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È passata una vita da quando ci siamo sentite l’ultima volta.
In questo tempo di silenzio, di solitudine, in cui ognuno è costretto nel suo guscio, i ricordi del passato sono solo fantasmi, eppure li abbiamo vissuti intensamente, ci hanno fatto soffrire, piangere.
Quanta era bella la giovinezza e come se n’ è andata via, senza che potessimo fare qualcosa per fermarla, per viverla meglio.
Io sono sempre stata in lotta con le parole, erano le mie nemiche invisibili che giravano nella testa e poi non uscivano fuori o lo facevano in maniera limitata e io rimanevo sempre un’estranea, per le persone che frequentavo, non ero di buona compagnia.
Per te andavo bene come amica: tu parlavi, io ascoltavo, tu ripetevi la lezione che avevi già imparato la mattina, io, che non avevo potuto, ascoltavo, solo che poi le mie esposizioni erano insicure e tremolanti e rimanevo sempre un passo indietro a te.
Anche le amicizie erano scelte tue, il tuo fidanzato, i colleghi dell’università, tutti pendevano dalle tue labbra, mi ricordo una volta che uno ti disse: «Peccato che come te c’è n’è una sola.»
Preparata, intelligente, anticonformista, pronta a lottare per i diritti delle donne. Anche la musica che ascoltavamo era una tua scelta. Claudio Lolli con i suoi pezzi strappalacrime era il cavallo di battaglia dei nostri intervalli di studio universitari.
Una canzone in particolare mi è rimasta impressa: Vent’anni
Vent’anni e solitudine nemica
Ti schiaccia come piede una formica
T’inghiotte come il cielo un aquilone.
Così erano i miei vent’anni, forse non te l’ho mai detto, non ci siamo conosciute fino in fondo; io avevo la mia solitudine, tu il tuo fidanzato.
Quando lui è andato al nord a lavorare, passavamo le domeniche a casa mia, con la scusa di studiare, perché aspettavi la sua telefonata che durava minimo un’ora, e passavo il tempo senza né studiare né uscire. Era tutto talmente triste. Avevo solo vent’anni e non li avrei più ritrovati.
Tu, anticonformista, hai sposato il tuo primo fidanzato appena laureata, con il classico matrimonio con parenti e amici. Io con i miei tormenti interiori ho aspettato dieci anni per trovare l’uomo della mia vita e l’ho sposato con un matrimonio intimo, solo con genitori e fratelli.
Ti avevo chiesto di venire in chiesa, ma mentre le altre amiche mi lanciavano i fiori, tu non c’eri. Non ho mai capito perché.
Anni dopo mi hai cercata per la festa “compagni di scuola trent’anni dopo”. Avevo visto il film di Verdone, ma quella cena mi sembrò peggio. Tu ancora legata a quei ricordi in cui ti sentivi emancipata; c’erano matrimoni falliti, professionisti realizzati, storie tristi; io felice, con un lavoro, un marito e due figli meravigliosi, mi chiedevo cosa ci facessi lì e la risposta era semplice: l’avevo fatto per te, perché ti volevo bene.
Adesso capisco che tutti noi abbiamo un peso da portare e che nessuno può dire di conoscere l’altro veramente. Se ti vedessi adesso ti abbraccerei e forse potremo sentirci insieme.