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I demòni odiano l’acqua

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I demòni odiano l’acqua Empty I demòni odiano l’acqua

Messaggio Da Claudio Bezzi Lun Mar 18, 2024 3:27 pm

Nota dell’autore agli amici DR: Desidero partecipare a un concorso a genere horror, ma non ne ho mai scritto uno. Se vi va, mi fate una di quelle critiche spietate come sapete fare voi? Così mi darete una mano a correggere, migliorare e, ovviamente, vincere.
Se siete interessati, il concorso è questo: https://www.concorsiletterari.net/wp-content/uploads/bandi/amicidellhorrorfest/premio-terni-horror-2024/premio-terni-horror-2024.pdf
Grazie per la vostra perfidia.
cb
1. Il primo demonio
Luca avrà avuto tredici, forse quattordici anni, quando vide per la prima volta un demonio al luna park, arrivato anche quest’anno a ridosso della fiera dei morti, antica tradizione perugina. Lui stava osservando costernato il padre che cercava di fare del suo meglio spiaccicando, con un enorme martello, una piccola piattaforma che suonava deng! e faceva alzare un segnalatore tanto più su quanto più forte si era picchiato. Alcuni altri genitori, della combriccola di amici della scuola calcio, avevano già provato, e il solito Genziano, grande stronzo, pettoruto, lo stereotipo dell’imbecille, anni di palestra, aveva fatto schizzare l’indicatore molto in alto, molto davvero, e s’era sentito un sonoro DENG! Dopo gli altri genitori, che avevano prodotto sonorità diverse ma accettabili, stava toccando a suo padre, affranto, cosciente dell’umiliazione imminente, già sconfitto in partenza. Andava bene ugualmente. Se non poteva mostrare al figlio, a sua volta desolato, la grande prestanza paterna (ché era inesistente), in ciò stesso educandolo alla virilità muscolosa, il succedaneo intento educativo era illustrargli come si devono comportare i perdenti: accettare la sconfitta sin da subito, ingoiare il calice di merda, e via sorridendo. Ma Luca, mentre il padre si apprestava a picchiare, con improbabile muscolarità, la prova testosteronica che il luna park metteva a disposizione, lui, dicevamo, cercava di distogliere lo sguardo da quel fallimento previsto, annunciato, irreversibile e umiliante, e all’altezza del venditore di zucchero filato, una decina di metri più avanti, vide, per la prima volta, un demonio. Lì per lì sembrava un qualunque cazzetto da quattro soldi: pelatino, piccolo, baffetti ridicoli, sui cinquanta, un altro padre sfigato trascinato dal figlio in quel bordello di luci e frastuono. Ma quegli occhi! Quello sguardo beffardo, quell’evidente sfrontatezza riservata proprio a lui! Il demonio lo guardava mentre veniva guardato, e sembrava goderne. “Mi vedi”, sembrava dire arrogante, “Mi vedi, piccolo umano.” E mentre gli occhi lo inchiodavano in un gelo che non consentiva a Luca alcun movimento, il demonio fece un ghigno, e la bocca si allargò in maniera smisurata, quasi a tagliare il due il viso sottile.
Luca sperimentò l’epifania della consapevolezza: non sapeva cosa fossero, esattamente, i demòni, ma capì che quello era uno di loro. Capì che era malvagio, che era reale e assieme irreale, che era nella sua testa e sempre vi avrebbe albergato ma che apparteneva anche a un’altra dimensione extra umana. Capiva di non sapere, di non comprendere, ma di vivere lì, in quel preciso momento, la vicinanza con un demonio.
Lo capì dall’orripilazione che provò, dalla sospensione del tempo che sperimentò, da quell’abisso implacabile di male che solo per un istante, diomio, grazie al cielo solo per un istante, sbirciò. Quello era il male puro, il distillato dell’ignominia, della perdizione, della negazione, ed era bastato uno sguardo, una frazione di secondo di sguardo, per precipitarsi ineluttabilmente, e per sempre, in una spirale di angoscia perenne, di incertezza, di dubbio, sbandamento, caos.
Fu un attimo. Come rimbalzando su una superficie ostile, come per lo schiocco di una scintilla elettrica, il suo sguardo si ritrasse dal contatto visivo, la sua coscienza precipitò verso un riscontro nella realtà circostante, cercò il padre, che aveva penosamente calato il martello provocando un patetico ding! sotto lo sguardo beffardo di Genziano. La realtà triste, quotidiana, umiliante, ma rassicurante, era tornata presente alla sua coscienza; dal venditore di zucchero filato c’era solo una piccola folla di mocciosi sovrappeso, il demonio era scomparso.
Il padre, che sbertucciato da Genziano non s’avvide del cereo pallore del figlio, durante il ritorno a casa cercò di parlare d’altro.
- Allora, ti sei divertito? Eh? Luca, ma cos’hai?
- Papà… Sì, mi sono divertito. Senti… Ma tu credi che esistano i diavoli?
- I diavoli? E cosa c’entrano adesso?
- No, niente… Pensavo così, in generale… Esistono?
- Beh… Dipende da cosa intendi. I diavoli sono il male, gli angeli il bene, capisci? Sono rappresentazioni stereotipate, primitive, che aiutano la gente semplice a dare una spiegazione a quello che succede nel mondo… Poi se sei italiano diventi cattolico, se sei arabo diventi musulmano, ma il bene e il male sono sempre rappresentati in maniera simile, piuttosto semplice. Mi hai capito?
- Quindi non ci sono i diavoli?
- Ma no, certo che no! Ci sono persone cattive, anche cattivissime, che sono i veri diavoli del mondo… Hitler, Stalin… Ma io personalmente non credo a sciocchezze spirituali come “i diavoli”. Sia chiaro, - concluse il padre che era di mente molto aperta - tu sei libero di credere a quello che vuoi, eh? 
Comunque, non successe più nulla per anni. Luca credette di poter dimenticare quella visione, e col tempo immaginò una crisi epilettica, psicotica, allucinata, qualunque cosa che potesse giustificare il ricordo di quell’abisso di male che aveva visto, credeva, vagamente ormai ricordava, al luna park. L’aveva visto davvero? Ma cosa aveva visto, davvero? La ricerca compulsiva su Google di una spiegazione prima lo inquietò, poi lo stancò e infine, procedendo il mondo nella sua miserabile quotidianità, e non avendo Luca alcuna nuova visione, la realtà attorno a lui si quietò.
2. Il secondo demonio
Anni dopo, cercando un pretesto per mettere un braccio sulle spalle di Irene, vide il secondo demonio. Era ai giardini Carducci, c’era un tramonto dorato laggiù, verso il Trasimeno, Irene sembrava disponibile e lui pensava vorticosamente a cosa dire per sembrare intelligente e interessante, e pagare così il biglietto che gli avrebbe consentito di mettere il braccio su quelle spalle così bianche e morbide, e scoperte, diomio quanta pelle scoperta! Ma appoggiato alla balaustra che anticipava lo splendore del panorama occidentale al tramonto, proprio lì, vide il secondo demonio. Era alto e magro, con un curioso ciuffo a banana, e lo guardava feroce, con uno sguardo che parlava di cose indecenti, di pertugi osceni, di saliva e sperma e sudore, di lingua in bocca, di stupri e virtù violate. Nel momento brevissimo dell’incontro di quegli sguardi sentì una frana di oscenità riversarsi su di lui e seppellirlo, moltitudini di corpi nudi che si penetravano con violenza, la lussuria come immane sofferenza, quella priva di desiderio e gravida solo di sopraffazione, una cacofonia rivoltante di gemiti e, mentre una dolorosa erezione pareva dovesse fargli esplodere la zip dei pantaloni, Luca si ritirò di scatto, come folgorato da una scossa elettrica; balzò in piedi e si allontanò dalla panchina col respiro affannato, lasciando Irene sconcertata e delusa.
- Ma che ti prende? - Fece la ragazza.
- Nulla. Scusa. Scusa… - Luca si girò e scappò via, comprendendo che con Irene stava facendo una figuraccia, che mai più avrebbe potuto ambire a quel braccio sulle sue spalle ma che ora, in quel preciso momento, doveva semplicemente fuggire, mettere una distanza fra lui e il demonio. Si infilò per Corso Vannucci respirando affannosamente, vergognoso per lo spropositato volume che lasciava intravedere sotto i pantaloni, surriscaldato, terrorizzato, con una girandola sincopata di pensieri che si sovrapponevano nella sua testa impedendogli di pensare, procurandogli un incedere incerto, lo sguardo sbarrato, e non pochi passanti lo credettero un tossico in crisi.
Arrivò ansante al Duomo e gli parve una cosa sensata entrare, inginocchiarsi vicino all’altare e cercare nella memoria qualche frammento di preghiera da recitare, lui, proprio lui, che faceva mostra di agnosticismo con gli amici.
Dopo mezz’ora cuore e cervello si erano calmati. Dopo un’ora osò mettere il naso fuori. I soliti turisti a Piazza IV Novembre che scattavano fotografie alla fontana, al palazzo dei Priori, al Duomo. Imbruniva, e per nessuna ragione voleva trovarsi per le strade al buio. Corse al parcheggio, pagò, tornò a casa. 
Provò a recuperare un po’ di credibilità con Irene mandandole un patetico messaggio di scuse. La risposta fu breve e immediata: - 6 uno stronzo!
Per giorni ripensò all’evento, recuperando alla memoria anche quello di anni prima. Erano demòni. Agnostico o no, colto e intelligente o meno, quelli erano demòni. Non c’era bisogno di una didascalia; lo sapeva e basta.
Poi arrivarono sempre più spesso.
I demòni cominciarono a essere ovunque, e in quantità, come se si fosse aperta una porta, solo per lui, fra il mondo e l’Inferno, o qualunque fosse il posto da dove provenivano quelle bestie. Luca capì presto che non erano visti da nessuno tranne che da lui. E vedevano lui che li vedeva. Non parlavano. In generale non facevano proprio nulla. Lo guardavano e sorridevano, mostravano la lingua, facevano gesti sconci, qualche volta, e a seconda della situazione la sua mente si popolava di immagini mostruose, oniriche, violente, spaventose, drammatiche, che generalmente lo lasciavano senza fiato, pallido e ansante, tanto che i genitori, e gli amici, incominciarono a pensare che avesse qualche problema neurologico, o psichiatrico: Luca capì che una priorità era, indubbiamente, riuscire a controllare il panico, le emozioni sconvolgenti che in pochi e brevi istanti lo sommergevano e soffocavano, preoccupando chi gli stava attorno o, più spesso, facendosi deridere da loro, che non vedendo, non sapendo, non potevano capire le improvvise stramberie del ragazzo.
3. I demòni odiano l’acqua
Avendo scartato a priori di rivolgersi a un esorcista, Luca approcciò anche la psicologia, si iscrisse a Padova a quel corso di laurea, ma mentre studiava capiva che il problema non era nella sua mente. Si dedicò un po’ ai miti, provò le lingue orientali, finché il padre gli fece capire che doveva decidere, non poteva perdere anni saltando da una facoltà all’altra, e così cercò una conclusione veloce con una laurea in lettere moderne. Alla discussione della tesi magistrale c’erano la famiglia, un paio di amici, mezza dozzina di demòni.
Una svolta arrivò poco dopo, quando decise di specializzarsi in antropologia e incontrò il professor Candiani, che teneva un corso sui miti comparati all’ateneo perugino. Fra leggende, superstizioni e fiabe, scodellate con generosa erudizione dal docente, avevano un qualche rilievo anche i demòni, da pronunciare con tono piano, da distinguere da dèmoni, da pronunciare in maniera sdrucciola. Come spiegò il professore, i secondi avevano un’origine greca, erano forze vitali non necessariamente malvagie che inducevano l’uomo all’azione, mentre i demòni, quelli di Dostoevskij per capirsi, erano esseri malvagi derivanti dall’antica cultura mesopotamica e transitati, attraverso quella giudaica, nella cosmogonia latina e quindi cristiana. 
Chiese un appuntamento.
- Si accomodi.
- Professore…
- Si sieda. Lei è?
- Luca Carlotti.
- Bene, ho dieci minuti, mi perdoni ma devo correre al consiglio di facoltà… Mi dica.
- I demòni…
- Sì?
- Ascolti professore, non è facile… Io li vedo.
Il professore lo squadrò per qualche istante.
- Ok… Ho tre domande: mi risponderà sinceramente?
- Ma certo!
- Prima domanda: lei è in cura psichiatrica?
- Come? Ma no, certo che no, capisco che…
- Calma, calma, non si arrabbi. Dovevo chiederlo. Seconda domanda: fa uso di sostanze psicotrope, allucinogeni, pasticche che sballano?
- Professore, no, che diamine!
- Ottima esclamazione.
- Come?
- “Diamine”; deriva dalla parola diavolo, quindi è in tema. Terza e ultima domanda.
- Sentiamo.
- Lei è un fanatico religioso, fondamentalista, qualche cosa del genere?
- Sono agnostico.
- Ah! Un agnostico… Non credo veramente che lei lo sia, ma per ora non importa. Quindi… lei vede i demòni? Come fa a sapere che non sono qualche altra cosa?
Luca fece un profondo respiro e cercò di riassumere le sue esperienze passate, ciò che aveva visto e specialmente sentito.
- Senta Carlotti, sarò franco… Nove su dieci lei è matto e non lo sa, o ha un disturbo cerebrale o qualche cosa del genere. Però certo, lei sa raccontare bene queste sue visioni e io sono piuttosto incuriosito. Però il nostro tempo è scaduto e devo andare dove le ho detto. Facciamo così… Domattina ha impegni?
- No; cioè: posso liberarmi…
- Bene, venga a casa mia alle undici. Guardi, le lascio il biglietto con l’indirizzo. Va bene?
La mattina seguente Luca entrò nell’antro magico del professor Candiani, che lo ricevette in vestaglia e ciabatte. Lo fece oltrepassare una sala con centinaia di volumi stipati ovunque e raggiunsero quello che probabilmente era lo studio, non dissimile, in quanto a disordine, dalle rimanenti stanze. Il professore cacciò il gatto dalla poltrona, “Animale del diavolo, lo sapeva Carlotti?” e lo fece sedere. Si fece raccontare daccapo tutto, interrompendo con poche domande, e alla fine, con un sospiro, si accasciò sulla sedia.
- Allora Carlotti, vediamo se ho capito… Lei ne vede in quantità sempre maggiore, giusto?
- Sì professore.
- In questo momento ne vede?
- Al momento no.
- Bene, siamo più tranquilli… E non parlano, giusto?
- Esatto.
- Sa perché non lo fanno? Perché hanno un legame psichico con lei. Davvero potente, a quel che lei racconta. Se lei si intrattiene con una ragazza, come quel vecchio episodio che mi ha raccontato, il demonio le suscita pensieri lascivi; se è solo l’avvolgono con una cupa coltre di depressione e idee di suicidio, dico bene?
- Sì professore. Resistere è sempre più difficile.
- Già, povero ragazzo.
- Ma lei mi crede, quindi?
- Diciamo che potrei anche crederle, sì. I demòni sono presenti in moltissime mitologie, occidentali e orientali, nordiche e mediterranee, e più o meno sono rappresentati allo stesso modo… C’è del vero in qualunque mito…
- Ma cosa sono, esattamente?
- In che senso, scusi? Sono demòni, punto e basta. Creature malefiche. Anzi, per essere precisi non sono propriamente “creature”… Sono una rappresentazione del male, pura essenza malefica.
- Ma… mi scusi… Vengono dall’Inferno?
- Inferno? Ma non mi ha detto di essere agnostico?
- Beh…
- Senta Carlotti, glie lo dico in modo spiccio: io non sono agnostico, sono proprio ateo. E da ateo le dico che il Male, con la emme maiuscola, esiste, e si manifesta in molti modi, anche senza essere necessitati da una qualche fede. Ci sono forze, nell’universo, che non siamo minimamente in grado di capire, e le assicuro che non mi riferisco al Bosone di Higgs, o quelle cose che i fisici materialisti credono così misteriose, mentre non hanno assolutamente idea di cosa sia mistero, di cosa sia magia… La posso assicurare, caro ragazzo, che ho visto cose, nella mia vita… Vabbé, adesso non importa. Il punto è: cosa fare adesso?
- Professore, me lo dica lei. Io riesco a stento a convivere con questo peso ma, francamente, sento che il mio equilibrio si sta per spezzare. Cosa devo fare?
- Mmh… Mi dica una cosa… Glie la chiedo per avere una conferma. Lei ha notato variazioni nelle presenze dei demòni? Per esempio: rispetto al giorno e la notte, gli ambienti chiusi e aperti, il sole e la pioggia, cose così?
- Mi faccia pensare… Direi forse più di giorno, ma è difficile dirsi, visto che la notte sto rintanato sotto le coperte cercando inutilmente di dormire. Poi… col bel tempo di più,  mi pare… Anzi, adesso che mi ci fa pensare, con la pioggia mai! Al mare, ecco! A me non piace il mare ma l’anno scorso i miei mi ci hanno trascinato, pensando che “mi avrebbe fatto bene”… Là ce n’erano davvero pochi.
- Come pensavo.
- Vale a dire?
- L’acqua. I demòni non amano l’acqua. L’acqua, in tutte le mitologie e le religioni, ha una sua sacralità, è collegata alla divinità. Simbolo di purezza, di nascita e rinascita spirituale. Aspetti, mi faccia vedere se ce l’ho qui…
Il professore si mise a spostare pile di libri qua e là, facendone rovesciare buona parte.
- Ah, ecco! Prenda questi libri; quello di Bonnefoy è molto ampio ma c’è una parte importante su questo argomento, mentre quello di Jonathan Cash è più specifico. È in inglese… Lei legge l’inglese, vero?
- Mi arrangio…
- Bene. Poi le raccomando di rileggere i Vangeli, specialmente Marco. Non mi guardi così, non si tratta di essere credenti o no. I Vangeli, come anche il Vecchio Testamento, sono straordinarie testimonianze storiche, lì troverà le fondamenta di quasi tutti i miti contemporanei, e quindi importanti nella nostra cultura occidentale.
Il professore guardò mestamente il giovane.
- Sì, immagino di sapere cosa pensa… Lei è circondato da demòni e io le chiedo di leggere dei libri… Ma il senso è questo: loro hanno un punto debole: odiano l’acqua; non sanno nuotare, rifuggono l’umidità. Mi capisce? Probabilmente sulle isole i demòni non ci sono, o comunque non ci possono arrivare, come al mare, ricorda? Si porti appresso una bottiglia d’acqua per spruzzarli, insomma… non lo so! Francamente - concluse con un filo di voce - francamente non lo so. Non so cos’altro dirle. Comunque scriverò a un mio amico che sta a Boston, lui è un ex prete, adesso insegna alla Massachussets University, tiene un corso sul sincretismo simbolico cristiano; so che ha visto molti casi di possessione… lo so che non è il suo caso, ma insomma… i demòni lui li ha visti. Chiederò consigli. Lei cerchi di farsi forza, e mi raccomando: mi informi di qualunque cambiamento nei comportamenti di quegli esseri.
4. Il mio nome è Legione
Luca si sentiva un animo contrastato: bene il professore che gli credeva, bene sapere che i demòni avevano un punto debole… male l’insopportabilità della situazione, con le bestie immonde sempre più presenti. Dentro la sua testa. Portarsi una bottiglietta d’acqua gli pareva un’idea ridicola, e sapere che quella bottiglietta era l’idea migliore disponibile al momento, beh… gli suscitava un’angoscia incontenibile. Non riusciva più a studiare per il dottorato; era vistosamente dimagrito; non aveva amici, men che meno una ragazza, e vedeva i genitori affranti per questo figlio disperato, di una disperazione della quale non potevano capire l’origine, e che non sapevano come aiutare.
Finché un giorno, mentre cercava scampo all’angoscia, leggendo il Vangelo di Marco, si imbatté nell’episodio dell’incontro di Gesù col posseduto (ma Luca pensò che forse era semplicemente un demonio), e fu colpito dal dialogo fra loro:
- Qual è il tuo nome? - Chiese Gesù.
- Il mio nome è Legione, perché siamo in molti.
Sì, in molti. In moltissimi. E tutti cercavano di penetrare le ormai deboli difese della sua mente, del cui fragile equilibrio, ormai, Luca cominciava a disperare.
5. L’isola
Quella sera Luca, approfittando che i genitori erano andati in gita con la parrocchia, si preparò una cena veloce ripassando le cose che gli aveva detto il professore. Portarsi dietro una bottiglietta d’acqua per spruzzare i demòni gli parve una delle cose più stupide che avesse sentito. Perché in realtà non c’era speranza. Lui era condannato. Era già morto, impazzito, inutile, carne marcia, dannato… L’unica soluzione era finirla subito, ma sì, con quel coltello, quello che aveva fra le mani per tagliare la carne… un colpo veloce alla gola e poi l’oblio, l’unico modo per sfuggire a questa desolazione di vita, spirale di angoscia, maledizione quotidiana. 
La mente di Luca si andava popolando di immagini mostruose, cumuli di cadaveri verminosi, putrefazione, angoscioso vuoto che gli succhiava l’anima, inutilità della vita, orrore del vivere, ripugnanza verso tutto ciò che la vita rappresentava… Mentre guardava affascinato il coltello, avvicinandolo al viso, un riflesso della lama gli fece vedere il demonio, appollaiato sulla credenza alle sue spalle. Ancora una volta il contatto visivo fu come una scintilla; Luca si distaccò immediatamente da quelle immagini di morte e si girò per affrontare il mostro che ghignava beffardo: - Tu, lurida bestia immonda, tu! Esci dalla mia testa, esci dalla mia vita!
Luca, con gesto rapido, prese il bicchiere d’acqua sul tavolo e ne scagliò il contenuto sul demonio che, inondato d’acqua, strabuzzò gli occhi, spalancò la bocca come per un urlo lacerante che non produsse suoni, e scomparve.
Luca ansava, il cuore batteva a mille, e solo un grande spruzzo d’acqua, che gocciolava dalla credenza, restava a testimoniare questo incontro.
Non erano mai arrivati così vicini a lui. Dentro casa. Inondandogli la mente di morte, e di desiderio di morte. Se non avesse visto il demone, Luca lo capì, si sarebbe tagliata la gola.
Scrisse una email al professore, raccontandogli l’accaduto e concludendo con la sua decisione: il mattino seguente sarebbe andato sull’isola Minore e avrebbe verificato, una volta per tutte, le sue teorie.
La notte fu inquieta e lunghissima. Luca sentiva che i demòni si avvicinavano. Lo aspettavano. Stavano venendo per lui. Ormai c’era una connessione malefica fra quelle forze oscure e lui, e anche senza vederli ne sentiva l’influsso venefico, sentiva la sua anima ammalarsi, e iniziò a pensare che forse, dopotutto, se considerava di essere ammalato nell’anima, non gli restava che affidarsi a quel dio che aveva sempre misconosciuto. Al mattino, stanco e gonfio, pensò di lasciare una lettera per i genitori, qualora le cose si fossero messe male ma poi, considerò, cosa mai avrebbe potuto scrivere? Mise il portatile nello zaino, il cellulare, qualche soldo, alcuni attrezzi, prese il sacco a pelo e uscì in strada: decine di demòni lo stavano aspettando.
Erano i più vari, mostrando ciascuno una sua malvagia e diversa mostruosità; c’erano i lascivi, che esibivano sessi abnormi e si masturbavano e fornicavano; c’erano i violenti, i sadici, che si battevano, che lo guardavano furiosi; c’erano i più viscidi e sfuggenti, che cercavano di mimetizzarsi e nascondersi per sorprenderlo alle spalle. Luca corse alla macchina, mise in moto e si diresse verso il Trasimeno. A Passignano affittò una barca e si diresse verso l’isola Minore. Piccola, disabitata, formalmente vietata ai visitatori ma, proprio per quello, ideale per Luca. In capo a pochi minuti arrivò al molo e scese. Non c’era ombra di demòni.
Luca si sedette sulle tavole di legno dell’attracco, vecchie e sconnesse, e aspettò che il respiro si calmasse, il battito si normalizzasse. Tirò fuori dallo zaino il cannocchiale e mise a fuoco Passignano. Sulla riva decine di demòni guardavano nella sua direzione, immobili.
- Brutti bastardi - urlò Luca - l’acqua vi fa male, vero? Non potete raggiungermi, vero? pezzi di merda, bestie schifose, non ce la fate a venire, vero?
Luca sentiva nascere in sé una piccola sensazione di trionfo. L’isola Minore non era la soluzione, ovvio; prima o poi sarebbe dovuto rientrare. Ma l’acqua sì, l’acqua era davvero la soluzione! C’era un modo, era chiaro, e per quanto complesso avrebbe trovato la via, come utilizzarla al meglio, a suo beneficio. Poteva andare ad abitare su un isola più grande e aspettare che i demòni si stancassero di dargli la caccia… Col professor Candiani avrebbe studiato qualche marchingegno, qualche soluzione… Intanto, oh, intanto lui era al sicuro. Sentiva la sua mente sgombra, la sua anima, o qualunque cosa fosse, più lieve. Sapeva che quella notte avrebbe dormito, e anche se ci si stava avviando verso la fine dell’autunno, Luca non temeva il freddo e se infischiava della fame, visto che aveva completamente scordato di portarsi da mangiare, ma sì, chi se ne frega, tornate nelle tenebre, bestie del cazzo, qui sarò al sicuro. Luca decise di aspettare il tramonto facendo una piccola passeggiata sull’isola; da diversi scorci guardava verso la riva di Passignano, notando che i demòni aumentavano di numero. Poveri bastardi, rimarrete a bocca asciutta!
All’imbrunire Luca, emotivamente stremato e anche parecchio affamato, tornò all’attracco, si ficcò tutto vestito nel sacco a pelo e dormì, finalmente, un’intera notte senza sogni.
Si svegliò con le luci naturali dell’alba. Si stirò, percepì un discreto gelo che gli era penetrato nelle ossa. Pazienza, si sarebbe riscaldato con un’altra passeggiata. Prese il binocolo e guardò la sponda opposta. Era costellata di demòni, a migliaia. Sulle sponde di Passignano e a destra, e a sinistra, tutto intorno al lago, per quanto Luca poteva vedere, si erano ammassate moltitudini di demòni che guardavano, tutti, verso di lui.
Le certezze di Luca si incrinarono, mentre percepiva sempre più freddo non più mitigato dai vestiti ancora leggeri che si era portato. Freddo crescente.
Luca puntò ancora il binocolo verso Passignano, dove c’era la concentrazione maggiore di bestie. In mezzo al gruppo principale un demonio parecchio alto lo guardava ghignando. Voleva essere guardato, voleva che Luca vedesse il suo trionfo. In quel momento, a un piccolo cenno del demoniaco gigante, tutte le migliaia di creature malefiche aprirono la bocca, come a formare una sorta di ‘O’, e alitarono, con continuità, ininterrottamente, senza riprendere fiato. 
Luca capì immediatamente, ancor prima di vedere il lago che ghiacciava, la superficie d’acqua che si trasformava in una lastra di ghiaccio, e i demòni che la percorrevano per venirlo a prendere.
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Messaggio Da mirella Lun Mar 18, 2024 4:54 pm

Ottima la scrittura, ma il genere non mi sembra centrato.  Non mi suscita ansia, tensione, paura. Il racconto mi è piaciuto, ma - pensa- mi sono divertita!

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Messaggio Da Claudio Bezzi Lun Mar 18, 2024 4:55 pm

mirella ha scritto:Ottima la scrittura, ma il genere non mi sembra centrato.  Non mi suscita ansia, tensione, paura. Il racconto mi è piaciuto, ma - pensa- mi sono divertita!
 I demòni odiano l’acqua 1f625
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Messaggio Da M. Mark o'Knee Lun Mar 18, 2024 6:08 pm

Il racconto è scritto molto bene. Non ho trovato errori e/o refusi e la lettura procede piuttosto spedita. Ma il problema è che di terrore vero non ne ho trovato. Ci sono delle descrizioni, anche ben fatte, di visioni raccapriccianti, di assoluta malvagità, ma non sono riuscito a percepire, se non parzialmente, l'orrore, l'ossessione di Luca per ciò che - solo lui - riesce a vedere.
Penso che una delle principali criticità stia nel numero di demoni che assediano Luca: più alto diventa il numero, più mi sembra che il terrore si diluisca, lasciando il posto a una sorta di ironia, di divertimento; dall'horror alla commedia, nella quale ti ritrovi quasi a fare il tifo per i demoni piuttosto che per quell'antipatico furbetto di Luca.
Un altro punto critico direi che sta nella volontà di razionalizzare a tutti i costi quelle visioni, facendo addirittura ricorso a uno studioso della materia: il famoso professore che suggerisce la teoria dell'acqua. Una delle caratteristiche dei racconti o romanzi horror penso stia invece nella accettazione, più o meno consapevole, che il male, sia esso un demonio o uno strano clown, fa parte della realtà stessa e la vuole stravolgere, trascinando il protagonista in un vortice di distruzione apparentemente senza uscita.
Più o meno sullo stesso piano della razionalizzazione, metterei anche l'eccessiva linearità temporale del racconto. Forse una partenza in medias res (o anche sull'isola stessa), qualche flashback ben piazzato e un paio di colpi di scena al punto giusto avrebbero contribuito a creare un'atmosfera più consona al genere.
Infine, darei anche una bella sfrondata agli aggettivi (p. es. ne metti addirittura quattro per definire l'isola).
Penso che il genere horror non sia per niente facile da maneggiare. Non è solo la classica lotta fra bene e male, ma qualcosa di più, qualcosa che si insinua nella vita e nell'animo del protagonista, e solo apparentemente senza un motivo. Una ragione invece c'è sempre e sia il lettore che il protagonista dovranno scoprirla piano piano... Nel tuo racconto, invece, non mi sembra di aver trovato niente alla base delle visioni di Luca.
Se posso spingermi fino a dare un consiglio, direi di buttarsi a capofitto nel mondo di Stephen King, specialmente nei racconti o romanzi che horror non sembrano proprio (Stagioni diverse - Il miglio verde - Billy Summers ecc.)
Be', spero di essere stato chiaro, non troppo cattivo e, almeno in parte, d'aiuto.
M.

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Messaggio Da Claudio Bezzi Lun Mar 18, 2024 6:52 pm

Grazie  @M. Mark o'Knee, veramente ottimi consigli, mi hanno già stimolato alcune idee. Il fatto è che a me l'horror non piace, questo racconto mi è venuto per caso e poi ho visto che c'era quel concorso...  I demòni odiano l’acqua 1f601

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Messaggio Da M. Mark o'Knee Lun Mar 18, 2024 6:59 pm

Claudio Bezzi ha scritto:Grazie  @M. Mark o'Knee, veramente ottimi consigli, mi hanno già stimolato alcune idee. Il fatto è che a me l'horror non piace, questo racconto mi è venuto per caso e poi ho visto che c'era quel concorso...  I demòni odiano l’acqua 1f601
Be', in realtà non è che anch'io ci vada matto. Anche le letture di King che ho indicato non sono horror, ma in ogni caso il Re sa come fare per creare le giuste atmosfere. E, se non l'hai letto, ti consiglio caldamente Billy Summers: oltre a essere un bellissimo romanzo è soprattutto un grande e appassionato omaggio alla scrittura.
In ogni caso, in bocca al lupo!
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Messaggio Da Petunia Lun Mar 18, 2024 10:33 pm

Ciao  @Claudio Bezzi ti lascio le mie impressioni.
Il racconto dal punto di vista della correttezza e pulizia di scrittura va benissimo ma, secondo me, questo non è un racconto horror. I demoni sono “nella testa” di Luca e questo non basta.
Mancano il sangue, mancano del tutto la paura il pathos. Se fosse scritto in prima persona almeno si potrebbe vivere il senso di follia, una follia magari destinata a portare Luca verso azioni terribili o distruttive.  
La forma “raccontata” delle varie emozioni non aiuta, la presenza cospicua di aggettivi non aiuta, i dialoghi non sono troppo “naturali”. 
Insomma non ci si immedesima leggendo, si resta “lettori” di qualcosa che non trapassa il foglio.
Penso che ti possano concretamente aiutare la nostra  @caipiroska@Akimizu che con questo genere in particolare hanno una grande familiarità e capacità.
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Messaggio Da Claudio Bezzi Mar Mar 19, 2024 8:43 am

Grazie  @Petunia, hai ragione su tutto. Non ripeto quanto già ho replicato a Mark. Adesso vedo se arriveranno altri commenti ma al momento capisco che devo fare una profondissima riscrittura (che non credo sia nelle mie corde) oppure rinunciare. Vedremo...

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