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Messaggio Da Phoenix Gio Gen 07, 2021 4:03 pm

Chi mi conosce sa per certo quanto io detesti due cose: gli ambulatori medici con annesse sale d’attesa e accompagnare una donna a comprarsi un paio di scarpe.
Ma le donne che mi conoscono (la mia ex moglie, mia figlia e mia madre) sanno qual è il trucco per farmi fare certe cose. E cioè l’occhi a pampinedda, ovvero lo sguardo che fanno i bimbi quando stanno per piangere mentre tirano in fuori il labbro inferiore. Fu così che mia madre mi convinse ad accompagnarla dal medico:
« Figghiuzzu, aiò, accumpagnami dal dottore roncologo, che mi deve visitare. »
E come dire di no a un simile dialetto sardo-siculo?
« Ma', si chiama oncologo, non roncologo. »
« Uguale, tanto io lo chiamo ‘dottore’, mica ci dico il cognome. »
« Ah, ecco. »
Pensai che magari non avremmo fatto molta attesa, ma quando entrai nella saletta mi ripromisi di non pensare più.
C’erano sei vecchiette piccolissime e striminzite per un totale di almeno duemila anni di età.
Poi la magia accadde. Come in tutte le sale d’attesa del mondo, le vecchiette all’improvviso si conoscono tutte e tutte sanno ogni cosa delle altre. Anche se non si sono mai viste.
« Piiiiiii, ma lei chi è, àa signora Sferracavallo? Quantu tempu ca nun ni viremu… »
A parlare era stata la più vecchia di tutte, senza muovere un muscolo, come se parlasse col pensiero. Mia madre si sedette rispondendo:
« Sì, la signora Sferracavallo sono. E questo è mio figlio. »
« Piiiiiii, che s’ha fattu ranne. Mi ricordo quannu era picciriddu. »
Iniziò a prudermi il collo. Non solo non abbiamo niente a che fare con i suddetti Sferracavallo, ma io quella signora non la conoscevo nemmeno di vista, e ho una memoria fotografica soprattutto della mia infanzia.

Niente a che vedere con la brava signora Trombatore, che mi urlava dietro ogni volta che andavo a buttare la spazzatura senza maglietta a Gennaio. Quelle erano vere vecchine. Un metro e mezzo al cubo, due pacchetti di nazionali al giorno nei polmoni, la voce di Califano e la risata di Gargamella.
Sempre nella stessa sedia davanti alla finestra da decenni, come fosse la custode della strada.
Postazione che abbandonava solo per cucinare, e si vociferava che gli americani, quando sbarcarono in Sicilia passarono di lì e uscirono pazzi assaggiando i pomodori secchi che faceva. Lei mi raccontava spesso la stessa storia:
« Iu ci fìci mangiare i pummarora sìcchi e ìddi erano contenti. Infatti forse fu pi chìssu ca nun mi violentarono.»
E io rispondevo sempre allo stesso modo:
« Sì sì… nunn’a violentarono picchì lei ndo 1945 aveva già ottant’anni. V’avissi piaciutu, vero nonna? »
E via di corsa, inseguito dagli insulti della Trombatore che continuavano fino a quando non giravo l’angolo. 


 Non le fanno più come una volta, le vecchine, pensavo, mentre mia madre lasciava correre sul cognome e chiedeva:
« Ma lei come mai è qui? Che ci capitò? »
A rispondere fu un’altra vecchietta con i capelli celesti e gli occhiali spessi, che si era portata l’uncinetto da casa e uncinava mentre dondolava i piedi che non toccavano il pavimento.
« Piiiiiii, che domande. Semu ca picchì semu tutte rovinate. La signora Maria l’altro ieri sciddicò sul pavimento e cadendo si schiacciò le arachidi cervicali. »
« Sapisse che duluri, signora – confermò la signora Maria chiudendo gli occhi e facendo una smorfia – infatti sugnu ca picchì forse man’a mettere u protocollo. »
« Piiiiiiii, addirittura u protocollo. E io pensava che la cchiù persa ero io. » A parlare era stata una nonnina con gli occhiali da sole, magra come la fame e che nonostante i suoi almeno settant’anni si ostinava a portare i capelli lunghissimi e lisci con annessi pantaloni di pelle rossa. Mentre parlava si guardava nello specchietto, tentando disperatamente di togliersi il rossetto bordeaux dai denti.
« Picchì, lei cosa c’ha, signora Concetta? » chiese la vecchietta con l’uncinetto.
« A mia mi faceva male sempre àa panza. Così u dutturi mi fici fare l’analisi delle urine nella pipì. Anzettasse che mi trovarono? »
« Cosa? » chiedemmo tutti in coro, me compreso.
« Mi hanno trovato la pipì piena di protoni. »
« Piiiiii, bedda matri – fece la signora Maria – consumata è.»
Non resistetti, e ignorando lo sguardo di disapprovazione di mia madre chiesi:
« E neutroni niente? »
« No, quale neutroni. Ma pì cui mi pigghiò, lei? »
« Mica è na parulazza, lo chiedo per sicurezza. Se nda pipì lei iave protoni e neutroni, quànnu piscia scoppia tutt’ù quartiere. »
« Senti beddu, viri ca iu mi chiamo Concetta, e càa pipì mia ti ci po lavare i manu. »
Mia madre faceva al mio indirizzo tutte le smorfie possibili per farmi smettere, le sorrisi e mi rivolsi a lei nel poco sardo che so pronunciare:
« Etta olisi?* »
« Né chin maccu, né cun santu no brulles tantu.* »
La Concetta ebbe un uscita infelice:
« Ma che siete, rumeni? »
Mia madre saltò dalla sedia:
« O malingatasaguttasa… » ma prima che potesse prodursi in un Airplane Spin, la vecchia numero cinque iniziò a sussultare.
« Aiuto… »
« Che c’è nonna? » dissi avvicinandomi.
« Staiu murennu. »
« Piiiiii, ma quale murennu e murennu, ca lei campa cent’anni. »
« Guarda che mia nonna ne ha già centodue. » disse una voce alle mie spalle. Mi giro e vedo una creatura splendida, come se nei muri di quella stanza si fosse aperta una crepa che faceva scorrere verso di me l’acqua della vita. Bassa, robustina, con i baffi, le sopracciglia unite e l'apparecchio nei denti. Ma lì dentro sembrava una star.
« Ops… »
« Andiamo nonna, è arrivato il nostro turno. »
La donna della mia vita se ne andò così, subito, a braccetto con la sua antenata.
La crepa si richiuse.
Il dottore si affacciò nella saletta per un saluto veloce. Con cento euro a botta vorrei vedere.
La Concetta, non appena lo vide divenne tutta rossa e si spruzzò un po’ di profumo messa di spalle, poi si girò e andò verso il dottore con una falcata da giraffa. Gli occhi sembravano altari per sacrifici umani. Tese la mano col palmo in basso verso il medico, che ebbe cura di stringerla rimettendola in verticale.
« Dottore, mi raccumannu di fare presto, che mi sentu u foco tutto nel corpo. »
« Immagino… » rispose l’altro, guardandomi di traverso. L’espressione della mia faccia doveva essere molto eloquente.
« Guardi ca sugnu grave, dottore. Ci pare che nun sacciu leggere l’analisi do sangu e delle urine nella pipì? Sugnu china di protoni nella pipì, e ndo sangu c’ho l’albume e il siero e quelle cose affa, beta, gamma buttati dappertutto.
E nelle urine mi hanno trovato pure i corpi architettonici. »
« Ma che dice. Si chiamano corpi chetonici… »
« …e vabbe’, sempre di roba pesante si tratta. La prego dottore mi curi… » concluse scoppiando in lacrime.
Prese la parola la vecchietta numero sei, che in ordine d’arrivo era invece seconda, piena di rughe ma con gli occhi azzurri e vispi:
« E bo, signora Concetta, nun facisse accussì. Facemo càngiu, lei entra al posto mio dopo la signora Zuccaro che è già dentro e io aspetto qui, che tanto non sono grave come lei. »
« Grazie, grazie – rispose l’altra con la faccia sporca di trucco – ma picchì, lei che cosa c’ha? »
« Piiiiii, nente nente, quattro stupidaggini. Due o tre polipetti da qualche parte, che ancora i dottori non sono riusciti a trovarli e io manco li sento muovere, e soffro di… iperparacadutismo… mi pare ca si chiama accussì. Poi basta cchiù, a parte àa pancratite e un po’ di attriti reumatologici. »

A salvarmi arrivò mia sorella, che al contrario di me adora le sale d’attesa.
Fuggii via mentre pensavo:
<i>Scappa scappa finché puoi, che tanto arriva il tempo che quelle sale d’attesa dovrai fartele piacere per forza.</i>
Piiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii...



* Che vuoi?

* Proverbio sardo che dice c<i>on i pazzi e i santi non scherzare troppo.</i> Credo.

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Messaggio Da Petunia Gio Gen 07, 2021 6:48 pm

ciao Boss. L'ironia non si apprende e tu ne hai da vendere. I tuoi testi sono sempre piacevoli da leggere, anche quando scrivi bilingua come in questo racconto. Anche quando parli di vecchiaia e di malattie.
Hai la capacità di mostrare e per chi legge visualizzare la scena è facile. Ho visto queste vecchiette, mi ha fatto morire quella che attende facendo l'uncinetto. Perfetta. C'è una punta di agrodolce che da una parte mette allegria e dall'altra un po' di malinconia. Che quella sala d'attesa "attenda a lungo".
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Messaggio Da Ospite Gio Gen 07, 2021 10:08 pm

Ci possu me permettu cu commmentu intra 'n aura lingua e aggiu dire ca eti tuttu vero!
E caulo ca propriu ccussine succedi.
Quante fiate allu merctu se ncuntrane do cristiane...
«Maria beddra mia comu stai»
«Na, e tie comu stai?
«Staiu bona come na vacca, e quistu figghiuta ete?»
«Sì, nun lu sta conusci?»
«Sine, comu none, ci se fattu rande»
«Beh, tocca me ne vau mou, smack cce si beddra ciao»
«Ciao, ciao, Minu, ma ci cazzu era quiddra?»
Scherzi a parte ironia alle stelle e realtà prese dal vissuto e dal quel humus della Terra che ci lega al sentire e al sapere e dovunque siamo scorre in noi prepotente. Quel mondo è così come lo descrivi e in questo racconto c'è davvero tutto.
Ironia e melanconia del sud...

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Messaggio Da Ospite Ven Gen 08, 2021 4:19 am

Quanto mi mancavano questi racconti che solo tu sai raccontare.

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Messaggio Da vivonic Ven Gen 08, 2021 9:31 am

Leggere un tuo racconto è sempre una garanzia per mettersi di buon umore.
Io alleggerirei un po' la lettura utilizzando il corsivo per le frasi dialettali, in modo che l'occhio possa dire subito al cervello che dovrà sforzarsi un attimino di più Smile Scherzi a parte, le parole "straniere" è sempre meglio metterle in corsivo, a prescindere.
Mi piace il ritmo e mi piace anche il tuo stile, lo sai.
Grazie della lettura.

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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Messaggio Da Arianna 2016 Sab Gen 09, 2021 6:12 pm

Dai, bellissimo! Mi hai fatto scompisciare dal ridere!
Davvero bravo.  jocolor king cheers
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Messaggio Da Asbottino Sab Gen 09, 2021 7:43 pm

Piaciuto. Sembra di vederla, quella sala d'attesa. Fantastica la nonnina con gli occhiali da sole, i pantaloni di pelle, che cerca di togliere il rossetto dai denti.
"Mi giro e vedo una creatura splendida"
Lo hai messo al presente. Non doveva essere al passato?
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Messaggio Da Ospite Sab Gen 09, 2021 9:19 pm

Sparito il mio commento.
Non so cosa pensare.

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Messaggio Da Phoenix Sab Gen 09, 2021 9:25 pm

tommybean ha scritto:Sparito il mio commento.
Non so cosa  pensare.
Ma come 😯
Controllo subito. 🤔

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Messaggio Da tontonlino Ven Gen 29, 2021 9:45 pm

Le vecchie come le sai raccontare solo tu.
In Sardegna però non sono così. Voglio dire che parlano meno, sono meno orchestrali in un certo senso. Direi che non parlano proprio ma, se parlano, è per lanciarti una frecciata velenosa, qualcosa con la rima, un frastimu, insomma.
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Messaggio Da Phoenix Ven Gen 29, 2021 11:32 pm

tontonlino ha scritto:Le vecchie come le sai raccontare solo tu.
In Sardegna però non sono così. Voglio dire che parlano meno, sono meno orchestrali in un certo senso. Direi che non parlano proprio ma, se parlano, è per lanciarti una frecciata velenosa, qualcosa con la rima, un frastimu, insomma.
Eh ma mia mamma è sarda di origine, tonton, poi 60 anni su 80 in Sicilia, povera 😍.
Tutta la scena si gira in Sicilia, immagino che a Cagliari sarebbe stato diverso, ora che ci penso mia nonna parlava pochissimo. 🤔
Grazie per essere passato e grazie a tutti. ☺

@tommybean, mi ero dimenticato di venirti a dire che del tuo commento non c'è traccia, nessuna cancellazione o la vedrei. Grazie comunque, so che queste storie antiche ti piacciono. I love you☺

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Messaggio Da Susanna Ven Giu 25, 2021 5:53 pm

Sono ancora in quella sala d'attesa, in attesa che arrivino altre vecchiette "tipo". Semmai capitasse di incontrare così tante tipe tutte in una volta, potrei anche cedere il mio turno fino ad avere solo sedie vuote per compagnia.
A chi non è capitato, soprattutto negli ambulatori dei medici di paese, di entrare nel silenzio più assoluto, radiografati da chi è in attesa... poi basta una frase banale e boommm, milioni di parole.
Fantastico, anche se alla fine si sente solo di malattie (degli altri), di operazioni andate male, di luminari e realtive parcelle, di effetti collaterali da horror... improvvisamente ti senti bene, molto bene.
Il dialetto poi mi piace molto, mi immagino le inflessioni, le mimiche, il portamento che accompagna ogni uscita.
Argomento sottostante a parte, un bel racconto umoristico direi. Quando, visivamente, vedo i dialoghi, ci sguazzo dentro che è un piacere.
Grazie.

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Messaggio Da SisypheMalheureux Sab Giu 26, 2021 11:18 am

Le sale d'aspetto dei medici sono luoghi fantastici sulle quali ci si potrebbe scrivere interi romanzi. Sei riuscito a strapparmi più di un sorriso e devo dire che quel "Piii" mi è entrato in testa come una specie di tormentone estivo.
Detto ciò, se il dottore fosse stato il mio medico di famiglia, sarebbe uscito dallo studio dopo due secondi fulminando tutte le vecchiette presenti con un'occhiataccia e borbottando che la smettessero di fare tutto quel casino, poi se ne sarebbe andato a prendere il caffè al bar piantandole in asso. 😅 Detto ciò la situazione più surreale credo di averla vissuta nella sala d'aspetto di un ospedale, reparto di audiologia. Il primario del reparto, un professore molto noto per essere stato uno dei primi in regione a perfezionare l'impianto cocleare, riceveva in libera professione durante il promeriggio. Quindi potete ben immaginare che il paziente messo meglio lì fosse sordo come una campana. In sala silenzio di tomba, nessuno parlava con nessuno (chiaramente). La segretaria del professore aveva il culo peso e chiamava i pazienti vociando dal fondo del corridoio, senza sforzarsi di camminare fino alla sala d'aspetto. E poi si stupiva che nessuno le rispondesse. 🙄😅
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