Come un abete rosso nella Taiga
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Come un abete rosso nella Taiga
Mi rivolgo a te che stai per leggere questo breve racconto. Sospendi ogni incredulità perché i fatti narrati sono realmente accaduti.
Ci sono uomini che farebbero di tutto pur di lasciare impronte del loro passaggio terreno e non ci riescono, altri che vivono alla giornata senza farsi troppe domande, altri che, al contrario, vorrebbero restare nell’anonimato, ma si trovano loro malgrado, nelle condizioni di essere ricordati dalla Storia come eroi.
Quando si ha la fortuna di nascere in periodi di pace e benessere non si pensa mai a quanto queste condizioni siano fragili. Ora, non vorrei che tu pensassi “ecco, il solito sermone scritto da chi ha la pancia piena e il culo al caldo”. Per questo ti invito a cercare d’immedesimarti in queste righe. Cosa avresti fatto se ti fossi trovato nella stessa situazione?
Ti trovi seduto nella penombra di una stanza buia, gli occhi incollati ai monitor mentre un suono acuto e intermittente ti trapana il cervello arrivando dritto alla tua anima.
Gocce di sudore ti colano sulle palpebre; pungono come aghi infuocati e, nonostante la vista appannata, senti addosso tutto il peso degli sguardi dei tuoi uomini.
Non puoi permetterti di smarrire la strada proprio adesso, non puoi “abbandonare la nave”, tornare a casa e rifugiarti nell’abbraccio di Raisa: sei Stanilslav Petrov, tenente colonnello dell’esercito sovietico, responsabile del centro rilevamento di attacchi nucleari dell’Unione Sovietica in piena guerra fredda.
È il 26 settembre del 1983; solo una ventina di giorni fa hai festeggiato il tuo quarantaquattresimo compleanno. Ti sei guardato allo specchio e non è stato per farti la barba: ti sei visto diverso, i capelli più radi, una spruzzata di neve sulle tempie e i baffi non riescono a nascondere le rughe d’espressione. Non hai un aspetto felice, quelle pieghe non raccontano dolcezze o sorrisi, ma sono perfette per incutere rispetto. Un volto dai lineamenti con un potenziale dolce ma indurito dal mestiere. Certo hai fatto una bella carriera militare, non c’è alcun dubbio. Se solo ripensi a quando avevi dieci anni non puoi credere che lo specchio rifletta proprio la tua immagine; a quell’età non avresti mai pensato che la tua vita prendesse una direzione simile.
Sei stato un bambino tranquillo. Ti piacevano i fiori e la neve, facevi finta di pescare per poter stare accanto a tuo padre qualche ora. Avevi sempre le guance arrossate, il naso che grondava e le mani così intirizzite dal freddo che non riuscivi a stendere le dita per sistemare la lenza. Una volta cresciuto le hai stese per premere il grilletto di non sai più quante armi.
Non eri come tuo fratello: forte, maschio. Lui si arrampicava sugli alberi con l’agilità di un gatto, faceva la lotta coi suoi compagni e, ogni volta che rientrava a casa con qualche livido in più, tua madre lo riempiva di baci e di complimenti.
Quante volte ne avresti voluto uno anche tu di quei baci, ma più lo desideravi e più restavi deluso, ma non è per questo che sei entrato nell’esercito. Non volevi guadagnare così l’affetto di tua madre. È stato tuo padre a scegliere per te e non hai saputo dirgli di no. Hai detto uno dei tanti “sì” della tua vita.
Certo, il sì migliore è stato quello che hai pronunciato a Raisa il giorno del vostro matrimonio. Una creatura così bella, così speciale da non credere che proprio tu potessi meritarti il suo amore.
Al pensiero gli occhi s’inumidiscono e in questo momento non te lo puoi permettere. Serri stretto le palpebre. Lei trova sempre il modo di toglierti dai guai, d’indicarti la strada. Forse anche adesso riesce a percepire il tuo tormento. Non puoi chiamarla, non puoi raccontarle ciò che hai visto, non puoi farle ascoltare il suono insistente dell’allarme.
Forse per la prima volta capisci davvero il senso della parola solitudine, quel momento in cui puoi contare solo su te stesso e sulla buona sorte, ammesso che esista.
Come colonnello Petrov sperare nella fortuna vorrebbe dire allargare le braccia e offrire il petto alla morte, ma, come Stanislav, significherebbe avere una possibilità. E dentro di te lo sai che vale la pena di rischiare anche per una sola opportunità di vittoria.
Pur amando la pace, hai dovuto allenarti a odiare il nemico, a odiare l’America e tutto ciò che la rappresenta. Hai giurato di difendere la Patria fosse pure a costo della distruzione del pianeta.
È stato il sì più amaro che hai pronunciato. Se ci ripensi senti ancora il suo gusto acido salire dallo stomaco e darti la nausea.
Non sei un militare qualsiasi, i tuoi genitori dovrebbero essere almeno un po’ orgogliosi del ruolo che ti hanno assegnato, ma non tua madre. È inutile pensare che sia solo una sciocca fantasia, quando, nei tuoi silenzi, riesci a dialogare con la parte più intima di te, non puoi negare di sentirti deluso dalla sua indifferenza. Sei un uomo sensibile, in fondo. Forse saresti diventato un fottuto poeta se fossi stato capace di dire: “No”. Invece sai essere di ghiaccio quando occorre, hai imparato bene ad adattarti. Come un abete rosso nella Taiga.
Il computer insiste: c’è un missile probabilmente dotato di testata nucleare che sta viaggiando a ventiquattromila chilometri all’ora verso la capitale. Ti chiedi se davvero gli americani abbiano deciso di attaccare con soltanto un’arma. Li hai sempre considerati arroganti, gente che pensa di vincere le guerre e comprarsi la benevolenza degli altri popoli con il denaro. Possibile che non si rendano conto di provocare un disastro che coinvolge tutta la Terra? Non possono essere così pazzi. Più continui a pensarci e più ti convinci che avrebbero ben altre possibilità di “mostrare i loro muscoli”. Deve esserci un’errore.
Ecco cosa farai: chiamerai la base militare Serpukov-15, lì c’è il centro di controllo del sistema Oko, potranno fare delle verifiche. Oko, “l’Occhio”, la costellazione di satelliti spia che hai contribuito a sviluppare… è improbabile che ci sia un malfunzionamento. Ma potrebbe essere possibile… una possibilità per cui vale la pena di spendere qualche minuto. Anche se di minuti non ne hai molti.
A quella velocità, se fosse vero, i missili raggiungerebbero l’obiettivo in meno di mezz’ora e sono già trascorsi più di dieci minuti dalla rilevazione. Dovresti osservare il protocollo e attivare la linea diretta con i comandanti superiori. Certo, ci sarebbe una risposta immediata, missili nucleari verrebbero lanciati senza indugio verso il nemico provocando un’escalation nucleare che porterebbe alla distruzione di tutta l’umanità. Se fosse vero… ma se si trattasse di un errore?
Il sistema sembra funzionare bene, ma per un solo missile nemico non vale la pena provocare una guerra di tale proporzione.
Dirai di non procedere. Tutti devono stare calmi, devono avere fiducia in te o anche se non si fidassero ti devono obbedienza, cazzo.
Hai appena comunicato la tua decisione, che la sirena riprende a diffondere il suo lugubre lamento.
Un altro missile appare sui monitor, seguendo la traccia del precedente. Hai la gola secca, senti le tempie pulsare, ti corrono davanti agli occhi le immagini di Raisa, della bellezza del mare al tramonto, senti il fruscio delle cime degli alberi accarezzati dal vento, lo sciabordio dell’acqua del fiume sui sassi pieni di limo sui quali scivolavi ogni volta. E la mano di tuo padre che si tendeva per evitare di farti trascinare via dalla corrente.
Poi un fischio e un altro missile sul monitor, tre possibili testate nucleari che avanzano per distruggere la tua Patria. Neppure il tempo di pensare che eccone un altro e un altro ancora…
Coraggio, colonnello Petrov, alza quel maledetto telefono e avvisa il Comando Superiore. Non puoi attendere oltre, non puoi davvero permettere che gli americani distruggano il tuo Paese. Hai fatto un giuramento…
I missili continuano la loro folle corsa, mancano pochi minuti all’obiettivo.
Ti avvicini al monitor. Uno, due, tre, quattro, cinque… Solo cinque. Conti mentalmente i danni. La Russia distrutta, e, poco dopo, anche buona parte dell’Asia e dell’Europa. Tu sei morto comunque. Sei un uomo morto che deve prendere una decisione su quanti uomini, donne, bambini, animali, piante, portare con te all’inferno. Se il sistema funziona bene, entro pochi minuti tutto sarà compiuto.
E se, al contrario, darai al tuo governo la possibilità di rispondere all’attacco?
Sarà una questione di giorni, ma tutta l’umanità rischia di essere distrutta da una guerra nucleare totale. Le radiazioni contamineranno tutto il pianeta, presto l’umanità non avrà né acqua né cibo. Veleno, solo veleno per una lenta e dolorosa eutanasia. Fino all’estinzione.
Tu sei già un uomo morto. Se anche riuscissi a salvarti, i tuoi comandanti ti condannerebbero per la decisione presa in ritardo. Puoi ancora evitare che i missili raggiungano l’obiettivo. Hai le dita intirizzite e rigide come quando eri bambino, ma il gelo non è fuori. Il gelo è dentro di te.
Solo cinque missili. L’America non potrebbe mai attaccare con così poche armi.
Dev’esserci un errore. Potrebbe essere un malfunzionamento del sistema non ancora rilevato. Un’opportunità.
I tuoi uomini ti guardano allarmati. Possibile che abbiano per comandante un uomo incapace di prendere una decisione? Li vedi scambiarsi occhiate sospettose. Forse qualcuno di loro pensa già di potersi sostituire a te. Forse farà lui la chiamata prima che sia troppo tardi… magari prenderà il tuo posto e anche un encomio per aver salvato la Patria. Tu, al contrario, finirai i tuoi giorni nel disonore e ti spediranno in qualche angolo sperduto, magari dopo averti torchiato a dovere. Ma la tortura peggiore sarà non rivedere Raisa. Chiudi gli occhi, puoi quasi sentire il calore del suo corpo che ti abbraccia forte. “Coraggio”, sembra sussurrarti, “tu sai cosa fare. Mi fido di te. Ti amo.”
“NO!” senti la tua voce uscire dalla profondità del petto con un suono energico, una forza mai sentita prima.
“Fermate subito le procedure”, dici ai tuoi uomini. “Non mi fido del sistema, potrebbe esserci un malfunzionamento dei satelliti, li conosco bene. Siamo nei giorni dell’equinozio d’autunno, le radiazioni solari potrebbero aver confuso i segnali e provocato un falso allarme”.
Respiri, le braccia ti cadono lunghe sul corpo. Devi sederti, bere qualcosa. Magari ci fosse qualcosa di forte da stordirti. La lotta è finita, l’allarme continua a fendere l’aria. Pochi minuti ancora e saprai la verità. Se tu credessi in qualche dio potresti pregare, ma ora vuoi solo guardare i tuoi uomini sbigottiti dritto negli occhi.
Le luci intermittenti si placano. Un chiarore tenue e confortante invade il bunker. La sirena cessa il suo lamento, le tracce dei missili spariscono dai monitor. Per qualche istante si ode solo il ronzio benevolo dei generatori.
Il trillo del telefono ti fa trasalire. Alzi la cornetta pronto ad ascoltare la sentenza. È il comandate della base Serpukov-15.
Un falso allarme, tutto risolto. Nessun missile americano in arrivo.
Scoppia fragoroso e potente l’applauso dei tuoi uomini, una lacrima ti riga il volto.
Il tuo primo “no” al Sistema, ha salvato il mondo dalla terza guerra mondiale, ma non ti senti un eroe. Forse hai soltanto dato un’altra chance all’umanità. E per questa opportunità è valsa la pena rischiare anche se sei sicuro di aver fatto incazzare i tuoi comandanti. Non saranno teneri con te. Ma tu sei come un abete rosso nella Taiga. Ti saprai adattare.
Ora che hai letto questa storia, ti ripropongo la domanda iniziale. Cosa avresti fatto? Avresti avuto il coraggio di dire quel “NO”?
Different Staff- Admin
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Conoscevo già la vera storia di Petrov, che mi ha sempre molto affascinato, e sono contento che qualcuno ne abbia realizzato un racconto in questa sede. Mi piace lo stile che hai usato, che fa calare il lettore in quello che deve essere stato un momento a dir poco terrorizzante. La narrazione è incalzante e ricca di sfumature, implicazioni morali e pure sentimentali. Devo dire di non avere nessun appunto da fare. Il racconto ha i tempi giusti, accompagna il lettore alla scelta del protagonista, in un momento in cui “capisci davvero il senso della parola solitudine”. È proprio così, perché ci ho riflettuto molto quando l’ho sentita per la prima volta.
Una curiosità: Petrov quel giorno ha sostituito un collega malato. Questa è la quintessenza, credo, del destino. Bravo/a.
ceo- Viandante
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Ottima resa di una storia che ha dell'incredibile. Della serie: davvero la realtà può superare la fantasia!
Tu comunque di fantasia ce ne hai messa, perché una cosa è narrare la storia come è conosciuta e un'altra è calarsi nei panni del personaggio e rendere il pathos che si può immaginare abbia vissuto quest'uomo in una circostanza così singolare e - si spera - unica.
La suspance si muove in un climax ascendente e culmina nell'applauso potente e fragoroso dei subordinati, mentre lui, eroe suo malgrado, si concede una lacrima che gli riga il volto.
D'impatto anche la domanda finale che coinvolge il lettore fino all'ultima riga.
Bello. Complimenti.
Tu comunque di fantasia ce ne hai messa, perché una cosa è narrare la storia come è conosciuta e un'altra è calarsi nei panni del personaggio e rendere il pathos che si può immaginare abbia vissuto quest'uomo in una circostanza così singolare e - si spera - unica.
La suspance si muove in un climax ascendente e culmina nell'applauso potente e fragoroso dei subordinati, mentre lui, eroe suo malgrado, si concede una lacrima che gli riga il volto.
D'impatto anche la domanda finale che coinvolge il lettore fino all'ultima riga.
Bello. Complimenti.
Albemasia- Padawan
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Non conoscevo questa storia e se non avessi letto i primi commenti l'avrei giudicata poco verosimile.
L'attacco mi sembrava un'ammissione di colpa, lo avevo interpretato come: "lo so che è impossibile ma fate finta che sia vera".
Il racconto poi mi ha coinvolto e il giudizio sarebbe stato comunque positivo.
Scoprire che si tratta di un fatto realmente accaduto non ha fatto che aumentare l'apprezzamento.
L'unico appunto potrei farlo sulla parte in cui si ricostruisce la sua vita, mi sembra sia la parte un po' più debole.
Per il resto ottimo.
Grazie
L'attacco mi sembrava un'ammissione di colpa, lo avevo interpretato come: "lo so che è impossibile ma fate finta che sia vera".
Il racconto poi mi ha coinvolto e il giudizio sarebbe stato comunque positivo.
Scoprire che si tratta di un fatto realmente accaduto non ha fatto che aumentare l'apprezzamento.
L'unico appunto potrei farlo sulla parte in cui si ricostruisce la sua vita, mi sembra sia la parte un po' più debole.
Per il resto ottimo.
Grazie
AurelianoLaLeggera- Younglings
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
bello, piciuto tanto.
non conoscevo questa storia, quindi mi hai dato un input micidiale, davvero.
scritto benissimo, con le emozioni che arrivano dritte come missili nucleari.
non posso fare altro che complimentarmi.
non conoscevo questa storia, quindi mi hai dato un input micidiale, davvero.
scritto benissimo, con le emozioni che arrivano dritte come missili nucleari.
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Ciao, Penna.
Non ricordo di aver trovato refusi o altri difetti formali durante la lettura.
L'unica cosa che toglierei/cambierei è il primo paragrafo (Mi rivolgo a te che stai per leggere questo breve racconto. Sospendi ogni incredulità perché i fatti narrati sono realmente accaduti). Secondo me il racconto funzionerebbe lo stesso e il paletto del narratore che si rivolge al lettore resta rispettato.
Ricordavo, anche se non nei dettagli, questa storia. L'hai inquadrata bene anche nella parte di fantasia. Soprattutto, hai trovato un modo originale e anche funzionale per rispettare il paletto del narratore. Hai mantenuto la narrazione in seconda persona in modo che non ci fosse uno stacco tra il racconto e la domanda finale. Quindi per quanto mi riguarda è uno dei pochi racconti dello step in cui il paletto del narratore è pienamente armonizzato con il contesto narrativo.
Grazie e alla prossima.
Non ricordo di aver trovato refusi o altri difetti formali durante la lettura.
L'unica cosa che toglierei/cambierei è il primo paragrafo (Mi rivolgo a te che stai per leggere questo breve racconto. Sospendi ogni incredulità perché i fatti narrati sono realmente accaduti). Secondo me il racconto funzionerebbe lo stesso e il paletto del narratore che si rivolge al lettore resta rispettato.
Ricordavo, anche se non nei dettagli, questa storia. L'hai inquadrata bene anche nella parte di fantasia. Soprattutto, hai trovato un modo originale e anche funzionale per rispettare il paletto del narratore. Hai mantenuto la narrazione in seconda persona in modo che non ci fosse uno stacco tra il racconto e la domanda finale. Quindi per quanto mi riguarda è uno dei pochi racconti dello step in cui il paletto del narratore è pienamente armonizzato con il contesto narrativo.
Grazie e alla prossima.
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Una storia che prende spunto da un reale e terribile fatto di cronaca, ma pur sempre un fatto di cronaca, e lo fa diventare un racconto affascinante, coinvolgente e narrato benissimo, con un uso della seconda persona che non sgarra di un centimetro.
Il protagonista è delineato in modo perfetto, soprattutto dal lato psicologico, e l'accento che viene posto su quel "no" finale, dopo tutti i "sì" che hanno costellato la sua vita, lo rende particolarmente umano.
"Forse saresti diventato un fottuto poeta se fossi stato capace di dire: “No”". E chi, se non un "fottuto poeta", potrà davvero salvare il mondo?
Volendo fare i pignoli, c'è solo una frase che stona un po' ed è proprio la frase iniziale ("Mi rivolgo a te che stai per leggere questo breve racconto. Sospendi ogni incredulità perché i fatti narrati sono realmente accaduti"). Si sente che è stata messa lì per ossequio al paletto, ma penso che non sia affatto necessaria. La domanda inserita all'inizio e alla fine e il tono stesso di tutta la narrazione sono più che sufficienti per rispettare l'appello al lettore.
A parte questa piccolezza, davvero un ottimo lavoro.
Complimenti.
M.
Il protagonista è delineato in modo perfetto, soprattutto dal lato psicologico, e l'accento che viene posto su quel "no" finale, dopo tutti i "sì" che hanno costellato la sua vita, lo rende particolarmente umano.
"Forse saresti diventato un fottuto poeta se fossi stato capace di dire: “No”". E chi, se non un "fottuto poeta", potrà davvero salvare il mondo?
Volendo fare i pignoli, c'è solo una frase che stona un po' ed è proprio la frase iniziale ("Mi rivolgo a te che stai per leggere questo breve racconto. Sospendi ogni incredulità perché i fatti narrati sono realmente accaduti"). Si sente che è stata messa lì per ossequio al paletto, ma penso che non sia affatto necessaria. La domanda inserita all'inizio e alla fine e il tono stesso di tutta la narrazione sono più che sufficienti per rispettare l'appello al lettore.
A parte questa piccolezza, davvero un ottimo lavoro.
Complimenti.
M.
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"E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già." - Matteo Bussola
M. Mark o'Knee- Cavaliere Jedi
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Mi piacciono i racconti realistici e questo è pienamente nelle mie corde, infatti racconta un fatto vero, cosa che apprezzo particolarmente in uno step dove prevale la fantascienza.
Inoltre, mi piace il modo confidenziale con cui il narratore si rivolge al lettore, invitandolo a immedesimarsi nel racconto, chiedendogli “E tu che avresti fatto?”
Il tenente colonnello Petrov dell’esercito sovietico, responsabile del centro rilevamenti di attacchi nucleari, é un militare, ma non ha scelto di esserlo.
Personaggio umanissimo, costretto sempre a dire “sì”, vuoi per guadagnare l’affetto della madre, vuoi per acconsentire alla scelta paterna. Abituato a obbedire, ha giurato di difendere la patria a qualunque costo, anche a prezzo di causare una catastrofe nucleare.
Ma quando si trova a dover difendere la patria dall’attacco di cinque missili USA è tormentato: deve scegliere tra il sì del dovere e il no della coscienza. Gli attimi che precedono la decisione registrano il crescendo di tensione della lotta interiore, ma per una volta Petrov dice: No.
Educato ad abbassare la testa, ha avuto il coraggio di assumersi la responsabilità di disobbedire. Ce ne fossero di Petrov nella storia umana!
A lui andò bene perché si trattava di un falso allarme, ma cosa gli sarebbe successo in caso contrario?
Mi è piaciuto molto questo racconto ricco di spunti di riflessione.
Inoltre, mi piace il modo confidenziale con cui il narratore si rivolge al lettore, invitandolo a immedesimarsi nel racconto, chiedendogli “E tu che avresti fatto?”
Il tenente colonnello Petrov dell’esercito sovietico, responsabile del centro rilevamenti di attacchi nucleari, é un militare, ma non ha scelto di esserlo.
Personaggio umanissimo, costretto sempre a dire “sì”, vuoi per guadagnare l’affetto della madre, vuoi per acconsentire alla scelta paterna. Abituato a obbedire, ha giurato di difendere la patria a qualunque costo, anche a prezzo di causare una catastrofe nucleare.
Ma quando si trova a dover difendere la patria dall’attacco di cinque missili USA è tormentato: deve scegliere tra il sì del dovere e il no della coscienza. Gli attimi che precedono la decisione registrano il crescendo di tensione della lotta interiore, ma per una volta Petrov dice: No.
Educato ad abbassare la testa, ha avuto il coraggio di assumersi la responsabilità di disobbedire. Ce ne fossero di Petrov nella storia umana!
A lui andò bene perché si trattava di un falso allarme, ma cosa gli sarebbe successo in caso contrario?
Mi è piaciuto molto questo racconto ricco di spunti di riflessione.
mirella- Padawan
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Ecco, credo che questo sia quel "rivolgersi al lettore" richiesto dal paletto centrato al 100%.
Bellissima quella domanda finale, terribile nella sua semplicità: un uomo solo con addosso la responsabilità del mondo intero!
Una storia vera quella che ci hai raccontato, romanzandola quel tanto che basta da renderla interessante: se commentassi così non renderei giustizia allo splendido lavoro di scavo dentro l'uomo Petrov, alle emozioni, alle paure e alla solitudine che lo riempiono in quei momenti decisivi.
E il pensiero che corre continuamente all'amata Raisa.
Mi è piaciuto moltissimo il paragone delle dita gelate di quando, bambino, andava a pesca con il padre e il momento in cui deve prendere la decisione definitiva: il gelo, in questo caso, però, è dentro di lui.
Ottima la scrittura che accompagna il lettore in un crescendo di tensione ben gestita (se come me solo alla fine del racconto è andato a documentarsi su Petrov, naturalmente) coinvolgendolo, allo stesso tempo, proprio grazie a quella seconda persona singolare che gli permette di trovarsi costantemente davanti a quel monitor.
Ti segnalo solo un errore che sembra quasi uno scherzo: hai scritto un'errore con l'apostrofo!
Sono ancora all'inizio delle letture ma entri nel ballottaggio per la cinquina finale.
Bellissima quella domanda finale, terribile nella sua semplicità: un uomo solo con addosso la responsabilità del mondo intero!
Una storia vera quella che ci hai raccontato, romanzandola quel tanto che basta da renderla interessante: se commentassi così non renderei giustizia allo splendido lavoro di scavo dentro l'uomo Petrov, alle emozioni, alle paure e alla solitudine che lo riempiono in quei momenti decisivi.
E il pensiero che corre continuamente all'amata Raisa.
Mi è piaciuto moltissimo il paragone delle dita gelate di quando, bambino, andava a pesca con il padre e il momento in cui deve prendere la decisione definitiva: il gelo, in questo caso, però, è dentro di lui.
Ottima la scrittura che accompagna il lettore in un crescendo di tensione ben gestita (se come me solo alla fine del racconto è andato a documentarsi su Petrov, naturalmente) coinvolgendolo, allo stesso tempo, proprio grazie a quella seconda persona singolare che gli permette di trovarsi costantemente davanti a quel monitor.
Ti segnalo solo un errore che sembra quasi uno scherzo: hai scritto un'errore con l'apostrofo!
Sono ancora all'inizio delle letture ma entri nel ballottaggio per la cinquina finale.
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paluca66- Maestro Jedi
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Non ricordavo questo episodio, autor. Nel 1983 avevo vent’anni e se non fosse stato detto quel “no” oggi non sarei qui a leggere e scrivere.
Mi hai fatto davvero pensare che il caso e il coraggio di un uomo hanno evitato una catastrofe, ma la storia è fatta di corsi e ricorsi e tutto è in bilico, tutto è estremamente fragile e l’uomo è imperfetto e non può che produrre cose imperfette. Anche AI imperfette. Lo aveva ben descritto 2001 odissea nello spazio. Il computer impara dall’uomo il suo difetto d’ingannare e inganna a sua volta… l’abbiamo scampata quella volta, ma per quanto?
Mi hai fatto davvero pensare che il caso e il coraggio di un uomo hanno evitato una catastrofe, ma la storia è fatta di corsi e ricorsi e tutto è in bilico, tutto è estremamente fragile e l’uomo è imperfetto e non può che produrre cose imperfette. Anche AI imperfette. Lo aveva ben descritto 2001 odissea nello spazio. Il computer impara dall’uomo il suo difetto d’ingannare e inganna a sua volta… l’abbiamo scampata quella volta, ma per quanto?
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Sono stato sempre contrario al lavoro di ricerca di alcuni autori, penso che intacchi la loro creatività descrivere fatti conosciuti. Ma tu sei talmente bravo nello sfruttare questa opportunità e, almeno per quanto mi riguarda, hai scritto il racconto più bello, anche se hai messo le mani in qualcosa di accaduto.
Complimenti.
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tommybe- Maestro Jedi
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Scrittura (sotto il profilo formale: correttezza ortografica e sintattica, punteggiatura sintatticamente corretta…): Pulita e corretta. Qualche virgola fuori posto:
Trama (originalità, ritmo, logica degli eventi, spessore personaggi, finale…): I racconti storici mi piacciono. Questo, propriamente, non è un racconto ma la rappresentazione fedele (per quello che sappiamo) della storia vera di Petrov. Però si fa presto a dire “rappresentazione”; non siamo storiografi ma scrittori, e differentemente dalla pagina della Wikipedia dedicata a quest’uomo qui cerchiamo il pathos, l’emozione, il terrore di sbagliare, il possibile giudizio dei superiori etc. Non ho trovato moltissima tensione emozionale ma non lo dico come se fosse un difetto; la scrittura è misurata, credo volutamente (così immagino, forse mi sbaglio); ed è grazie alla mancanza di esagerazioni emotive che percepiamo il dramma interiore.
- “A quella velocità, se fosse vero, i missili raggiungerebbero…”; a questo punto del racconto il protagonista ha accertato la presenza di un solo missile (più tardi compaiono gli altri).
Qualità narrativa (scelte lessicali, punteggiatura funzionale, prosodia, poeticità, dialoghi, “morale”…): La moderazione del registro emotivo, gli inserti personali (la madre anaffettiva, il fratello preferito…) rendono il racconto molto ben composto e di piacevole lettura. Non c’entra nulla la voce del narratore, che ho l’impressione sia servita solo per rispettare i paletti dello step.
- “si trovano loro malgrado, nelle condizioni…” (togliere virgola)
- “Come colonnello Petrov sperare nella fortuna vorrebbe dire…”; mettere una virgola dopo Petrov;
- “…offrire il petto alla morte, ma, come Stanislav”; togliere la prima virgola;
- “una sciocca fantasia, quando… ”; togliere virgola;
- “…abbiano deciso di attaccare con soltanto un’arma”; non direi ‘arma’; se non vuoi ripetere missile poi scrivere ‘testata’, o ‘con un solo colpo’ o altro.
- “non avresti mai pensato che la tua vita prendesse una direzione simile”: avrebbe preso;
- “Paese, Patria”; le cosiddette maiuscole di rispetto servono quando servono (raramente) e corrono il rischio di infastidire. Non dico nulla salvo di pensarci bene.
Trama (originalità, ritmo, logica degli eventi, spessore personaggi, finale…): I racconti storici mi piacciono. Questo, propriamente, non è un racconto ma la rappresentazione fedele (per quello che sappiamo) della storia vera di Petrov. Però si fa presto a dire “rappresentazione”; non siamo storiografi ma scrittori, e differentemente dalla pagina della Wikipedia dedicata a quest’uomo qui cerchiamo il pathos, l’emozione, il terrore di sbagliare, il possibile giudizio dei superiori etc. Non ho trovato moltissima tensione emozionale ma non lo dico come se fosse un difetto; la scrittura è misurata, credo volutamente (così immagino, forse mi sbaglio); ed è grazie alla mancanza di esagerazioni emotive che percepiamo il dramma interiore.
- “A quella velocità, se fosse vero, i missili raggiungerebbero…”; a questo punto del racconto il protagonista ha accertato la presenza di un solo missile (più tardi compaiono gli altri).
Qualità narrativa (scelte lessicali, punteggiatura funzionale, prosodia, poeticità, dialoghi, “morale”…): La moderazione del registro emotivo, gli inserti personali (la madre anaffettiva, il fratello preferito…) rendono il racconto molto ben composto e di piacevole lettura. Non c’entra nulla la voce del narratore, che ho l’impressione sia servita solo per rispettare i paletti dello step.
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L'uomo fa il male come l'ape il miele (William Golding).
Re: Come un abete rosso nella Taiga
Ciao Autore.
Bella intuizione o colpo di fortuna? Non saprei.
Provvidenziale, sicuramente. Quante donne e uomini capaci di disobbedire ci sono che ogni giorno, silenziosamente,
combattono la personale battaglia per la salvezza di molti?
Bello anche il titolo. Incuriosita, ho scoperto che l’abete rosso è un albero che si adatta con facilità alle situazioni più estreme.
Un bel lavoro che miscela al meglio storia e indagine psicologica.
Bella intuizione o colpo di fortuna? Non saprei.
Provvidenziale, sicuramente. Quante donne e uomini capaci di disobbedire ci sono che ogni giorno, silenziosamente,
combattono la personale battaglia per la salvezza di molti?
Bello anche il titolo. Incuriosita, ho scoperto che l’abete rosso è un albero che si adatta con facilità alle situazioni più estreme.
Un bel lavoro che miscela al meglio storia e indagine psicologica.
Resdei- Maestro Jedi
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Se non erro questo è il mio ultimo commento. Ho letto tanti racconti belli e interessanti. Certo, dipende poi dal metro che viene usato per commentare e giudicare. A leggere le diverse opinioni, ognuno sceglie il focus che vuole e questo è un po' un modus anarchico.
Ma veniamo a "Come un abete nella Taiga". Allora, potrei commentarlo partendo dal fatto che la trama è quasi inesistente. Infatti, il tenente colonnello Stanislav Petrov si trova nella sala rilevamento attacchi nucleari e dopo essersi accorto della presenza di 5 missili dotati di testata nucleare decide di non fare niente fino a che l'allarme non scompare. Tutti i presenti, che lui ha ignorato sino a quel momento, applaudono. Fine della narrazione. Ma scusa Giammy, il testo si ispira a una storia vera, davvero è andata così. Quindi? Io da lettore lo ignoro, mi devo basare solo su ciò che leggo, non su quello che so.
Poi, nella prima parte si dice "chiamerai la base militare Serpukov-15, dove c'è il controllo di sistema Oko". Però di questa intenzione se ne perdono le tracce, forse inghiottito in un buco nero...
Inoltre, all'inizio si chiede "cosa avresti fatto", salvo poi elencare tutta una serie di comportamenti che il lettore porta avanti. Quindi tu scrittore hai già deciso per me? Qualcosa non mi torna.
Eppure, nonostante quanto sopra, l'autore è stato davvero bravo, la narrazione è di ottimo livello, così come la scrittura e l'approfondimento psicologico. Senza una vera trama e senza coinvolgimento attivo di terze persone, non era facile mantenere desta l'attenzione. Prova superata!
Quindi per conto mio questo testo è di sicuro tra i primi 5, perché mi sono lasciato trasportare dalla storia e ho dato fiducia alle scelte del narratore. Del resto, se non si toglie il freno a mano dai preconcetti, è difficile apprezzare un racconto.
Grazie per il tuo contributo.
Ma veniamo a "Come un abete nella Taiga". Allora, potrei commentarlo partendo dal fatto che la trama è quasi inesistente. Infatti, il tenente colonnello Stanislav Petrov si trova nella sala rilevamento attacchi nucleari e dopo essersi accorto della presenza di 5 missili dotati di testata nucleare decide di non fare niente fino a che l'allarme non scompare. Tutti i presenti, che lui ha ignorato sino a quel momento, applaudono. Fine della narrazione. Ma scusa Giammy, il testo si ispira a una storia vera, davvero è andata così. Quindi? Io da lettore lo ignoro, mi devo basare solo su ciò che leggo, non su quello che so.
Poi, nella prima parte si dice "chiamerai la base militare Serpukov-15, dove c'è il controllo di sistema Oko". Però di questa intenzione se ne perdono le tracce, forse inghiottito in un buco nero...
Inoltre, all'inizio si chiede "cosa avresti fatto", salvo poi elencare tutta una serie di comportamenti che il lettore porta avanti. Quindi tu scrittore hai già deciso per me? Qualcosa non mi torna.
Eppure, nonostante quanto sopra, l'autore è stato davvero bravo, la narrazione è di ottimo livello, così come la scrittura e l'approfondimento psicologico. Senza una vera trama e senza coinvolgimento attivo di terze persone, non era facile mantenere desta l'attenzione. Prova superata!
Quindi per conto mio questo testo è di sicuro tra i primi 5, perché mi sono lasciato trasportare dalla storia e ho dato fiducia alle scelte del narratore. Del resto, se non si toglie il freno a mano dai preconcetti, è difficile apprezzare un racconto.
Grazie per il tuo contributo.
Giammy- Younglings
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Sì, spesso la realtà supera la fantasia o addirittura la realtà supera la realtà stessa e chissà quanti altri episodi mai svelati sono presenti nella storia dell'umanità.
Petrov è l'unico protagonista e altro non potrebbe essere ed è caratterizzato perfettamente nell'aspetto esteriore ed interiore, i suoi terribili dubbi vengono trasferiti a noi che leggiamo.
Le sequenze del racconto si incastrano in un crescendo di suspance e per fortuna che questa storia vera finisce come finisce altrimenti... Un ottima ottima prova. complimenti!
Petrov è l'unico protagonista e altro non potrebbe essere ed è caratterizzato perfettamente nell'aspetto esteriore ed interiore, i suoi terribili dubbi vengono trasferiti a noi che leggiamo.
Le sequenze del racconto si incastrano in un crescendo di suspance e per fortuna che questa storia vera finisce come finisce altrimenti... Un ottima ottima prova. complimenti!
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Io sono quell'effimero scorcio d'arancio e di giallo che al tramonto appare per un istante e s'allunga in cielo, prima che la terra volti la faccia e il sole si ritrovi dall'altra parte del mondo.
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
L’ultima domanda a mio sentire va a braccetto con il “ci sono uomini ecc.”: non è poi inconsueto e penso capiti a tutti prima o poi, criticare le scelte fatte da altri ma senza andare a fondo al “mettersi nei suoi panni” in quel momento.
E finchè sono tutto sommato scelte cui si può rimediare, con fatica e reprimende di contorno, si va oltre ma decidere sul destino del mondo, embè… altro che sangue freddo, perché alla fine nella stanza dei bottoni ci possono essere decine di persone, ma ci vuole sempre una persona che si prenda la responsabilità di decidere e l’onere di convincere gli altri che è quella la strada giusta giusta (con gran sollievo di chi quella decisione non ha dovuto prenderla, anche se poi criticherà).
Un racconto scritto bene, niente da eccepire nel suo complesso, ma emotivamente non mi ha preso moltissimo: la vicenda – quasi da prassi – di collega agli affetti del protagonista, ai ricordi che si affastellano, quasi impedendogli di svolgere le sue mansioni, che non erano nei suoi progetti oltretutto. Ecco, forse il tanto raccontato della sua vita toglie il ritmo, stempera l’adrenalina di quel momento, dove tutto in realtà di svolge in pochi minuti. Certo anche i ricordi durano attimi, dirà qualcuno. E questa impressione mi è rimasta anche quando, anzi soprattutto dopo aver scoperto, dando un’occhiata ai commenti che mi precedono, un avvenimento realmente accaduto e quindi l'ho riletto in quell'ottica.
Sarà uno dei racconti da rileggere, prima del fatidico momento cinquina.
E finchè sono tutto sommato scelte cui si può rimediare, con fatica e reprimende di contorno, si va oltre ma decidere sul destino del mondo, embè… altro che sangue freddo, perché alla fine nella stanza dei bottoni ci possono essere decine di persone, ma ci vuole sempre una persona che si prenda la responsabilità di decidere e l’onere di convincere gli altri che è quella la strada giusta giusta (con gran sollievo di chi quella decisione non ha dovuto prenderla, anche se poi criticherà).
Un racconto scritto bene, niente da eccepire nel suo complesso, ma emotivamente non mi ha preso moltissimo: la vicenda – quasi da prassi – di collega agli affetti del protagonista, ai ricordi che si affastellano, quasi impedendogli di svolgere le sue mansioni, che non erano nei suoi progetti oltretutto. Ecco, forse il tanto raccontato della sua vita toglie il ritmo, stempera l’adrenalina di quel momento, dove tutto in realtà di svolge in pochi minuti. Certo anche i ricordi durano attimi, dirà qualcuno. E questa impressione mi è rimasta anche quando, anzi soprattutto dopo aver scoperto, dando un’occhiata ai commenti che mi precedono, un avvenimento realmente accaduto e quindi l'ho riletto in quell'ottica.
Sarà uno dei racconti da rileggere, prima del fatidico momento cinquina.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Sono venuto a conoscenza di questo episodio proprio mentre mi stavo documentando per questo step e mi ha fatto sorridere che qualcuno lo abbia usato per il suo racconto.
Sarò sincero però, questo genere di racconti non è tra i miei preferiti.
Per intenderci, mi piacciono i racconti che parlano di cose e fatti reali, ma lo stile che hai usato mi è sembrato pesante e a volte noioso.
Lo dico spesso, è come se il racconto dovesse emozionarmi a tutti i costi, ma alla fine ottiene l'effetto contrario. Per rientrare nei miei gusti, dovrebbe essere alleggerito.
Tuttavia, è comunque un buon racconto che, soprattutto, mostra a chi non lo sa un episodio significativo.
Sarò sincero però, questo genere di racconti non è tra i miei preferiti.
Per intenderci, mi piacciono i racconti che parlano di cose e fatti reali, ma lo stile che hai usato mi è sembrato pesante e a volte noioso.
Lo dico spesso, è come se il racconto dovesse emozionarmi a tutti i costi, ma alla fine ottiene l'effetto contrario. Per rientrare nei miei gusti, dovrebbe essere alleggerito.
Tuttavia, è comunque un buon racconto che, soprattutto, mostra a chi non lo sa un episodio significativo.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Proprio bello, a cominciare dal titolo, che trasmette fermezza, solidità morale, ma anche solitudine, la solitudine dei retti, che si ergono "diversi" tra i tanti.
Mi unisco al coro di quelli che la storia non la conoscevano.
Sei riuscito/a a farmi entrare nel conflitto psicologico di quest'uomo alle prese con una decisione fondamentale, pesantissima, che lui da solo doveva sopportare e supportare.
Il tutto condito da uno stile grave, come richiesto da una situazione tesa, al limite della capacità umana.
Complimenti
Mi unisco al coro di quelli che la storia non la conoscevano.
Sei riuscito/a a farmi entrare nel conflitto psicologico di quest'uomo alle prese con una decisione fondamentale, pesantissima, che lui da solo doveva sopportare e supportare.
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FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Bella storia, bel racconto.
Non ho apprezzato troppo la seconda persona. Andava scritto in prima, per fissare bene lo zoom sul protagonista.
Altro difetto: non sei riuscita/o a creare e a farmi sentire il dramma della decisione, la tensione crescente, il dramma interiore e sociale connesso alla sua decisione. Non basta raccontarlo occorre farlo sentire. Capisco sia difficile e forse io non ci sarei riuscito.
Tuttavia una bella prova
Non ho apprezzato troppo la seconda persona. Andava scritto in prima, per fissare bene lo zoom sul protagonista.
Altro difetto: non sei riuscita/o a creare e a farmi sentire il dramma della decisione, la tensione crescente, il dramma interiore e sociale connesso alla sua decisione. Non basta raccontarlo occorre farlo sentire. Capisco sia difficile e forse io non ci sarei riuscito.
Tuttavia una bella prova
gipoviani- Padawan
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Il racconto basato sulla vera storia di Petrov mi ha affascinato. Ho apprezzato la narrazione per la sua capacità di calarmi in un momento di intensa tensione e solitudine, trasmettendo le implicazioni morali e sentimentali della vicenda. La suspance è stata ben costruita, culminando in un momento emotivamente potente. La domanda finale che si collega a quella iniziale ha il pregio di mantenere il coinvolgimento nella lettura fino all'ultima riga. Un unico suggerimento: eliminerei il primo paragrafo in cui si chiede al lettore di sospendere l’incredulità, poiché il racconto funzionerebbe bene anche senza questo avviso. Mi è piaciuto molto l'uso della narrazione in seconda persona per rispettare il paletto del narratore.
Gimbo- Padawan
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Conoscevo la storia e forse questo è il motivo per cui il racconto non ha fatto troppo presa su di me.
Questo e l'uso della seconda persona, che detesto, e che probabilmente non utilizzerò mai nelle mie storie.
Il racconto è scritto bene, c'è l'intenzione di scandagliare la psicologia del protagonista, i suoi dubbi, le incertezze, le paure, con tutte le implicazioni che ne conseguono, eppure la seconda persona con me ha l'effetto contrario di quello che dovrebbe fare, invece di facilitare l'immedesimazione ha un effetto respingente.
Ricordo un racconto per uno dei primi contest di Ink, la narrazione in seconda persona di un tizio che aveva perso le chiavi, genere thriller/giallo. Il racconto ottenne un ottimo successo, io non lo apprezzai.
Questo per dire che la seconda persona attrae il lettore, è qualcosa di sensuale, di attraente, ma non per me.
Questo e l'uso della seconda persona, che detesto, e che probabilmente non utilizzerò mai nelle mie storie.
Il racconto è scritto bene, c'è l'intenzione di scandagliare la psicologia del protagonista, i suoi dubbi, le incertezze, le paure, con tutte le implicazioni che ne conseguono, eppure la seconda persona con me ha l'effetto contrario di quello che dovrebbe fare, invece di facilitare l'immedesimazione ha un effetto respingente.
Ricordo un racconto per uno dei primi contest di Ink, la narrazione in seconda persona di un tizio che aveva perso le chiavi, genere thriller/giallo. Il racconto ottenne un ottimo successo, io non lo apprezzai.
Questo per dire che la seconda persona attrae il lettore, è qualcosa di sensuale, di attraente, ma non per me.
Byron.RN- Maestro Jedi
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Car autor
Quando un racconto mi coinvolge e mi affascina, come è successo con questo tuo pezzo meraviglioso, mi resta poco da dire.
Il registro narrativo è cadenzato alla perfezione, la storia che ci racconti è reale ma riesci a darci il punto di vista del protagonista trasmettendoci le sue sensazioni, le sue elucubrazioni e tutta l'angoscia che lo attraversa
Mi hai convinto pienamente, complimenti.
Ele
Quando un racconto mi coinvolge e mi affascina, come è successo con questo tuo pezzo meraviglioso, mi resta poco da dire.
Il registro narrativo è cadenzato alla perfezione, la storia che ci racconti è reale ma riesci a darci il punto di vista del protagonista trasmettendoci le sue sensazioni, le sue elucubrazioni e tutta l'angoscia che lo attraversa
Mi hai convinto pienamente, complimenti.
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Beh che dire: funziona alla grande. Io di solito di Storia so davvero poco, quindi non mi è passato per anticamera del cervello che fosse un fatto reale. Ho pensato a una trama alla War Games, visto che sono cresciuto a film piuttosto che a libri di Storia.
Il racconto è davvero ottimo, teso, intrigante fino alla fine. Leverei solo l'ultima frase, la trovo superflua. Ma per il resto, a differenze delle finte testate, colpisce nel segno.
Davvero complimenti.
Il racconto è davvero ottimo, teso, intrigante fino alla fine. Leverei solo l'ultima frase, la trovo superflua. Ma per il resto, a differenze delle finte testate, colpisce nel segno.
Davvero complimenti.
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
I racconti in seconda persona sono sempre ostici da gestire, ma qui la scelta funziona e convince, aggiungendo quel ritmo incalzante che ben sottolinea il momento descritto.
Forse in alcuni punti la penna si è un pò distratta attardandosi in troppe riflessioni, ricordi d'infanzia ed emozioni: tutto ciò, tutto questo tempo impiegato in altro, smorza un pò la tensione narrativa togliendo credibilità al testo stesso.
E' anche vero che il testo non è una storia, ma una simulazione: il lettore viene chiamato a mettersi nei panni del protagonista mentre il narratore onnisciente gli rivela i retroscena della vita di Petrov per immedesimarsi in profondità con il personaggio: una finzione originale e intrigante.
Esperimento che credo sia davvero ben riuscito.
Forse in alcuni punti la penna si è un pò distratta attardandosi in troppe riflessioni, ricordi d'infanzia ed emozioni: tutto ciò, tutto questo tempo impiegato in altro, smorza un pò la tensione narrativa togliendo credibilità al testo stesso.
E' anche vero che il testo non è una storia, ma una simulazione: il lettore viene chiamato a mettersi nei panni del protagonista mentre il narratore onnisciente gli rivela i retroscena della vita di Petrov per immedesimarsi in profondità con il personaggio: una finzione originale e intrigante.
Esperimento che credo sia davvero ben riuscito.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Come un abete rosso nella Taiga
Il racconto ha una gestione ottimale della tensione. Quella che ho purtroppo trovato carente in altri racconti, ben scritti ma che non riuscivano a gestire il climax. Tu invece l'hai gestito alla perfezione, alternando presente e ricordo, azione attuale e pensieri. Il tutto scandito dalle sirene che funzionano da metronomo del racconto. A un certo punto la tensione si è davvero fatta insopportabile, e in quel momento perfetto si sono spenti gli allarmi. Ed è tornato il sereno.
Bel pezzo. Complimenti.
Bel pezzo. Complimenti.
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I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
CharAznable- Maestro Jedi
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