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Una gita tranquilla

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Messaggio Da Yoghi69 Dom Feb 14, 2021 4:37 pm

“Amore, non senti anche tu i chakra che si stanno allineando? Non senti le vibrazioni? Non senti l’energia dell’universo in tutto il tuo corpo?”
“Sì, tesoro, lo sento. Hai avuto una bellissima idea” rispose Enrico, maledicendosi per la centesima volta per aver dato retta a sua moglie.
Del resto, come poteva sapere cosa gli aspettava?
“Nel testo cosmogonico che mi ha consigliato la mia mental coach, c’è scritto che domani è un giorno speciale. Un giorno in cui tutto diventerà chiaro. Ma solo per gli eletti che sapranno farsi trovare pronti nel luogo giusto. E io, tesoro, lo so quale è il luogo! L’ho scoperto in biblioteca. In un libro ho visto che esiste un posto chiamato Piano della illuminazione eterna. Vedrai, sarà una bellissima passeggiata e ti farà bene un po’ di moto. Non preoccuparti. Penso io a preparare gli zaini”. Questo gli aveva detto la sera prima e lui ci aveva creduto.
Effettivamente i primi venti minuti di camminata, dopo aver lasciato l’auto in quel paesino sperduto tra i monti, erano stati piacevoli. Pianeggianti, vicino a un ruscello, con gli uccellini che cinguettavano, l’aria pura, le placide mucche al pascolo.
Poi era iniziata la salita. Interminabile.
“Scusa tesoro, ma eterna era riferita alla lunghezza della salita? Possiamo fermarci un attimo? Vorrei mangiare qualcosa. Cosa hai messo negli zaini?”.
“No, amore, bevi solo un po’ di acqua e radice di zenzero. Manca pochissimo. Poi faremo un bel picnic. Senti che banchetto ti ho preparato: grano saraceno con zucchine, polpette di piselli, hummus di avocado, carote alla julienne, gallette di quinoa e, per finire, una sorpresa. Sei contento? Non è tutto delizioso?”
“Meraviglioso, proprio quello che speravo di mangiare” mentì Enrico, maledicendo tra sé anche l’istruttrice di yoga di Luisa e il loro gruppo di cucina biologica.
Dopo altre due ore di cammino, quando Enrico era arrivato ad avere crampi anche alla base dei padiglioni auricolari e a riconsiderare il suo rapporto con le figure principali della religione cattolica che aveva ben conosciuto nel corso dei suoi studi dai Salesiani, Luisa si fermò improvvisamente.
“Eccoci! È qui! Alza lo sguardo dal sentiero Enrico e ammira. Non è incredibile?”
Enrico smise di guardarsi i piedi e si preparò per vedere un paesaggio meraviglioso, una vallata ricca di fiori, un laghetto, una piccola baita.
Nulla di tutto questo.
Un prato brullo e grigio.
“Cara, è qualcosa che non avrei mai pensato di vedere” disse, prima di sedersi distrutto dalla fatica.
“Te l’avevo detto, amore. Meglio di quanto sperassi. Sento già la pace e la gioia che scende in me. Devo subito mettermi nella posizione del serpente adorante. Prima però, devo mandare una foto a tutte le amiche. Moriranno di invidia. No! Maledizione, nooo!”
“Cosa succede, amore mio, dimenticato il cellulare?” le chiese Enrico in procinto di appisolarsi.
“No. È qui ma non si accende, non si accende”.
“Amore, non l’avrai caricato. Non è la prima volta”.
“Mi prendi per stupida? Certo che l’ho caricato. Come avrei potuto partire senza averlo fatto?” rispose lei alterata.
“Allora forse si è rotto. Che sfortuna. Va bene dai, usiamo il mio. Io l’ho caricato. Me lo ricordo perfettamente” disse Enrico, complimentandosi per la sua pazienza. “Ecco qui. Allora come la vuoi la foto di questo posto meraviglioso? Ma perché il cellulare è spento? Eppure, ero sicuro…”
“Visto? E Adesso che facciamo? Come faremo senza una foto?”
“Terremo tutto nella nostra mente e riempiremo il nostro cuore di questa bellezza. A proposito di riempire, che ne diresti di iniziare a mangiare tutto quel ben di Dio che hai preparato?”.
Dopo aver ammirato per un altro paio di minuti quella radura spoglia, Luisa, si decise a svuotare gli zaini e iniziarono il loro picnic biologico.
Mangiarono in silenzio per alcuni minuti. Poi Luisa chiese a Enrico “Ti piace? Le carote sono buone?”.
“Semplicemente deliziose” rispose Enrico, cercando di nascondere una smorfia di disgusto.
“Mi stai dicendo la verità, amore? Non avresti preferito magari un panino con la mortadella?”.
“Ma no figurati. Sai quanto mi piace questo cibo sano”.
“Non so, ma non mi sembri del tutto convinto”.
“Te lo giuro, amore mio. Venisse l’Apocalisse se non ti sto dicendo la verità”.
In quel momento la terra cominciò a tremare. La brulla radura fu scossa da un rumore assordante.
 “Dio” disse tra sé Enrico “lo sai che stavo solo scherzando. Capisco che ti ho trascurato in questi ultimi anni ma ti prometto che ora cambierà tutto, che andrò ogni giorno a messa, che sarò sempre…”.
Il flusso delle sue preghiere si interruppe alla visione di un’enorme astronave che stava atterrando in mezzo alla radura.
Luisa cominciò a urlare iniziando a correre verso l’astronave. “Lo sapevo. Lo sapevo. Sono venuti a portarci la saggezza. Extraterrestre, sono qui. Extraterrestre portami viaaaa”.
Enrico cominciò a inseguirla. “Luisa, fermati. Non siamo in una canzone di Finardi. Torna qui. Potrebbe essere peric...”.
Non riuscì a terminare la frase che un raggio viola proveniente dall’astronave andò a colpire Luisa che crollò al suolo.
Enrico si bloccò immediatamente. Poi ricominciò a correre da dove era venuto alla disperata ricerca di un riparo.
Dopo pochi secondi, gli apparve don Tarcisio, in piedi, sul pulpito della chiesa di San Germano.
“Fedele sempre nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e la amerai e onorerai tutti i giorni della tua vita. E lo fai così Enrico? Lasciandola a terra sotto a un’astronave aliena? Non ti vergogni?”
“Ma don Tarcisio. Cosa posso fare? Ormai…”
“Ormai? Torna da lei! Razza di smidollato!”.
Enrico si fermò e con cautela tornò sui suoi passi dirigendosi verso il corpo inanimato di Luisa.
L’astronave era ancora lì, a pochi metri da lui, ferma e silenziosa.
Improvvisamente un raggio lo abbagliò e una voce femminile risuonò nell’aria. “Terrestre, tu hai mostrato coraggio. Tu sei il prescelto. Prendi qualcosa che possa scaldarti e preparati a entrare nel nostro regno”.
Enrico fece appena il tempo a prendere lo zaino di Luisa dove c’era il suo pile, prima di essere catapultato all’interno dell’astronave.
Una volta entratovi rimase accecato da una fortissima luce e cominciò a rabbrividire per il freddo.
Aprì subito lo zaino e prese il pile facendo cadere un pacchettino con un bel fiocco rosso.
Si piegò per raccogliere il pacco e, facendolo, cominciò a guardarsi attorno.
La stanza era spoglia, vuota e inanimata.
Lì dentro c’era solo lui. No, no era vero. Vicino alla parete più lontana c’era un piccolo bimbo nero di circa quattro anni seduto su una sorta di trono.
Con il pacchetto in mano si avvicinò a quella strana figura.
“Ciao bel bambino. Tu capire la mia lingua? Tu sapere cosa è questo?” disse Enrico.
Il bambino lo guardò sorridendo. Poi, con una tenue vocina gli rispose.
“Taci coglione di un terrestre e portami rispetto. Io sono Azbadar il capo delle truppe della regina Rosa, l’imperatrice di tutte le galassie. Genuflettiti davanti alla sua immagine!”.
A queste parole la stanza piombò nel buio più assoluto e, alle spalle di Azbadar, comparve la foto di una donna.
Una donna che aveva segnato la psiche e il percorso formativo di Enrico nel corso di tutti gli anni della sua adolescenza: Rosa Fumetto.
A quella visione Enrico non riuscì a trattenersi “Ma dai, ho capito, è tutto uno scherzo. Dove sono le telecamere? Rosa Fumetto. Ridicoli. Certo amici che potevate pensare a qualcosa di più…”
Non riuscì a terminare la frase perché il bimbo lo colpì con un manrovescio che gli fece quasi perdere i sensi.
“Sei più idiota di quanto pensassi, terrestre. Credi che quella sia la sua vera immagine? Credi che questo sia il mio vero aspetto? La tua debole mente, essere inferiore, non sarebbe in grado di reggere la visione della nostra reale apparenza. Abbiamo creato due proiezioni che non bruciassero quella massa informe che voi chiamate cervello”.
“Mi scusi” disse Enrico “non avevo compreso. Chiedo scusa anche alla regina”.
“Bravo” rispose il bimbo “e ora, senza perdere altro tempo, veniamo subito al motivo della nostra visita”.
“Mi dica signore, cosa siete venuti a cercare qui nel nostro bel pianeta?” disse Enrico.
A questa affermazione il bimbo scoppiò in una lunga risata isterica.
“A cercare?” disse, asciugandosi le lacrime. “Noi non abbiamo bisogno di cercare nulla, caro il mio terrestre idiota. La nostra civiltà ha tutto. Ha cose che voi umani non potete neppure immaginare. Ha anche il compito di eliminare quelle specie che si sono rivelate inutili per la loro incapacità di produrre qualcosa di rilevante per le altre civiltà della galassia. E voi terresti, non avete creato nulla di nuovo, nulla che meriti di essere tramandato. Sono millenni che vi osserviamo e abbiamo sempre visto guerre, litigi e comportamenti non degni di una razza superiore. Cosa avete creato? Come vi siete evoluti? Meritate l’estinzione. Questo è stato deciso. Prima di farlo, però, la Regina Rosa, dall’alto della sua saggezza, mi ha mandato a parlare con un terrestre per capire se c’era qualcosa che potevamo non aver preso in considerazione. Tu sei il prescelto. Orsù inutile terrestre, hai a disposizione un minuto per dirmi qualcosa per cui la Terra meriti di continuare a esistere. In caso contrario procederò con la missione di distruggere questo inutile pianeta. Muoviti terrestre. 60 secondi, 59, 58..”.
Enrico rimase lì, in silenzio, bloccato dal panico.
Come trent’anni prima, all’esame della maturità.
“Mi parli della poetica del Leopardi”.
“Qualcosa su Pirandello?”
“Manzoni?”
“Calvino?”
“Dante?”
 “Rossi, se non sa nulla, perché ha portato italiano? Guardi Rossi, io cercherò di farla promuovere ma sarà molto molto difficile”.
“Uno, zero. Allora, umano? Nulla da dire? Nessun motivo per salvare la Terra? Lo sapevo. Procediamo con la nostra missione. Prima di farlo, inutile essere inferiore, abbiamo visto che da voi i condannati a morte hanno la possibilità di esprimere un desiderio. Non possiamo perdere tempo a esaudire i desideri di tutti gli inutili abitanti di questo pianeta, però con te farò un’eccezione. Dimmi allora, quale è il tuo ultimo desiderio?”
Enrico cercò di pensare a qualcosa di sensato, a qualcosa di spettacolare. Poi guardò il pacchetto che teneva in mano. L’ultima sorpresa che voleva fargli Luisa.
“Signore, posso guardare cosa c’era qui dentro?” disse.
“Tipico desiderio di una razza inferiore” rispose il bimbo. “Fai pure”.
Enrico cominciò a scartare il pacchettino e le lacrime iniziarono a scendere sul suo volto.
“Luisa, ti voglio bene” disse singhiozzando, prima di addentarne il contenuto.
Il bimbo incuriosito si avvicinò. “Cosa è?” chiese.
“Una cosa che voi non avete né avrete mai: la focaccia con la mortadella” rispose Enrico.
“Fammi assaggiare, essere inferiore” rispose il bimbo, stappandogli la focaccia dalle mani.
“Il profumo è gradevole. Sentiamone il sapore” disse, prima di addentarla.
Al primo morso un’espressione di godimento assoluto comparve sul suo volto e vi rimase fino a quando l’ebbe terminata.
“Umano” disse, dopo aver emesso un leggero ruttino “non provavo così tanto piacere da quella volta che avevo copulato con le principesse guerriere del pianeta Zork. Questo è qualcosa che merita di essere riferito alla Regina Rosa. Lo farò subito. Addio umano”.
In un attimo Enrico si ritrovò fuori dall’astronave che, con un gran rumore, scomparve.
“Ma cosa è questo schifo di posto? Cosa era questo rumore?”
“Luisa! Ma sei viva!”
“Certo che son viva! Che ci facciamo qui? Quando ci siamo arrivati? Voglio tornare a casa!”
“Vuoi dire che non ti ricordi nulla di cosa è successo?”
“No. Cosa è successo?”
“Niente, amore. Abbiamo fatto una gita e ti sei addormentata. Dai, torniamo al paese”.
Enrico e Luisa si avviarono lungo il sentiero.
Lei cercando di ricordare come fossero arrivati in quel posto desolato, lui con l’obiettivo di arrivare al primo negozio di alimentari.
Quel dannato alieno si era mangiato tutta la sua focaccia e gli era rimasto un incredibile desiderio di quel salume che, almeno per il momento, aveva salvato la Terra da una fine misera e ingloriosa.

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Messaggio Da Ospite Dom Feb 14, 2021 5:07 pm

Bah, un racconto che mi dice poco o nulla. Sarebbe utile sapere quale fosse il tema del concorso, così da avere un'idea più precisa del fine per cui ha scritto questo testo che, allo stato attuale, mi pare blando e senza mordente. Sostanzialmente è un racconto all'inizio umoristico, nel senso che prende in giro gli amanti del fitness pur non strappandomi manco una risata, che poi vira sulla fantascienza; peccato che anche quest'ultimo genere non sia reso granché bene. In più, credo ci sia un errore di fondo nella conclusione: se la regina delle galassie è Rosa Fumetto, come può non aver mai inviato ai suoi seguaci del cibo terrestre? Non è impossibile, ma è pur sempre altamente improbabile che una simile eventualità non si sia mai verificata. Infine, credo che ci siano dei punti in cui manchino delle virgole. Insomma, un racconto floscio e che mi lascia con un senso di incompiutezza perché non ho ben chiaro dove volesse andare a parare.

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Messaggio Da Petunia Mar Feb 16, 2021 8:39 am

Racconto folle e delizioso come una salvifica focaccia alla mortadella! 
Una parodia New age in salsa yogi del resto in omen nomen...
Divertente lettura
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