco in cui siamo costretti a vivere. Le donne c’entrano, forse più delle bombe atomiche. Ma andiamo con ordine.
Per fare un albero, dicevo: ecco, in questa analogia l’albero è la bomba atomica; ma per fare l’albero ci vuole il seme, che è l’idiozia umana. Lo sai che al mondo, al momento del disastro, con l’inquinamento che già ci stava strozzando, c’erano tipo 22.000 bombe atomiche? Riesci a pensare a qualcosa di più demenziale? Una cifra spropositata che rasenta il ridicolo, come grigliare cento manzi con tre ospiti a cena.
Ma le cose bisogna immaginarsele, sempre. È un esercizio utile, sai, quello di entrare nella testa delle persone e capire quali possano essere i link cerebrali e la follia collettiva che portano a determinati fatti. Quando ero bambino, al parco col nonno, avevo litigato con un coetaneo per via di un giocattolo. Il nonno mi aveva spiegato che per capire le ragioni degli altri, anche quando ci sembrano assurde, dobbiamo sempre metterci nei loro panni. Quel giorno mi misi dietro agli occhi di un moccioso mio coetaneo e attraverso i suoi fanali azzurri vidi me stesso comportarmi da imbecille. Fu una folgorazione capire che in quella faccenda lo stronzo ero io.
E così da allora mi calo nel cranio della gente, ma per il caso delle 22.000 bombe atomiche ho dovuto penare. Hai idea del materiale, del tempo, dei costi, del dispendio di risorse che ci vogliono per farne così tante? Devi entrare in molte teste, e per farcela bisogna prendere in esame un piccolo segmento di storia dei principali produttori di bombe atomiche: gli Stati Uniti e la Russia. Gli Stati Uniti sono arrivati a quota 7.700 nel 2011, poi per un po’ di tempo le hanno smantellate, e dal 2033 sono tornati a rifarle. Parlo per approssimazione, sai, mica sono andato a vedere i dati precisi. Quello che voglio dire è che per arrivare a 7.700 bombe atomiche, c’è stato un momento in cui ne avevano circa la metà, e dopo aver constatato il numero hanno comunque deciso di andare avanti con la produzione.
Più o meno a metà di questo percorso di “bombificazione mondiale”, che a questo punto è un’operazione più spirituale che altro, ho immaginato un generale, quindi un tizio in divisa con una cinquantina di medaglie al petto. Come epoca diciamo tra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta, in piena prima guerra fredda. Il generale entra nella stanza ovale:
Signore, abbiamo toccato quota 3800 bombe atomiche.” Te lo immagini, il presidente? Chi c’era, allora, Boris Johnson o Nixon? Non importa, in questa ricostruzione c’è un Presidente intento a fare cose da presidente, con le scartoffie a coprire la scrivania, che parlano della guerra in Vietnam, o roba tipo la crisi dei cereali, spionaggio, dittatori mediorientali. Il Presidente gira intorno alla scrivania per accogliere il suo uomo di fiducia. Vorrebbe abbracciarlo, tanto è felice, ma c’è un’etichetta da rispettare. A una maschia stretta di mano, sottolineata da un ampio sorriso, seguono queste parole di vibrante soddisfazione:
Generale, ma è una cosa straordinaria. Siamo proprio sicuri? Mi pareva fossimo a 3000 solo sei mesi fa.” E il generale, un po’ imbarazzato, gli risponde:
Signore, eravamo a 3000, sì, ufficialmente, ma sa, Ewans se ne era portate un paio a casa e le aveva lasciate in garage per dare una lucidata. Poi ha avuto quel brutto incidente ed è stato in ospedale sei mesi. Per farla breve, ce ne siamo completamente dimenticati.”
Il solito Ewans” commenta il Presidente.
Ma te lo vedi un dialogo così surreale? Seriamente, in che altro modo può essere andata in un percorso che va da 0 a 7.700 bombe atomiche? Quando si fabbricano bombe atomiche con la disinvoltura con cui si piantano ciliegi, ficcandole qua e là in migliaia di nascondigli diversi, deve capitare che qualcuna la si perda. Quindi il generale continua a giustificarsi:
Dickson ne aveva stivate un centinaio in una grotta in Arkansas, e gli è tornato in mente solo quando suo cugino gli ha mostrato le foto delle vacanze sui monti Ozark. Dopo questi due episodi, ho convocato tutti al quartier generale e ho detto: ‘Ragazzi, non scherziamo, sforzatevi di ricordare dove sono tutte le bombe. È roba che costa.’ E allora sono saltate fuori le trentotto che avevamo in Oregon, le dodici nel bunker sotto Baker Beach. E così via. Quindi, glielo confermo, signor Presidente, siamo ufficialmente a 3800.”
A questo punto si verifica un momento cruciale per tutta la storia umana. Il Presidente, meditabondo, corruccia lo sguardo. Ce ne sono abbastanza per radere al suolo il sistema solare, eppure c’è una domanda che non gli dà pace: basteranno?
Che siano sufficienti, generale?” pensa come a voce alta. Il generale si aspettava quella domanda.
Secondo le nostre spie, siamo in pari coi russi. Se permette un consiglio, averne solo 3800 potrebbe passare come un segno di debolezza. Pensi se lo venisse a sapere Fidel Castro.”
A questo punto il presidente sbotta:
Inaccettabile! Generale, raddoppi gli sforzi.”
Sissignore!” Poi il Presidente apre il portafoglio e prende il libretto degli assegni:
A quanto sta il plutonio al giorno d’oggi?”
Circa due milioni di dollari a libbra.”
Misericordia” sospira il Presidente, “dieci anni fa stava a un milione.”
È il mercato, signore.”
Giusto, giusto” conviene il Presidente, che consegna al generale un libretto di assegni in bianco, già firmato. “Scriva lei la cifra, prenda tutto ciò che le serve”. Il generale se ne va raggiante.
Adesso riprendo il filo del discorso. Dicevamo che la bomba atomica è l’albero, e l’idiozia, come dimostra l’esistenza di un numero del genere di bombe atomiche, è il seme. Ma per fare il seme ci vuole il frutto, no? Questo è un passaggio delicato, devi fare attenzione. Le idee stupide vengono soprattutto agli uomini. Non che le donne ne siano esenti, non fraintendermi, ma ciò che chiamo “gesto inconsulto ragionato” – come fabbricare migliaia di bombe atomiche – appartiene più agli uomini che alle donne, e il mondo è stato bene o male sempre in mano agli uomini. L’assenza di quote rosa nel potere decisionale mondiale degli ultimi millenni ha fatto sì che si debbano attribuire agli uomini – eccetto qualche sporadico caso – praticamente tutte le decisioni demenziali e perfino perverse prese finora. Focalizziamoci su questo: da dove nascono tali decisioni?
Mi sono sforzato anche in questo senso di entrare nella testa della gente, e alla fine ho capito che stupidità e malvagità derivano il più delle volte dalla frustrazione. Prendi Hitler, per esempio: voleva diventare un pittore professionista, ma fu rifiutato dall’accademia delle belle arti di Vienna; era impotente e omosessuale represso, nonché psicopatico/paranoide, secondo un profilo psicologico stilato dall’OSS nel 1943. La sua frustrazione funse da combustibile alle idee malsane che devastarono il mondo. Se fosse entrato all’accademia e se avesse potuto vivere serenamente la sua sessualità, tutto il resto non sarebbe successo. In quanto a malvagità, avete idea di quanti potenziali Adolf Hitler ci fossero quotidianamente in giro per le strade prima del disastro? Il mio caso, per certi versi, somiglia al suo. Non fraintendermi, io non ho nulla a che fare con l’antisemitismo e la robaccia nazista. Non ho mai avuto interesse a conquistare il mondo, ma sono campione mondiale di frustrazione.
Mio padre gestiva la Hero Consulting, una delle maggiori società di investimento americane, e per questo ho studiato prima economia a Harvard e poi informatica al MIT; in seguito ho preso un master in informatica alla ESCP di Parigi. Tutto per volontà paterna, sai? Sono diventato un esperto informatico senza provare il minimo interesse per la materia. Ho conseguito una laurea in economia, ma per maneggiare i soldi serve un sesto senso per gli affari che non ho. Io volevo fare il cantante. Fa ridere? Perché, non potevo sognare come tutti? Ad ogni modo, la vita va così: vuoi essere un artista, ma per campare devi prevedere l’andamento di mercato delle arance californiane e smanettare col computer su grafici e sfilze di numeri.
È qui che nella storia entra una donna, verso la fine del mio percorso infinito di studi. Il suo nome era Camille, ed era una ragazza parigina della quale mi innamorai in modo che non credevo possibile. Non ci ho mai saputo fare con le donne, ho sempre avuto una specie di ansia che mi ha reso praticamente impossibile un approccio normale. Eppure c’era la chimica tra noi, ma non scattava la scintilla. Non ero in grado di farla scoccare, ma anche lei ebbe parte di responsabilità in questo, ignorando i miei segnali o non sapendoli gestire. Inoltre, ogni mio assalto amoroso è stato sventato dalla sfortuna. Per esempio, una sera mi esibivo coi Les Paigneés in un club, facevamo cover dei Doors. Camille era pazza per la musica di Morrison, e avrei tentato di strapparle un bacio personificandolo. Sul palco non ero uno svogliato studente di informatica, ero un dio. Quando si suona si suda parecchio, e dopo il concerto, che era stato coinvolgente e adrenalinico, Camille era in visibilio: mi è venuto naturale scendere dal piccolo palco e abbracciarla con trasporto: non hai idea dell’alone di schifoso sudore che le lasciai su tutto il vestito verde e del suo volto deformato dal disgusto. Esiste qualcosa di peggio del suscitare schifo in chi ami? Pareva una sindone ambulante. Dovette andare a pulirsi e si inventò una scusa per andarsene a casa. Un’altra volta andammo con alcuni amici sulla cima della torre Eiffel, e c’era un vento che avrebbe ribaltato un transatlantico. Eravamo rimasti su uno dei piani intermedi, da soli. Lì, con Parigi dietro, avrei provato a fare qualcosa, ma lei mi diede un attimo la sciarpa perché si voleva infilare il cappuccio. Insomma, è arrivata una folata di vento che me l’ha strappata di mano ed è andata persa. Quella sciarpa del cazzo era ovviamente l’ultimo ricordo di sua nonna, e ci ha pianto sopra per tutta la sera.
Di episodi del genere te ne posso raccontare molti, e hanno fatto di me lo zimbello della facoltà. Ti diverte, tutto questo, vero? Ma non mi lasciai scoraggiare. Una settimana prima che me ne tornassi in America, provai un’ultima sortita. Un professore ci aveva invitati per una festina di fine anno a casa sua, una splendida villa in Montparnasse. Il terrazzo enorme di quella casa faraonica si affacciava su uno scorcio da sogno della città, e al tramonto la luce dorata ammantava tutto di poesia. Mi ero portato un fiore, un semplice fiore, perché avevo deciso di puntare sulla semplicità. Io, Camille, un fiore, alcune parole. Prendere o lasciare: ho perso la testa per te; verrai in America con me? Gestiremo la Hero Consulting insieme, saremo felici. Se lo vorrai, resterò a Parigi. Il mio cuore ti appartiene, fanne ciò che ti pare.
Raccolsi tutto il coraggio e la chiamai sul terrazzo. Non puoi capire quanto era bella con quella luce: lei era l’ultimo raggio di sole che si riuniva agli altri del sole calante. Non puoi capire quanto mi sentivo innamorato. Si avvicinò con un sorriso del tutto inatteso, la sua espressione sembrava dire: “Finalmente!”. Ma mi dribblò con la disinvoltura di un brioso trequartista contro un difensore lento e pesante. Abbracciò una specie di Apollo dietro di me, sbucato da chissà dove, e il tramonto funse da cornice infuocata alla poesia del loro bacio. La mia barzelletta sentimentale si chiuse così. Salutai tutti e me ne andai dalla festa e dalla Francia col cuore devastato.

In seguito mio padre mi coinvolse nella sua attività, mi affidò importanti incarichi alla HC che non meritavo e non mi interessavano. Mi sentivo spolpato, e la cosa pareva non interessare nessuno. Vedi, se non fai le cose con amore e passione, allora non le devi fare. Puoi essere preparato quanto ti pare, ma se non te ne frega niente non riuscirai mai a ottenere risultati. Visto che avevo studiato anni e che gli sembravo pronto, mi affidò milioni di dollari di piccoli risparmiatori. Ci ho messo poco a bruciarli tutti, complice la grave crisi economica del 2056. Mio padre, deluso mortalmente, mi confinò in un angolo della sua esistenza, e usò le sue conoscenze per trovarmi un impiego governativo. Una cosa per idioti totali, al ministero della difesa. Fui segregato in un piccolo ufficio tutto il giorno a sorvegliare monitor, e in caso di attacco nucleare avrei dovuto avvisare subito le autorità. Dopo la terza guerra mondiale era risalita la paranoia atomica, così gli Stati Uniti erano finalmente arrivati a 10.000 bombe, i russi a 9500. Comprese quelle di altri paesi, come detto, si era a un totale di circa 22.000, che tenevano ogni singolo stato in uno stallo alla messicana atomico, in perenne tensione. E io ero lì, a sguazzare in una cloaca esistenziale, un pozzo di frustrazione, col cuore spappolato e sulla coscienza milioni di dollari di brava gente gettati alle fiamme. Fallito in tutto, non pensai nemmeno più alla musica. Non mi restava altro che il piattume di un’esistenza solitaria e monotona.
Infine arrivò la proverbiale goccia che fece traboccare il vaso. Una busta elegante color crema. Camille mi invitava al suo matrimonio, Luis si era deciso a chiederle la mano. “Riesci a crederci?” scriveva. Lei, che mi aveva piantato il pugno nel petto per strapparmi il cuore, nell’invito sperava di trovarmi bene. Sono entrato nella testa di Camille e ci ho trovato il vuoto: ho realizzato che manco sapeva del mio dolore, manco se ne era accorta. Viveva serena a Parigi una vita ricca di soddisfazioni professionali, e sperava tanto di rivedermi al suo matrimonio.
Mi manca la tua amicizia” scriveva. “Ci saranno tutti. E se ti andasse, mi piacerebbe che cantassi un paio di pezzi dei Doors con la band che abbiamo scelto per la serata. Come ai vecchi tempi”.
Gettai la lettera nel cestino, e in quel momento di forte nausea capii che il mondo doveva finire, per un sacco di motivi diversi: perché gli umani non erano in grado di vivere in pace, perché c’erano intere squadre di persone pagate per fabbricare, conservare e monitorare 22.000 bombe atomiche; perché, nonostante le innovazioni tecnologiche per assorbire Co2, l’inquinamento avrebbe reso inabitabile il pianeta in breve. Gli esperti erano tutti concordi, eppure le persone continuavano a vivere nello stesso modo, come se niente fosse, guardando un mondo inesistente attraverso dei visori. Manco ce ne eravamo accorti, che eravamo alla frutta. Eravamo tutti come Camille: inconsapevoli e indifferenti al disastro. Lei fu cruciale per svuotarmi, per disattivare ogni tratto umano in me. Te lo dicevo, che c’entravano le donne.
Il mondo doveva finire perché io ero in condizione di farlo senza alcun rimorso. Era come se la mia intera vita fosse stata progettata per questo. Serviva un eroe fallito, di una specie fallita, in un pianeta che aveva un gran bisogno di prendersi una pausa dagli esseri umani. Meritava di proseguire una specie fautrice di 20.000 bombe atomiche? Meritava di vivere chi avvelenava scientemente il proprio habitat? Ma ce lo vedi un passero del cazzo che si mette a stivare flaconi di veleno nel suo nido del cazzo?

Andai al lavoro un lunedì come tanti. Mi sembrava giusto che il mondo finisse di lunedì. Mi era bastato un fine settimana per pianificare una escalation nucleare globale e non sarebbe stato nemmeno tanto difficile attuarla con le mie conoscenze informatiche, col ruolo che ormai ricoprivo, l’indifferenza nei miei confronti e l’intelligenza artificiale. Mi bastò simulare e autenticare credibili lanci missilistici per far partire un panico generalizzato, e la velocità supersonica dei moderni razzi non lasciò ai capoccioni il tempo di pensare. L’America rispose alle mie simulazioni, e in un soffio sparirono Pechino e Mosca. Gli avversari dell’America risposero al fuoco e in qualche ora nel mondo andarono a segno circa cento bombe atomiche, perché fu impossibile intercettarle tutte.
Da quanto ne so, pochi superstiti sopravvivono in bunker come questo, e finalmente la totalità della crosta terrestre è inabitabile. Non abbiamo molto cibo e acqua, ma non m’importa molto. Sto per uscire all’esterno. Credo che Camille dovrà rimandare il suo matrimonio di circa un’era geologica.
Lascio questo appunto in questo bunker, ai posteri, o agli alieni, o chiunque troverà i resti carbonizzati della nostra inciviltà, affinché possano dare un nome all’apocalisse.

Sono stato io. Mi chiamo William Floyd, e sono un eroe. Se mi fosse stato concesso anche solo un briciolo di felicità, tutto questo non sarebbe successo. Avete idea di quanti potenziali Hitler ci fossero in giro? Ma per fare un albero ci vuole il seme, e per fare il seme ci vuole il frutto. Credo che la fine dell’uomo sia stata frutto di sinergie demenziali, delle quali io sono stato un semplice esecutore. Per una esecuzione come si deve servono il processo, il condannato e il patibolo: io non ho fatto niente di tutto questo. Sono il boia, ho solo abbassato la leva. In un mondo così interconnesso, bastava la persona giusta al posto giusto. Non ringraziatemi, ho solo fatto quello che andava fatto. Se proverete a calarvi nei miei panni, capirete che ho ragione io. Ora siete liberi.
Mi chiamo William Floyd, e mi consegno alle radiazioni perché mi è stato tolto tutto e a mia volta ho tolto tutto agli altri. Non provo davvero niente. Niente di niente. Per tutta la vita ne miei confronti sono stati indelicati, perfidi, spietati e indifferenti. Mi hanno detto che ero uno zimbello, un fallito, un disadattato, un frustrato.
Ora non lo dicono più.
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Messaggio Da Arunachala Mer Mag 15, 2024 9:44 am

peccato, era partito bene ma alla fine mi ha deluso.
troppi resoconti delle varie situazioni e tanti esempi amorosi mancati hanno fatto perdere grinta alla storia. a mio parere, ovviamente.
certo, l'idea di distruggere il mondo per una sorta di ripicca verso ciò che la vita ha dato al protagonista, non è originalissima, però si poteva stringere un po' tutto e sarebbe stato molto più scorrevole.

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Messaggio Da Giammy Gio Mag 16, 2024 1:50 pm

"L'eroe della fine" è scritto bene e scorre, anche perché alla base c'è un filo preciso e delle intuizioni che definisco geniali.
Tuttavia a un inizio interessantissimo è seguito uno sviluppo dispersivo, che mi ha lasciato un senso di insoddisfazione. Ad esempio, il discorso testate nucleari è perfetto, però è cavalcato per troppo tempo. 
La tesi dell'uomo incompreso e mediocre, è comune a un altro racconto da me letto. Ma visti i ragionamenti perfetti che sono stati sviscerati dal protagonista, mi chiedo perché alla fine non si è messo nei panni di chi non voleva perire in un disastro nucleare o di chi ha deciso di costruire altre armi devastanti solo per alimentare il principio della deterrenza. Il mio è un ragionare a ruota libera, mi sarebbe piaciuto parlarne con William Floyd. 
Comunque l'autore ha dimostrato di padroneggiare la scrittura e di avere tutti i numeri per scrivere ottime storie. E se lo sviluppo della trama del suo racconto lo ha soddisfatto direi che ha fatto solo bene a inoltrarlo. Grazie per il tuo contributo.
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Messaggio Da Akimizu Gio Mag 16, 2024 9:33 pm

Sarò sincero, sono dispiaciuto che una così bella scrittura, a tratti preziosa, sia stata un po' sacrificata con una trama che non mi ha conquistato. Ho fatto fatica a provare empatia per il protagonista e a volte anche a seguirlo nei suoi ragionamenti astrusi. Qualche spunto brillante c'è, ma anche purtroppo qualche banalità, come il riferimento a Hitler. Da applausi invece l'ironia, che non risulta mai esagerata o forzata ed è davvero ben amalgamata nel testo. Insomma, tante luci e qualche ombra. A rileggerci!
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Messaggio Da Petunia Sab Mag 18, 2024 6:25 am

Un flusso davvero gustoso e un pezzo di bravura “da paura” . 
Il fiume di parole (mai scelte a caso) l’ironia che emerge qua e là, il ritmo forsennato e l’idea del tutto fuori da schemi preordinati mi hanno “tramortita”. Mi è venuto in mente un film che amo di Kubrick, “Il dottor Stranamore - ovvero come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba”, mi è sembrato di assistere a una seduta psichiatrica dal buco della serratura. Insomma mi sono divertita un bel po’. Complimenti!
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Messaggio Da AurelianoLaLeggera Sab Mag 18, 2024 12:28 pm

L'idea che una persona mediocre possa distruggere la Terra non mi convince. 
Mi spiego: sei un inetto, hai sperperato denaro, hai evidenti problemi caratteriali, quindi ti metto a lavorare in un ufficio inutile. Solo che da questo ufficio, volendo, si può distruggere la Terra.

Il flusso di parole probabilmente è voluto ma l'ho trovato davvero troppo lungo. Si ripetono spesso gli stessi concetti ed ho faticato molto per arrivare alla fine.

Nulla da dire sulla qualità della scrittura. Probabilmente la tesi su cui poggia questo racconto mi ha influenzato negativamente.

Mi dispiace
Grazie
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Messaggio Da Flash Gordon Lun Mag 20, 2024 10:49 am

E qua credo che un cameo al film "Una poltrona per due" vada dato visto che al nostro autore piace molto e ha voluto rendergli un piccolo omaggio. Bella e di spessore la capacità di scrittura, senza alcun dubbio di sorta.
Narrazione onnisciente del narratore anche in questo racconto e questo era quasi scontato per tutti i racconti.
Accumulate bombe o voi che potete e visto che potete mettetele pure nel bagno di Mr. Ford president o di un fantomatico Harrison Ford che va a caccia di misteriosi reperti per il museo...
Dove saranno ste bombe? E per non saperlo gli uomini giocarono a bombe come un tempo si faceva con le figurine Panini.
Ma i reperti nucleari fanno simbiosi con ciò che rimane dopo il loro scoppio.
La fusione nucleare pare che sia la fusione dei neuroni a partire dalla corteccia cerebrale per poi passare, attraverso le sinapsi, a tutte le altre cellule neuroniche, circa 87 miliardi e ce ne vuole di follia per farle fuori tutte. L'argomento incentrato è ampiamente ragion di scrittura da molto tempo e non basta rifugiarsi nella Baia dei Porci per fare una figura da porci. Avete delle domande da porci?
Certo per gli uomini sempre.
Caro scrittore il tuo narratore ama un po' anche il Verdonismo e italico e possibile che per colpa di una schitarrata sudata l'abito se smanducato e la donna è fuggita.
Una sudata chimica scatena la rabbia chimica che scatena la guerra atomica. Io avrei scatenato quella chimica, ma vuoi mettere un bel Big Bang causato dal chili di plutonio?
Non è la donna a causare la fine ma solo eventi imbranati che sconvolgono la vita d'un erede finanziere e Luis se la porta via ma io me vendico, me sudo il sistema informatico, simulo e tanti saluti a tutti?
Mo so ungry birds e quelli oltre a volare bombificano pure.
La fantasia non ha limiti, io non ce lo vedo il mondo allo sbaranco per una negazione d'amore, altrimenti presumo che chi lo fa non sia umanamente capace di provare amore. Ma l'autore ha i suoi moti e i moti scaturiscono in una bella scrittura complessiva anche se non nelle mie corde.

______________________________________________________
Io sono quell'effimero scorcio d'arancio e di giallo che al tramonto appare per un istante e s'allunga in cielo, prima che la terra volti la faccia e il sole si ritrovi dall'altra parte del mondo.
Io sono sempre dall'altra parte del mondo quando gli altri mi leggono, per questo non esisterà mai un mio scritto.
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Messaggio Da Albemasia Lun Mag 20, 2024 3:41 pm

Nel leggere il racconto mi sono divertita.
Complici la bella scrittura e la fantasia dell'autore/autrice e anche l'ironia che permea un po' tutto il testo.
Forse avrebbe bisogno di essere un po' "asciugato", ma devo riconoscere che sono comunque arrivata fino in fondo senza perdere l'attenzione.
Mi resta il dubbio, a livello di trama, di come sia possibile che un inetto, un ereditiere per giunta frustrato possa essere stato collocato e dimenticato in un posto così "sensibile" per l'umanità come "La" stanza dei bottoni. Per il resto nulla da dire.
Lettura piacevole.
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Messaggio Da Resdei Lun Mag 20, 2024 4:20 pm

Ciao Autore.
Scusa, ma eroe per chi? Neppure per se stesso. 
Mi verrebbe da dividere il racconto in tre parti: difficile, almeno per me, seguire la prima, con numeri, cifre, e resoconti. 
Interessante e di piacevole lettura la parte centrale, l’amore mai dichiarato a Camille, la gelosia, la delusione che sfocia nel desiderio psicopatico di distruggere l’umanità. Inverosimile il fatto che poi ci riesca. 
La terza ripercorre la prima parte, chiudendo il cerchio. 
Quindi luci e ombre. Secondo me, snellendo alcune parti, grazie all’ottima scrittura, potrebbe venire fuori un bel lavoro.
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Messaggio Da Claudio Bezzi Lun Mag 20, 2024 7:19 pm

Scrittura (sotto il profilo formale: correttezza ortografica e sintattica, punteggiatura sintatticamente corretta…): Buona; uniche segnalazioni: 
  • Les Paigneés; forse intendevi Les Poigneés, con la ‘o’ (maniglie, visto che suonano i pezzi dei Doors - porte)?
  • “prende il libretto degli assegni:” Non i due punti finali ma punto.

Trama (originalità, ritmo, logica degli eventi, spessore personaggi, finale…): Uno dei tre racconti di questo step con un pazzo che vuole distruggere il mondo:
  • Viaggio nell’oscurità;
  • L’eroe della fine;
  • Canzonette.

Questi tre racconti hanno molte similitudini quindi, se le diverse Penne hanno voglia, possono fare una lettura incrociata dei miei commenti perché, dal mio punto di vista, così come sono non possono funzionare. 
Il protagonista è uno psicopatico che si lamenta per presunti torti inesistenti (salvo, in questo racconto, una delusione d’amore). L’idea dello psicopatico che fa cose orribili è alla base di una vasta letteratura e filmografia, e richiede una sospensione di credulità, come per i film sui viaggi nel tempo, per capirsi. Però deve esistere una cornice giustificativa plausibile sotto il profilo narrativo. Se sei un ricco rampollo plurilaureato di un facoltoso imprenditore, o mi spieghi da qualche parte che orribili abusi hai subito da piccolo, oppure (narrativamente più interessante) avvolgi il personaggio, la sua descrizione, i suoi comportamenti, di indizi della sua psicosi, portando il lettore verso il climax rappresentato dal gesto folle finale. In questo caso l’unica giustificazione di tutto sarebbe un amore non corrisposto. Onestamente non mi soddisfa per niente. Ma diciamo che accettiamo questa indispensabile premessa: lui è un folle che per futili motivi vuole distruggere il mondo. Le modalità attuate sono del tutto prive di credibilità: abbiamo un fallito “segregato in un piccolo ufficio per idioti totali, tutto il giorno a sorvegliare monitor, e in caso di attacco nucleare avrei dovuto avvisare subito le autorità”. Non è possibile neppure per un nanosecondo credere che costui, solo soletto, “con le sue conoscenze informatiche” e “col ruolo che ormai ricoprivo” (ma come? Non era stato relegato in un ufficio insignificante per non fare danni?) abbia fatto ciò che è narrato; i protocolli e le catene di comando in caso di attacco atomico non sono così banali e ingenui, non sono alla portata di un informatico “in un ufficio governativo” eccetera. Tutto questo rende il racconto inaccettabile narrativamente, e quindi faticoso da leggere fino alla fine.
Note: 
  • Boris Johnson (ex premier inglese 2019-2022) come presidente USA? Probabilmente intendevi Lyndon Johnson, 36° presidente dal ’63 al ’69.
  • ““Che siano sufficienti, generale?” pensa come a voce alta”; non ‘pensa come…’, lo dice proprio al suo generale.

Qualità narrativa (scelte lessicali, punteggiatura funzionale, prosodia, poeticità, dialoghi, “morale”…): Abbastanza insopportabile la prima parte, con la scenetta del Presidente Usa che stacca l’assegno per le bombe, le testate perse qua e là e tutto il resto; come ironia è venuta male e manca nella regola fondamentale: brevità. Anche lo spiegone sulla numerosità delle atomiche e l’ambaradan morale è brutto, da un punto di vista narrativo. Il resto, pur nell’appropriatezza lessicale, galleggia nella più totale implausibilità narrativa.


Ultima modifica di Claudio Bezzi il Mar Mag 21, 2024 8:30 am - modificato 1 volta.

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Messaggio Da Molli Redigano Lun Mag 20, 2024 11:02 pm

Hai fatto bene, caro William Floyd!

Dal testo, scritto molto bene secondo me (la scelta del lessico è da manuale, mai una parola a caso), si evince non soltanto la frustrazione del protagonista, ma anche la sua pazzia. Un'instabilità mentale progressiva. Lo dice lui stesso: pensate se Hitler fosse entrato all'Accademia e avesse potuto vivere liberamente la sua sessualità. Perfettamente verosimile. E per William è stato lo stesso, anche se per motivazioni differenti, dopo la delusione amorosa con Camille. Insomma, se il seme è marcio c'è poco da fare, ma a volte può anche essere indotto a marcire. E la goccia che ha fatto traboccare il vaso, non sono stati i miliardi persi e il disprezzo del padre, quanto l'invito di Camille al suo matrimonio.

Ho sicuramente letto un bello sfogo. Buone radiazioni, William.

Grazie

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Messaggio Da vivonic Mar Mag 21, 2024 8:16 am

Claudio Bezzi ha scritto:Uno dei tre racconti di questo step con un pazzo che vuole distruggere il mondo; nessuno dei tre mi è piaciuto per due ragioni precise: la presentazione della follia (sua giustificazione e contestualizzazione, spessore psicologico del protagonista…) e le modalità di distruzione del mondo, sono talmente implausibili da rendere inaccettabili i testi. Non basta scrivere correttamente sotto il profilo grammaticale (chi più e chi meno, fra i tre che sto considerando), ma bisogna consentire al lettore di immedesimarsi, empatire, calarsi nel mondo immaginato dagli Autori/trici. In maniera assai simile, i tre racconti di cui parlo mi hanno provocato invece estraneità, fatica nella lettura, noia. Spiacentissimo, ma non ho trovato quello che cerco nella lettura di un racconto.
INTERVENTO DI MODERAZIONE


Non era mai successo prima di doverlo specificare ma, per quanto le considerazioni possano essere simili, ogni racconto è di un Autore che ha impiegato tempo ed energie per scrivere il racconto e ne impiegherà altrettanti per commentare i racconti degli altri. In nessun caso, quindi, possiamo accettare dei commenti copiati e incollati.
@Claudio Bezzi ti invitiamo quindi a modificare coerentemente con lo spirito del contest questo e gli altri due commenti che hai copiato e incollato, nel rispetto degli Autori e di tutti i partecipanti del contest.
Grazie della collaborazione.

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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Messaggio Da ceo Mer Mag 22, 2024 8:20 am

La storia di un eroe al contrario, eroe solo nella sua testa. C'è una strana commistione di umorismo e tragedia che contribuiscono a delineare quello che di fatto è il delirio di un pazzoide. La narrazione parte da un contesto quasi comico e scende gradualmente le scale degli inferi, fino al dramma finale. Un uomo nauseato da tutto che decide di portarsi nella tomba il resto dell'umanità per vicende personali è un topos un po' trito; ma sebbene sia esagerato nella trama (può davvero un solo uomo al posto giusto distruggere tutto?), credo che la trama sia secondaria al personaggio. Il vero protagonista della storia è, più che il signor Floyd, la stupidità degli esseri umani, sulla quale il faro è costantemente puntato anche quando si parla di altro. Si può definire questo racconto un esperimento di genere, che lascia il lettore sicuramente interdetto. Nella sua stranezza l'ho comunque apprezzato.

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Messaggio Da tommybe Mer Mag 22, 2024 8:59 am

In effetti sembra davvero un esperimento lo stile di questo racconto, volevo dire" il genere", ma la realtà credo stia nel fatto di appartenere a uno degli ultimi arrivati. Quindi non è nuovo lo stile, è nuovo lo scrittore e senza fare stupide strategie, che non mi appartengono, posso ben confessare che il racconto l'ho divorato con grande piacere. Un abbraccio.
Due parole sulla tiritera di ' Ci vuole un fiore'. 
Sergio Endrigo è stato per un non lungo periodo, purtroppo, uno dei più grandi autori e interpreti.
La sua 'Canzone per te' ha accompagnato ogni festa della mia adolescenza e ad ogni festa mi sono innamorato di una compagna di classe diversa, ne avevo ben venticinque, tutte adorabili e tristi come quella canzone.
Scusate la divagazione.


Ultima modifica di tommybe il Mer Mag 22, 2024 9:23 am - modificato 1 volta.
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Messaggio Da mirella Mer Mag 22, 2024 9:21 am

All’inizio mi aveva disorientato: mi sembrava tutto assurdo.
A volte la prima impressione di lettura è condizionata dallo stato d’animo del lettore o dalla stanchezza  di leggere di seguito tanti racconti. Ogni testo è una piccola parte di un universo letterario diverso e chi legge fatica a passare dall’uno all’altro.
Rileggendo,  mi sono ricreduta  e non solo.
Una volta colto il sottile umorismo che pervade tutto il racconto, ne ho apprezzato la qualità di scrittura, lo stile personalissimo, il ritmo  scoppiettante.
La vivacità di situazioni e battute mi ha divertita moltissimo.

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Messaggio Da Achillu Ven Mag 24, 2024 9:33 pm

Ciao, Penna.

Sì, ci sta tutto, però secondo me qualcosa andrebbe asciugata. Tutto divertente, però l'impressione che mi è rimasta è quella di leggere sempre gli stessi concetti. Il che può significare semplicemente che il narratore è in burn-out e quindi per condizione psicologica è portato a ripetere i concetti.
Tra i tanti rivoli in cui è sviluppato il racconto, quello che ho preferito è quello che riguarda Camille, una storia d'amore in cui il narratore non si è mai dichiarato e di cui Camille (giustamente) non era per niente consapevole. Psicologicamente è quello che mi risulta più verosimile, bisognerebbe chiedere a qualche professionista per scoprire se è vero.
La conclusione è più asciutta rispetto al resto, il narratore esce dal burn-out e finalmente trova una soluzione. Ovviamente mi riferisco a una soluzione dal punto di vista narrativo.

Grazie e alla prossima.

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Messaggio Da M. Mark o'Knee Sab Mag 25, 2024 12:07 am

Un altro racconto in cui un asociale / psicopatico / frustrato pensa bene di fare il Sansone e far fuori tutti i filistei. In questo caso ricorrendo addirittura all'arsenale nucleare delle varie potenze mondiali.
Il testo, almeno, è scritto bene e non presenta particolari imprecisioni.
I problemi sono altri.
In primo luogo, l'ho sentito dispersivo e ripetitivo. In tutta la sua lunghezza (un po' eccessiva) ci sono non più di due o tre concetti che vanno e tornano in una sorta di loop (il numero spropositato delle testate nucleari; le cause delle "idee malsane" di Hitler; l'indifferenza umana nei confronti dello stato del pianeta). Il tutto avvolto in una serie di disavventure amorose che rasentano l'assurdo e non stimolano certo sentimenti di simpatia verso il protagonista. Se davvero bastassero una macchia di sudore o la perdita di una sciarpa a scatenare l'Apocalisse, mi meraviglio che siamo ancora qui, tutti interi.
La narrazione risulta logorroica e anche le buone punte di ironia che compaiono qua e là si stemperano, disperse in un muro di parole piuttosto difficile da scalare.
C'è poi la scarsa verosimiglianza di certe situazioni, prima fra tutte la reale possibilità che il povero Floyd riesca effettivamente a dare il via alla distruzione (quasi) totale. Genio informatico quanto vuoi, ma che un tizio sbattuto in un ufficetto periferico, a fare un lavoro che è "Una cosa per idioti totali", abbia la responsabilità di monitorare eventuali attacchi ("in caso di attacco nucleare avrei dovuto avvisare subito le autorità"), be', non mi pare molto credibile.
Aggiungo un'annotazione sul nome del gruppo musicale. Les Paigneés, che penso stia per "maniglie" (dato che suonano cover dei Doors [porte]), è doppiamente errato perché si scrive con la o e l'accento va sulla prima e: les poignées.
E infine, riguardo al presidente americano, forse ti riferivi a Lyndon Johnson. Boris Johnson è stato un primo ministro inglese.
Grazie
M.

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Messaggio Da Byron.RN Sab Mag 25, 2024 9:15 pm

Tanto per cominciare dico che il racconto mi è piaciuto.
Anche se lungo l'ho letto con piacere e interesse, senza subire alcuna pesantezza.
Poi mi ha fatto fare una riflessione.
In tre racconti si parla di una persona qualunque che per insoddisfazione personale si ritrova a provocare la fine del mondo(anzi, in realtà sono due, perché uno viene fermato). Il punto è che se tre autori hanno pensato a questa cosa, l'evento, se non dal punto di vista pratico, almeno nelle intenzioni può avere una sua plausibilità. Parliamo di fiction, ipotesi, ma tre persone su ventiquattro hanno preso in considerazione lo stesso scenario, seppur con sfumature diverse.
È comune quindi pensare che di fronte a un'ingiustizia, una delusione, magari l'ennesima, si possa reagire con pensieri di distruzione?
Non dico che i protagonisti di cui scriviamo siano una nostra proiezione realistica, però può essere che a livello inconscio si senta il bisogno di annientare in modo definitivo ciò che non ci va bene della nostra realtà. 
Si tratta di una semplice speculazione mentale, un'apoteosi narcisistica che dura il tempo di un'incazzatura, ma la cosa mi ha dato da pensare. 
Confesso che qualche volta è capitato anche a me di perdermi in questi pensieri a seguito di episodi non proprio simpatici e la domanda me la sono posta: se mi trovassi di fronte a una situazione del genere, se mi trovassi nella possibilità di spingere o no il fantomatico bottone rosso che cosa farei? Sarebbe così poco credibile, giocando a mischiare realtà e finzione letteraria, che io mi ritrovassi a spingere davvero quel bottone?
Il dubbio che ho io è che nella realtà, in quella situazione, sarebbero tante le persone comuni a spingerlo il bottone, perché nel mondo c'è tanta infelicità.
Come dice William Floyd?
 Se mi fosse stato concesso anche solo un briciolo di felicità, tutto questo non sarebbe successo. 
Penso che dietro questo racconto ci sia qualcosa di interessante su cui discutere.
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Messaggio Da Susanna Sab Mag 25, 2024 10:48 pm

In questo step ci sono situazioni che si ripetono, in questo caso una persona talmente presa da sé stessa da credere di poter disporre della vita dell’intero pianeta, decretandone la fine. Beh, lo dice il protagonista, di gente non proprio a posto ce n’è sempre stata e, pur non annoverandosi in questa categoria, alla fine deve ammettere che un posticino tutto per lui c’è.
Il titolo – L’eroe della fine è emblematico di come si sente il protagonista. Cavoli, in un niente ha risolto i problemi del mondo, vuoi non considerarlo un eroe? Tanto eroe che però preferisce togliere il disturbo, ancora una volta elencando i suoi motivi di frustrazione.
Un racconto che ho letto senza interruzioni, forse la prima parte un po’ l’avrei asciugata anche se in qualche punto è stata anche “divertente”, perché alla fine la parte preponderante la fanno le frustrazioni del protagonista, le sue vicissitudini, le sue disillusioni. Ci sono un paio di cose che mi hanno lasciata perplessa, ovviamente rispettando le scelte della Penna. William non si ribella alle decisioni del padre, che lo obbliga a un certo percorso di studi (con quelle scuole non deve essere per niente stupido, però non trova modo di ribellarsi); e come si può – anche con le debite raccomandazioni – mettere uno che di danni colossali ne ha fatti, nella stanza dei bottoni con incarichi da far tremare i polsi a chi ne avrebbe le competenze, ma che è per lui fonte di ulteriore frustazione? Insomma questi per me sono punti debolucci, ma in un racconto a volte bisogna osare per poter creare personaggi e situazioni.
Nulla da eccepire sulla scrittura: lineare, senza sbavature, anche se un po’ di taglia e non incollare forse ci sta per rendere più fluido il racconto.

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Messaggio Da ImaGiraffe Mar Mag 28, 2024 9:06 am

Questo racconto è una valanga. È densissimo di contenuti e alla fine mi sono sentito sopraffatto e senza fiato, ma non in quel modo adrenalinico che mi piace. C'è un fiume di parole che sovrasta ogni cosa. Come ho già visto in altri racconti, c'è un uomo che decide di distruggere il mondo. Non lo so, non mi ha colpito. L'eroe sembra instabile, ma anche in questo caso non abbastanza da giustificare le sue azioni. Ammetto però che c'è qualcosa di affascinante in questo racconto: lo stile non mi dispiace, ma forse avrebbe dovuto essere un po' più contenuto per risultare più efficace.
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Messaggio Da gipoviani Ven Mag 31, 2024 10:58 am

Hai ragione, autore, è tutta colpa delle donne.
il tuo racconto era partito in modo eccellente e avevo pensato di aver trovato il mio leader, il mio vincitore. Poi è arrivata Camille ed è tutto virato inesorabilmente verso il già visto e il noioso.
Anche lo stile si è modificato, perdendo sprint, freschezza, ironia.
E' vero a volte le donne, generalmente una donna, quella donna, ha il potere di stravolgerti la vita. L'ho sempre pensato e qualche volta sperimentato.
Ora so anche che le donne possono stravolgere un bel racconto.

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Messaggio Da Gimbo Mer Giu 05, 2024 1:01 pm

Sono molto combattuto nel dare la mia opinione al racconto. Da una parte apprezzo la scrittura fluida e alcune intuizioni, dall'altra parte trovo la trama dispersiva e poco convincente. Secondo me c'è un eccesso di situazioni che si ripetono nel flusso di parole, nonché una mancanza di empatia per il protagonista. Bisognerebbe asciugare alcuni punti. Nonostante ciò, i punti di forza del testo sono l'ironia ben inserita e l'abilità nella scrittura.
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Messaggio Da Hellionor Sab Giu 08, 2024 10:52 am

Car autor
Ho letto più volte il tuo racconto, ma non sono riuscita a entrare in empatia con il tuo protagonista.
La trama non è particolarmente originale ma poco importa, nella prima.parte della narrazione un certo brio e un certo trasporto mi hanno coinvolta, ma proseguendo ho trovato troppi concetti ripetuti, troppe parole poco utili alla narrazione, e anche se sono sicura che il tuo intento fosse quello di trasmettere al lettore lo squilibrio mentale del tuo protagonista, non ci sei riuscit in maniera ottimale, a mio avviso.
C'è una sorta di razionalità che traspare in tutto il testo e che stride con il concetto di esplosione mentale e mondiale del nostro eroe.
Deciderai tu alla fine dello step se rimettere mano al racconto e in che modalità.
La scrittura è davvero ottima ma il racconto purtroppo non mi ha convinta pienamente.
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Messaggio Da FedericoChiesa Sab Giu 08, 2024 5:10 pm

Si legge d'un fiato, tanto  è scritto bene, preciso, scorrevole.
Poi quell'ironia sottile, dall'inizio alla fine, permette di non stancarsi, anche quando qualche situazione è portata in lungo un po' più del dovuto.
L'albero, il seme, il frutto! Azzeccata l'analogia, sempre condita con una bella dose di umorismo.
Le motivazione di un gesto così definitivo è scontata? Forse banale? Vero, ma mi ha divertito.
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Messaggio Da paluca66 Dom Giu 09, 2024 5:37 pm

Ritorna come già in un precedente racconto l'uomo solo in grado di mettere a rischio l'intera umanità.
Decisamente molto alta la sospensione di credulità richiesta al lettore sebbene il messaggio arrivi forte e chiaro: sono gli insospettabili i più pericolosi e il riferimento a Hitelr, sebbene un po' scontato, appare decisamente calzante.
Il racconto è molto lungo e avrebbe potuto esprimere i medesimi concetti in molti meno caratteri considerato che ci sono alcuni concetti che tendono a ripetersi, in primis quello della rincorsa al riarmo che era già stato lungamente descritto nella prima difficile parte.
la parte più interessante dal punto di vista del lettore per me è quella centrale la rincorsa comica e infruttuosa a Camille (la folata di vento che si porta via la sciarpa è magnifica) che, sebbene provi a spiegare il perché della lenta deriva del protagonista, appare un po' avulsa dal contesto anche come stile.
Nulla da dire sulla scrittura, direi addirittura elegante per trasmettere un messaggio semplice ma importante: se gli esseri umani fossero "felici" non ci sarebbero guerre e vivremmo tutti meglio.
Attenzione: Boris Johnson come Presidente degli Stati Uniti non ce lo vedo affatto!

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