Tradizioni pericolose
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Tradizioni pericolose
Nessuno sapeva perché, era una modalità che si tramandava da secoli e che si era sempre rispettata, e quando il tempo di domandare era arrivato nessuno aveva più voglia di conoscere le motivazioni, si continuava a fare così e basta, funzionava e non serviva sapere altro. Questo si narrava, e quindi così era. Punto.
Nel bosco la gente del villaggio svolgeva molti riti, alle volte per semplice consuetudine o per comodità, ma i matrimoni andavano celebrati nel bosco, sotto la betulla maggiore nel prato fiorito accanto al torrente. La betulla era la custode delle relazioni. Aiutava a mantenerle salde e leggere, e ci si doveva sposare li perché alla betulla non si faceva il torto di non farla assistere a un matrimonio.
«Non me ne frega un pifferaio magico se la tradizione dice così. Io nel bosco non mi sposo, mi fa paura, c'è sempre il lupo che mi stalkera, non mi sento rilassata. Posso non sentirmi rilassata?».
Antonia, meglio nota come Cappuccetto Rosso, cercava da mesi di fare comprendere a tutti il perché della sua ritrosia, ma nessuno la comprendeva.
Purtroppo la mamma di Cappuccetto nata Antonia non poteva raccontare a sua figlia che prima di lei, della nonna e del lupo semplicemente nel villaggio nessuno si sposava. Si faceva una festa quando si metteva su famiglia e la questione si esauriva con molta semplicità, come era la loro comunità. Semplice, senza grilli per la testa. Ma dopo il fatto al villaggio erano accorsi preti, vescovi, si era ventilata anche la visita del papa che poi era sfumata per un'influenza improvvisa. Gridavano al miracolo, nonna e bimba vive nella pancia del lupo, c'era di certo la mano santa di mezzo. E il villaggio non poteva assolutamente vivere nel peccato di unioni non benedette da dio; e il villaggio allora aveva contratto matrimoni riparatori in fretta e furia, ma in un luogo un po' isolato, perché non si sapesse che dio allungava la sua mano miracolosa dove la gente razzolava nel peccato. E quale posto migliore del bosco, in quel bel prato fiorito accanto al torrente, sotto la betulla maggiore? Battesimo al volo da una parte, matrimoni a raffica dall'altra, e in due giorni il villaggio era in regola. Benedetto da dio, dai preti e via dicendo.
E il matrimonio nel bosco, in quarantotto ore, era diventato tradizione.
In tutto ciò Cappuccetto stava seriamente pensando di non sposarsi, tanto non lo aveva ancora detto a nessuno di lei e di Diego, tanto non aveva mai nessuno con cui parlare, lo sapeva solo sua sorella Lucilla ché a lei non si poteva nascondere proprio nulla, ma alla fine forse l’annullamento era la soluzione migliore, anche se Diego era tanto bello e carino e si amavano tanto; ma lui nel bosco si voleva sposare a tutti i costi, gli sembrava così romantico; certe cose non le sconfigge neanche l'amore e Antonia non riusciva proprio ad avvicinarsi al bosco, già solo guardarlo da lontano le faceva venire una pletora di brividi lungo la schiena che manco la casa dai mille corpi le aveva provocato. Anzi, anche lì c'era il bosco, ma almeno non era il suo bosco.
Così lo chiamavano, quelli del villaggio. Il bosco di Cappuccetto Rosso, ma lei non ci metteva piede da quindici anni, quello non era il suo bosco ma il suo incubo peggiore, e nonostante psicanalisi, psichiatria e ago puntura, riflessologia plantare e reiki, le cose non erano mai migliorate. Antonia fu Cappuccetto Rosso non si sarebbe sposata, e basta.
Trovava assurdo dover sottostare a una tradizione che sapeva millenaria.
Avrebbe trovato assolutamente ridicolo sapere che invece la tradizione era solo causa sua.
Eppure, nonostante tutto, continuava a rimanere. Non riusciva ad andarsene dal villaggio.
Li era qualcuno, almeno. Era incompresa, certo. Oh, come si sentiva un’estranea a casa sua, tra la sua gente, lo sapeva solo lei. Ma altrove sarebbe stata estranea lo stesso. E a casa di altri. Le era sempre sembrato molto peggio.
La sua gente. A conti fatti, gli abitanti le volevano bene, diciamo che quantomeno le erano affezionati. Certo che avevano timore di lei, aveva cambiato la vita del villaggio a sei anni, sopravvivendo nella pancia di un lupo; cosa avrebbe potuto fare ancora?
«Sarà magica (nessuno osava dire strega, nessuno osava manco pensarlo, a dirla tutta)».
Si sussurrava di lei in osteria, ma molto sottovoce perché comunque c’era la mano santa, lo aveva detto la chiesa.
«La chiesa ne sa» concludevano, fieri di poter esaurire la diatriba senza metterci la faccia, fieri della loro apertura mentale e del loro modernismo da ultima staffa.
Poi però evitavano Antonia, fu lo sapete, perché ok che c’è la mano santa, ma...
“Ma infatti”, si chiedeva la signora Teresa, madre di Antonia, borbottando senza sosta tra sé e sé, ignara della tresca segretissima di sua figlia, “tutto ‘sto interesse per il matrimonio nel bosco, quando, fija mia, ma chi ti si prende, che al villaggio tutti ti scansano, anche se sei una delizia, spiritosa, brillante e non lo dico da mamma, è proprio vero; poi sei così bellina, con quegli occhioni languidi da cerbiatta che per forza il lupo ti ha puntata, mica scemo quello. Ma qui, al villaggio, chi ti sposerebbe? Sono solo dei rozzi cialtroni, nessuno ti merita.”
Ma qualcuno c’è sempre. Qualcuno che sfida le convenzioni, che non guarda in faccia nessuno, che si innamora e non è interessato a passato, dicerie, cose vecchie.
O, semplicemente, qualcuno che arriva da fuori.
Eppure neanche Diego, che arrivava da fuori, che viveva al villaggio da poco più di un anno, che si vantava di essere un uomo di un certo spessore culturale, che dirigeva la scuola media e si era conquistato il rispetto di tutti, riusciva a comprendere il terrore di Antonia per il bosco.
Dal suo punto di vista era tutto passato, finito, storie vecchie.
«E poi, Antonia, ma anche se ancora ci fosse il lupo, sarebbe davvero vecchio e decrepito e senza denti e poi magari al lupo piacevano i bambini e i vecchi, tu sei una via di mezzo e a te non ti si filerebbe».
Però certo che, pensava Diego, Antonia aveva davvero luminosi e languidi occhi da cerbiatta, altro che il lupo, qualsiasi creatura poco più feroce di un’ameba avrebbe cercato di mangiarsela e poi aveva anche questa sorta di aura da perfetta vittima sacrificale che le dava un fascino al quale lui stesso non aveva potuto resistere. Antonia se la sarebbero mangiata tutti, al di fuori di quel villaggio. Ma il lupo? No, davvero, non poteva crederci neanche Diego.
«Tesorina del mio cuore allegro, queste sono solo tue paranoie, tue angosce, tuoi pensieri senza controllo. Il lupo è morto. Il lupo è vecchio. Il lupo non vive più nel bosco. Il bosco quindi è un posto sicuro. Il bosco è nostro amico».
«Amico tuo, non mio. E fammi il favore di tornartene a casa che con te non ho proprio voglia di parlare, stasera. Non capisci un cazzo».
Alla faccia della vittima sacrificale.
«Forse nel bosco ci dovresti andare tu, da sola. Ti direi con me, ma tanto non mi porti mai da nessuna parte».
Lucilla aveva dodici anni, occhi pungenti in grado di vedere qualsiasi cosa ed era una delle poche persone con le quali Antonia parlava.
In verità parlava quasi sempre Lucilla, che al contrario di Antonia aveva un’ampia cerchia di amicizie e non aveva alcun tipo di problema relazionale. Facile, quando non ti hanno tirata fuori dalla pancia di un lupo, in effetti.
«Forse tutto sommato questo Diego non lo ami così tanto, perché ho letto e poi me lo ha confermato anche Camilla che guarda le serie TV perché loro a casa HANNO LA TELEVISIONE (alza molto la voce verso la porta per farsi sentire dai genitori, che ovviamente non sentono) che per amore non si guarda in faccia a nessuno».
Lucilla è molto molto arguta, ma pecca in grammatica.
«Casomai non si guarda in faccia nessuno, quella “a” conservala per altre perle di saggezza. E comunque le serie TV che guarda Camilla perché loro a casa HANNO LA TELEVISIONE (anche ad Antonia piacerebbe avere la televisione, e ne approfitta per rimarcare la questione, tanto i genitori continuano a non sentire) non raccontano davvero la realtà e poi tu lo sai che io ho il terrore del bosco, dai, non me la sento e lo sa anche lui, anche se non vuole capire. Forse è lui che non mi ama davvero…»
Se Antonia non fosse Antonia e Lucilla non fosse Lucilla, ora ci sarebbero lacrime e abbracci. E invece, nel silenzio che avvolge la stanza, riflettono.
«Andiamo dal cacciatore. Lui sicuro sicuro lo sa cosa è successo al lupo, e almeno poi lo sai anche tu e puoi decidere. E il cacciatore abita al limitare del bosco, non nel bosco, quindi io dico che si può fare».
Antonia sta ancora riflettendo; una parte di lei si sta complimentando con Lucilla per come ha esposto la sua teoria, e quella parte è davvero fiera di sua sorella. Ma anche il resto di lei pensa che sia una buona idea, anzi un’ottima idea.
«Lucilla, questa è un’ottima idea. Andiamoci subito».
«Quindi vengo anche io?»
«Qui nessuno va da nessuna parte».
Sulla soglia compare il signor Nicola, seguito dalla signora Teresa.
«Ah, ma allora quando volete sentite, eh» esclama Lucilla
«Taci, signorina. Cos’è questa storia che volete andare dal cacciatore, primo e secondo che Antonia vuole sposarsi ma non vuole sposarsi nel bosco e...»
«Che bello che ti sei innamorata, fija mia».
La voce della signora Teresa interrompe l’interrogatorio del signor Nicola, che si accontenta di guardarle in cagnesco in attesa di spiegazioni.
«Papà, lo sai che non voglio sposarmi nel bosco, mi fa paura. Lo sapete tutti, è mesi che vi chiedo una soluzione, vi chiedo di capirmi, e nessuno mi sa dare una mano».
«Ma noi manco sapevamo che eri fidanzata, Antonia, cristo santissimo».
«Nicola, stai calmo che poi ti sale la pressione, dai».
«E lasciami stare, Teresa, che questa ragazza, questa figlia mia che il cielo mi ha ridato, non ci dice che è fidanzata perché ha paura di sposarsi nel bosco e piuttosto rinuncerebbe. Ti rendi conto, sì, di cosa significa? Ti rendi conto di che merdosissimo lavoro abbiamo fatto come genitori, se siamo a questo punto?»
La signora Teresa abbassa gli occhi.
Il signor Nicola è un uomo perbene, lo è sempre stato, lo è stato prima di conoscere Teresa, prima di mettere su famiglia, lo è stato in qualsiasi momento della sua vita. E si è sentito anche, un uomo perbene, quasi sempre. Non si è sentito perbene quando ha abbassato la testa davanti ai preti sposandosi in fretta e furia, ma sua figlia era viva, e gli sembrava un misero prezzo da pagare.
Non si sentiva perbene ora, e il suo linguaggio ne era una chiara dimostrazione, non si sentiva perbene a non aver capito, a non aver saputo accoglierla, quella figlia tornata ma della quale tutto sommato anche lui aveva un po’ timore.
«Mi dispiace, Antonia. Ha ragione tua mamma, anche se è colpevole quanto me: devo calmarmi. Ti chiedo scusa da parte di entrambi se non abbiamo saputo darti la sicurezza di cui avevi bisogno. Però posso, possiamo, farlo ora. Andiamo nel bosco adesso, insieme. Andiamo a trovare tua nonna, così non viene lei. Pensi che ti andrebbe di farlo, con me?»
«E anche con me?» si aggiunge mamma Teresa.
«E io?» sussurra Lucilla.
Perché poi, tutto sommato, il lupo, il cacciatore, il tempo nella pancia al buio a maledire la sua stupidità per non aver capito subito che quella non era sua nonna, doveva essere cieca per non vedere i denti da lupo, almeno… nonostante tutto questo, quello che l’aveva atterrita era stare da sola nel bosco. Esserci lei, sei anni appena presi al volo, da sola con il suo cestino; nei suoi ricordi si vedeva da fuori e si faceva una pena immensa.
Andarci tutti insieme, come se fosse una passeggiata, e poi anche avessero incontrato il lupo sarebbe stato vecchio decrepito, e poi al lupo piacevano bambini e vecchi e quindi…(E definire Lucilla una bambina sarebbe una strada senza via d’uscita).
Antonia sorride ripensando alle parole di Diego, in effetti non aveva tutti i torti.
«Andiamo».
Antonia attraversa scalza il prato fiorito diretta verso la betulla maggiore. Qualche passo prima le porge il braccio il signor Nicola, senza più ombra di timori.
Lucilla e la signora Teresa le sorridono dalla prima fila, e c’è tanta gente, più di quanta Antonia potesse immaginare. Anche se adesso le piace stare in mezzo alla gente. Non si sente più così estranea, solo quel tanto che basta e poi insomma, se qualcuno sposa Cappuccetto Rosso forse la cosa della mano santa è vera davvero, no? E poi che bel sorriso che ha, ‘sta ragazza.
Antonia cammina verso Diego.
Il villaggio sta imparando ad adorarla, la sua famiglia già lo fa.
E il bosco non vede l’ora di mangiarsela.
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Re: Tradizioni pericolose
In un primo momento ci viene detto che sposarsi nel bosco "era una modalità che si tramandava da secoli" e che "nessuno sapeva perché"; poi si scopre invece che il perché tutti lo sanno e che la tradizione è molto recente.
L'unica che sembra non saperne niente è proprio Antonia - Cappuccetto ("Avrebbe trovato assolutamente ridicolo sapere che invece la tradizione era solo causa sua") e anche questo non appare molto plausibile.
E poi, che il "fattaccio" sia successo solo quindici anni prima ("lei non ci metteva piede da quindici anni") stona pesantemente con tempi e modi della favola originale. Al limite, avrei trovato più consono al mood del racconto descrivere qualcosa di diverso dal ritrovamento della piccola e della nonna vive nella pancia del lupo. Per esempio far diventare il lupo una metafora e che si fosse trattato di un rapimento dal quale le due vengono salvate in extremis. Che qualcuno gridasse "al miracolo" e che ci fosse stata "di certo la mano santa di mezzo" diventerebbe allora quasi tipico di una mentalità paesana...
Sorvolo su altri esempi per arrivare al finale ("E il bosco non vede l’ora di mangiarsela"), che mi sembra appiccicato lì senza una valida ragione. Fino alla penultima riga, il bosco era poco più che una cornice, il luogo in cui addirittura si celebrano i matrimoni, e non c'è nel testo il minimo sentore che invece sia proprio lui il vero "malvagio" della situazione; altro che il povero lupo.
Un lavoro che proprio non mi ha coinvolto.
Grazie
M.
M. Mark o'Knee- Cavaliere Jedi
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Re: Tradizioni pericolose
Credo che Tradizioni pericolose" sia una occasione persa perché la trama ha fatto intravedere la genialità dell'autore. Paragono il racconto a uno stallone che lo scrittore ha faticato a domare. Ed è un vero peccato.
Giammy- Younglings
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Re: Tradizioni pericolose
Questo sei tu in questo step. Io, che ho fatto addirittura un corso universitario sulla rivisitazione delle favole classiche, non posso che adorare questo tuo racconto e sperare che le seconde (e le successive) letture degli amici che ti commenteranno porteranno anche loro un po' più vicino al tuo mondo demiurgico che hai deciso di condividere con tutti noi.
Per quanto mi riguarda, sei proprio su un altro pianeta.
Complimenti, e grazie di questo regalo.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Re: Tradizioni pericolose
Ma dopo il fatto al villaggio erano accorsi preti, vescovi, si era ventilata anche la visita del papa che poi era sfumata per un'influenza improvvisa. Gridavano al miracolo, nonna e bimba vive nella pancia del lupo, c'era di certo la mano santa di mezzo. E il villaggio non poteva assolutamente vivere nel peccato di unioni non benedette da dio; e il villaggio allora aveva contratto matrimoni riparatori in fretta e furia, ma in un luogo un po' isolato, perché non si sapesse che dio allungava la sua mano miracolosa dove la gente razzolava nel peccato. E quale posto migliore del bosco, in quel bel prato fiorito accanto al torrente, sotto la betulla maggiore? Battesimo al volo da una parte, matrimoni a raffica dall'altra, e in due giorni il villaggio era in regola. Benedetto da dio, dai preti e via dicendo.
Un racconto fuori dagli schemi, ironia a manciate, mi sono divertita da matti leggendolo e poi, anche in questo caso, c’è molto di più di quanto viene raccontato a parole. Proprio qualcosa d’imprevedibile in questo contest, qualcosa che non avrei mai pensato di leggere ed è stata una ottima sorpresa.
Petunia- Moderatore
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Re: Tradizioni pericolose
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Re: Tradizioni pericolose
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Re: Tradizioni pericolose
tommybe- Maestro Jedi
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Re: Tradizioni pericolose
E però...
E però manca il nocciolo, manca l'essenza, manca il senso finale di tutto. E secondo me è una mancanza tanto pesante.
Quella frase conclusiva, il bosco è in attesa di mangiarsela, è troppo vaga e sconclusionata per avere veramente un senso. E' come se il bosco avesse preso di colpo il suo posto di "personaggio" e fosse entrato in scena, ma non ce n'era assolutamente bisogno: per tutta la lettura infatti pensavo vah come ha reso bene il bosco come oggetto della storia senza mai dargli una caratterizzazione precisa.
E non ha senso, tra l'altro, perché il bosco come entità non ha neanche nulla a che vedere con la fiaba originale. Quindi che senso ha la frase finale? Io non l'ho trovato.
Avrebbe avuto più senso se fosse stato il villaggio a volersela mangiare. Fatti i conti col passato, superata la paura, accettata tra tutte le altre persone, la bellissima Cappuccetto diventa qualcosa che tutti iniziano a desiderare. E sappiamo che quando c'è desiderio, la fame può portare qualcuno a mangiarsi qualcun altro. Non intendo alla lettera, ovviamente.
L'avrei trovata una conclusione più efficace e sottilmente pungente.
Oppure, ti dico la verità, io a un certo punto ho cominciato a credere che Diego fosse il lupo. Va a sapere come, il lupo aveva trovato il modo di trasformarsi in umano e portare a termine una lenta e laboriosa vendetta.
All'inizio dell'ultimo paragrafetto, te lo giuro, avevo la tachicardia e mi ripetevo no, no, no, NO, non può essere Diego, dimmi di NO, perché sarebbe stato un colpo di genio fuori dal mondo.
Invece... no.
Peccato.
Se invece la frase finale ha un significato recondito che non ho colto, allora colpa mia, non ho colto.
Poi le incongruenze. Come è stato possibile creare quella bizzarria che da secoli ci si sposa sotto la betulla e nessuno sa perché, e poi poco dopo sono soltanto 15 anni e tutti sanno perfettamente il motivo? Detta da un narratore onnisciente, perdipiù. Argh!
E ce ne sono altre, più piccole, sparse nella storia. Cito quella sul cacciatore, a random: davvero Antonia non ha mai pensato di andare a chiedere al cacciatore che fine avesse fatto il lupo per togliersi sto benedetto pensiero?
Nulla da dire invece sulla scrittura, che è vivace, scorrevolissima, e si legge con piacere.
In definitiva, autore, che rabbia, avevi trovato l'idea giusta per una storia quasi perfetta, ma il finale a vuoto e le incongruenze mi hanno fatto perdere molto e lasciato un po' deluso.
Ti faccio comunque un grande applauso per l'originalità e l'intuizione, nonché la sottile ironia che hai saputo distillare nel tuo lavoro.
NB - Io ho sempre detto e scritto "non si guarda in faccia A nessuno" e adesso mi fai venire una crisi esistenziale.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Tradizioni pericolose
Nonostante si narri il “dopo” di Cappuccetto Rosso (Antonia) non vi è dubbio che questa non è affatto una favola e che i messaggi nascosti nel testo non possano che rivolgersi a un pubblico adulto.
C’è un riferimento chiaro e ripetuto all’ineluttabile rappresentato da un lupo che non può che vedersi costretto a mangiarsi Cappuccetto Rosso perché troppo bella e aver annacquato con una scrittura sottilmente ironica questo messaggio non gli fa perdere tutta la sua forza, anzi, semmai la moltiplica.
Se posso dirti la mia sensazione è che tu non abbia avuto il tempo necessario a sviluppare pienamente quello che avevi in mente così ci sono incongruenze piuttosto grossolane come la tradizione secolare che va a scontrarsi con i soli quindici anni da quando il tutto è cominciato, c’è una farse finale relativa l bosco che vuole mangiarsi la sposa che non vorrei fosse stata messa solo per dare spessore al “personaggio” bosco (tra l’altro, a mio parere, non ce ne era bisogno, tra i racconti fin qui letti questo bosco è tra i più personaggio di tutti): spero che non sia così e che semplicemente mi sia sfuggito qualcosa nel messaggio trasmesso.
Se la mia percezione è esatta e il tempo tiranno è quello che ti ha un po’ limitato, spero veramente che vorrai regalarci una nuova versione di questo racconto sia perché l’idea è bellissima, sia perché intuisco una capacità nella scrittura che mi piacerebbe tanto avere.
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paluca66- Maestro Jedi
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Re: Tradizioni pericolose
Beh, un'idea senza dubbio originale.
Un racconto che mi ha davvero divertita - dopo un inizio un po' faticoso, lo confesso, perchè non riuscivo a prendere il bandolo della matassa - per l’ironia, il tono leggero di chi mette per iscritto i pensieri che passano per la testa, uno di seguito all’altro, come di stesse chiacchierando con qualcuno, saltando di concetto in concetto.
Anche il tono leggero con cui hai affrontato la presenza della religione, praticamente imposta a una comunità che viveva bene, se non meglio, senza, frammezzato da momenti di vita quotidiana, ha funzionato.
Posso non sentirmi rilassata?--- Sai che me la sono immaginata pronunciata da un “famoso” politico amante degli elenchi?
La scrittura è buona, lo stile davvero adatto alla storia, i personaggi ben strutturati e anche il finale non è arrivato poi tanto frettolosamente.
Direi una buona prova, con il bosco che c’è senza essere invadente, rappresentativo anche dell’insieme dei dubbi, delle ipocrisie, delle paure, delle decisioni accettate spesso per il quieto vivere, per la comodità di non contestare, di non mettersi contro entità che hanno secoli di battaglie vinte alle spalle che per reale partecipazione, un insieme di cose che alla fine circondano un po’ tutti, con i rami che a volte non ci lasciano vedere più chiaramente.
Anche questo racconto, alla seconda rilettura, mi è piaciuto immaginarlo con una voce fuori campo (quella della protagonista che si racconta in terza persona) che racconta mentre si vedono le varie situazioni.
Le mie note: Alcuni periodi, che reggono bene la loro lunghezza per le ragioni dette sopra, sono suddivisi da ;, anche un punto renderebbe ugualmente bene l’elenco dei concetti.
sposare li… Lì, avverbio di luogo, con accento
molta semplicità, come era la loro comunità – la frase non si conclude bene: leggo meglio come semplice era la loro comunità
da dio e in altro punto… in questo caso userei Dio, salvo non dire un dio generico, ma non è questo il caso
Oh, come si sentiva un’estranea a casa sua, tra la sua gente, lo sapeva solo lei---avendo usato oh, alla fine metteri un !
Idem in «Ah, ma allora quando volete sentite, eh»
«Sarà magica (nessuno osava dire strega, nessuno osava manco pensarlo, a dirla tutta)». Quello che hai messo tra parentesi lo sposterei fuori dal dialogo
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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Re: Tradizioni pericolose
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Re: Tradizioni pericolose
Se però consideriamo il testo nella sua completezza, ci sono delle criticità che non sfuggono a una lettura attenta.
Innanzitutto, come è già stato rilevato da altri meglio di me, ci sono dei passaggi non proprio "puliti" dal punto di vista stilistico, dove l'utilizzo improprio della punteggiatura, in particolare dei punti e virgola, rende più lenta e faticosa la lettura:
"In tutto ciò Cappuccetto stava seriamente pensando di non sposarsi, tanto non lo aveva ancora detto a nessuno di lei e di Diego, tanto non aveva mai nessuno con cui parlare, lo sapeva solo sua sorella Lucilla ché a lei non si poteva nascondere proprio nulla, ma alla fine forse l’annullamento era la soluzione migliore, anche se Diego era tanto bello e carino e si amavano tanto; ma lui nel bosco si voleva sposare a tutti i costi, gli sembrava così romantico; certe cose non le sconfigge neanche l'amore e Antonia non riusciva proprio ad avvicinarsi al bosco, già solo guardarlo da lontano le faceva venire una pletora di brividi lungo la schiena che manco la casa dai mille corpi le aveva provocato."
Il periodo in questione sembra un flusso di coscienza, ma pare non finire mai e alla fine si perde il filo del discorso. E anche il ritmo.
Un'altra scelta (o svista?) che non ho compreso è stata quella di passare a più di metà racconto e senza apparente motivo dal tempo passato della narrazione: "Lucilla aveva dodici anni[...]" al tempo presente appena poche righe dopo: "Lucilla è molto arguta e pecca di grammatica" e il racconto è narrato al presente fino alla fine del racconto.
In conclusione, al di là degli innegabili pregi del brano che si distingue per ironia e originalità, non mi sento di appoggiarlo incondizionatamente, perché personalmente ritengo che, soprattutto in una competizione, la forma di un testo (stile, correttezza ortografica e grammaticale) sia altrettanto importante che il contenuto e il messaggio che si vuole trasmettere.
Albemasia- Younglings
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Re: Tradizioni pericolose
idea originale senza alcun dubbio, e questo è già un merito.
buona la stesura, con tratti ironici e sarcastici che ho letto con piacere.
non ho segnalazioni di errori da fare, è scritto molto bene.
magnifico il finale.
complimenti.
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Re: Tradizioni pericolose
Un concept molto potente, che condivido in pieno e che probabilmente premierò con il quinto posto nella mia cinquina. Un calcio nelle palle del patriarcato. Un'allegoria della condizione femminile con diverse fasi di maturità e gli ostacoli che continuano a frapporsi. Un affrancamento che non è completo perché alla fine anche Antonia cede ed è spiegato nell'ultima frase.
Non credo che potrò concedere di più del quinto posto perché dal punto di vista della lettura non sono completamente soddisfatto, nonostante tutto il sottotesto mi sia arrivato dritto alla pancia e mi abbia fatto un gran male. Posso solo dire di continuare così, di provarci e riprovarci, e spero che alla fine esca fuori un gran testo che vada a braccetto con un gran concept.
Grazie grazie grazie e alla prossima.
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A Hellionor garba questo messaggio
Re: Tradizioni pericolose
Meno bella la sua realizzazione. Troppo stereotipati i personaggi, poco chiari alcuni nessi (ad esempio il ruolo della televisione), uno stile, a volte poco scorrevole.
Forse una drastica sforbiciata aiuterebbe.
Se l'idea è quella di creare un narrazione di come sia possibile superare le proprie paure, specialmente quando sono radicate profondamente nel nostro vissuto, concluderò che l'esperimento è riuscito solo a metà.
gipoviani- Padawan
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A Hellionor garba questo messaggio
Re: Tradizioni pericolose
Non ho capito se è ironico o no, dire che è un errore: “non guardare in faccia a nessuno” si dice proprio così, nel senso in cui tu lo usi.
Arianna 2016- Maestro Jedi
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A Hellionor e Achillu garba questo messaggio
Re: Tradizioni pericolose
Si snocciolano con sottile leggerezza temi che farebbero impallidire gli psicologi con un taglio ironico che, di solito, è sempre impegnativo da creare e gestire.
Proporre la fiaba di Cappuccetto Rosso in versione adulta è stata davvero una bella mossa, un'intuizione originale e interessante dove appare uno dei boschi che ha maggiormente segnato la nostra infanzia, diventando suo malgrado l'oggetto delle nostre paure.
I personaggi escono frizzanti e ben caratterizzati da questa lettura che ha il pregio di far riflettere su temi davvero profondi, anche se non propone vere e proprie soluzioni o chiavi di lettura per affrontare i quesiti proposti. La lettura in alcuni passaggi si carica di non sense e di situazioni surreali e quasi comiche che non sono riuscita a contestualizzare bene.
La sensazione finale è quella di aver letto un testo che nasconde tra le pieghe delle parole un messaggio un po' criptico o quantomeno enigmatico: il testo non mi è particolarmente piaciuto, forse perchè mi è sembrato un po' alla deriva, cioè non sono riuscita a focalizzare bene la meta di questo viaggio proposto da questo autore indubbiamente originale e carismatico.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Tradizioni pericolose
L'idea è molto originale, ma poteva essere gestita meglio.
Il messaggio anticlericale è troppo evidente. Lo avrei preferito più leggero, più in sintonia con lo stile da fiaba. Stile che viene anche a mancare con un'intercalare di parole o espressioni che qui ho trovato poco elegante.
Un racconto fiabesco che merita di essere rivisto per dargli il valore che sicuramente merita.
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CARLA EBLI- Younglings
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Re: Tradizioni pericolose
tommybe- Maestro Jedi
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Re: Tradizioni pericolose
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Re: Tradizioni pericolose
Complimenti.
Grazie.
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CharAznable- Cavaliere Jedi
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Re: Tradizioni pericolose
Tuttavia, ciò che ha reso il racconto strano e poco fruibile è il tono ironico con cui viene affrontato il tema. Scrivere un racconto con una tematica così complessa è difficile di per sé; allo stesso modo, scrivere un racconto ironico è difficilissimo. Unire le due cose ha reso il racconto bizzarro, arrivando a tratti, e questa cosa mi ha disturbato.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Tradizioni pericolose
Il bosco fa ancora paura, giustamente, ad Antonia, ma nessuno lo capisce. I genitori, solo alla fine, sembrano accorgersene e l’accompagnano.
L’io onnisciente è ironico e dissacrante, il tono è leggero e mai noioso.
Eppure qualcosa mi è mancato, forse un guizzo nel finale, che mi è sembrato frettoloso, andava chiuso e basta.
Mi sfugge alla fine anche il significato, non parlo di morale, non era quello il tuo intento, credo. Questo penalizza forse un po' il racconto che rimane comunque gradevole e degno di nota.
Resdei- Cavaliere Jedi
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Re: Tradizioni pericolose
Bella anche l'idea di rendere più reali i personaggi con nomi di persona. I dialoghi sono scorrevoli e naturali.
Poi, in realtà, il racconto non mi ha proprio entusiasmato, con una trama piuttosto contorta e qualche incongruenza che mi ha disturbato nella lettura.
Comunque nel giudizio occorre considerare sia che si tratta di un sequel sia che l'argomento trattato del trauma subito è piuttosto impegnativo. Come direbbero nei tuffi, considerando il coefficiente di difficoltà, il risultato è positivo.
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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