Le scartoffie e gli incartamenti più svariati ricoprono la scrivania del commissario Giulio Rapetti, nascondendo la foto di famiglia, clichè sulle scrivanie delle forze dell’ordine.
Grassoccio e pelato, ascolta con la fronte corrucciata la dichiarazione che il tizio seduto davanti a lui sta rilasciando.
Aspira dalla sua pipa, riempiendo il piccolo ufficio di fumo.
Sono le tre del pomeriggio e il commissario è in pieno abbiocco postprandiale: ha infatti allentato la cintura dei pantaloni, sistemandosi meglio sulla scomoda poltrona girevole, senza braccioli.
L’uomo seduto dall’altro lato della scrivania indossa una camicia con una fantasia improponibile, un foulard legato al collo e ha una chioma di capelli che il commissario Rapetti ha giudicato improponibile già dalla prima occhiata.
Con fare svogliato, attacca:
- Allora, lei è venuto qui per fare una denuncia, diceva.
- Oggi, 29 settembre, mi son svegliato e… Torno a te, con le miserie mie, con le speranze nate morte!
L’espressione del commissario muta dallo scocciato all’incuriosito, mentre con un cenno suggerisce all’altro di continuare.
- Il mio canto libero, lato B, è stato rubato!
- È stato rubato? Come si chiama il pezzo che è stato rubato?
- Confusione! – e attacca a cantare: - confusione, mi dispiace se sei figlia della solita illusione e se fai confusione, confusione…
L’ispettore lo ferma subito, con un cenno vistoso del braccio.
- Mi racconti dall’inizio com’è andata.
- Ma che disastro, io mi maledico! Mi sono alzato, mi son vestito e sono uscito solo solo per la strada; ho camminato a lungo senza meta finché ho sentito cantare in un bar.
Guardandosi le unghie delle mani, Rapetti non riesce a capire, mentre l’altro continua:
- Conosci me, la mia realtà, tu sai che oggi morirei per onestà!
- Dove si trovava lei al momento del furto?
- Tra le discese ardite e le risalite!
Il taccuino del commissario si riempie di appunti e scarabocchi.
- Sa dov’era la sua ragazza la notte del furto?
- Non è Francesca, lei è sempre a casa che aspetta me, non è Francesca!
- Ha per caso notato qualcosa di strano in casa sua?
- La cucina, guarda che cos'è, quanti piatti sporchi da lavare! La poltrona a fiori è vecchia oramai, quello strappo è da cucire!
- Quindi lei non sa proprio dirmi niente, brancoliamo nel buio.
- Quel gran genio del mio amico, lui saprebbe cosa fare!
- Chi sarebbe questo genio? - gli chiede il commissario, leggermente risentito.
- Equivoci amici! Eppur mi son scordato… come ho fatto non so!
- Cos’ha dimenticato?
Con aria incredula e quasi imbarazzata, l’eclettico sconosciuto tira fuori dalla tasca del pantalone a zampa d’elefante un foglio di carta piegato in quattro:
- Sono all’impasse!
- Mi legga il contenuto della lettera, avanti.
- Io ti venderei se potessi farlo.
Il commissario adesso ha gli occhi sgranati.
L’uomo procede nella lettura:
- Sono un tipo antisociale, non mi importa mai di niente, non mi importa dei giudizi della gente! Ragazzo, ti ho fatto tanto male e so anche che non perdonerai, ma tu un giorno ti troverai al mio posto e capirai che non ti ho tradito.
Il biglietto ha lasciato a bocca aperta il commissario Rapetti. Ha bisogno di una pausa per raccogliere le idee e vedere se i fili fanno contatto e si accende la lampadina che lo contraddistingue quando deve risolvere i casi che gli vengono assegnati.
Alla macchinetta del caffè sospira per il sollievo: oggi non c’è attaccato il solito foglietto con su scritto “guasta”. Inserisce la chiavetta e preme il tasto “Espresso” per due volte.
Gli bastano pochi secondi e quel sorso di caffè nero per iniziare a unire le sinapsi.
Torna nel suo ufficio con il bicchierino di plastica pieno di liquido fumante, lo consegna all’uomo e a bruciapelo gli chiede:
- Questo suo amico di cui parlava prima, dove l’ha visto l’ultima volta?
- In un magazzino che contiene tante casse, alcune nere, alcune gialle, alcune rosse! Comunque adesso ho un po’ paura… - gli occhi sembrano spauriti.
- Mi dica dove si trova questo magazzino! Come ci arrivo?
- Deve seguir con gli occhi un airone sopra il fiume, poi passare con lo sguardo la collina, guidare come un pazzo a fari spenti nella notte e infine uscir dalla brughiera di mattina dove non si vede a un passo.
A questo punto il commissario sta già pensando al Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Ma non si vuole ancora arrendere, è convinto di riuscire ad acciuffare il ladro di canzoni e quindi decide di incalzare:
- Temo di non comprenderla…
- Capire tu non puoi.
Per Rapetti le speranze sono perse, quando arriva provvidenziale la telefonata dell’appuntato Victor Sogliani:
- Commissario, abbiamo preso il ladro! – Rapetti salta sulla poltrona. - L’abbiamo arrestato e adesso lo portiamo da lei, dice che vuole rilasciare una dichiarazione.
- Allora, Signor Maurizio, sono tutt’orecchi, mi dica tutto.
- Seduto in quel caffè io non pensavo a te, ma era tutta mia la città e questa notte un uomo piangerà, perché io ho in mente te: mi son svegliato e sto pensando a te! parlo rido e tu, tu non sai perché! Sempre al mondo ci sarà, chi quei colpi sparerà: bang bang!
Non ha fatto in tempo a terminare il suo turpiloquio, il ladro è già in cella, il commissario ha risolto un altro caso e Lucio può finalmente registrare il suo nuovo Lp.