Il cocomero
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Il cocomero
Prima o poi finirò con l'ammazzarmi. Non che sia mia intenzione, anzi, ci tengo eccome alla vita e fosse per me il secolo in corso me lo vedrei tutto, non foss'altro per vedere che fine faremo.
E' che sono un po' maldestro, soprattutto nei non pochi momenti in cui la mia vita è concentrata su qualcosa di diverso dalle ordinarie faccende domestiche e allora la mia naturale predisposizione a ficcarmi nei guai o a creare dei danni subisce un incremento esponenziale.
Si va dalle piccole, piccolissime, quasi trascurabili cose che però quando fanno numero acquistano una certa - e fastidiosa - consistenza ai veri e propri rischi che corro e ai pericoli in cui mi imbatto per un mix di incoscienza, fiducia mal riposta, forse anche sfortuna, se di sfortuna posso parlare, visto che alla fine comunque casco quasi sempre in piedi...
Oggi mi soffermerò soprattutto sulle piccole cose, sia per un discorso di privacy, anche se non amo questa parola che vuol dir tutto e alla fine finisce per non dire un bel niente, sia per non spaventare il mio (virtuale) uditorio e anche un po' me stesso ripensando agli impicci in cui talvolta mi sono cacciato e dai quali non sempre è stato facile districarmi.
Certo, c'è poi una terra di mezzo, una linea di confine: come dovrei catalogare ad esempio l'essermi addormentato per ben due volte lasciando per tutta la notte il forno di casa al massimo dei gradi (per ottimizzare il tempo...) con qualcosa da cuocere o da riscaldare perché, nel dubbio tra mangiare e dormire, avevo optato (in)coscientemente per entrambe le cose?
La selezione "naturale" è stata poi operata dal mio fisico, che, sopraffatto dalla stanchezza, ha scelto l'abbraccio riconciliante di Morfeo, ma ormai, lasciato purtroppo il forno acceso, la frittata era fatta (magari di frittata si fosse trattato: ricordo dei bastoncini di pesce ridotti ad essere più neri del petrolio) e mi ha detto bene che le conseguenze siano state solo un forno mezzo rovinato e un caldo della Madonna al mio risveglio...
A proposito di problemi con gli elettrodomestici, e tornando al discorso degli accidenti di lieve entità, ne svelerò uno fresco (anche perché vado a parlare del mio frigo... Eh! Eh!) di giornata. Qualche giorno fa, facendo seguito a una consuetudine inaugurata in occasione della mia recente vacanza in Calabria, ho avuto la (malaugurata, col senno del poi) idea di comprare un cocomero per placare la sete (e in parte anche la fame) legata agli ultimi scampoli dell'estate romana (uso quest'espressione in senso stretto visto che durante la settimana abito a Roma, non parlo delle manifestazioni serali di cultura e spettacolo di cui a suo tempo fu promotore il buon - e compianto - Renato Nicolini).
Ebbene, il cocomero è riuscito bene: ottimo rapporto qualità-prezzo (29 centesimi al chilo, per cui per poco più di 2 euro ho portato a casa un bel bestioncino) e discreta qualità (a distanza di quattro giorni il sapore è ancora più che accettabile).
Il problema è che nella fretta di riporlo in frigo [perché preservasse le sue qualità organolettiche (apro una parentesi nella parentesi per dire, anzi, scrivere, che quest'espressione, per chi non lo sapesse, non si applica solo al vino)] data anche la mia stanchezza legata alla giornata faticosa e al caldo che forse mi aveva dato alla testa ho pensato bene (anzi, male) di incastrarlo tra due pianali, di cui uno in plastica, l'altro in vetro, col risultato che il secondo è andato in mille pezzi.
Meno male che almeno non mi sono tagliato o ferito:l 'unico problema, a parte il danno pratico, e volendo economico, è che, come l'uomo di de-gregoriana memoria (i canti non c'entrano niente...) per un po' ho camminato anch'io sui pezzi di vetro prima di individuare tutte le schegge e consegnarle da buon cittadino (uno ci prova...) all'apposita raccolta differenziata.
Pensavo che il cocomero avesse finito di crearmi problemi (volendo considerare come conseguenze positive del mio/suo acquisto la facilità ad andare di corpo che è seguita alla protratta degustazione dell'anguria), fino a poco fa, allorché, deciso a continuare l'opera di smaltimento del succoso frutto, l'ho inavvertitamente sollevato e lasciato cadere da una decina di centimetri sul piano di plastica sul quale era adagiato (mentre nel frigo campeggia ancora la finestrella vuota lasciata dal vetro di cui il cocomero è orfano, tanto che il mio elettrodomestico ora sembra l'arcata dentaria di un bambino vittima del famoso topolino).
Risultato: anche il pianale di plastica adesso presenta una crepa - anche se, per la natura del polimero, non è andato ovviamente in pezzi - per cui inizio a chiedermi quanto mi sia costato effettivamente questo benedetto cocomero e se la presunta offerta non celasse in sé una maledizione tipo quelle delle civiltà amerinde, su tutte quella famosa di Montezuma.
E mentre lo scrivo, dal monte, con la luna, spunta proprio lo zum(b)a, nelle vesti di una canzone che qualche condomino sta ballando e che mi tira su il morale assieme al potere catartico della scrittura, mentre mi consolo ulteriormente dicendomi: meglio combinarli che cucinarli i pasticci, visto anche il mio uso alquanto spregiudicato del forno...
https://www.differentales.org/t996-sixteen-blues-empty-city#11524
E' che sono un po' maldestro, soprattutto nei non pochi momenti in cui la mia vita è concentrata su qualcosa di diverso dalle ordinarie faccende domestiche e allora la mia naturale predisposizione a ficcarmi nei guai o a creare dei danni subisce un incremento esponenziale.
Si va dalle piccole, piccolissime, quasi trascurabili cose che però quando fanno numero acquistano una certa - e fastidiosa - consistenza ai veri e propri rischi che corro e ai pericoli in cui mi imbatto per un mix di incoscienza, fiducia mal riposta, forse anche sfortuna, se di sfortuna posso parlare, visto che alla fine comunque casco quasi sempre in piedi...
Oggi mi soffermerò soprattutto sulle piccole cose, sia per un discorso di privacy, anche se non amo questa parola che vuol dir tutto e alla fine finisce per non dire un bel niente, sia per non spaventare il mio (virtuale) uditorio e anche un po' me stesso ripensando agli impicci in cui talvolta mi sono cacciato e dai quali non sempre è stato facile districarmi.
Certo, c'è poi una terra di mezzo, una linea di confine: come dovrei catalogare ad esempio l'essermi addormentato per ben due volte lasciando per tutta la notte il forno di casa al massimo dei gradi (per ottimizzare il tempo...) con qualcosa da cuocere o da riscaldare perché, nel dubbio tra mangiare e dormire, avevo optato (in)coscientemente per entrambe le cose?
La selezione "naturale" è stata poi operata dal mio fisico, che, sopraffatto dalla stanchezza, ha scelto l'abbraccio riconciliante di Morfeo, ma ormai, lasciato purtroppo il forno acceso, la frittata era fatta (magari di frittata si fosse trattato: ricordo dei bastoncini di pesce ridotti ad essere più neri del petrolio) e mi ha detto bene che le conseguenze siano state solo un forno mezzo rovinato e un caldo della Madonna al mio risveglio...
A proposito di problemi con gli elettrodomestici, e tornando al discorso degli accidenti di lieve entità, ne svelerò uno fresco (anche perché vado a parlare del mio frigo... Eh! Eh!) di giornata. Qualche giorno fa, facendo seguito a una consuetudine inaugurata in occasione della mia recente vacanza in Calabria, ho avuto la (malaugurata, col senno del poi) idea di comprare un cocomero per placare la sete (e in parte anche la fame) legata agli ultimi scampoli dell'estate romana (uso quest'espressione in senso stretto visto che durante la settimana abito a Roma, non parlo delle manifestazioni serali di cultura e spettacolo di cui a suo tempo fu promotore il buon - e compianto - Renato Nicolini).
Ebbene, il cocomero è riuscito bene: ottimo rapporto qualità-prezzo (29 centesimi al chilo, per cui per poco più di 2 euro ho portato a casa un bel bestioncino) e discreta qualità (a distanza di quattro giorni il sapore è ancora più che accettabile).
Il problema è che nella fretta di riporlo in frigo [perché preservasse le sue qualità organolettiche (apro una parentesi nella parentesi per dire, anzi, scrivere, che quest'espressione, per chi non lo sapesse, non si applica solo al vino)] data anche la mia stanchezza legata alla giornata faticosa e al caldo che forse mi aveva dato alla testa ho pensato bene (anzi, male) di incastrarlo tra due pianali, di cui uno in plastica, l'altro in vetro, col risultato che il secondo è andato in mille pezzi.
Meno male che almeno non mi sono tagliato o ferito:l 'unico problema, a parte il danno pratico, e volendo economico, è che, come l'uomo di de-gregoriana memoria (i canti non c'entrano niente...) per un po' ho camminato anch'io sui pezzi di vetro prima di individuare tutte le schegge e consegnarle da buon cittadino (uno ci prova...) all'apposita raccolta differenziata.
Pensavo che il cocomero avesse finito di crearmi problemi (volendo considerare come conseguenze positive del mio/suo acquisto la facilità ad andare di corpo che è seguita alla protratta degustazione dell'anguria), fino a poco fa, allorché, deciso a continuare l'opera di smaltimento del succoso frutto, l'ho inavvertitamente sollevato e lasciato cadere da una decina di centimetri sul piano di plastica sul quale era adagiato (mentre nel frigo campeggia ancora la finestrella vuota lasciata dal vetro di cui il cocomero è orfano, tanto che il mio elettrodomestico ora sembra l'arcata dentaria di un bambino vittima del famoso topolino).
Risultato: anche il pianale di plastica adesso presenta una crepa - anche se, per la natura del polimero, non è andato ovviamente in pezzi - per cui inizio a chiedermi quanto mi sia costato effettivamente questo benedetto cocomero e se la presunta offerta non celasse in sé una maledizione tipo quelle delle civiltà amerinde, su tutte quella famosa di Montezuma.
E mentre lo scrivo, dal monte, con la luna, spunta proprio lo zum(b)a, nelle vesti di una canzone che qualche condomino sta ballando e che mi tira su il morale assieme al potere catartico della scrittura, mentre mi consolo ulteriormente dicendomi: meglio combinarli che cucinarli i pasticci, visto anche il mio uso alquanto spregiudicato del forno...
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Pecco73- Younglings
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Infamia o lode : 3
Data di iscrizione : 11.07.21
Re: Il cocomero
Quando raccontiamo episodi della nostra vita ce ne infischiamo del capolavoro. Però ultimamente il racconto autobiografico governa cinema e letteratura, Sorrentino, favorito a Venezia, ne è l'esempio tangibile.
Quindi, caro mio, continua su questa strada che vai benissimo.
Posso solo consigliarti di evitare luoghi comuni. Dimentica Morfeo e il caldo della Madonna.
Bene il cocomero, bene Nicolini mio idolo e punto di riferimento.
Un abbraccio.
P. S la mia squadra si sta cimentano nella 12x 1 ora nel bellissimo contesto delle Terme di Caracalla.
La tua?
Quindi, caro mio, continua su questa strada che vai benissimo.
Posso solo consigliarti di evitare luoghi comuni. Dimentica Morfeo e il caldo della Madonna.
Bene il cocomero, bene Nicolini mio idolo e punto di riferimento.
Un abbraccio.
P. S la mia squadra si sta cimentano nella 12x 1 ora nel bellissimo contesto delle Terme di Caracalla.
La tua?
Ospite- Ospite
Re: Il cocomero
Buonasera Pecco. Spero apprezzerai il mio approccio leale, intendo con le migliori intenzioni.
Questa è una pagina di diario, ovvio. E risulta anche simpatica come 'storia' da raccontare. Non so se, come espresso nel precedente commento, la nostra sia un'epoca "autobiografica", passami il termine. Se lo è, mi spiego allora perché le mie letture si fermino, come anno di pubblicazione, agli inizi del 900, a parte qualche eccezione ma di quelle eccellenti. Questo valga anche come onesta autocritica.
Così decido di ribaltare questo mio commento e esprimerti il mio grande, grande apprezzamento per l'incipit. Con quattro righe così puoi andare ovunque. Peraltro scrivi davvero bene. Secondo me qui puoi costruirci una storia solida, basata sull'accaduto ma che si sviluppi, nei modi che più ti piacciono, in un'invenzione narrativa. In definitiva sfido chiunque a negare che in ogni racconto ci sia una parte di noi. A rileggerti presto.
Questa è una pagina di diario, ovvio. E risulta anche simpatica come 'storia' da raccontare. Non so se, come espresso nel precedente commento, la nostra sia un'epoca "autobiografica", passami il termine. Se lo è, mi spiego allora perché le mie letture si fermino, come anno di pubblicazione, agli inizi del 900, a parte qualche eccezione ma di quelle eccellenti. Questo valga anche come onesta autocritica.
Così decido di ribaltare questo mio commento e esprimerti il mio grande, grande apprezzamento per l'incipit. Con quattro righe così puoi andare ovunque. Peraltro scrivi davvero bene. Secondo me qui puoi costruirci una storia solida, basata sull'accaduto ma che si sviluppi, nei modi che più ti piacciono, in un'invenzione narrativa. In definitiva sfido chiunque a negare che in ogni racconto ci sia una parte di noi. A rileggerti presto.
Ospite- Ospite
Re: Il cocomero
Cercare di convincere uno scrittore a essere più autobiografico possibile è come cercare di convincere un negazionista della validità di fare il vaccino.
Non lo convincerete mai.
Non lo convincerete mai.
Ospite- Ospite
Re: Il cocomero
Me lo ricordo questo racconto. E ti voglio dire che non sei l'unico a fare danni... Pensa che io mi sono seduta sugli occhiali nuovi (una settimana di vita) che avevo lasciato sulla sedia e li ho rotti... trecento euro buttati
Ospite- Ospite
Re: Il cocomero
Ammazza quante parentesi. Addirittura una parentesi nella parentesi. In un racconto, anche in prima persona, credo mestamente che questo utilizzo non paghi, anche graficamente oltre al fatto che le () possono essere tranquillamente sostituite da , o ;
Alcuni passaggi, sono lunghissimi. Tipo questo:
"Si va dalle piccole, piccolissime, quasi trascurabili cose che però quando fanno numero acquistano una certa - e fastidiosa - consistenza ai veri e propri rischi che corro e ai pericoli in cui mi imbatto per un mix di incoscienza, fiducia mal riposta, forse anche sfortuna, se di sfortuna posso parlare, visto che alla fine comunque casco quasi sempre in piedi..."
Lo asciugherei così:
"Si va dalle piccole, piccolissime,quasi trascurabili cose che però quando fanno numero acquistano una certa - e fastidiosa - consistenza ai veri e propri rischi che corro e ai pericoli in cui mi imbatto per un mix di incoscienza, fiducia mal riposta, forse anche sfortuna, se di sfortuna posso parlare, visto che alla fine comunque casco quasi sempre in piedi..."
Ecco come viene secondo il mio modestissimo parere:
"Si va dalle piccole, piccolissime cose che quando fanno numero acquistano una fastidiosa consistenza, fino ai veri e propri rischi che corro e ai pericoli in cui mi imbatto per un mix di incoscienza, fiducia mal riposta e sfortuna, visto che alla fine comunque casco quasi sempre in piedi."
"alla fine finisce per non dire un bel niente,"
"alla fine finisce" suona male. Semmai "alla fine non dice un bel niente (soggetto la parola privacy)"
"dai quali non sempre è stato facile districarmi."
Con il verbo riflessivo intransitivo "districarsi" avrei preferito un complemento di luogo figurato, quindi "nei quali non sempre è stato facile districarmi."
Come ho detto, l'utilizzo della prima persona può essere rischioso e credo che questo testo soffra un po' questo aspetto nonostante credo sia stato concepito come un flusso di coscienza sulle "disgrazie" del protagonista. Un suggerimento utile, potrebbe essere quello di riscriverlo partendo dal cocomero stesso, vero protagonista, magari in terza persona in quanto oggetto inanimato. E' pur fero che così la parte del forno acceso tutta la notte andrebbe a farsi benedire.
Comunque una lettura piacevole e divertente.
Alcuni passaggi, sono lunghissimi. Tipo questo:
"Si va dalle piccole, piccolissime, quasi trascurabili cose che però quando fanno numero acquistano una certa - e fastidiosa - consistenza ai veri e propri rischi che corro e ai pericoli in cui mi imbatto per un mix di incoscienza, fiducia mal riposta, forse anche sfortuna, se di sfortuna posso parlare, visto che alla fine comunque casco quasi sempre in piedi..."
Lo asciugherei così:
"Si va dalle piccole, piccolissime,
Ecco come viene secondo il mio modestissimo parere:
"Si va dalle piccole, piccolissime cose che quando fanno numero acquistano una fastidiosa consistenza, fino ai veri e propri rischi che corro e ai pericoli in cui mi imbatto per un mix di incoscienza, fiducia mal riposta e sfortuna, visto che alla fine comunque casco quasi sempre in piedi."
"alla fine finisce per non dire un bel niente,"
"alla fine finisce" suona male. Semmai "alla fine non dice un bel niente (soggetto la parola privacy)"
"dai quali non sempre è stato facile districarmi."
Con il verbo riflessivo intransitivo "districarsi" avrei preferito un complemento di luogo figurato, quindi "nei quali non sempre è stato facile districarmi."
Come ho detto, l'utilizzo della prima persona può essere rischioso e credo che questo testo soffra un po' questo aspetto nonostante credo sia stato concepito come un flusso di coscienza sulle "disgrazie" del protagonista. Un suggerimento utile, potrebbe essere quello di riscriverlo partendo dal cocomero stesso, vero protagonista, magari in terza persona in quanto oggetto inanimato. E' pur fero che così la parte del forno acceso tutta la notte andrebbe a farsi benedire.
Comunque una lettura piacevole e divertente.
Molli Redigano- Maestro Jedi
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Infamia o lode : 2
Data di iscrizione : 07.01.21
Età : 44
Località : Torino
Re: Il cocomero
Quando ho visto il testo del racconto, ante lettura ovviamente, ho detto: “Urca che mattonata!” È sicuramente una mia particolarità in primis di lettrice, ma i blocchi di testo così compatti non li gradisco molto. Temo sempre di perdermi qualcosa.
Una sequenza di disavventure domestiche, di considerazioni sugli acquisti, un po’ di filosofia: insomma ci hai portato nel tuo mondo in cui un quotidiano lo metti su carta: accadimenti, pensieri che accompagnano i momenti in cui la giornata si dipana. Se hai preso appunti di mano in mano, ti vedo come l’uomo postit (non offenderti, mi raccomando).
Un monologo simpatico, scritto bene ma permettimi qualche nota, sempre molto personale. Cestina se non ti garbano.
Alcune frasi sono troppo lunghe, ho finito per perdere il filo del discorso, a volte era anche uno spunto interessante per una piccola riflessione, ma... perso. L’appesantimento alla lettura è dato anche dall’uso esagerato delle parentesi.
Parentesi: non mi piacciono quando, sostituite da virgole, ; punti e virgole oppure congiunzioni rendono esattamente lo stesso concetto. Oggi proliferano negli articoli giornalistici, quand’anche nei titoli, perdendosene il valore di un uso corretto. Sarò giurassica, ma se leggo a mezza voce il tuo testo con una diversa punteggiatura, lo trovo più scorrevole.
(in)coscientemente anche mio (virtuale) uditorio, qui ci possono stare, rappresentano alternative, possibilità ma
ho avuto la (malaugurata, col senno del poi) "Ho avuto, col senno di poi, la malaugurata idea" si legge meglio
Non ti elenco i singoli casi: se vorrai “sperimentare” il suggerimento, che è arrivato anche da @Molli Redigano magari mi/ci dirai.
Resta in fatto che le frasi in cui sono inserite le parentesi che al loro interno racchiudono a volte altri concetti, accadimenti, scelte ecc., sono troppo lunghe. Suddividendole e portando all’esterno quando in esse racchiuse, il testo scorrerebbe meglio, più fluidamente.
Con qualche a capo, daresti anche maggior enfasi ad alcuni momenti.
Quindi, un bel pezzo di monologo biografico o flusso di coscienza - in alcuni punti entrano in gioco entrambi - sempre complesso/i come genere/i, ci sono da dosare un sacco di elementi, che potresti provare a ridefinire alleggerendo/suddividendo le frasi ed eliminando un po’ di parentesi.
Non volermente.
Una sequenza di disavventure domestiche, di considerazioni sugli acquisti, un po’ di filosofia: insomma ci hai portato nel tuo mondo in cui un quotidiano lo metti su carta: accadimenti, pensieri che accompagnano i momenti in cui la giornata si dipana. Se hai preso appunti di mano in mano, ti vedo come l’uomo postit (non offenderti, mi raccomando).
Un monologo simpatico, scritto bene ma permettimi qualche nota, sempre molto personale. Cestina se non ti garbano.
Alcune frasi sono troppo lunghe, ho finito per perdere il filo del discorso, a volte era anche uno spunto interessante per una piccola riflessione, ma... perso. L’appesantimento alla lettura è dato anche dall’uso esagerato delle parentesi.
Parentesi: non mi piacciono quando, sostituite da virgole, ; punti e virgole oppure congiunzioni rendono esattamente lo stesso concetto. Oggi proliferano negli articoli giornalistici, quand’anche nei titoli, perdendosene il valore di un uso corretto. Sarò giurassica, ma se leggo a mezza voce il tuo testo con una diversa punteggiatura, lo trovo più scorrevole.
(in)coscientemente anche mio (virtuale) uditorio, qui ci possono stare, rappresentano alternative, possibilità ma
ho avuto la (malaugurata, col senno del poi) "Ho avuto, col senno di poi, la malaugurata idea" si legge meglio
Non ti elenco i singoli casi: se vorrai “sperimentare” il suggerimento, che è arrivato anche da @Molli Redigano magari mi/ci dirai.
Resta in fatto che le frasi in cui sono inserite le parentesi che al loro interno racchiudono a volte altri concetti, accadimenti, scelte ecc., sono troppo lunghe. Suddividendole e portando all’esterno quando in esse racchiuse, il testo scorrerebbe meglio, più fluidamente.
Con qualche a capo, daresti anche maggior enfasi ad alcuni momenti.
Quindi, un bel pezzo di monologo biografico o flusso di coscienza - in alcuni punti entrano in gioco entrambi - sempre complesso/i come genere/i, ci sono da dosare un sacco di elementi, che potresti provare a ridefinire alleggerendo/suddividendo le frasi ed eliminando un po’ di parentesi.
Non volermente.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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