Storie di corsia
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Hellionor
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Storie di corsia
Ci sono momenti in cui una fetta biscottata con una lacrima di marmellata può sembrare un’omelette gigante ripiena di prosciutto e formaggio.
Seduto nel mio lettino d’ospedale, sto per addentare la mia lauta colazione quando un urlo mi blocca in piena manovra.
È Ciccio, infermiere pseudo professionale chiamato ‘il prete’, famoso nel reparto perché ogni volta che deve fare un prelievo, il paziente che lo vede arrivare si fa il segno della croce. Magro, calvo, bianco, con naso e orecchie piene di peli.
Ci sono passato anch’io, sotto le sue mani. Riuscì a trovarmi la vena al settimo tentativo, e il mio vicino di letto, mostrandomi orgogliosamente il suo braccio con nove buchi mi sorrise, fiero del suo record.
«Fermo!» urla.
«Che c’è?»
«Non mangiare, mio compare.»
Un poeta.
«Minchia, mi chiami compare e mentre mi dici di non mangiare. Ma che pìgghi po culu?»
«Ha chiamato il primario, ha detto che siccome un paziente è morto forse ti operiamo oggi.»
«Ah. Che vuol dire forse?»
«Che non è sicuro.»
«E grazie. Ma il paziente è morto di sicuro o no?»
«Eccerto.»
«Senti Ciccio, ci conosciamo da anni. Facciamo i seri. Se un paziente è morto di sicuro, sarà sicuro che mi operate, giusto? Perché di sicuro si è liberato un posto, no? Non è che mi lasciate morto di fame e poi non succede niente, come un anno fa? Perché faccio succedere un quarantotto.»
«Minchia come fai. Ma perché te la prendi con me?»
«Perché ci sei solo tu qui.»
«Eh, appunto, l’ambasciata non porta pena.»
«L’ambasciatore, pirla.»
«U stissu è. Non fare il dottore, che qui quello messo peggio c’ha il diploma.»
«E tu allora come sei messo, che hai la quinta elementare?»
«Sono messo benissimo, grazie. Ho andato a scuola per dieci anni.»
«Ma chi, tu?»
«Io, io, che ti credi? Ho preso il Diploma di Scuola Elementare – mi dice quasi sillabando, manco fosse una laurea – e poi sono bocciato cinque volte in prima media.»
«E com’è che ti fanno fare l’infermiere?»
«Perché io sono un autodidattico. Quello che conta è la sostanza, non la carta. E poi fici il corso per infermiere professionale di professione per sei mesi.»
«Sei mesi? Tutti i giorni?»
«Ma quale minchia, una volta alla settimana, un paio di ore. E così mi ho preso il diploma, che ce l’ho appizzato nella parete del soggiorno.»
Entra Monika, infermiera vera, da sala operatoria. Una donna capace di farti amare le iniezioni. Alta due metri, per l’80% composta da cosce, il 15% da due smeraldi al posto degli occhi e il restante 5% da lunghi capelli neri più ipnotici di Circe.
«Ciccio, cosa fai qua tu?»
« Stavo dicendo al paziente che…»
«Vai svuota cateteri, cosa inutile che tu sei. Nemmeno a Polonia uno come te fanno lavorare.» Ciccio se ne va, lei chiude la porta e mi guarda in silenzio. Si avvicina...
«Spogliati…»
Oh, sì...
«…togliti tutto, dai…»
Oh my god...
«…e mettiti questo.»
Mi porge un camice da sala operatoria.
…azz.
Mi fa sdraiare sulla barella, incurante di quel qualcosa di grande fra di noi e mi porta nel blocco operatorio.
«Spetta qui che viene doctore con anecstesista.»
«Comandi.»
Mi sorride e se ne va. Rivaluto istantaneamente le percentuali della sua composizione fisica, aggiungendo un buon 30% di culo a traino allucinogeno.
Aspetto, aspetto, aspetto… niente, né doctore e né anecstesista, porca troia. Passano così due ore, e io penso al pranzo che se ne sta andando. Ere dopo, spunta il chirurgo. Capelli lunghi e biondi, gobba e occhi celesti fuori dalle orbite. Sembra E.T. con i capelli.
«Signor paziente, come sta?»
«Benone. Oggi invece di andare al museo o al mare ho ben pensato di venire a fare un giro in ortopedia.»
Il mostro scoppia a ridere, appoggiando la mano sulla mia spalla. Poi di colpo torna serio.
«Mi dispiace, ma per oggi l’operazione è saltata. Abbiamo avuto delle compli… ehi, ma dove sta andando?»
Esco fuori dal blocco operatorio col solo camice addosso e vado in infermeria, pronto a farmi la galera. C’è Oreste, un infermiere che sembra un incrocio fra Woody Allen e Danny De Vito.
«Unnè Ciccio?»
«Boh, forse è sceso al bar.»
Vado in camera, mi rimetto il pigiama e mi piazzo all’ingresso del corridoio che corrisponde all’uscita dell’ascensore. Dopo dieci minuti, l’ascensore si apre e Ciccio viene fuori. Io devo avere l’espressione di un Unno a cui hanno rubato il cavallo.
«Tu! Io ti spiezz…»
« Nun fare accussì - mi interrompe – tiè, basta ca cià finisci.»
Mi dà un fagotto.
«Dentro c’è la pasta al forno, due cosce di pollo e le polpettine di patate. Allorquando sei finito scendi al bar che c’hai il caffè pagato.»
«Ma come fai a sapere che ti stavo cercando?»
«Il chirurgo chiamò in corsia e ci disse che l’operazione fu annullata. Appena lo sentii, scappai a comprare il mangiare per evitare il quarantotto.»
«E bravo Ciccio. Sveglio e reattivo.»
«Sveglio sta minchia. Certo che quello che disse quella cosa dell’ambasciata doveva essere un gran coglione.»
Va via, il povero Ciccio, il turno è finito e io inizio a mangiare. Mi è andata troppo di lusso.
E pensare che mi sarei accontentato di una birra.
Seduto nel mio lettino d’ospedale, sto per addentare la mia lauta colazione quando un urlo mi blocca in piena manovra.
È Ciccio, infermiere pseudo professionale chiamato ‘il prete’, famoso nel reparto perché ogni volta che deve fare un prelievo, il paziente che lo vede arrivare si fa il segno della croce. Magro, calvo, bianco, con naso e orecchie piene di peli.
Ci sono passato anch’io, sotto le sue mani. Riuscì a trovarmi la vena al settimo tentativo, e il mio vicino di letto, mostrandomi orgogliosamente il suo braccio con nove buchi mi sorrise, fiero del suo record.
«Fermo!» urla.
«Che c’è?»
«Non mangiare, mio compare.»
Un poeta.
«Minchia, mi chiami compare e mentre mi dici di non mangiare. Ma che pìgghi po culu?»
«Ha chiamato il primario, ha detto che siccome un paziente è morto forse ti operiamo oggi.»
«Ah. Che vuol dire forse?»
«Che non è sicuro.»
«E grazie. Ma il paziente è morto di sicuro o no?»
«Eccerto.»
«Senti Ciccio, ci conosciamo da anni. Facciamo i seri. Se un paziente è morto di sicuro, sarà sicuro che mi operate, giusto? Perché di sicuro si è liberato un posto, no? Non è che mi lasciate morto di fame e poi non succede niente, come un anno fa? Perché faccio succedere un quarantotto.»
«Minchia come fai. Ma perché te la prendi con me?»
«Perché ci sei solo tu qui.»
«Eh, appunto, l’ambasciata non porta pena.»
«L’ambasciatore, pirla.»
«U stissu è. Non fare il dottore, che qui quello messo peggio c’ha il diploma.»
«E tu allora come sei messo, che hai la quinta elementare?»
«Sono messo benissimo, grazie. Ho andato a scuola per dieci anni.»
«Ma chi, tu?»
«Io, io, che ti credi? Ho preso il Diploma di Scuola Elementare – mi dice quasi sillabando, manco fosse una laurea – e poi sono bocciato cinque volte in prima media.»
«E com’è che ti fanno fare l’infermiere?»
«Perché io sono un autodidattico. Quello che conta è la sostanza, non la carta. E poi fici il corso per infermiere professionale di professione per sei mesi.»
«Sei mesi? Tutti i giorni?»
«Ma quale minchia, una volta alla settimana, un paio di ore. E così mi ho preso il diploma, che ce l’ho appizzato nella parete del soggiorno.»
Entra Monika, infermiera vera, da sala operatoria. Una donna capace di farti amare le iniezioni. Alta due metri, per l’80% composta da cosce, il 15% da due smeraldi al posto degli occhi e il restante 5% da lunghi capelli neri più ipnotici di Circe.
«Ciccio, cosa fai qua tu?»
« Stavo dicendo al paziente che…»
«Vai svuota cateteri, cosa inutile che tu sei. Nemmeno a Polonia uno come te fanno lavorare.» Ciccio se ne va, lei chiude la porta e mi guarda in silenzio. Si avvicina...
«Spogliati…»
Oh, sì...
«…togliti tutto, dai…»
Oh my god...
«…e mettiti questo.»
Mi porge un camice da sala operatoria.
…azz.
Mi fa sdraiare sulla barella, incurante di quel qualcosa di grande fra di noi e mi porta nel blocco operatorio.
«Spetta qui che viene doctore con anecstesista.»
«Comandi.»
Mi sorride e se ne va. Rivaluto istantaneamente le percentuali della sua composizione fisica, aggiungendo un buon 30% di culo a traino allucinogeno.
Aspetto, aspetto, aspetto… niente, né doctore e né anecstesista, porca troia. Passano così due ore, e io penso al pranzo che se ne sta andando. Ere dopo, spunta il chirurgo. Capelli lunghi e biondi, gobba e occhi celesti fuori dalle orbite. Sembra E.T. con i capelli.
«Signor paziente, come sta?»
«Benone. Oggi invece di andare al museo o al mare ho ben pensato di venire a fare un giro in ortopedia.»
Il mostro scoppia a ridere, appoggiando la mano sulla mia spalla. Poi di colpo torna serio.
«Mi dispiace, ma per oggi l’operazione è saltata. Abbiamo avuto delle compli… ehi, ma dove sta andando?»
Esco fuori dal blocco operatorio col solo camice addosso e vado in infermeria, pronto a farmi la galera. C’è Oreste, un infermiere che sembra un incrocio fra Woody Allen e Danny De Vito.
«Unnè Ciccio?»
«Boh, forse è sceso al bar.»
Vado in camera, mi rimetto il pigiama e mi piazzo all’ingresso del corridoio che corrisponde all’uscita dell’ascensore. Dopo dieci minuti, l’ascensore si apre e Ciccio viene fuori. Io devo avere l’espressione di un Unno a cui hanno rubato il cavallo.
«Tu! Io ti spiezz…»
« Nun fare accussì - mi interrompe – tiè, basta ca cià finisci.»
Mi dà un fagotto.
«Dentro c’è la pasta al forno, due cosce di pollo e le polpettine di patate. Allorquando sei finito scendi al bar che c’hai il caffè pagato.»
«Ma come fai a sapere che ti stavo cercando?»
«Il chirurgo chiamò in corsia e ci disse che l’operazione fu annullata. Appena lo sentii, scappai a comprare il mangiare per evitare il quarantotto.»
«E bravo Ciccio. Sveglio e reattivo.»
«Sveglio sta minchia. Certo che quello che disse quella cosa dell’ambasciata doveva essere un gran coglione.»
Va via, il povero Ciccio, il turno è finito e io inizio a mangiare. Mi è andata troppo di lusso.
E pensare che mi sarei accontentato di una birra.
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La gloria o il merito di certi uomini è scrivere bene; di altri, non scrivere affatto.
Jean de La Bruyère
Phoenix- Admin
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A M. Mark o'Knee garba questo messaggio
Re: Storie di corsia
Ciao @Phoenix felice di leggerti! Le tue storie sono una “ricarica”. La sicilianità, il cibo, la malattia che riesci a rendere un evento lieve, l’ironia del tutto naturale… Ammiro proprio la naturalezza della tua penna, l’umanità rassicurante e positiva, nonostante tutto.
Petunia- Moderatore
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A Phoenix e tommybe garba questo messaggio
Re: Storie di corsia
Tutta questa passione per cibo ospedaliero la trovo poco credibile, ma il racconto si alimenta con personaggi e situazioni divertenti che lasciano il segno.
tommybe- Maestro Jedi
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Re: Storie di corsia
Resto sempre dell'idea che queste storie ricche di ironia e autoironia siano una boccata di aria fresca. Non ci proponi la sofferenza, che resta nascosta tra le pieghe di una risata.
Qui c'è una pillola di saggezza che dice: fattela una risata ché magari domani non fai in tempo.
Qui c'è una pillola di saggezza che dice: fattela una risata ché magari domani non fai in tempo.
Hellionor- Admin
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A Phoenix e tommybe garba questo messaggio
Re: Storie di corsia
Letto con vero gusto!
Menomale che qualche volta riesco a leggerti, Boss!
Trovare la leggerezza in posti dove questa manca o, purtroppo, per altri motivi si dimentica, è un gran pregio!
Tutto dipinto e colorato al punto giusto...
Menomale che qualche volta riesco a leggerti, Boss!
Trovare la leggerezza in posti dove questa manca o, purtroppo, per altri motivi si dimentica, è un gran pregio!
Tutto dipinto e colorato al punto giusto...
Resdei- Maestro Jedi
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Data di iscrizione : 07.01.21
Età : 61
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A Phoenix e tommybe garba questo messaggio
Re: Storie di corsia
Riletto. Anzi prima di rileggerlo mi sono guardato intorno e ho visto gente che ti vuole bene, autore.
Molto bello per come è semplice, naturale, autentico.
Almeno così appare.
Molto bello per come è semplice, naturale, autentico.
Almeno così appare.
tommybe- Maestro Jedi
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Data di iscrizione : 18.11.21
Età : 72
Località : Roma
A Phoenix garba questo messaggio
Re: Storie di corsia
Fantastico: ogni riga un'occasione per una risata o un semplice sorriso.
Che poi, avendo imparato il "siciliano" con Montalbano, la senti nelle orecchie l'inflessione e ti gusti il racconto ancora di più.
Chi è stato qualche volta ricoverato, facile abbia incontrato personaggi molto simili ai tuoi, ma in quei momenti non ti viene voglia di scriverci un racconto!
Grazie per averlo condiviso. Altro che pastina in brodo di dado allungato, formaggino e finocchi lessati, per non parlare delle mele cotte, oggi sostituite da semplici mousse.
Che poi, avendo imparato il "siciliano" con Montalbano, la senti nelle orecchie l'inflessione e ti gusti il racconto ancora di più.
Chi è stato qualche volta ricoverato, facile abbia incontrato personaggi molto simili ai tuoi, ma in quei momenti non ti viene voglia di scriverci un racconto!
Grazie per averlo condiviso. Altro che pastina in brodo di dado allungato, formaggino e finocchi lessati, per non parlare delle mele cotte, oggi sostituite da semplici mousse.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: Storie di corsia
Grazie a tutti, avevo un po' di nostalgia dei miei ricoveri e allora ualá
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La gloria o il merito di certi uomini è scrivere bene; di altri, non scrivere affatto.
Jean de La Bruyère
Phoenix- Admin
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Re: Storie di corsia
Ciao Ruben, che bello leggerti
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Asbottino- Cavaliere Jedi
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Località : Torino
A Phoenix garba questo messaggio
Re: Storie di corsia
Habbi gustato tutto con la giusta addose di ironia e che ti addistingue carissimo Ruben e mi abbio puro ricordato di un pisodio piccolo ma autostionico che mi accapitatte in quando che recottomi pe accetamenti al polliclinico di Bari che non ti addico cosa mi capitatte. Mi sfunzionama male tutto e un proffi mi dicette che mi addoveva ricosvernare al reparto di gastronomia intensiva. Inzomma la matina mi arrecai a diggiuno per che mi avevano diciuto che dovevano farmi un prelieve e... per farla breve mi arricoveratti alle tre di meriggio che non ci addivedevo pe la fame e mi spanzai sul lettino senza nemmanco un cracheres da maciare. Ecco che ti addiviene un fermiere con due occhi diversi che agguardano a destra e sinistrata e mi appiccia una cazzo di puntura che mi allesione il tindine che puro oggi cio il braccio ascorrevole. Caro Ruben non ti addico li mali e pure dizioni che so detto e puro svenitti per il dolore e... detta breve mi appresero per un catavero che mi affacettero di tutto e puro un interrocatorio sessuale che non ci accapì perché. Il ciorno topo mi guardì allo specchio del bagno e parevo verdone come un Ulko che mi ammisi mutante e pantaloni e antai a firmare le timissioni di corsa. Rimanetti verdone per una simana. Mo ti saluto e ti rincrazio tanto di questo attuo racconto che mi abbi preso el corazon.
Ospite- Ospite
Re: Storie di corsia
Ciao Phoenix!
Credo che pochi come te qui su DT siano capaci di mescolare insieme azione, ironia e una sottilissima vena di tristezza.
E' sempre un piacere leggerti!
Credo che pochi come te qui su DT siano capaci di mescolare insieme azione, ironia e una sottilissima vena di tristezza.
E' sempre un piacere leggerti!
caipiroska- Cavaliere Jedi
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