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Ipazia, il faro di Alessandria

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Messaggio Da Petunia Ven Nov 05, 2021 9:05 am

https://www.differentales.org/t1191-il-cervo#13300

Ipazia aprì gli occhi e si stiracchiò dopo aver dormito sulla spiaggia cullata dallo sciabordio delle onde. La sabbia umida sotto l’esile corpo si compattò in forma d’angelo.
Il mare e la spiaggia erano ammantati da un delicato colore rosato, preludio di una giornata calda e luminosa.
  Si alzò in piedi e, con la mano tesa sulla fronte per proteggersi dal riverbero, scrutò l’orizzonte. Da giorni attendeva l’arrivo di una nave carica di rotoli preziosi. Una volta approdata, i libri, catalogati e copiati, sarebbero stati inseriti nella grande biblioteca di Alessandria e lei non vedeva l’ora di leggerli.
“Quanto mi piace respirare l’aria pungente del mattino e sentire l’acqua salata che fluttua gentile sui miei passi. Mi chiedo se davvero sia tutto qui il mondo o esista qualcosa che non ci ė dato vedere. Democrito vieni in mio soccorso, Apollonio spiegami la tua geometria. Aristarco, come fai ad affermare che la terra si muove intorno al sole? Tolomeo come puoi essere così sicuro che, al contrario, tutti gli astri si inchinino alla terra? Ah, potessi parlare con voi e dissolvere i miei dubbi. Chi siamo noi? Perché il cielo e le stelle sembrano muoversi in un modo tanto strano? Cos’è il tempo?”
  Assorta nei propri pensieri, camminò sulla spiaggia ancora un po’ fino a che il giorno non fu pieno. I piedi nudi lasciavano impronte poco profonde che svanivano lasciando piccole pozze iridescenti sul bagnasciuga levigato dal lieve sciacquio della risacca.
  Rabbrividì, si avvolse nel tribon e si avviò a passo svelto verso casa. L’aspettava una giornata di intenso lavoro al museion. Il padre, Teone, le aveva affidato i preziosi testi di Tolomeo affinché li traducesse e li commentasse. Era un grande privilegio e segno di fiducia e stima verso di lei e non voleva certo deluderlo. Arrivò trafelata e coi calzari umidi e sporchi di sabbia.
«Buongiorno mia cara figlia. Vedo che anche stanotte hai dormito sulla spiaggia» disse con tono di rimprovero.
«Padre, sapessi che meraviglia! Ho voluto attendere l’alba per vedere la stella errante più luminosa di tutte!» Gli cinse le spalle con affetto e proseguì «da quando lavoro sui testi di Tolomeo mi sono fatta tante domande. Ti sembra davvero possibile che il sole giri intorno alla terra?»
«Ipazia, Tolomeo è uno dei più grandi astronomi. Le sue teorie sono basate su anni di studio e su calcoli accurati.»
«Te lo chiedo perché, nelle mie ricerche, ho trovato un antico testo di Aristarco di Samo dove affermava che, al contrario, fosse la terra a girare intorno al sole. Chi avrà ragione tra loro due?»
«Figlia, tu sei piena di domande ma io non so darti le risposte che cerchi.»
«Come vorrei saperne di più. I movimenti delle stelle sono così complicati da decifrare!»
«È proprio così, Ipazia.»
«Io penso che la natura sia più semplice di come appare. Padre mio, non ho certezze e sono piena di dubbi!»
«Figlia mia cara, dai dubbi emergono le domande e, se le domande sono buone, puoi ottenere buone risposte. Quindi dubita pure, ma cerca di badare a te stessa. Non è bene che ti allontani di notte da sola.»
«Padre, non devi preoccuparti per me.»

  Teone la osservava ammirato mentre lei maneggiava con la stessa cura di una madre verso il figlio neonato i rotoli antichi e preziosi di cui la biblioteca era ricolma. Ipazia e la biblioteca rappresentavano tutta la sua vita. Tuttavia, un pensiero da tempo gli toglieva il sonno; era una sorta di cattivo presagio e non si decideva a parlarne con la figlia.
«Padre, cosa sono quelle ombre che vedo nel tuo sguardo? Cosa ti affligge?»
Teone sospirò.
«Hai sentito cosa va dicendo il popolo? Il vescovo Cirillo considera sacrilego tutto ciò che è conservato tra queste mura. Temo che presto avremo dei gravi problemi.»
«Padre, non tormentarti. Oggi stesso parlerò coi miei discepoli e anche col prefetto Orazio che è un mio buon amico. La conoscenza non può fare alcun male e il vescovo non ha alcun motivo di temerla.»
«Ipazia cara, purtroppo non credo sia così. Anzi, dovresti cessare di tenere le lezioni pubbliche, non è prudente, credimi.»
«Ma padre! Che male può fare insegnare alle persone il pensiero dei filosofi? Non tutti possono accedere alla biblioteca ma ogni uomo ha diritto a essere istruito. La cultura rende liberi!»
Teone sospirò consapevole che la figlia non avrebbe mai rinunciato alle proprie idee.
  Una folla che neppure lei immaginava si radunava ogni giorno per ascoltarla; la sua fama era tale che in molti affrontavano viaggi lunghi e scomodi pur di partecipare alle sue conferenze.
Ipazia parlava alla gente di filosofia, della bellezza del cielo e degli astri, sempre instancabile e piena di passione.
  La bellezza e la sapienza attiravano l’amore di molti giovani che si preoccupavano per lei. Uno dei discepoli, Sinesio che veniva da Cirene e non mancava mai a una sua lezione, se ne era innamorato al punto di volerla portare via dalla città.
«Ipazia», disse Sinesio amorevole, «qui gli uomini vogliono farti del male, non permetteranno ancora a lungo che tu insegni loro l’arte delle parole e delle stelle, non vogliono ascoltare le tue verità. Vieni con me, sposami e saremo felici!»
«Amico mio, allievo prediletto, non chiedermelo più, il mio posto è qui ad Alessandria. Tu vedi in me quella che non sono. Sono una donna che ha scelto di studiare e per te sono e voglio essere solo uno strumento di conoscenza.»
Sinesio, deluso dalla risposta, per non soffrire decise di tornare nella propria città. Del resto, l’unico amore di Ipazia era per il sapere e non c’era posto per alcun altro nel suo cuore. Lei riteneva che la propria missione di istruire il popolo fosse tutto ciò per cui valeva la pena di vivere.
  L’ardore che metteva nella divulgazione scioglieva anche il cuore dei politici. In molti presero l’abitudine di frequentare le sue orazioni. Ben presto però si resero conto di quanto Ipazia fosse amata e quanto ascendente ella avesse sulla gente; senza dubbio si trattava di una donna intelligente e capace di accendere gli animi. L’inneggiare alla libertà di pensiero e di cultura la rendeva pericolosa ai loro occhi; ebbero paura del potere che il popolo stesso le attribuiva.
  Una sera, mentre Ipazia si accalorava in una delle sue spiegazioni, la colpì lo sguardo gelido di un uomo tra il pubblico; indossava un saio sdrucito e aveva l’aspetto di un pellegrino. L’uomo era capo di un gruppo di parabolani, una setta di fanatici che si occupava degli appestati e della sepoltura dei morti e non avrebbe dovuto trovarsi lì. A causa della loro opera, che li faceva stare in contatto con malattie contagiose, era loro vietato di frequentare luoghi pubblici. Non erano veri e propri monaci, ma godevano degli stessi privilegi del clero ed erano ben visti dal vescovo.
Fu un attimo.
«È lei!» disse l’uomo. A quel segnale, altri come lui si fecero spazio tra la folla impaurita che si aprì come le acque del Nilo per farli passare. In tutto erano cinque uomini contro una sola donna.
«Cosa posso fare per voi?» Disse Ipazia senza tremare.
«Sei tu la filosofa?»
«Voi mi attribuite meriti che non ho», rispose lei con dolcezza, «io mi limito a insegnare la filosofia.  Se volete potete unirvi a queste persone.»
L’uomo si girò verso i propri compagni e li incalzò.
«Questa lurida femmina vuole insegnarci a vivere!»
«È un’eretica!»
«È una bestemmiatrice!» Gridarono a gran voce. Le si avventarono addosso come cani affamati e cominciarono a lapidarla senza pietà.
“Cuore mio perché batti così forte? L’aria non basta a saziarmi. Il sapore dolce e ferroso del sangue mi impasta la bocca. Non sento più le mani. Ho paura. Dove siete luminose compagne di tante notti? Sento tanto freddo, il buio si è preso i miei occhi...”
  La schernirono a turno e le sputarono addosso. Legato il corpo martoriato a un carro di legno, lo trascinarono nella polvere sotto gli occhi atterriti della folla ammutolita che assisteva impotente di fronte a tanta ferocia. Nessuno osò affrontare quei balordi per difendere la donna che fino a pochi istanti prima era stata la loro maestra di vita.
Tiratala giù dal carro, la condussero a calci fino al piazzale della chiesa. Qui le strapparono la veste e la uccisero smembrando il corpo con dei cocci acuminati e infine bruciarono quei pezzi per cancellare ogni traccia della sua esistenza. 
Ma Ipazia vive ancora.
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Messaggio Da Achillu Sab Nov 06, 2021 6:50 am

Ciao Petunia.

Io adoro Ipazia. Ieri mattina ho visto il titolo e non ho avuto nemmeno il coraggio di leggere il racconto per paura di rimanere deluso, perché avevo delle aspettative esagerate. Invece ieri sera alla fine mi sono deciso ma poi non ho avuto il coraggio di commentare, perché non mi sento sufficientemente esterno per poterlo fare. Questo per dirti di non prendere il mio commento come qualcosa di imparziale, al contrario.

Per via delle aspettative molto alte mi viene da dire che sono rimasto deluso del risultato. La sensazione che mi resta è quella di aver letto un saggio romanzato che riporta i fatti conosciuti da parte di un narratore-giornalista che però non entra nel merito di ciò che è accaduto. Aggiungo che Ipazia non è stata uccisa da giovane, anche se il testo sembra accennare una cosa del genere. Inoltre la vaghezza del tempo narrativo sembra presupporre che Teone fosse ancora vivo.
Resta il fatto che hai avuto un coraggio immenso a scrivere questo pezzo e questo secondo me vale tanto. Mi rileggo volentieri l'inizio, una scena molto bella che coinvolge la protagonista e la coglie in un momento molto intimo. Molto bello il titolo, ma proprio molto.

Grazie e alla prossima.
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Messaggio Da Petunia Sab Nov 06, 2021 8:32 am

Grazie  @Achillu del passaggio. Ipazia è una delle “mie donne” . Essendo appassionata di scienza e in particolare di astronomia ho avuto modo di incontrarla nei miei studi. Ho letto una quantità di pubblicazioni sulla storia e quello che mi ha colpita è che in buona parte è tramandata vocalmente perché delle fonti esiste molto poco. La trovo di una modernità (purtroppo) estrema.
Come fiugura di donna è potente. 
Concordo con le tue osservazioni. Questo è uno dei miei racconti in lavorazione continua. Il testo è stato oggetto di numerose revisioni (il primo l’ho scritto molti anni fa). Mi ha fatto molto piacere che tu ne abbia apprezzato l’incipit che ho riscritto solo qualche mese fa. L’ho proposto a un concorso che trattava del tema violenza sulle donne ed è stato premiato e pubblicato.
È vero che assomiglia a una specie di saggio, frutto delle mie ricerche. È vero che sento anch’io l’esigenza di scavare ancora più a fondo la personalità di questa donna immensa che ha ancora oggi tanto da insegnare. 
La tua lettura critica mi sprona a proseguire e lo farò. Grazie di cuore.
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Messaggio Da Hellionor Dom Nov 07, 2021 12:00 pm

Cara Petunia,
c'è tanto lavoro in questo tuo racconto, e lo apprezzo molto, ma penso che sia uno scheletro che vai a riempire un po' per volta di carne ossa e sangue che escono dalla tua anima.
MI spiego.
La prima parte è racconto vero, con pathos e immedesimazione con Ipazia, c'è lavoro di documentazione e poi la briglia si scioglie per dare una voce sua-tua a Ipazia.
Dopo la prima parte si rientra nella cronaca di una vita, meno pathos e più saggio.
Sono certa che lo stai già facendo, viso che hai riscritto l'incipit da poco, e quindi ti do un consiglio di certo inutile. Continua a riempire lo scheletro del tuo saggio con la "tua" forza. Leggine ancora, della tua eroina, arricchiscila da mille angolature e dalle un po' di te per renderla viva e concreta.
Nella prima parte lo hai fatto in maniera eccelsa, continua così.
Ele
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Messaggio Da Petunia Dom Nov 07, 2021 3:42 pm

Grazie  @Hellionor certo che lo farò. O almeno ci proverò… Ipazia, il faro di Alessandria 509334221
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