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L’ultimo desiderio

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Messaggio Da Mac Sab Apr 02, 2022 12:52 pm

Racconto con incipit obbligatorio:
Un mattino, al risveglio da sogno inquieti, XXX si trovò trasformato in XXX

Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Jack si trovò trasformato in Johna, ma lui questo non lo sapeva ancora.
Era in quel limbo mattutino in cui corpo e mente uscivano con pigrizia dal sonno. Il suo non era stato buono quel giorno. La sua schiena era a pezzi, così rigida da non riuscire a beneficiare del favoloso materasso ergonomico, acquistato all’ultima svendita da Philli’s. Ci aveva pensato molto prima di prenderlo, ne aveva parlato con Janet e alla fine si erano decisi. Avevano concordato che la salute veniva sempre al primo posto. Non sentiva rumori provenire dalla cucina, nemmeno il profumo del caffè. Forse stava ancora sognando, era stata una notte tormentata. 

Aprì gli occhi, batté le palpebre un altro paio di volte, si alzò con fatica e si mise a sedere. Faceva freddo, probabilmente la caldaia era andata di nuovo in blocco. Si sfregò la faccia con le mani, erano ruvide e grattavano contro una barba lunga e ispida. Cercò gli occhiali sul comodino, ma non li trovò. Non trovò nemmeno il comodino. Spalancò gli occhi e si guardò intorno e poi si guardò. Non era il suo corpo quello, nemmeno la sua camera da letto. Con il cuore tachicardico si avvicinò allo specchio attaccato ad un muro spoglio. Sotto, un lavandino incrostato e alcune salviette. Una finestra, ingabbiata in alto, lasciava intravedere un cielo nebuloso. Si osservò a lungo. Il riflesso mostrava un vecchio sconosciuto, con gli occhi stanchi, la pelle raggrinzita e macchiata, e i capelli radi e lisci tirati indietro con poca cura. 

Aprì l’acqua del rubinetto. Ghiacciata. Cercò di bagnarsi il volto e le mani per ridestarsi, aggiustandosi le maniche per non bagnarsi si accorse di indossare una tuta arancione fosforescente come quella dei carcerati.

“Johna preparati. Sta arrivando il barbiere, così per il tuo ultimo saluto sarai un figurino, non vorrai sfigurare proprio tu, vero?” Una voce lo schermiva da dietro una porta di metallo.
Johna. Ultimo saluto. Un momento, come si chiamava il prigioniero che avrebbe dovuto giustiziare quel giorno? Quello che aveva ammazzato moglie e figlio in un raptus di violenza. Raccontavano che la polizia scientifica aveva lavorato giorni per raccogliere tutti i pezzi di quei poveri cristi. Johna Backer. Esatto si chiamava proprio così. 

Sentiva il bisogno di svegliarsi, di togliersi di dosso la sensazione di realtà in cui gli sembrava di vivere. I vestiti, l’acqua gelida, le voci. Mentre cercava di trovare una soluzione apparentemente impossibile, una finestrella sulla porta si aprì. “Mostrami le mani”. Incredulo lo fece senza ribattere e sentì il freddo del metallo avvolgergli i polsi. 

Si era sempre chiesto cosa provasse un condannato a morte nel suo ultimo giorno, quali fossero i suoi pensieri. Poteva essere quello il motivo di quel sogno che si stava trasformando in incubo. “Ehi Johna, nemmeno nel tuo ultimo giorno vuoi deliziarci con la tua voce?” Si sforzò di ricordare qualche informazione sull’uomo di cui ora vestiva i panni. Per evitare coinvolgimenti non si faceva mai dire molto delle persone che doveva giustiziare, lo trovava una forma di rispetto per loro e per il suo lavoro. Era un professionista. 
Non andava certo a dire in giro cosa faceva per vivere. Non perché se ne vergognasse, piuttosto per una forma di pudore e, diciamocelo, anche per evitare le solite facce esterrefatte e le solite vecchie e stupide battute. 
A chi glielo chiedeva diceva di essere un libero professionista, così, generico, senza scendere nei particolari. Che poi alla gente i particolari non interessavano mai. Le domande erano solo forme di educazione reiterate nel tempo.

Un tizio con un camice bianco entrò senza bussare seguito dal secondino che gli prese le manette e con una catena corta le attaccò al muro. Così non si poteva proprio muovere.
Quello che doveva essere il barbiere lo apostrofò: “Cerca di stare fermo e farò un buon lavoro, se cerchi di colpirmi o di fare l’idiota ricordati che ho un rasoio molto affilato”. 
Non aveva nessuna intenzione di muoversi, anche se poteva sembrare un paradosso, in fondo lo stavano preparando per la sua morte, cosa sarebbe cambiato morire ora o stanotte? Morire con la gola sgozzata o per una iniezione fatale?

Si era sempre chiesto perché i condannati a morte non recalcitravano, non provavano nemmeno a difendersi. Entravano mesti, alcuni con le lacrime agli occhi, altri indifferenti, altri ancora con un ghigno orribile sul volto guardando diretti negli occhi dei parenti delle vittime, ma nessuno di loro si ribellava.

Immagini sconosciute gli si palesarono violentemente. Una bella villetta con un giardino curato e un portoncino rosso, una donna con un bambino dai capelli chiari aggrappato alle gambe che saluta. Ha un bel sorriso.
Si sente male, un senso di vuoto e di paura e di follia e non sa cosa altro ancora, lo assale.

Quell’immagine così serena lo inquieta.
Il barbiere ha finito con i capelli, gli chiede se vuole rasare completamente la barba o solo accorciarla. Lo guarda ancora scosso dall’immagine in mente e non risponde. L’altro non si preoccupa, gli alza il mento e continua il suo lavoro. 
Sente il rasoio grattargli sulla pelle del collo, il rumore della schiuma che lo rende scivoloso. È attento e lui non si muove, non vuole essere sgozzato.
Una volta finito il barbiere bussa di nuovo alla porta ed esce lasciandolo incatenato, sbarbato e solo.
Chissà forse era questo l’ultimo desiderio espresso: morire senza peli superflui. Lui avrebbe chiesto altro, magari una cena gourmet. Non c’è nulla di più appagante del buon cibo. Sarebbe stato preciso su ogni portata e sicuramente non si sarebbe fatto mancare una bella coppa di tiramisù all’italiana, ricco di golosa crema al mascarpone e caffè. Senza dubbio quello non sarebbe mancato nella sua lista.

Di nuovo la stessa casa, lo stesso giardino curato, lo stesso portoncino rosso. Adesso però non c’è la donna sull’uscio aperto anche se ha l’impressione di essere spiato. Un piccolo lampo color ruggine passa veloce. Sente l’ansia salire mentre entra e l’ordine che appariva da fuori scompare. Confusione, tanta confusione, mobili spostati, sedie rovesciate e poi sangue. C'è sangue ovunque, pozze scure sparse sul pavimento. La porta della cucina è socchiusa, la apre e si blocca.
La donna e il bambino sono a terra, riconosce i capelli biondi di lei, mentre quelli del bambino si perdono nel rosso del sangue. Ora anche le sue mani sono piene di sangue, così come la camicia e i pantaloni.
Un oggetto appuntito esce dal petto della donna, cerca di estrarlo in un atto di folle lucidità ed è in quel momento che uomini vestiti di blu lo bloccano urlando e poi tutto diventa bianco e silenzioso.

Chiude gli occhi, mentre lo sdraiano sul lettino, conosce la procedura, è sempre stato scrupoloso nel suo lavoro. Lo legano, poi si allontanano. Un pizzico nel braccio destro e una sensazione di freddo che gli scorre nelle vene. Ecco cosa si prova. 
Il bianco attorno diventa azzurro, il silenzio è rotto da risate lontane. Sorride, sicuramente Janet è in giardino che gioca con il piccolo. 

“Siamo in collegamento dal penitenziario di Waupum, si è appena effettuata l’esecuzione di Jack Johna Backer, colpevole dell’assassinio della moglie e del figlioletto. Sono passati dieci anni dall’orribile tragedia, anni in cui Backer non ha mai proferito parola. In molti si sono chiesti che sensazioni abbia provato a trovarsi da boia a giustiziato, ma, nonostante le numerose richieste di rilasciare interviste, nessuno ha mai ricevuto risposta. All’esecuzione erano presenti diverse persone. Tra gli spettatori spiccava la testa color ruggine del cognato, testimone oculare dell’omicidio, che si è dichiarato felice di avere avuto finalmente giustizia.”
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Messaggio Da Susanna Sab Apr 02, 2022 4:16 pm

Racconto inquietante: gli ultimi momenti di vita di un condannato a morte per un delitto che non ha commesso (o almeno io così ho interpretato la testa color ruggine che compare sul luogo del diritto e poi tra gli spettatori all'esecuzione). Un delitto così atroce da sconvolgere per sempre la sua mente.
Ultimi momenti di vita in cui lo scambio di ruolo è il più definitivo che mai potesse accadergli, quello in cui si ritrova negli stessi gesti di coloro cui prende il ruolo.
C'è tensione nel racconto ma anche molta freddezza. Non ho percepito nè dolore per le vittime a cui imputate, nè desiderio di "vendetta", quella vendetta che potremmo anche desiderare purchè altri la portino a compiento, nè, alla fine, nenche compassione per una punizione non meritata.
Il racconto è scritto bene, in alcuni punti avrei usato altra punteggiatura, ma niente di particolare. Però non mi ha emozionato.

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Messaggio Da Mac Sab Apr 02, 2022 6:10 pm

Ciao Susanna, grazie per aver letto il mio racconto.
In realtà quella “freddezza” che ritrovi era un po’ voluta. Un momento tra reale e irreale in cui il protagonista di ritrova, ma che vive da lontano. Mi spiace non ti sia arrivato, ci riproverò
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Messaggio Da Susanna Dom Apr 03, 2022 10:35 am

Mac ha scritto:Ciao Susanna, grazie per aver letto il mio racconto.
In realtà quella “freddezza”  che ritrovi era un po’ voluta. Un momento tra reale e irreale in cui il protagonista di ritrova, ma che vive da lontano. Mi spiace non ti sia arrivato, ci riproverò
Non è che non mi è arrivato il significato intrinseco al racconto, anzi. Mi è piaciuto. In alcuni miei racconti ho sempre inserito una sorta di "bisogno" di vendetta, per mettere le cose a posto, per rendere pan per focaccia, semplificando al massimo. In questo tuo racconto c'è la freddezza dell'accettazione di un qualcosa di non risolvibile. Se, come ho inteso, il vero colpevole è il cognato, in Jack la morte dei suoi cari l'ho vista come un trauma talmente potente e definitivo per la sua mente, che anche la sentenza di morte non riesce a scuoterlo tanto da gridare la sua innocenza. Poi magari ho inteso male, scusami per questo.

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Messaggio Da Mac Dom Apr 03, 2022 11:21 am

Non ti devi scusare, ogni commento fa riflettere e migliorare. Grazie davvero per il tempo prezioso che dedichi alla lettura degli scritti.
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Messaggio Da Petunia Mer Apr 20, 2022 8:57 am

@Mac Una metamorfosi di Kafka interpretata in modo originale. Mi è piaciuta l’idea di far svegliare il protagonista nei panni di un condannato a morte. La scrittura è molto curata e pulita. Le sensazioni analizzate nei dettagli (interessante il taglio della barba).  Tutto è molto distaccato. 
Piaciuta l’idea d’indagare la mente di un uomo che sa con certezza di andare incontro alla fine.
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Messaggio Da Hellionor Dom Giu 05, 2022 11:01 am

Ottimo lavoro, Mac.
A me è arrivato con grande potenza.
Il lampo color ruggine del vero autore dell'omicidio.
Il rifugiarsi "dentro" del tuo protagonista, che sembra distaccato da tutto solo perchè vive in una sorta di universo parallelo dove nulla è mai accaduto, e se nulla è mai accaduto come si fa a non essere distaccati? Quindi trovo il registro narrativo davvero efficace, il protagonista ben gestito davvero in questa sua discesa che lo allontana dalla realtà, una realtà che sa non appartenergli, lui non ha ucciso nessuno, ma che vuole anche rifiutare per il dolore che porterebbe l'accettazione.
Insomma, Mac, mi è davvero piaciuto, brava!

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