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Il giorno della merla

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Messaggio Da SisypheMalheureux Dom Mar 28, 2021 12:41 pm

Una luce malata s’intrufola tra le fessure delle persiane e mi costringe ad aprire gli occhi.

Provo a stendere un braccio fuori dalle coperte. Lo ritraggo subito.

Qui dai nonni fa più freddo che a casa. Non so se è perché questo vecchio casolare di campagna è così grande che scaldarlo come si deve è fatica, o se davvero in questo paesino perso nella campagna cesenate il clima sia più rigido che a Bologna.

Mi rigiro nel letto e mi stiracchio inarcando la schiena. Riesco a farlo solo fino a che le costole vanno a toccare le barre di metallo della gabbia che mi racchiude il torace. Il busto ortopedico è fatto di metallo e di una resina che sarà anche ipoallergenica, ma d’estate ti fa sudare come un porco. Ma a parte questo, una volta che ti ci abitui quasi non ti accorgi di indossarlo. Riesco a dormirci senza svegliarmi o provare fastidio. Anzi, la notte è il momento migliore perché nessuno vede che lo porto.

Mi costringo a mettere giù i piedi sul pavimento. Il contatto della pelle nuda sul parquet di legno non mi dispiace. Non è freddo anzi, mi dà una bella sensazione di tepore. Tiro su la tapparella.

Disegno un cerchio con la mano sul vetro, per togliere la condensa. Fuori i campi sono tutti coperti di brina. Sembra che qualcuno ci abbia steso sopra un centrino bianco fatto all'uncinetto, come quelli che la nonna ha messo su tutti i mobili del salotto. C'è un gran silenzio, non sento alcun rumore provenire da fuori. Solo un ronzio basso e cupo, come un asciugacapelli acceso da qualche parte dentro la mia testa. Una merla grigia mi fissa di traverso dal davanzale della finestra.

Torno al letto che era di mamma quando aveva la mia età. Apro il primo cassetto del comodino, tiro fuori la scatola delle protesi acustiche e le indosso. L'asciugacapelli tace. La merla alla finestra continua a guardarmi di traverso, spavalda. Picchietto le dita sui vetri. Tac-tac-tac! Fa tre schiocchi secchi con la lingua e vola via.



 
Giù in cucina nonna sta preparando il brodo per il pranzo, sento l'odore dalle scale.

«Nanì, sei già sveglia?»

Prendo una fetta di ciambella dalla credenza.

«Mamma e papà hanno chiamato meno di mezz'ora fa. Gli ho detto che dormivi ancora, mi hanno risposto di non svegliarti...». Mi passa un tovagliolo di carta, ma ho già sbriciolato sul pavimento.

«Che dicono?»

«Dicono così che a Firenze c'è il sole. Domani vengono a pranzo, poi tornate a casa. Gli ho fatto tanti auguri per l'anniversario, anche da parte tua.»

Chi è che si sposa il cinque gennaio? Solo i miei genitori potevano scegliere un giorno simile.

Quest'inverno hanno deciso di regalarsi il viaggio di nozze che non si sono potuti permettere quindici anni fa. Sono partiti per quattro giorni in Toscana e io sono venuta a stare qui dai nonni.

Ma ormai la vacanza è finita. Domani è l'Epifania, poi sarò di nuovo a scuola. Non voglio tornarci. Odio la matematica e odio i miei compagni, soprattutto le femmine. Soprattutto quella troia della Jessica Messina. Vorrei che le vacanze durassero per sempre.

Beh, per sempre magari no, qui in campagna non c'è granché da fare per una quattordicenne. Però mi sono portata dietro Cose preziose di Stephen King, e poi ci sono gli animali.

I nonni hanno i conigli, le galline, un gallo cattivo, ma mai quanto la Jessica, un maiale e anche un asinello grigio.

Mi piace dar loro da mangiare. Ci starei delle ore ad accarezzare il maiale e strigliare l'asino.

«Lo vuoi un po' di succo d'arancia?»

«Sì nonna, grazie.»

Apre il frigorifero e la scatola di genotropin cade per terra.

«Oddio Nanì l'ho rotta?»

La raccolgo, inginocchiandomi a terra. Il busto non mi permette di piegare la schiena.

«No, non è successo niente» la tranquillizzo. «Poi avevo portato solo quelle necessarie per questi giorni e ne è rimasta solo una, il resto è a casa mia».

Fortuna che sono siringhe di plastica già riempite e non fiale.

«Nanì, tua mamma mi ha detto così di controllare anche se hai finito i compiti. »

«Quasi, mi mancano due esercizi di matematica.»

«Allora dai, finiscili prima di mezzogiorno che ho chiesto al nonno se oggi pomeriggio ci porta a Cesenatico.»





La Panda del nonno puzza. Diana Rosse, ne fuma tre pacchetti al giorno.


Troviamo parcheggio dietro al mercato ittico. Appena scendo l'odore del pesce mi assale. Non mi piace, ma non è peggio del fumo che impregna tutta la macchina.

Nonno non è abituato a guidare e non esce quasi mai dal paese. Nonna deve avere insistito molto per convincerlo a portarci ai mercatini di Natale.

Saliamo sul traghetto per andare a ponente. Ho sempre trovato un po' ridicola la traversata del canale di Cesenatico. È più il tempo che ci metti a salire e scendere dal traghetto che quello che ci resti su. Se non prepari i soldi prima di salire, finisce che l'imbarcazione è già sull'altra sponda e tu sei ancora lì a ravanare nel portafoglio in cerca della moneta per pagare il biglietto.

Percorriamo Corso Garibaldi per tutta la lunghezza del Porto Canale.

Ci sono molte bancarelle ma vendono per lo più caramelle, cioccolato, torrone e dolciumi vari. Va bene che domani è l’Epifania e devono vendere i dolci per le calze dei bambini, però sono tutte uguali. Vista una,viste tutte.

Però il presepe che hanno allestito sul canale mi piace molto. Qui, per tradizione, Gesù nasce su un peschereccio, circondato da pescatori, lavandaie e vecchie azdòre intente a tirare la sfoglia o a cuocere la piada sul testo. Di notte, quando viene illuminato, deve essere davvero bello.
A Cesenatico c'è molta meno gente che a Bologna, il che non mi dispiace affatto.

Adesso che è inverno mi va ancora bene perché con i vestiti pesanti il busto si nota poco. Posso indossare i maglioni a collo alto e la sciarpa, così nascondo il collare che mi fa stare dritta con la testa.

Oggi, col freddo che fa, ho messo anche un berretto di lana grigio che mi copre le orecchie, così gli apparecchi acustici non si vedono.

Mi piace l’inverno. L’estate invece la odio perché non puoi nascondere niente.
«Nanì, vieni che giriamo per di qua!»

Nonna si infila per una via laterale. Sbuchiamo in Piazzetta delle Conserve. Qui il mercato è più vario, ci sono bancarelle che vendono pesce, soprattutto alici e baccalà; frutta, verdura, marmellate e prodotti in salamoia. Uno stand della Croce Rossa vende un vin brulé così speziato che l'odore di chiodi di garofano si spande per tutta la piazza.

Nonno si ferma a prenderne un bicchiere. Sento un canto provenire da dietro le nostre spalle.  Quattro uomini vestiti con cappa e cappello neri, un fazzoletto colorato al collo, muniti di zampogne e fisarmonica ci si avvicinano intonando:

«Siamo qua alla sua presenza a dimandare una licenza di cantare in allegria: Viva Pasqua Epifania…».

«T'e vest Aldo? I pasquarùl!»

Nonno alza le spalle, beve un sorso di vin brulé.

«Chi sono, nonna?»

«Sono i Pasquaroli. Vanno in giro a suonare e a cantare la Pasquella.»

«Ah guarda… ne so quanto prima.»

«Te lo spiego un'altra volta. Adesso è meglio che torniamo a casa, che ormai è scuro e sta venendo giù la nebbia.»



 
«Tieni, usa questo.»
Nonna mi passa uno straccio per asciugare le posate.

Lei e nonno sono abituati a cenare presto. Sono le 19:30 e abbiamo già sparecchiato.

Fuori, sento Porbia che abbaia furiosa.

Porbia è la segugia del nonno. Non so se l’abbia chiamata così perché quando la porta a caccia corre velocissima dietro alle lepri; o se il nome sia invece dovuto al suo pelo, ispido e sempre sporco. Comunque sia, il nome le calza a pennello visto che, ogni volta che si alza da terra, solleva una nuvola di polvere come Pig-Pen dei Peanuts.  

«Aldo, va a vedere che c’è qualcuno…»

Nonno si alza lentamente dal divano. senza dire una parola.

Bussano alla porta

«Sgnòr padròn arvì la porta che qua ad fòra uj è la mòrta. e lé déntra uj’è allegria, viva Pasqua Epifania

Dalla finestra del salotto vedo degli uomini vestiti come i pasquaroli di oggi pomeriggio.
Riconosco un paio di vicini dei nonni. C’è anche un settantenne alto, con una gran pancia che tiene in mano una fisarmonica. È il proprietario dell’alimentari che sta in fondo alla via.
Nonno li fa accomodare in salotto e gli offre un bicchiere di sangiovese.

«Vieni in cucina che finiamo di mettere a posto» mi sussurra nonna con un filo di voce, «non sta bene ascoltare i discorsi degli uomini.»



 
«Nonna, Me la spieghi bene sta cosa della Pasquella?» le chiedo, mentre finisco di riporre le ultime posate.

«Una volta dicevano che la notte tra il cinque e il sei gennaio la gente era meglio che se ne stesse chiusa dentro casa.»

«E perché?»

«Perché dicevano così che gli animali nelle stalle, questa notte qui, possono parlare.»

«In che senso scusa? Le galline, le vacche, i maiali… stanotte si mettono a parlare?»

«Sì, così si diceva. Parlano con il mondo dei Morti. Se il padrone li ha trattati sempre bene, allora ne parlano bene e non ci sono problemi. Invece, se li hanno trattati male si mettono a dire male dei loro padroni e sono guai.»

«Però, nonna, non ho ancora capito perché i pasquaroli vanno in giro a cantare. Cosa c'entra con gli animali?»

«Eh te l’ho spiegato Nanì…non bisogna mica rimanere fuori, stanotte. Appena fa scuro bisogna tornare subito in casa, perché se resti fuori rischi di sentire i discorsi degli animali. E chi ascolta quei discorsi lì finisce all'inferno.»

La guardo stupita e divertita.

«E insomma, i pasquaroli vanno in giro per le case a chiedere di poter entrare» continua lei « perché così non rischiano di ritrovarsi di fuori quando è buio. E allora tu li fai entrare e offri un bicchiere di vino, un po' di ciambella… quello che hai. Ecco, una volta si faceva così.»

«Sarà, ma a me sembra solo un pretesto per andare a bere a casa degli altri». Dalla cucina sento provenire le risa degli uomini, alterate dall’alcol.





«Sei ancora sveglia? È quasi mezzanotte.» Nonna si affaccia alla porta della mia camera.

«Finisco questa pagina e poi vado a dormire.»

Poso Cose Preziose sul comodino e scendo in cucina. Apro il frigorifero, prendo il genotropin e torno in camera. Tiro fuori la siringa dalla scatola.
Verso un po' di bialcol sul cotone, con una mano pinzo un po' di ciccia sulla coscia destra e con l'altra comincio a disinfettare.

Faccio un respiro e infilo decisa l'ago sotto pelle. Quando lo ritraggo esce una gocciolina di sangue. La guardo, incantata, scivolare fin lungo il ginocchio, finché non mi macchia i pantaloni del pigiama. Una macchia minuscola, impercettibile.

La rogna di doversi fare ogni sera iniezioni di ormone della crescita è che va sempre conservato in frigorifero anche in inverno. Oltretutto finché è inverno e il viaggio è breve, pazienza, ma quando comincia la bella stagione è un casino. Tipo la primavera scorsa, che volevo andare in gita scolastica sulla costiera amalfitana ma avrei dovuto portarmi dietro la borsa termica, lasciarla per delle ore in autobus e poi, la sera, chiedere a quelli dell’albergo di mettere subito le fiale in frigorifero. Alla fine sono rimasta a casa.

I medici, a Bologna, dicono che se continuerò a fare la terapia arriverò a un’altezza normale. Centocinquanta centimetri,dicono. A me non sembra tanto… però chissà, forse è abbastanza perché Jessica mi lasci in pace.

Prima di mettermi sotto le coperte mi inginocchio ai piedi del letto e rivolgo lo sguardo al grosso crocifisso di legno appeso sopra al guanciale. Giungo le mani in preghiera.

«Oh signor banadètt, fasim cresar e cul e al tett…»

Mi chiedo se questa volta Lui mi ascolterà. Chiudo gli occhi, poi li riapro ebutto uno sguardo dentro la scollatura del pigiama. Niente.

 
 
 La sveglia sul mio comodino segna le due e dieci. Ancora non sono riuscita a prendere sonno.

La tapparella della mia stanza lascia passare una luce gialla che sembra provenire dal cortile.

Scendo giù in cucina. Avanzo piano, mettendo un piede davanti all’altro, quando per poco non vado a sbattere contro una delle sedie del tavolo da pranzo. Impreco mentalmente contro il collare del busto, che non mi permette di vedere dove metto i piedi. Aggiro il tavolo, dalla cucina passo in soggiorno e alzo la trave che blocca il portone d'ingresso.

Porbia esce di corsa dalla cuccia e mi blocca sulla soglia, mostrandomi i denti.

Le sussurro un «zitta!» poco convinto. Ho paura che si metta ad abbaiare e svegli nonni. Mi risponde scoprendo tutta la bocca in un ringhio minaccioso che non sono in grado di sentire.

Indietreggio e rientro in cucina in punta di piedi. Cercando di fare meno rumore possibile, apro la credenza e prendo un pezzo di pane.

Lo offro alla cagna, che è ancora di guardia sulla soglia di casa. Lei lo annusa, diffidente, ma, dopo qualche secondo, lo accetta e si decide a lasciarmi passare. 

Quando esco in giardino i miei piedi nudi a contatto con l'erba non sentono alcun freddo, solo il solletico dell’erba bagnata. La nebbia mi avvolge nella sua cappa protettiva, densa di umidità.

La stalla è illuminata e sento un chiacchiericcio provenire dal suo interno. Strano, non ho indossato le protesi e non dovrei sentirci nulla.

«A me il padrone non mi tratta mica bene. Sempre attaco qui, a questa corda… e poi se non lavoro abbastanza me le dà." dice una voce nasale.

«Mai quanto quelle che busca sua moglie quando torna a casa dal bar ubriaco.» risponde un'altra voce, un po' più roca.

Percepisco delle risatine soffocate, come dei pigolii sommessi.

Mi avvicino un po' di più alla porta e mi sento canticchiare a bassa voce: «Sgnòr padròn arvì la porta che qua ad fòra uj è la mòrta…»

 


 
«Chi è che canta là fuori?» 

Dal pino accanto alla stalla vedo scendere giù la stessa merla di stamattina. Gracchia a dare l'allarme.

«L'è la burdèla, la nipote dei padroni»

 Il gallo esce dalla stalla impettito: «Cosa ci fai qui a quest'ora tu? Non sai che sta male ascoltare i discorsi degli altri?»

«Ormai che è lì, falla entrare.» chioccia una delle galline.

Mi faccio coraggio ed entro, seguita dalla segugia.

«Vieni qua, siediti su questo mucchio di paglia qui vicino a me» mi richiama il maiale, dal fondo della stalla.

«Gallo, lasciala stare lei, che è sempre gentile con me e mi fa i grattini sulla schiena.»

Vado a sedermi accanto a lui e gli dò una grattatina dietro le orecchie. Porbia si sdraia accanto a me.

«Allora è vero quello che mi ha detto la nonna, che parlate con il mondo dei Morti!»

«Ma va’ là! Non stare ad ascoltare le superstizioni di tua nonna» interviene l'asino. «Piuttosto, potresti togliermi questa cavezza dal collo? È di uno scomodo»

Faccio un po' fatica ad allentare la grossa corda, ma alla fine riesco ad allargare il cappio quel tanto che basta perché lui si liberi, scuotendo la testa. Mi ringrazia con un raglio soddisfatto. 

«Senti babìna, com'è che te ne vai in giro a quest'ora» Mi chiede una chioccia marrone, con un gran ciuffo di penne in testa.

«Ah perché voi invece, che dovreste essere nel vostro pollaio?» ribatte il maiale.

«E dài, per una volta l’anno che possiamo fare due chiacchiere fra di noi, non brontolare» risponde uno dei conigli.

«Non riuscivo a prendere sonno perché domani… cioè oggi è l'ultimo giorno di vacanza, poi ricomincia la scuola.»

«Non ti piace andare a scuola? Ma guarda che sei proprio una somara.» ridacchia l'asino.

«Spiritoso! No la scuola mi piace. Solo che mi prendono sempre in giro e non ci voglio andare.»

«Chi? I tuoi compagni?»

«Sì, mi chiamano nana e handicappata. C'è una, poi, che non mi lascia mai in pace. Mi prende per i capelli e spesso mi picchia. Jessica, si chiama.»

«E tu dagliele indietro!» squilla una voce dietro di me.

«La fai facile tu, gallo, che sei abituato a risolvere tutto con le botte. Anche mio babbo mi dice così, ma quella è alta almeno venticinque centimetri  più di me. Pensa che un mese fa durante la ricreazione mi ha rubato il Kinder che avevo per merenda e, mentre ero al bagno, ha spalmato tutto il cioccolato sulla mia sedia facendo credere a tutta la classe che mi fossero venute le mie cose. E tutte le altre che ridevano.»

«Beh, potevi pur dire che non era vero che ti erano venute le mestruazioni.» ribatte un'altra gallina.

«Ma guarda che io mi vergogno! Come faccio a dire che, a quasi quindici anni, non mi è ancora venuto il ciclo, e che i dottori dicono che non verrà mai?»

Nella stalla cala, per un attimo, il silenzio.

«Senti, sei stata sempre molto buona e gentile con noi» dice il maiale «vorremmo aiutarti.»

«Potete, davvero?»

«Dipende. Tu cosa vorresti che facessimo?»

«Non so… fare fuori quella stronza della Jessica Messina?»

«È questo che vuoi? Si potrebbe anche fare, ma cosa otterresti poi?» obietta un coniglio grigio. «Lo sai quante Jessica Messina esistono al mondo? Da grande ne incontrerai anche di peggiori, te lo assicuro.»

«Avete ragione. Potete togliermi la malattia, allora? Intendo, potete guarirmi e farmi diventare come le altre? Così non dovrò più portare il busto e gli apparecchi, crescerò e mi verranno le mestruazioni. E quelle stronze la smetteranno di prendermi in giro perché sono bassa e non ho le tette.»

«No, mi dispiace ma questo non è possibile» sbuffa l'asino. «Però, forse c'è un modo per far sì che tu non debba più sopportare nulla di tutto ciò.»

«Quale?»

Porbia si alza uggiolando. Trotta verso l’asino, poi torna da me con la cavezza in bocca.

Prendo in mano la fune, la tendo e ne soppeso la robustezza.

«Che cosa dovrei farci con questa, Porbia?»

Tac-tac-tac! Tre schiocchi secchi. Alzo gli occhi. La merla grigia mi fissa di traverso, da sopra le grosse travi che sostengono il tetto della stalla.
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Ultima modifica di SisypheMalheureux il Dom Mar 28, 2021 6:00 pm - modificato 1 volta.
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Messaggio Da ImaGiraffe Dom Mar 28, 2021 1:58 pm

Ciao
Caspita che altalena di emozioni... forse troppe. Il racconto inizia con una staticità che non mi è dispiaciuta, poi però tutto diventa troppo statico fino al momento in cui tutto cambia e il racconto sembra prendere un’altra direzione forse più spensierata... e invece no. Alla fine arriva la mazzata. Credo che tu abbia voluto mettere troppa carne al fuoco unendo stili e generi diversi. Il personaggio di Nanì andrebbe approfondito perché, secondo me, ha molto altro da dirci. Ci sono degli errori di battitura qua e là. 
In ogni caso non mollare. Spero di rileggerti presto  Very Happy
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Messaggio Da mirella Dom Mar 28, 2021 3:58 pm

Ho trovato gradevole il racconto; ottima caratterizzazione della protagonista, buona l’ambientazione spazio-temporale e le descrizioni. Scorrevole la forma.
Punto debole: il finale. Hai usato uno stile realistico in tutta l’esposizione; non mi aspettavo la virata surreale della chiusa.

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Messaggio Da gdiluna Dom Mar 28, 2021 4:21 pm

Ho molto apprezzato l'introduzione "dolce" del personaggio e delle sue difficoltà. Ho faticosamente attraversato la lunga descrizione della gita a Cesenatico sostenuto dalla curiosità di capire che cosa c'entrasse Stephen King, perché per qualcosa doveva entrarci! Poi mi sono lasciato fregare divertito dalla favola degli animali parlanti fino a che King è riapparso e mi ha steso!
Ti suggerisco di tagliare un po' la parte faticosa, a parte questo l'ho trovato estremamente interessante.
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Messaggio Da Petunia Dom Mar 28, 2021 4:50 pm

Ciao Sisyphe. A me questo racconto è piaciuto da morire. Me lo sono proprio gustato fino in fondo. Devo dire che ho apprezzato anche la chiusa finale. Ha dato un sapore speciale a tutta la storia, un senso compiuto. Certo, non molto allegro, ma del resto il tuo nick racconta già tanto...
Mi è piaciuta tutta l’atmosfera che hai creato, le descrizioni così asciutte e semplici ma confortevoli.
Il dialetto che, per mio gusto, è sempre un plus per chi lo sa integrare bene nella storia  (tu lo hai fatto stra bene). 
Ci sono alcune imperfezioni. Qualche virgola fuori posto, ma niente che tu non possa sistemare al volo.
Tanto per farti un esempio, questa frase:
«Nanì, tua mamma mi ha detto così di controllare anche se hai finito i compiti.»
con un po’ di punteggiatura si leggerebbe meglio.
Ho trovato ottima anche la formattazione.

A leggerci presto e complimenti 🌸
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Messaggio Da SisypheMalheureux Dom Mar 28, 2021 5:26 pm


Ho trovato ottima anche la formattazione.

A leggerci presto e complimenti 🌸
Eh in effetti la formattazione devo ancora capire come funziona... è uscita da sola, ho fatto copia-incolla da un file di word formattato con il classico Times New Roman 12 e non ho mica capito perché sia saltato fuori questo carattere gigante. Come devo fare per ottenere una formattazione standard?  Crying or Very sad
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Messaggio Da Petunia Dom Mar 28, 2021 5:42 pm

Pe noi anzianotti va benissimo così 😬...

Se premi il tasto editing ti propone una sorta di word. Se selezioni il testo e clicchi sulla icona della A (quella che sul lato sinistro ha una freccia bidirezionale rossa) puoi scegliere la grandezza dei caratteri e modificare...
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