La neve scendeva copiosa per le vie di New York. Mancavano pochi minuti alla mezzanotte e, lungo le strade scivolose della Grande Mela, tutti si muovevano per raggiungere Times Square e festeggiare l’arrivo del nuovo anno. Dall’Hotel Regimental, sulla Quarta Strada, risuonavano le prime note di un orecchiabile motivetto.
“Ancora quella dannata canzone?”
Era già la quinta o forse la sesta volta quella sera che l’orchestra eseguiva As time goes by e lo chef Modlier non la sopportava più. Uscì dalla cucina in preda all’ira e piombò nella sala da ballo dalle pareti color ambra dove gli invitati si erano radunati a cena conclusa. Joytas, il suo sous chef, lo seguì nel tentativo di calmarlo. Quando Modlier perdeva la pazienza in quel modo la sua aura nera si estendeva all’inverosimile e, grazie ai suoi poteri elfici, avrebbe potuto tranquillamente incenerire tutti i presenti con un piccolo movimento della mano.
“Sono nani. Lo sai che hanno un repertorio limitato.”
Modlier si voltò verso il suo aiutante con uno sguardo poco convinto. Sembrò calmarsi, anche se la vena polemica non era completamente svanita.
“Un hotel elfico non può permettersi di risparmiare in questo modo. Non puoi affidare a un’orchestra di nani il veglione di fine anno. Non è professionale! Non è concepibile! Fino a qualche anno fa questo era il veglione più esclusivo di tutta Manhattan!”
“Colpa della crisi mio caro. Dopo la guerra del 1995 il turismo a New York non si è più ripreso. Hai visto gli ospiti di questa sera? Troll, Orchi, Goblin, una coppia di elfi delle Montagne Rocciose. Esseri che si accontentano di tutto. Per loro un’orchestra di nani è già fin troppo raffinata.”
“New York è una città elfica. Troll e Goblin dovrebbero andare in vacanza in Florida. O al massimo a Las Vegas a farsi spennare da quelle dannate macchinette magiche. New York è una città elegante. Non rozza e ignorante.”
“Hanno vinto la guerra.”
“Non è un buon motivo per… Eccola! Ancora? Ancora quella canzone?!?”
L’orchestra aveva appena intonato le prime note di As time goes by quando un giovane Goblin si avvicinò allo chef con aria sprezzante.
“Siamo stufi di bere questa robaccia che ci servite.”
L’elfo osservò l’ospite di fronte a lui chiedendosi se il muco che gli penzolava dal naso sarebbe prima o poi caduto sulla camicia che un tempo avrebbe dovuto essere bianca.
“Signore, questa robaccia, come la chiama lei, è champagne francese. Forse non una delle marche migliori ma comunque un prodotto di ottima qualità.”
Il Goblin guardò il bicchiere perplesso, tirò su con il naso e poi chiese nuovamente.
“Non possiamo avere della birra di mele?”
Modlier cercò di sprigionare tutta la forza possibile per provare a rimanere calmo di fronte a un affronto del genere, fissò il Goblin negli occhi e rispose nella maniera più naturale e impassibile che il suo vecchio aiutante avesse mai visto.
“No, signore. Mi spiace. Non è possibile avere della birra di mele.”
“E della birra di cavolo nero?”
“Neppure. Mi scusi… signore… ma non abbiamo birra di cavolo nero.”
“Allora della birra di rapa del Kentucky.”
“No.”
“Della birra di sesamo aspero?”
“No!”
“Birra di muschio del Parant?”
“No!”
“Birra di bava di Beholder?”
Lo chef stava nuovamente portando la sua aura nera al limite sostenibile quando intervenne il suo aiutante a calmare gli animi.
“No! Mi spiace ma non serviamo birra. E ora torni pure a ballare con gli altri invitati. Tra poco sarete avvisati per il brindisi di mezzanotte. Grazie”
Il Goblin se ne andò con una faccia tutt'altro che soddisfatta.
“Questi vogliono brindare con la birra? Ti rendi conto? Vorrebbero salutare l’arrivo del 2000 con uno squallido boccale di birra da due soldi. Ma nemmeno nelle taverne più luride di New Orleans.”
Gli ospiti erano intenti a danzare sulle note dell’ennesima esecuzione di As time goes by quando l’ombra di un grosso troll oscurò le vetrate della cucina. Un aiutante, un giovane elfo impaurito dall’energumeno verde, entrò di corsa nel locale.
“Chef, chef. Un cliente insoddisfatto chiede di lei. È urgente”.
“Io non ne posso più di questi. Non ne posso davvero più”.
Modlier uscì dalle porte a vetri della cucina, asciugandosi le mani in un canovaccio pulito.
“Sei te che comandi qui?”.
“Sì, sono lo chef. Modlier D’Antervil. Di razza elfica, come d’altronde tutto il mio staff.”
“Il mio amico qui mi ha detto che non ci volete dare della birra di mele”.
“Il suo amico “lì” le ha riferito alla perfezione il mio intento. Non vi serviremo birra di mele né alcun altro tipo di birra esistente. Lei è ospite di un veglione di Capodanno e, come tutti gli altri ospiti, brinderà con dello Champagne francese. Che le piaccia o meno, le cose andranno così. E ora mi scusi perché manca poco alla mezzanotte e stiamo finendo di preparare il tutto.”
“Te non ti devi permettere di rispondermi così altrimenti io…”
Non sapremo mai cosa altrimenti avrebbe fatto il grosso troll in quanto la sua testa esplose in mille pezzi prima che potesse finire la minaccia. La nera aura dello chef aveva raggiunto livelli non più controllabili. Unì le mani e un’enorme palla di fuoco si materializzò di fronte a lui.
“Tutti a terra! Presto!” urlò Joytas ai giovani elfi dello staff.
Le coppie, intente nelle danze, si voltarono verso l’origine di quel forte calore che stava ormai diventando insopportabile. Videro quella sfera infuocata ingrandirsi sempre più. Ormai grande. Troppo grande. Troppo tardi.
Le fiamme avvolsero la sala intrappolando i presenti che in pochi istanti si trovarono inceneriti ancora intenti nelle figure disegnate sulle note eseguite dall’orchestra, che continuò a suonare imperterrita finchè anche l’ultimo ottone non si fuse con i resti carbonizzati del suo proprietario. Si salvò solo il pianoforte, riparato da una nicchia nel muro, e la coppia di elfi delle Montagne Rocciose, immuni alla magia elfica, che continuarono a danzare appassionatamente su una musica ormai immaginaria.
Lo chef rimase qualche istante a osservare la stanza color dell’ambra, ormai divenuta nera per le fiamme che aveva sprigionato. Un bel casino, pensò. Forse dovrei tornare a frequentare quel corso sulla gestione dell’ira.
Joytas uscì dalla cucina assieme ad alcuni dei ragazzi armati di scope. “Dobbiamo iniziare a darci da fare. C’è parecchia cenere da ripulire”.
“Io l’avevo detto. Troll e Goblin non dovrebbero venire a festeggiare Capodanno a New York”.
“Già. Peccato per tutto quello champagne sprecato”.
“Se n’è salvato qualche bicchiere?”
“Certo. Quando ho visto che non riuscivi più a controllare la tua aura ho fatto portare un paio di bottiglie in cucina”.
“Bene. È quasi mezzanotte. Potremmo brindare ugualmente, noi.”
Modlier si avvicinò a Samluriak, il vecchio pianista cieco che, accortosi di essere rimasto il solo a seguire la melodia, aveva smesso di suonare cercando di comprendere cosa fosse accaduto. Lo chef gli mise una mano sulla spalla e, contemplando nuovamente quello che aveva “combinato” nella stanza, pensò che alla fine non era poi male quel pezzo. “Suonala ancora Sam. Suona As time goes by”.