Il libro sta troppo in alto, con una stampella vuota dell’armadio Salvatore riesce a tirarlo giù dalla libreria.
Non è quello che gli piace, ma può passare benissimo un po’ di tempo a leggerlo, anche senza troppo interesse. Oggi è il suo giorno di riposo, un giorno al mese. A Syracuse ci sono parecchi ristoranti italiani ed è complicato e faticoso tenere alta l’asticella. Basta una pasta scotta, un tovagliolo lavato male e la gente si sposta da un’altra parte, ci vuole molta concentrazione.
Salvatore si affaccia alla finestra, osserva il paesaggio di case e automobili, l’altalena al centro del giardino, la ruota di una bici. L’orizzonte è questo.
- Perché non dai una mano a Tom, deve fare un disegnino per la scuola.
- Tu sai fare meglio di me, Gina.
- Non serve Van Gogh, aiutalo.
- Un disegno è un atto forte di comunicazione, la sua maestra si accorgerà che non è autentico.
- Tu cerca di essere più convincente e non disegnare i soliti aranci e limoni.
- Sarà inevitabile che io disegni qualcosa che appartenga alla Sicilia, non capisco perché l’hanno chiamata Syracuse, questa città non somiglia nemmeno per sbaglio alla nostra terra.
- Ci dà da vivere Syracuse, nessuno ti chiede di ignorare le tue origini, basta solo rispettarla.
- Esco, vado a fare una passeggiata..
- D’accordo, ciao, divertiti.
L’arrivo a Syracuse era stato fondamentale, aveva contribuito a cambiare la vita della giovane famiglia in modo profondo, ma lei ogni volta lo trattava in modo triste, maneggiata da un certo rancore che non si capiva da dove arrivasse. A lui non interessava che Tom fosse bravo nel disegno, che fosse un bambino buono e in salute, sì.
Per sfondare come cuoco si era fatto bendare per un lungo periodo, nulla di più gli importava della vita che essere apprezzato come cuoco. Aveva affidato tutte le sue forze al profumo degli ingredienti e del cibo che la cottura non silenziava, amplificava, per vivere in quel posto così diverso e difficile.
Non aveva altri sogni, altri desideri, non alzava la testa neppure se andava a fuoco la casa accanto, l’alzava solo se sollevava il coperchio di una pentola per sentire bene l’aroma ottenuto.
La sua vita non è stata fornita di lunghi intervalli, tutto è stato veloce, simultaneo: il matrimonio, la nascita di un figlio, e pure diventare un bravo chef.
L’America è ricca di gente che ama la buona tavola, da fessi non cercarla, specialmente ora che il Duemila sta per nascere. Tutti sembrano più legati all’emozione di cibi tradizionali, più rassicuranti.
Il sole sta tramontando, Salvatore si accorge di aver percorso parecchi chilometri grazie a un fastidio a una gamba.
Al ritorno avrebbe preso un taxi, per ora si gode un misto di piacere e tristezza.
Dodici ore al giorno nel ristorante non ti donano una grande forma fisica.
Poco a poco, scopre la capacità che non sapeva di avere: guardarsi intorno.
Ha completamente voltato le spalle al mondo, invece di osservarlo lo ha fatto diventare piccolo e ripetitivo da occupare lo spazio di un tagliere e di quattro fornelli.
Ha voglia di un caffè. Il fangoso torrente Onondaga è così vicino da poterlo prendere a sassate, ma non c’è un bar. Il cuore gli sguscia fuori dal petto quando si rende conto di essersi troppo allontanato da casa. Palpeggia l’aria che esce dai secchioni dell’immondizia, la spazzatura gli indica che c’è vita, e per certi versi lo rassicura. Sua moglie Gina starà stirando i panni. Il piccolo Tom avrà finito il disegnino e guarderà la tv.
Non ha altro da pensare. Non c’è altro nella sua vita da pensare. Ha la solita camicia e la solita riga scura di sudore all’interno del collo. Ha le solite scarpe di un numero in più.
Salvatore, senza ragione, si commuove per tutto quel vuoto imbottigliato dentro.
Le corolle delle margherite spariscono inghiottite dal buio nei giardini.
Gli appare improvviso un andirivieni confuso e eccitato di giovani sotto una scritta : Benvenuti.
A una ragazza qualunque chiede se quella è una festa.
- Magari, non tocco un drink da mezzogiorno e ho pure fame, - gli risponde.
- Ho un panino in tasca, se lo vuoi, te lo cedo.
- Chissà dove l’hai comprato, non mi fido. Comunque grazie, amico, io sono Brenda, è la prima volta che conosco un ragazzo con un panino in tasca.
La ragazza non ha affatto l’aria felice, sembra aver patito, oltre che la fame, una delusione.
- Sono Salvatore, e il panino l’ho fatto io, puoi fidarti.
- Se fai panini sei un uomo felice,’ tutti quelli che fanno panini sono felici’, canticchia con voce melodiosa.
- Hai bevuto, Brenda? Salvatore ride.
- Ci sto provando da un mese a stare lontana dall’alcool, soprattutto per la linea.
Sulla porta della villa c’è un pezzo d’uomo vestito di nero che fa da campanello, la strada che gli passa accanto desertificata dalla chiusura dei negozi ora appare di nuovo vivente.
- Che aspetti a darmelo quel panino.
Lo morde con discrezione, sembra non masticare.
- Ma lo sai che è proprio buono, finalmente un panino senza maionese.
- Non uso mai la maionese.
- Sei un cuoco?
- Sì.
- Ecco, mi pareva. Però inganni, non hai la pancia, tutti i cuochi sono grassetti.
- Se è per farti contenta ingrasserò pure io.
- Hai una fede al dito che pesa due quintali, non puoi fare sacrifici per un’ altra donna.
- Ingrassare non lo vedo proprio come un sacrificio.
All’interno un divano di pelle in tinta con le pareti li fa sedere e mimetizzare proprio sotto una palla gigante, stroboscopica. La pista è già piena, la musica è funky.
La ragazza ha buttato via metà del suo pallore. Per avere Salvatore di fronte senza mostrargli nulla si aggiusta la gonna in mezzo alle gambe. Il bicchiere che ha in mano è rosso, pure quello di Salvatore è rosso e odora di Gin.
Cercando di non dare nell’occhio Salvatore raggiunge il bagno. Ci sono tanti lavandini e uno specchio enorme, molto elegante. La porta alle sue spalle si spalanca, entra Brenda nel bagno.
-Ti sei nascosto qui?
- Mi sono sciacquato il viso, sono due notti che non dormo.
Salvatore ha un fiammifero acceso nello stomaco, ma non è l’alcol, è il disagio.
Non è mai stato in un bagno per uomini con una donna, non è mai stato in una sala da ballo, non ha mai avuto il tempo per qualsiasi tipo di relazione.
Si sente le gambe flosce, sfilacciate, dopo aver ballato un paio di lenti con la pettinatura profumata di Brenda appoggiata sulla sua spalla sinistra.
Salvatore non avrebbe potuto tornare a casa e mettersi in pigiama senza raccontare quello che gli stava accadendo.
Per lui è strano solo pensare a una donna che non sia sua moglie.
Ora la musica viene sostituita da quella dei fiati di un gruppo che si è impossessato di un palchetto laterale.
Salvatore non cerca sviluppi e nella calca si allontana, che a avere un contatto sessuale con la piacevolissima Brenda sarebbe stato un piacere e anche un disastro su vasta scala.
Fuori l’aria è fredda, Salvatore ha memorizzato, imparato la strada e torna a casa veloce.
Racconta tutto alla moglie.
- Mi cerchi solo quando hai qualcosa di terribile da raccontare, magari torni in quel posto e la ritrovi, Brenda.
- Ma finiscila, un paio di balli non sono una cosa terribile.
- Tu avveleni tutti i miei corsi d’acqua, e lo sai che la mia acqua è fresca e pura.
- Quando sei rabbiosa ti diventano le narici a triangolo, sono bellissime.
-Ti tiro il ferro da stiro, non scherzare con me, non scherzare con me, Salvatore.
Si asciuga gli occhi con il pizzo di un lenzuolo stirato.
- A quest’ora sarebbe meglio dormire, siamo tutti stanchi. Sei un brav’uomo, Salvatore, ma io sono stanca e stufa. E a Tom non ci hai pensato? Quando ti prende la smania di fuggire a lui non pensi? Io non ho il manuale delle istruzioni per farlo vivere meglio, ma ci provo, anche con tutte le difficoltà. Tu te ne freghi, lui conta meno del tuo piatto peggiore. Che succederà se non ci sarò più? Chi lo infilerà tutte le mattine lavato e pettinato dentro il pulmino della scuola? Chi controllerà che abbia indossato bene i suoi abiti? Quello che lo accompagna a scuola è più deficiente di te, gli fa ascoltare i Radiohead. A un bambino i Radiohead. Pazzesco. La musica guarisce la mente, dice. Ma per favore! E tu che fai, tu non fai nulla, te ne vai nelle sale da ballo a farti raccontare cose, a offrire panini. Che poi quello era il mio panino, l’avevi inventato per me. Porca miseria, quello era il mio panino.
- Ti prego.
- Se sei di riposo meglio se te ne stai a guardare le nuvole, a guardare lo steccato riparato, lo steccato che io ho riparato. A guardare l’erba che cresce. Quando parli con Tom fai le facce, muovi le mani, imiti le voci, diventi immaginifico il più possibile e Tom ti segue.
- Allontanarci dalla nostra terra è stata una mezza sconfitta, Gina, abbiamo trovato un ambiente provocatorio, è stata rinascita e apocalisse. Che poi l’America ha troppi nemici, fuori e dentro. Fanno guerre in mezzo alle strade e fanno guerre in mezzo a montagne assurde, in posti che nessuno conosce.
Un posto diventa un posto quando uno lo guarda, o almeno in fotografia lo vede. Altrimenti quel posto non esiste. E questi hanno iniziato la guerra in Afghanistan, un posto che per me non esiste. Con il culo che ho mi toccherà pure andarci a combattere.
- Condivido questa tua invettiva personale, soprattutto perché tanti ragazzi ci rimettono la pelle, e sono gli stessi che ballano, ascoltano musica, flirtano come te nelle sale da ballo. Sembra non saperlo la gente che sono gli stessi. I nostri fratelli, i nostri figli,i nostri padri. Un miscuglio di affetti dispersi, snaturati tra quelle montagne.
- Ah ecco, mi sembrava strano che tu fossi diventata improvvisamente saggia, stavo pure a ascoltarti.
Io non flirto con nessuna.
- Sorridiamo giovanotto, sorridiamo, abbiamo tanto tempo a disposizione per essere sofferenti, il mondo andrà sempre peggio, purtroppo, ma noi ce la caveremo, vero Salvatore?
- Brenda, da bambino la prima notte che ho dormito in un letto a castello sai quale è stata la mia paura?
- Di cadere?
- No, di volare. Mi sentivo talmente in alto, invincibile come mi fai sentire tu. I tuoi abbracci, le tue parole, hanno lo stesso effetto, mi fanno volare. Preso dal demone della passione non mi sono mai accorto di quanto fosse bella la tua mente e il tuo modo di pensare.
- Dici che è un demone? Ride.
Salvatore inghiotte a vuoto, accompagnato dal suo sguardo amorevole.