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Messaggio Da Different Staff Dom Dic 04, 2022 4:30 pm

Dalla finestra della cucina della casa di Federico le foglie dei platani mosse dal vento sono compagne di vita. Da tempo lui le osserva inquieto senza avere risposte, vero è che sta dove vuole stare e fa quello che vuole fare. Sotto il fiume Tevere, basso di siccità, è anche lui arido di risposte, se ne infischia di tutti i tormenti giovanili di Federico e della sua Dafne che ha fatto del rifiuto uno sport.
Federico lucido e consapevole nonostante la giovane età sceglie l’ultima carta rimasta, allontanarsi per un po’, viaggiare, partire possibilmente non da solo.
Un volo di corvi rasenta il fiume e si posa su un ramo giovane, curvo sotto il loro peso. Federico osserva quel ramo sofferente e tira su in modo brusco la sua schiena come per raddrizzarlo. Ai corvi arriva la comunicazione e riprendono il volo, il ramo si normalizza e pure Federico sembra più leggero, meno angosciato. Butta giù un probiotico preso in frigo, infila l’orologio e si siede al centro della cucina.
Quando la madre entra lui è già preparato.
- Vado a fare un giro, ma torno presto, mamma.
Lei sa che nessuno mai potrà fermarlo, ci tiene troppo a quella vacanza strana di cui parla da tempo, e si gira mostrando il suo silenzio di accettazione.
- Prendi i soldi nella busta del condominio, poi ce li rimetterò. A papà glielo dirò io che sei partito, sai che ha poco tempo per chiunque. E con chi andrai?
Federico tira fuori una voce nuova, più matura, che non sembra appartenergli.
- Andrò con Char, un compagno di classe, l’unico con cui vado d’accordo, un pezzo di pane.
- Se hai bisogno chiama, e fai attenzione.
Con il vestito a righe e le braccia dietro la schiena la donna sembra legata alla sedia.
L’albero di Natale lampeggia accanto alle pentole sul lavandino come un’automobile in panne.
Porta le braccia avanti per accogliere il vecchio maglione di Federico con i gomiti consumati. Federico ha gli occhi spiritati, è poco più di un adolescente e si lascia abbracciare. Si sente malconcio, ma libero, come dopo una delle sue forti febbri.
All’appuntamento Char ha indossato il giubbotto di jeans con l’imbottitura di lana e il cerchio della pace dietro le spalle, e uno zainetto scolorito.
- Hai sedici anni ma sei coglione come uno grande, non potevi vestirti più pesante? - Gli urla in faccia Federico carico a mille.
- Questo ho, e tu sembri la copia gratuita di uno scemo.
- Non ti offendere, così te la fai sotto per il freddo. Non possiamo permetterci febbri improvvise e fermate in albergo..
- Io non ho febbri improvvise, fammi capire, faremo i barboni?
- Se resta l’idea di girare l’Europa dobbiamo risparmiare e dormire dove capita, tu non puoi pensare di sopravvivere con il giubbotto della pace, a Praga.
- Allontaniamoci da casa, mi vergogno se mi vede fare l’autostop quell’ameba della vicina.
- Ma chi ci vede, è quasi sera, e poi uno può fare l’autostop pure per andare al cinema o a puttane.
- E al bar, ma vaffa bello mio, a me non piace fare la figura del morto di fame.
Federico è già diverso, l’arrivo di Char, l’autostop, e tutto quello che ne consegue gli hanno fatto dimenticare l’ angoscia per colpa di Dafne.
Char non mostra una briciola di salute, bianco in viso per il freddo sembra appena uscito da un ospedale.
- Non ho nemmeno fatto il pranzo per l’emozione, - dice.
- Tu che di solito mangi pure le ombre sul tavolo, mi pare strano. Il giubbotto mettilo su quella panchina e do fuoco a tutta la panchina.
- Ti è preso brutto. eh?
- Sto scherzando, coglione, - dice con stravagante tenerezza, e alza il dito.
Si ferma una Mini, mezza incidentata.
- Dove dovete andare ragazzi?
- In su, al nord.
- Io posso portarvi fino a Viterbo, devo rientrare in caserma.
E’ un fante o al massimo un caporale,non ha stellette sul cappotto.
- Va benissimo Viterbo, è sul nostro percorso.
- E dove arriva il vostro percorso.
- Se riusciamo a Praga.
- Dovranno essere parecchi a rendersi utili, saranno duemila chilometri.
Dopo avere studiato a fondo la lunghezza dei nostri capelli, con una specie di rancore dice:
- Tanto toccherà pure a voi la naia, prima poi.
- Non è più obbligatoria da un bel po’, mi sembra, e noi siamo pacifisti.
- Bè, godetevela finché potete, la pace.
Char dà un’occhiataccia a Federico, come se sentisse il bisogno di scendere.
Federico resiste, impassibile.
- Volete fumare?
- Io non fumo, grazie. - Io sì, - dice Federico, - ma che tabacco è?
- E’ una canna, tonto, - corregge Char.
- L’avevo capito.
- Sì proprio.
Ride Char, ride il fante. Federico no.
- Vi lascio il numero della fureria, se vi avanzerà qualche ragazza io ci sono.
Restano tutt’e due meravigliati dalla sua pittoresca generosità nel concedere loro successo con le ragazze.
Viterbo è una bella città, ma diventa un cimitero la sera e il traffico è scarso, solo dopo mezz’ora li prende su un autotreno. La sua velocità è tale e quale a quella che Federico tiene in bici, ma almeno li porterà fuori dal quel lago morto. L’autista gli confida che tra un po’ avrebbe preso l’autostrada, così andrà più veloce anche se dovrà fare un paio di deviazioni. Fa un freddo cane pure dentro la cabina. Alla sosta per il gabinetto, nella tasca del cappotto che gli ha prestato un suo amico Federico trova un pacchetto di sigarette e si accende la prima sigaretta vera della vita. Gli gira la testa, si siede sul cofano di un’auto parcheggiata. Char ride di cuore, sembra un tacchino albino.
- Non mi sembri un grande fumatore, - dice.
Federico fa finta di non sentire e prova a trovare l’ennesimo passaggio. Si ferma un carro attrezzi, piccolo e veloce. La diffusa presenza di macchie di grasso sul sedile impiccolisce il loro formato e catapulta la loro presenza all’angolo estremo del sedile per non sporcarsi. Ora conta fare più chilometri possibili e l’affondo dello sguardo sul paesaggio ne è consapevole. Passano case e chiese, passano luci e gente indaffarata.
La loro conversazione riesce a colonizzare ambienti asciutti e essenziali come la cabina dei camion, e il periodare da un mezzo all’altro diventa una collezione di battute recitate con sensibilità attoriale, estrapolate dalla loro passione per il teatro. In più documentarsi su oscuri camionisti diventa il loro passatempo preferito, ognuno ha qualcosa da raccontare. Federico prende appunti, ha imparato a scuola a farlo e non vuole perdere quell’abitudine. Farlo migliora la relazione con ogni camionista, lo fa sentire importante.
L’autotreno del momento si ferma in un grande autogrill con addobbi natalizi esagerati.
- Ragazzi dovete pagare la cena e ho pure molta fame, - dice il camionista con la sigaretta che gli pende dalle labbra.
Poi fa l’occhietto a tutt’e due e modifica le sue intenzioni.
- Per questa volta pago io, si vede da lontano che siete in bolletta.
- Non siamo in bolletta, replica Char offeso e con voce impostata comincia a recitare:
- Autogrill Cantagallo inaugurato da Fanfani nel 1961. Pregi: grandissimo parcheggio con annessa chiesa, grande varietà di prodotti del territorio. Difetti: prezzi elevati, quasi osceni, locali non proprio pulitissimi per colpa del grande afflusso di viaggiatori.
- Ma voi di che razza siete, qui parlano solo di sofferenze. Dice il camionista in un cattivo romanesco, meravigliato da quello sfoggio di cultura di Char.
- Pure noi soffriamo, dice Federico che improvvisamente sente venire a galla il volto di Dafne.
Char fa una smorfia buffa per mascherare una risata.
Dopo la cena il camionista comincia a sbadigliare e trova giusto fermarsi un po’ a dormire. I due ragazzi non si preoccupano più di tanto e si spostano oltre il distributore per essere a portata di un nuovo passaggio.
- Ragazzi qui non potete fare l’autostop, la Stradale s’incazza di brutto se vi vede, - dice la cameriera del bar uscita all’aperto con le maniche della camicia rivoltate e un seno complicato da nascondere, come fosse primavera. - Venite dentro, vi prego, e mi sentirò meno infelice.
Quelli che sembrano gli ultimi minuti di comunità li passano sorseggiando un assaggio del cocktail preparato dalla donna. Marcello, il cassiere, digita un po’ di numeri e poi modificando pure il suo aspetto fisico fa alzare il sipario. Appare esageratamente flessuoso e come un attore che si appresta a recitare, si colloca accanto al forno elettrico per preparare le pizze.
Sparge farina sul marmo con una certa dimestichezza, sembra un pizzaiolo di Posillipo per come è bravo a distendere le sfoglie e a farle roteare in alto.
Non fanno in tempo a osservare il frutto del suo lavoro che si avvicina la barista alle loro spalle sussurrando:
- Sono vecchia e racconto roba vecchia, ma quel simbolo che hai sulla schiena l’ho amato pure io e qualche altro milione di ragazzi.
- Brrr che freddo in questa sala, sembra di stare al palaghiaccio, - replica Char imbarazzato che non vuole far sapere che quel giubbotto è di suo padre e che lui di guerra e pace non se ne intende proprio.
- Che meta avete?
- Praga.
- Apperò! noi del bar abbiamo una stanzetta per cambiarci, potete dormire lì, ma domani mattina …tela!
- Va benissimo, grazie mille amica.
- Non sono tua amica, qui mi chiamano tutti Caipiroska per come sono brava a preparare quel drink e ho l’età giusta per poter essere vostra madre e sono un po’ preoccupata, due ragazzi così giovani in giro da soli, probabilmente senza denaro.
- Non siamo senza denaro.
- E non potevate prendere un bel treno per raggiungere la vostra Praga?
- Con il treno non c’è gusto.
- Voi siete pazzi. Di notte questo non è un posto raccomandabile, arriva certa gente che voi non avete idea. Andate nella stanza, è quella sotto le scale. C’è una targhetta verde e il mio soprannome per sfottò: Caipiroska.
- Perché come ti chiami ?
- Mi chiamo Celeste.
- A pensarci bene alla madonnina che sta nel presepe all’entrata un pochino ci somigli.
- Lascia perdere.
Troppo buona Celeste per non provocare sgomento in un’anima ingenua e sprovveduta come quella di Federico, che poi nemmeno a casa sono così protettivi con lui.
La stanzetta sembra lo studio di un odontotecnico, tutto è pulito e al suo posto, mancano solo le dentiere. Federico si sbraca su una sedia imbottita e girevole e si mette a leggere l’inserto del quotidiano che ha preso in prestito al bar. Char che muore dal sonno trova una coperta, l’annusa, profuma di Caipiroska, la ragazza del bar e di lei non si schifa, ci si avvolge e si sdraia su una catasta di cartoni di Buondì. In cinque minuti si addormenta sul morbido di quelle brioche.
Al mattino Federico è ancora seduto sulla sedia girevole con il suo solito sguardo spiritato.
- Non hai dormito Fed?
- Ho fatto la guardia e imparato a memoria l’inserto del giornale. Tu dormivi profondamente e non mi sono sentito di svegliarti per il cambio.
- Andiamo di sopra e ringraziamo Caipiroska per l’accoglienza, se è ancora da queste parti.
Il bancone del bar è una foresta di ciambelle e cornetti. Caipiroska di spalle si adopera alla macchina del caffè con frenesia professionale.
- Buongiorno principini, dormito bene?
Benissimo’, si affretta a dire Federico con generosità verso Char.
- Coraggio che vi preparo il miglior cappuccino del mondo.
- Vado a fare lo scontrino.
- Non ti azzardare.
Federico, impaurito dalla sua determinazione, torna indietro.
Mangiano con appetito un paio di ciambelle inzuccherate con un occhio al personale diventato numeroso, quello è il più bello spazio vivo del viaggio.
Caipiroska incantandoli con il riflesso della Nivea sul viso aggiunge:
- Vi ho messo qualche Buondì negli zainetti.
Improvviso l’urlo di Char che stringe le guance paffute di colazioni di Federico.
- Che carino il cicciotto con i Buondì della bella Caipiroska!
Fanculo, mi fai male!
Fuori dal bar la nebbiolina e due giganteschi vasi di bucaneve in fiore rendono tutto più autentico.
Abbracciano Caipiroska, ha lo stesso odore della coperta della stanzetta ed è calda come lei.
Lei, la ’gemma’ di quel posto, non riesce a sorridere, si commuove e basta.
Ruote bollenti si fermano a far rifornimento, poi schioccano via elastiche e veloci, nere come liquirizia, con i ragazzi a bordo.
Tornano contenti a casa. Federico e Char.
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Messaggio Da Petunia Lun Dic 05, 2022 1:43 pm

Un racconto carico di nostalgia. Ci sono descrizioni che solo tu, autore, sei capace di fare. La quotidianità dei gesti, l’ingenuità dei ragazzi vogliosi di nuove scoperte, l’autogrill, le sue donne e il cibo. 
È una storia di formazione, un viaggio verso l’incontro con se stessi. Voler partire e al contempo non partire mai. C’è del bello. 
Delle imperfezioni non ti dico. Bella e pertinente la descrizione della cucinata. Tanti i paletti usati. Bene. 
Mi è piaciuto fare l’auto stop con te, autore.
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Messaggio Da Nellone Mar Dic 06, 2022 12:28 pm

Di questo racconto di viaggio apprezzo particolarmente il fatto che l’attenzione dell’autore si sposta sui mezzi e sui personaggi incontrati dai protagonisti, piuttosto che sui paesaggi: un’attenzione davvero interessante per chi, come me, ama viaggiare sui mezzi proprio per studiare la gente e vedere come si comporta. Peccato solo che si assomiglino un po’ tutti, come del resto le situazioni; francamente mi sarei aspettato qualche picco o qualche colpo di scena, che invece manca. Tutti belli, bravi e gentili, insomma, ma in viaggio si incontrano anche i brutti ceffi. Gradisco molto alcuni particolari dello stile dell’autore (le ruote nere come liquirizia sono una chicca) ma lo slang giovanile tende a perdersi in qualche frase eccessivamente lunga; un po’ avara anche la punteggiatura (soprattutto le virgole), che non pregiudica comunque la fruibilità del racconto. I paletti invece li vedo un po’ accessori, soprattutto la cucina; Dafne e Federico sono semplicemente i nomi dei due protagonisti, senza una precisa connotazione, mentre i corvi, per quanto accessori, li trovo perfettamente intonati per descrivere la giornata. Nel complesso un’idea interessante, che compensa le piccole mancanza segnalate.

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Messaggio Da Arunachala Mar Dic 06, 2022 1:57 pm

non ho capito per che motivo il mio commento sia scomparso, quindi provo a ripostarlo.
ci sono parecchi errori e refusi, anche se non esagerati.
la storia c'è, le descrizioni sono buone.
certo, chi ha una certa età può capire megio il senso di questo viaggio, mancato, peraltro.
oggi non sarebbe fattibile in alcun modo.
diciamo che la cucina rimane in sottofondo, come una musica di base per la storia e niente altro.
belle le varie e brevi tappe, ognuna con un personaggio diverso, subentrante al precedente.
il finale mi lascia di stucco, onestamente

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Messaggio Da Byron.RN Gio Dic 08, 2022 7:56 pm

Una storia semplice che scorre via liscia. Lo dico come aspetto positivo, non c'è bisogno di concentrarsi su aspetti poco chiari della storia e questo permette di focalizzarsi sui personaggi. 
Bella l'idea dell'autostop per farci vedere la "fauna cittadina" con il tuo punto di vista, la tua sensibilità. Magari in America uno di quei personaggi sarebbe potuto benissimo essere un serial killer, per fortuna qui da noi non è ancora così frequente.
Bella anche l'ambientazione dell'autogrill che a me piace sempre, non so perché.
Forse è il ricordo di Bianco Rosso e Verdone, un film che mi piace molto, ma non ci giurerei.
A proposito dell'autogrill, a fine lettura ho pensato che le scene che si svolgono lì sono un pelo statiche. Ho pensato che farci trovare una ragazza dell'età di Fede e Chaz sarebbe stata una svolta per movimentare un pò le cose. Avresti potuto chiudere coi tre ragazzi che escono insieme dall'Italia o che invece, come hai deciso tu, ritornano a Roma, ma con un altro stato d'animo. Non so, mi sono immaginato che così la storia avrebbe avuto un qualcosa in più. 
Ma come si dice, la storia in primis è dell'autore, le idee del lettore contano fino a un certo punto.
Una bella storia.
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Messaggio Da FedericoChiesa Ven Dic 09, 2022 8:25 am

Mi scuserai, spero: non mi ha convinto troppo.
È la storia di un viaggio, il viaggio, quello dell'adolescenza, che si ricorda tutta la vita.... e finisce dopo un giorno!
I dialoghi, sono sciolti, a volte quasi forzatamente.
Quello che più mi è piaciuto è la capacità che hai di trasmetter emozioni vere, semplici, con una storia e atteggiamenti naturali.
In conclusione, luci e ombre in cui la cucina non la fà da padrona.
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Messaggio Da Susanna Lun Dic 12, 2022 12:09 am

Un racconto che ha la firma in calce: frasi di una riga o due che riempiono pagine. Frasi secche che da sole farebbero una storia. Inconfondibile lo stile e la frequentazione degli Autogrill, location prediletta dalla Penna (dubbi: zero).
I protagonisti sono ben caratterizzati dai dialoghi, a tratti però un po’ forzati, penso per fare forza alla loro giovinezza: due ragazzi che partono alla ventura, senza avere un’idea molto precisa di cosa significhi viaggiare così, con pochi soldi e con solo quanto può contenere uno zaino, contando soprattutto sulla generosità dei camionisti o automobilisti. Un po’ improponibile per due ragazzini al giorno d’oggi, se hanno genitori con la testa sul collo. Ma una generazione o due fa sì, quella che merendeggiava coi Buondì. Però un paio di generazioni fa i probiotici in frigo non c'erano, per cui mi è rimasta la perplessità del periodo in cui posizionare la storia.

Un viaggio breve, nonostante il sogno coltivato sui primi passi di girare nientemeno che l'Europa, che si conclude a Casalecchio: neanche al primo confine arrivano, ma per loro è già sufficiente, hanno provato più a sé stessi che ad altri che potrebbero farcela, che alla fine un po’ di coraggio l’hanno trovato. Un viaggio che ricorderanno sicuramente, più che per i paesaggi per la varia umanità incontrata.

Buona prova, nonostante i paletti prescelti siano un po’ pallidi, quelli che emergono per me sono i corvi, che racchiudono un momento particolare. La cucina in particolare non emerge come elemento portante: è solo la stanza dove Federico dice “vado”.
 
Le mie note riguardano soprattutto la punteggiatura, a tratti poco curata: niente che con una rilettura che abbia le giuste pause non si possa superare, e che non inficia il gradimento per un racconto che per certi versi va oltre la storia raccontata.

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Messaggio Da Antonio Borghesi Lun Dic 12, 2022 3:00 pm

Una storia leggera direi quasi come una pennellata di un quadro che rappresenta un viaggio o meglio una fuga che però non va molto lontano. Bello il tuo modo di raccontare anche se ci sono dei refusi e quel tira su, presi su, che stonano per il loro fare dialettale. Comunque questo non inficia la scorrevolezza della lettura. Brav@
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Messaggio Da ImaGiraffe Mer Dic 14, 2022 4:55 pm

Mi spiace ma per me è un no sotto ogni punto di vista.
Partiamo con la cucina, che dovrebbe essere un elemento centrale del racconto ma in tutta onestà non è così.
Il genere che dovrebbe essere odeporico, mi scuseranno tutti, ma io credevo fosse altro. Credevo fosse un viaggio alla scoperta di qualcosa di inesplorato, fosse anche un viaggio interiore il viaggio dovrebbe esserci e qui per me manca.
Gli altri paletti si ci sono, ma nessuno è funzionale di per se. i nomi sono solo nomi o solo apparizioni. 
Anche dal punto di vista emotivo non mi è rimasto nulla.
Percepisco una sensibilità spiccata nel testo ma purtroppo per me non ha i requisiti necessari alla promozione.
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Messaggio Da tommybe Gio Dic 15, 2022 1:29 pm

Nella cucina c'è un adolescente, c'è un albero di Natale che sembra un'automobile in panne, c'è una madre assente succube di un padre assente.
Il viaggio parte da sotto casa e si capisce subito che è qualcosa più di un semplice spostamento di due anime giovani. Per non essere noiosamente perfetti si fanno prestare gli abiti e il denaro del condominio. A loro basteranno due giorni per realizzare il loro progetto. Se ne hanno uno.
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Messaggio Da Danilo Nucci Gio Dic 15, 2022 4:02 pm

Lo stile mi dice qualcosa e l’autogrill è l’autografo o la dedica, come ti pare.
Il genere è “odeporico” (ormai sfoggio la definizione con orgogliosa sicurezza), anche se in fondo il viaggio descritto non è proprio di ampio respiro.
Hai inserito vari elementi proposti dallo step, ma molti di essi si limitano a pure citazioni, senza una funzione concreta nella storia, oppure li hai utilizzati con un significato diverso da quello proposto. Così troviamo nel testo: Federico (che non è il Chiesa), Dafne e Char (idem), il volo dei corvi, Caipiroska, il fante, i bucaneve, la gemma. Hai inserito perfino il cassiere Marcello che digita… Se è lui, non era nemmeno fra i paletti previsti.
Anche la cucina si intravede appena all’inizio, senza un peso rilevante nel racconto.
Nonostante tutte queste osservazioni, lo stile di scrittura e la tua capacità creativa sono  semplicemente fantastici e probabilmente soffri nel doverli adattare ai paletti degli step anziché lasciarli correre liberi. Se non fosse per il rispetto di chi si è fatto il mazzo per seguire rigorosamente i vincoli dati, ti piazzerei al primo posto, ma visto che siamo in Different Rooms, probabilmente dovrò sacrificare un po’ il talento.
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Messaggio Da Arianna 2016 Dom Dic 18, 2022 6:12 pm

Un racconto in cui si mescolano malinconia e adolescenza, desiderio di partire e desiderio di stare o tornare.
La mano dell’autore ha dipinto lungo il viaggio belle immagini: il fiume Tevere arido di risposte, il ramo sofferente, la comunicazione a distanza tra Federico e il ramo, la mamma che sembra legata alla sedia dall’abito a righe (quasi a indicare una vita che la imprigiona, mentre Federico è ancora libero di partire; forse per questo lo lascia andare), le sue braccia che accolgono non Federico ma il suo vecchio maglione, la fame di Char descritta come “mangiarsi le ombre sul tavolo”, Char che si addormenta sulla catasta di scatole di Buondì, la foresta di ciambelle e cornetti.
Lo stile è personale e maturo. Una ulteriore revisione potrebbe limare alcuni passaggi non molto fluidi e le virgole ballerine.
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Messaggio Da Molli Redigano Mar Dic 20, 2022 11:14 pm

Lo stile mi piace, la cura del testo è palesemente lacunosa. Lo hanno notato tutti tra i commentatori che mi hanno preceduto. Nessuno di loro è entrato nel merito delle imprecisioni e neanch'io mi sento di farlo, per ora. Magari lo farò a Natale.

Non ho nulla da dire circa i paletti: il racconto è in gara.

Circa il racconto vero e proprio, mi è piaciuto molto. Un vero, autentico spaccato di gioventù. Due ragazzi qualunque che cercano di mettere in pratica un "sogno" senza saper nemmeno da che parte cominciare. Talvolta basta l'idea, la realizzazione viene da sola, un po' come per noi scrittori, o no?

E pazienza se poi di Praga s'immagina soltanto il freddo e non si è andati troppo lontano: lo spirito del viaggio, l'imprinting (mi stanno sul c. 'sti termini inglesi) alle vacanze di Natale è stato dato comunque. Fed e Char tornano belli e contenti a casa, tutto nello spazio di una notte. 
Questo viaggio Federico lo poteva fare soltanto con Char. Dafne, tanto per cambiare, avrebbe rifiutato.

Una nota negativa, anzi negativissima: io Caipiroska l'avrei chiamata Patrizia!

Grazie

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Messaggio Da paluca66 Sab Dic 24, 2022 4:42 pm

Errori / refusi ce ne sono davvero tanti, soprattutto a livello di punteggiatura, che non sto nemmeno a sottolinearli.
La scrittura è semplice nel senso più positivo che si può dare a questo termine, il racconto si lascia leggere che è un piacere, non sempre la lettura deve essere elucubrazioni e sforzo per cercare di recepire secondi o terzi fini del racconto.
Paletti: per come li intendiamo abitualmente qui dentro mi viene da dire che non ce ne è nemmeno uno, il genere è appena accennato, la cucina è un incidente di passaggio, i nomi sono solo nomi e anche gli altri paletti sono giusto accennati: ma il racconto è in concorso, è stato promosso e allora va benissimo così.
Un racconto che mi è piaciuto moltissimo, Fede e Char sono due di noi, che bello quando avevamo la loro età! Quanta spensieratezza, quanta cazzutaggine; e quanta bravura, aut* nel dipingere i vari personaggi che i due incontrano con poco più di una pennellata, con poche precise e chiare parole!

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Messaggio Da Akimizu Mer Dic 28, 2022 6:13 pm

Ciao autore, grazie di cuore per la magnifica lettura. Mi ha fatto riflettere molto il tuo racconto, lo confesso. Soprattutto non capivo il motivo del viaggio. E questa cosa, che poi è la chiave di lettura per capire il perché questo viaggio è concluso a Casalecchio e non a Praga, proprio non la riuscivo ad afferrare. Federico sta male per Dafne, e vabbè, sta male per la situazione in famiglia, e ci siamo, ma non sta scappando, non sta neppure cercando "se stesso", per usare una frase fatta. E quindi? E quindi ho provato a capire cos'ha trovato. Ha trovato la bontà, la parte gentile del mondo, l'ha trovata nei camionisti, nella loro rude cortesia, l'ha trovata in Celeste. E tanto gli basta. Ha capito che può affrontare il mondo e il resto della sua vita con un pizzico meno di paura, con meno angoscia, come il ramo senza i corvi. Poi sì, è vero, ci sono problemi di punteggiatura e in realtà l'inizio è un po' farraginoso, ma boh, pazienza. A rileggerci!
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Messaggio Da caipiroska Mer Dic 28, 2022 7:11 pm

Credo che questo autore abbia l'indubbia capacità d'inventare storie che parlano al lettore attraverso le emozioni che riesce magicamente a creare.
C'è un'originalità molto artistica nell'uso delle parole, una ricerca estetica che vuole rendere alcune frasi simili a opere d'arte: l'intento spesso viene raggiunto, a scapito però di una strana forzatura nella struttura stessa del racconto, dove la concentrazione nel voler far spiccare un'emozione va a discapito della coerenza stessa del testo.
La forza del racconto è racchiusa in intere frasi che potrebbero essere scolpite dal peso della verità che contengono e dalla capacità di evocare nelle mente di chi legge immagini vivide e vere, nelle quali ci si può trovare frammenti di rara autenticità. Un peso però che delle volte è troppo sbilanciato e rischia di schiacciare la verità che contengono, decontestualizzandola dal contesto e lasciandole il solo scopo di colpire il lettore: un effetto wow che si smorza nella riga successiva.
Qui però, a mio avvio, finiscono i meriti del testo che, nell'ottica del DT appare invece carente su più fronti.
A inizio contest mi sono detta: Chissà e qualcuno riuscirà a inserire Char nei racconti? Perchè davvero come personaggio l'ho trovato molto difficile da gestire in un contesto come questo e niente, vederlo messo lì come semplice nome (di un personaggio che non lo ricorda minimamente...) mi ha fatto un pò strano.
Stessa cosa per Federico, Dafne, fante, gemma e caipiroska.
E la cucina è davvero troppo marginale.
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Messaggio Da SuperGric Gio Dic 29, 2022 6:44 am

Una scrittura che apre porte sul mondo. A volte sono porticine, a volte solo buchi della serratura, ma che ci permette di vedere la vita vera di persone vere che c’è nascosta dietro. Questa è l’ossimoro della scrittura: mostrare la realtà attraverso la finzione. E tu ci riesci, caro autore! 
Qui ci sono due ragazzi che non sanno cosa vogliono, pieni di contraddizioni. Partono senza sapere bene perché e trovano la loro amicizia ancora più forte, tante persone disponibili e la voglia di tornare a casa. 
Semplice e bello, quasi una favola di Natale. Quanto vorrei saper scrivere come te!
Purtroppo i paletti sono presi molto alla lontana e viaggiare in autostop oggi è molto improbabile, comunque mi è piaciuto molto molto molto.
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Messaggio Da Asbottino Gio Dic 29, 2022 2:51 pm

Sulla scrittura davvero poco da dire. Non è nemmeno una questione di qualità. Credo che quello che colpisce tutti i lettori sia quanto è personale. Sembra di ascoltare una di quelle voci alla Tom Waits, voci che si portano dietro una storia al di là delle storie che ti raccontano, delle ossessioni, un modo di vedere il mondo che altri non hanno.
Personale è anche il modo di interpretare i paletti. Perché si, alla fine ci sono anche quelli. Uno legge e quasi si dimentica che ci fossero. Il che è un bene, significa che il racconto ti da tanto, un po' ti confonde le idee con le sue immagini, certe espressioni, una lezione di vita che è semplice e disarmante ma anche incredibilmente profonda. Però i paletti ci sono. E il racconto sembra quasi un viaggio attraverso i paletti: i corvi, la gemma, caipiroska, i bucaneve, Federico e Dafne. Sono come le luci dell'albero di Natale. Si accendono e si spengono. Fanno parte della storia e non ne fanno parte. L'autore ha talmente le idee chiare sul messaggio che vuole passare che li usa per veicolarlo, ma è talmente bravo che potrebbe usarne altri, a decine. La cucina purtroppo ha solo stesso destino. Brilla per un po' e poi scompare. Peccato. Ma poi peccato perché, mi chiedo? La lettura è di quelle che lasciano un po' scossi, felici e vagamente brilli. Un lettore non può chiedere di più.

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Messaggio Da Achillu Ven Dic 30, 2022 12:41 pm

Ciao Aut-

Chi ha scritto questo racconto deve essersi ispirato a Jack Kerouac e al suo romanzo "Sulla strada", in particolare l'inizio. Però il tutto trasportato a Roma, sulla A1 fino a Cantagallo, e molto più vicino ai giorni nostri.
Il punto debole sono i paletti: Federico non è Federico Chiesa, che a 16 anni abitava a Firenze; Char non è Char Aznable; Dafne non è la ninfa; la "gemma" non è una gemma. Invece i corvi sono corvi, i bucaneve sono bucaneve (ma non mi pare che fioriscano a Natale), la caipiroska è una caipiroska ma sono solo comparse. Il fante è l'unico elemento di un certo rilievo, almeno pari alla cucina.
I camionisti che si susseguono non hanno un carattere, l'unica cosa memorabile sono le macchie d'unto sui sedili del carro attrezzi.
Della parte più strettamente odeporica, la scena con il fante resta il tragitto più memorabile.
La parte più statica, quella in autogrill, è memorabile e lo è altrettanto quanto la scena in cucina iniziale e la parte con il fante.
L'autogrill Cantagallo ha la caratteristica di essere un ristoro a ponte, questo spiega il modo in cui tecnicamente i due ragazzi riescono a tornare a Roma. Mi hanno ricordato un mio compagno di università, che era abituato a spostarsi in autostop quando andava alle superiori. Una volta l'ha fatto anche all'università, da casa sua in Sicilia alla Toscana. Lui è un Federico (o un Char) che ce l'ha fatta. Mi è piaciuto il modo delicato in cui hai invece trattato il "fallimento" del viaggio dei due protagonisti.
Ci sono tante frasi che mi sarei voluto segnare, cito in particolare la prima che mi ha colpito: "L’albero di Natale lampeggia accanto alle pentole sul lavandino come un’automobile in panne." Ma anche Char che si addormenta sulla catasta di cartoni del Buondì è una scena che ha il suo fascino.
Dei paletti ho già parlato. Comunque tre validi ci sono, come pure la cucina. Il genere è azzeccatissimo.

Grazie e alla prossima.

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Messaggio Da Fante Scelto Lun Gen 02, 2023 9:44 am

Credo che la chiave di lettura di questo racconto stia nel dinamismo, il dinamismo che pervade l'intera narrazione, dalle prime battute alle ultime. E' tutto molto dinamico, tutto in movimento, c'è una agitazione che pervade i due protagonisti e che fa loro attraversare la mappa del (breve) viaggio.
E' una agitazione sana, vitale, tipica di quell'età.
Tutte le sfumature psicologiche dei personaggi si riflettono nei loro gesti, dal non voler sembrare squattrinati al rapporto col fumo, all'appassionarsi a una coperta che profuma di donna.
E' tutto splendidamente umano.
Vero.
Come certe espressioni utilizzate, certe frasi, pennellate con assoluta scioltezza, come fossero i modi di dire più normali e azzeccati del mondo.

Il valore aggiunto, poi, sono i dialoghi.
Non so se due ragazzini parlerebbero davvero così, ma la loro parlata è talmente brillante che, da lettore, ne rimango coinvolto e la prendo per buona.

Come per altri racconti, però, non posso esimermi dall'uso della mannaia.
Sul genere ho qualche riserva, per motivi legati alla definizione (viaggio in terre lontane, soprattutto).
La cucina ci può stare, anzi le cucine, perché oltre a quella di casa c'è anche quella dell'autogrill.
Ma dei paletti qui manca tutto, o quasi. Solo il fante, forse, ha un ruolo di un qualche valore (quello di un personaggio caratteristico incontrato durante il viaggio). I corvi e i bucaneve sono una mera menzione, tutto il resto semplicemente non sono i personaggi che avrebbero dovuto essere.

E' un lavoro di grandissimo spessore umano che però, se costretto dai paletti dello step, ne esce purtroppo sacrificato.
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Messaggio Da vivonic Dom Gen 08, 2023 10:31 am

Ciao, Autore. Il tuo racconto ha completamente spaccato il CdL, in un 2-2 estenuante per l'ammissione. Troppi "paletti" che in realtà non erano ammissibili, come poi qualcuno ha già rilevato. Abbiamo dovuto farne una lista e individuare quali fossero "passabili" e quali no, in modo da arrivare ai tre che ti permettessero l'ammissione. E questo scoglio è stato superato: corvi, fante e caipiroska.
Poi c'erano ancora stanza e genere...
Qui è stato davvero difficile. Io ho ritenuto che ci fosse il genere odeporico, mentre per un membro era un epico e per un altro nessuno dei due generi. Lo abbiamo ammesso come odeporico, anche se al limite dell'aderenza.
La cucina non ha convinto nessuno, ma c'erano altri racconti in cui il suo ruolo era quantomento equiparabile alla cucina di questo racconto. E questo è quanto.
Una volta ammesso il racconto, resta giusto spiegare il lavoro del CdL, ma resta altrettanto giusto godersi il racconto che, step o non step, è un racconto che merita di essere letto.
A me è piaciuto.

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Messaggio Da Menico Lun Gen 09, 2023 4:59 pm

Molto bello il viaggio iniziatico dei due ragazzi. Interessante la scelta di descrivere i mezzi di trasporto e le persone incontrate piuttosto che i luoghi attraversati.
L'ho letto con piacere e con un po' di malinconia.

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Messaggio Da tommybe Ven Gen 13, 2023 7:38 am

Ringrazio Akimizu e Achille per l'apprezzamento. È giusto che io vi voglia un po' più bene che agli altri.
Caipiroska non ha capito la mia approvazione che ne ha fatto il personaggio principale. Idem per Char e per Federico che sembrano quasi offesi. E questo mi dispiace.
Il racconto imita le azioni dei miei vent'anni. Il periodo più burrascoso e bello della mia vita.
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