La mia città
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Petunia
Arunachala
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La mia città
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Pike Smith entrò nello studio del Presidente visibilmente nervoso. Come ogni volta. Del resto non era mai semplice parlare con lui, non si capiva facilmente di che umore fosse.
Ego Smith, eletto un anno prima a stragrande maggioranza, lo guardò con sufficienza dall’interno del suo elegante completo grigio fumo, colore ufficiale della città.
«Dica, signor Primo ministro. E sia buono, ogni volta mi porta cattive notizie.»
Colpito, Pike Smith si schiarì la voce: «Signor Presidente, purtroppo andiamo davvero male.»
Dalla cartella che teneva in mano tolse alcuni fogli. «Guardi, questi sono i dati ufficiali forniti dal ministro Check Smith. Come può vedere, le risorse scarseggiano sempre più. Io credo, e come me la pensa anche il segretario Audrey Smith, che sia ora di rendere pratica la promessa fatta agli elettori.»
Ecco, ce l’aveva fatta e subito si sentì come liberato da un peso.
Il Presidente si alzò dalla scrivania e prese a camminare lentamente, pensieroso, davanti alla vetrata che dava sulla città. La sua città.
«Va bene» disse infine, spezzando un silenzio che tendeva ad appesantirsi, «dica al gruppo di Beck Smith di organizzare l’evento per domani. Farò l’annuncio a reti unificate.»
«Subito, signor Presidente» rispose Pike Smith incamminandosi verso l’uscita.
«Ah, e dica a Jan Smith di tappezzare la città con la bozza che avevo preparato. Anche gigantografie. Tante.»
In casa di Udo Smith erano una decina. Nessuno di loro credeva che il Presidente avrebbe mai mantenuto la promessa fatta alle elezioni ed erano curiosi di sentire cosa avrebbe detto.
«Secondo me dice che non può e annulla tutto» esordì Kim Smith.
«Di sicuro ha in serbo qualcosa» intervenne Nora Smith, «ora vediamo.»
«Zitti» interruppe Lara Smith, «eccolo.»
Sullo schermo apparve il volto sorridente di Ego Smith.
«Cari concittadini» cominciò, «sono qui per dirvi che non è stato facile per niente convincere il governo, ma alla fine ce l’ho fatta e finalmente metteremo in atto quanto vi avevo promesso: da domani chiunque lo vorrà potrà cambiare il proprio cognome. Per farlo dovrà presentarsi …»
Il resto delle parole venne sommerso dal boato che esplose in tutte le case. Urla di gioia incontenibili.
«Io non ci credo» disse qualche Smith, «per me ci sta fregando.»
Mentre il Presidente faceva l’annuncio, le vie della città venivano ricoperte dai manifesti che descrivevano l’evento epocale.
Nei giorni successivi vennero invasi gli uffici preposti: furono in molti a cambiare il cognome, sentendosi un po’ più liberi.
Pike Smith entrò nello studio del Presidente sorridendo.
«Ha funzionato, signor Presidente. Ora le risorse basteranno per parecchi anni e nel frattempo studieremo altri interventi.»
«Certo che ha funzionato. Quasi nessuno si è accorto della frase microscopica stampata sul bordo dei manifesti. »
«Ha avuto una grande idea, signor Presidente. Ora vado, ossequi.»
Uscì. Ego Smith si volse alla vetrata e guardò.
«La mia città» disse.
“Tutti coloro che cambieranno cognome diverranno in automatico nemici del governo e pertanto eliminati immediatamente con esilio forzato dalla cupola cittadina.”
Lo lessero davvero in pochi, anche perché il giorno dopo non c’era più traccia dei manifesti.
Pike Smith entrò nello studio del Presidente visibilmente nervoso. Come ogni volta. Del resto non era mai semplice parlare con lui, non si capiva facilmente di che umore fosse.
Ego Smith, eletto un anno prima a stragrande maggioranza, lo guardò con sufficienza dall’interno del suo elegante completo grigio fumo, colore ufficiale della città.
«Dica, signor Primo ministro. E sia buono, ogni volta mi porta cattive notizie.»
Colpito, Pike Smith si schiarì la voce: «Signor Presidente, purtroppo andiamo davvero male.»
Dalla cartella che teneva in mano tolse alcuni fogli. «Guardi, questi sono i dati ufficiali forniti dal ministro Check Smith. Come può vedere, le risorse scarseggiano sempre più. Io credo, e come me la pensa anche il segretario Audrey Smith, che sia ora di rendere pratica la promessa fatta agli elettori.»
Ecco, ce l’aveva fatta e subito si sentì come liberato da un peso.
Il Presidente si alzò dalla scrivania e prese a camminare lentamente, pensieroso, davanti alla vetrata che dava sulla città. La sua città.
«Va bene» disse infine, spezzando un silenzio che tendeva ad appesantirsi, «dica al gruppo di Beck Smith di organizzare l’evento per domani. Farò l’annuncio a reti unificate.»
«Subito, signor Presidente» rispose Pike Smith incamminandosi verso l’uscita.
«Ah, e dica a Jan Smith di tappezzare la città con la bozza che avevo preparato. Anche gigantografie. Tante.»
In casa di Udo Smith erano una decina. Nessuno di loro credeva che il Presidente avrebbe mai mantenuto la promessa fatta alle elezioni ed erano curiosi di sentire cosa avrebbe detto.
«Secondo me dice che non può e annulla tutto» esordì Kim Smith.
«Di sicuro ha in serbo qualcosa» intervenne Nora Smith, «ora vediamo.»
«Zitti» interruppe Lara Smith, «eccolo.»
Sullo schermo apparve il volto sorridente di Ego Smith.
«Cari concittadini» cominciò, «sono qui per dirvi che non è stato facile per niente convincere il governo, ma alla fine ce l’ho fatta e finalmente metteremo in atto quanto vi avevo promesso: da domani chiunque lo vorrà potrà cambiare il proprio cognome. Per farlo dovrà presentarsi …»
Il resto delle parole venne sommerso dal boato che esplose in tutte le case. Urla di gioia incontenibili.
«Io non ci credo» disse qualche Smith, «per me ci sta fregando.»
Mentre il Presidente faceva l’annuncio, le vie della città venivano ricoperte dai manifesti che descrivevano l’evento epocale.
Nei giorni successivi vennero invasi gli uffici preposti: furono in molti a cambiare il cognome, sentendosi un po’ più liberi.
Pike Smith entrò nello studio del Presidente sorridendo.
«Ha funzionato, signor Presidente. Ora le risorse basteranno per parecchi anni e nel frattempo studieremo altri interventi.»
«Certo che ha funzionato. Quasi nessuno si è accorto della frase microscopica stampata sul bordo dei manifesti. »
«Ha avuto una grande idea, signor Presidente. Ora vado, ossequi.»
Uscì. Ego Smith si volse alla vetrata e guardò.
«La mia città» disse.
“Tutti coloro che cambieranno cognome diverranno in automatico nemici del governo e pertanto eliminati immediatamente con esilio forzato dalla cupola cittadina.”
Lo lessero davvero in pochi, anche perché il giorno dopo non c’era più traccia dei manifesti.
Ultima modifica di Arunachala il Mer Gen 11, 2023 11:37 am - modificato 1 volta.
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Non si può toccare l'alba se non si sono percorsi i sentieri della notte.
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Re: La mia città
Stavolta mi hai proprio “fregata” @Arunachala! Non mi aspettavo il twist finale.
Il racconto è surreale, ma il messaggio che veicola è fin troppo concreto e attuale. Mai sottovalutare le postille, mai fidarsi delle dichiarazioni di bontà dei governanti. In questo caso… che se ne farà il “buon Pike Smith” di una città vuota?
Il racconto è surreale, ma il messaggio che veicola è fin troppo concreto e attuale. Mai sottovalutare le postille, mai fidarsi delle dichiarazioni di bontà dei governanti. In questo caso… che se ne farà il “buon Pike Smith” di una città vuota?
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Re: La mia città
la città non sarà mai vuota.
i leccac..o saranno sempre attaccati alle leve del potere.
certo, a forza di diminuire, alla fine ne rimarrà forse uno solo, tipo Highlander.
spero non debba mai accadere, in verità
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Re: La mia città
Avevo un orologio marca Smith comprato in un supersmith dall'aria d'un discount di terzo livello.
Il cassiere era mio amico e a tempo perso faceva il sindaco di Smith city, si chiamava Smith Smith.
Egli mi aveva assicurato che quell'orologio avrebbe avuto una carica infinita senza ricaricarlo né a molla né a pile. Un meccanismo fermo su un unico istante definito dagli scienziati "istante smith".
Come poteva fallire un simile meccanismo con un solo istante?
Facevo spesso la spesa in quello smithscount e, ogni volta che andavo in cassa, il sindaco Smith Smith mi sorrideva per un istante, l'istante smith appunto...
Non parlava mai il sindaco, mi guardava e sorrideva e poi il conto sullo scontrino era sempre eguale: "Dieci centsmith".
Vivevo felice in quell'istante smith e mica potevo saperlo d'altronde, che diamine mica posso sapere tutti gli smith del mondo e le loro storie!
La cosa continuò non so per quanti smith, non lo so francamente e il sindaco, gentilissimo, sempre sorrideva e sempre nell'istante smith.
Avvenne una cosa strana però, in un istante smith, il sindaco, da sotto la cassa, tirò fuori una clessidra smith da polso e me la regalò.
«Figliuolo Smith caro butta via quell'orologio, ormai è istantaneamente passato. Prendi questo nuovo mio regalo istantaneamente e indossalo»
Feci come mi chiese, era pur il sindaco Smith Smith, mica potevo dir di no.
Uscii fuori rimanendo un istante smith turbato, non realizzavo più lo scorrere del tempo essendo abituato a lancette ferme, quella sabbia che scendeva mi turbava all'istante smith.
Non resistetti all'urto psicologico, mi fiondai nel negozio d'armi di fronte e acquistai una pistola Smith & Wesson a tamburo, suonai l'ultimo mio istante smith e mi sparai un colpo in testa.
Beh Fausto il tuo racconto è troppo forte, troppo troppo... dà il via a innumerevoli raffigurazione sul sociale e sulla vita.
Il cassiere era mio amico e a tempo perso faceva il sindaco di Smith city, si chiamava Smith Smith.
Egli mi aveva assicurato che quell'orologio avrebbe avuto una carica infinita senza ricaricarlo né a molla né a pile. Un meccanismo fermo su un unico istante definito dagli scienziati "istante smith".
Come poteva fallire un simile meccanismo con un solo istante?
Facevo spesso la spesa in quello smithscount e, ogni volta che andavo in cassa, il sindaco Smith Smith mi sorrideva per un istante, l'istante smith appunto...
Non parlava mai il sindaco, mi guardava e sorrideva e poi il conto sullo scontrino era sempre eguale: "Dieci centsmith".
Vivevo felice in quell'istante smith e mica potevo saperlo d'altronde, che diamine mica posso sapere tutti gli smith del mondo e le loro storie!
La cosa continuò non so per quanti smith, non lo so francamente e il sindaco, gentilissimo, sempre sorrideva e sempre nell'istante smith.
Avvenne una cosa strana però, in un istante smith, il sindaco, da sotto la cassa, tirò fuori una clessidra smith da polso e me la regalò.
«Figliuolo Smith caro butta via quell'orologio, ormai è istantaneamente passato. Prendi questo nuovo mio regalo istantaneamente e indossalo»
Feci come mi chiese, era pur il sindaco Smith Smith, mica potevo dir di no.
Uscii fuori rimanendo un istante smith turbato, non realizzavo più lo scorrere del tempo essendo abituato a lancette ferme, quella sabbia che scendeva mi turbava all'istante smith.
Non resistetti all'urto psicologico, mi fiondai nel negozio d'armi di fronte e acquistai una pistola Smith & Wesson a tamburo, suonai l'ultimo mio istante smith e mi sparai un colpo in testa.
Beh Fausto il tuo racconto è troppo forte, troppo troppo... dà il via a innumerevoli raffigurazione sul sociale e sulla vita.
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Re: La mia città
oddio, la tua versione è un poco triste, @Giancarlo Gravili
però, purtroppo, non è da escludere nemmeno una soluzione simile.
speriamo vada meglio di così.
grazie
però, purtroppo, non è da escludere nemmeno una soluzione simile.
speriamo vada meglio di così.
grazie
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Re: La mia città
Non ti dispiacerà se ti dico che la lettura del tuo racconto mi ha ricordato l'atmosfera assurda del "Rinoceronte" di Ionesco, un maestro nel genere, che mi piace moltissimo. L'assurdo nel tuo pezzo sta nell'uniformità del cognome di quella strana comunità. Fa sorridere inizialmente, ma poi si individua un sottotesto assai più drammatico e inquietante: una società in cui il Presidente ha potere di vita e di morte. La scelta della seconda è un buon modo per risolvere contemporaneamente i due problemi: la scarsità delle risorse e soprattutto riuscire a soffocare il tentativo dei vari Smith di sottrarsi all'omologazione richiesta dal potere.
Nel Rinoceronte l'omologazione è rappresentata simbolicamente dalla mutazione genetica dei cittadini-sudditi e il messaggio è l'invito alla disobbedienza e alla ribellione.
L'idea è così carina che meriterebbe anche uno spazio maggiore.
Nel Rinoceronte l'omologazione è rappresentata simbolicamente dalla mutazione genetica dei cittadini-sudditi e il messaggio è l'invito alla disobbedienza e alla ribellione.
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Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: La mia città
non conosco "Il Rinoceronte" di Ionesco, ma se rapporti questa storia a una delle sue, beh, mi omaggi per bene.
può darsi segua il tuo suggerimento e ampli un poco la vicenda.
grazie mille
può darsi segua il tuo suggerimento e ampli un poco la vicenda.
grazie mille
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Re: La mia città
Davvero una bella idea, con un messaggio che arriva forte e chiaro.
Solo menzionando la questione del cognome sei riuscito a creare un mondo: non racconti come vivono queste persone, cosa fanno o cosa pensano, ma il tutto scaturisce in maniera nitida e chiarissima nel mini.
E questo è un po' inquietante, perchè, pur non addentrandoti nei particolari, crei nella mente dei lettori una situazione nota: s'intuisce che finirà male ma, come i vari Smith, cadiamo anche noi nel tranello (o almeno io ero felice perchè potessero cambiare cognome...).
A fine lettura mi è rimasto un sottile disagio, perchè ho riflettuto sulle false cose che ho accettato nella vita (e, purtroppo, su quelle che accetterò...) senza accorgermi dell'inc... che c'è dietro.
Suggerisci di leggere bene le righe piccole scritte a fine pagina, ma delle volte non ci sono nemmeno quelle...
In casa di Udo Smith erano una decina.
Cambierei il verbo erano: In casa di Udo Smith vivevano/abitavano in dieci.
Solo menzionando la questione del cognome sei riuscito a creare un mondo: non racconti come vivono queste persone, cosa fanno o cosa pensano, ma il tutto scaturisce in maniera nitida e chiarissima nel mini.
E questo è un po' inquietante, perchè, pur non addentrandoti nei particolari, crei nella mente dei lettori una situazione nota: s'intuisce che finirà male ma, come i vari Smith, cadiamo anche noi nel tranello (o almeno io ero felice perchè potessero cambiare cognome...).
A fine lettura mi è rimasto un sottile disagio, perchè ho riflettuto sulle false cose che ho accettato nella vita (e, purtroppo, su quelle che accetterò...) senza accorgermi dell'inc... che c'è dietro.
Suggerisci di leggere bene le righe piccole scritte a fine pagina, ma delle volte non ci sono nemmeno quelle...
In casa di Udo Smith erano una decina.
Cambierei il verbo erano: In casa di Udo Smith vivevano/abitavano in dieci.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: La mia città
grazie, caipi, hai capito perfettamente la storia.caipiroska ha scritto:Davvero una bella idea, con un messaggio che arriva forte e chiaro.
Solo menzionando la questione del cognome sei riuscito a creare un mondo: non racconti come vivono queste persone, cosa fanno o cosa pensano, ma il tutto scaturisce in maniera nitida e chiarissima nel mini.
E questo è un po' inquietante, perchè, pur non addentrandoti nei particolari, crei nella mente dei lettori una situazione nota: s'intuisce che finirà male ma, come i vari Smith, cadiamo anche noi nel tranello (o almeno io ero felice perchè potessero cambiare cognome...).
A fine lettura mi è rimasto un sottile disagio, perchè ho riflettuto sulle false cose che ho accettato nella vita (e, purtroppo, su quelle che accetterò...) senza accorgermi dell'inc... che c'è dietro.
Suggerisci di leggere bene le righe piccole scritte a fine pagina, ma delle volte non ci sono nemmeno quelle...
In casa di Udo Smith erano una decina.
Cambierei il verbo erano: In casa di Udo Smith vivevano/abitavano in dieci.
in casa di Udo Smith erano una decina, non è deto che ci vivessero, semplicemente erano resenti in quel momento
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Re: La mia città
Negli aggiustamenti, specialmente quelli fatti dai politici, c'è sempre la fregatura. Una morale con molteplici sfumature.
Lettura piacevole e scorrevole.
Lettura piacevole e scorrevole.
tommybe- Maestro Jedi
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Re: La mia città
Un racconto breve che funziona, è obbligo per il lettore essere curioso.
Quali promesse fatte e forse difficili poi da mantenere? Mi ricorda qualcosa ma non saprei... un po' come in quella canzone di Mina, quella che parla di cioccolato svizzero.
E poi perchè tutti il cognome uguale: un immenso parentado intrallazzato col governo? E dài con quel qualcosa che ho già visto...
E la sorpresa finale: un consiglio sempre attuale. Leggere tutto quel si sottoscrive. Carta canta.
Bello, mi è piaciuto. E devo dire che la fregatura finale non mi ha sorpreso più di tanto. Politici che mantengono le promesse???!?!?!
Quali promesse fatte e forse difficili poi da mantenere? Mi ricorda qualcosa ma non saprei... un po' come in quella canzone di Mina, quella che parla di cioccolato svizzero.
E poi perchè tutti il cognome uguale: un immenso parentado intrallazzato col governo? E dài con quel qualcosa che ho già visto...
E la sorpresa finale: un consiglio sempre attuale. Leggere tutto quel si sottoscrive. Carta canta.
Bello, mi è piaciuto. E devo dire che la fregatura finale non mi ha sorpreso più di tanto. Politici che mantengono le promesse???!?!?!
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: La mia città
forse c'erano una volta, i politici di quel tipo, ma non ne sono neanche tanto sicuroSusanna ha scritto:Un racconto breve che funziona, è obbligo per il lettore essere curioso.
Quali promesse fatte e forse difficili poi da mantenere? Mi ricorda qualcosa ma non saprei... un po' come in quella canzone di Mina, quella che parla di cioccolato svizzero.
E poi perchè tutti il cognome uguale: un immenso parentado intrallazzato col governo? E dài con quel qualcosa che ho già visto...
E la sorpresa finale: un consiglio sempre attuale. Leggere tutto quel si sottoscrive. Carta canta.
Bello, mi è piaciuto. E devo dire che la fregatura finale non mi ha sorpreso più di tanto. Politici che mantengono le promesse???!?!?!
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