Pomeriggio di tardo agosto. Lo Shinkansen corre veloce da Kyoto fino a Tokyo. Domani mattina un aereo ci riporterà in Italia dopo 20 giorni di vacanza giapponese. Si ride. Abbiamo appena aperto un sacchetto di patatine al wasabi, comprato per errore alla stazione, e le espressioni di disgusto all’assaggio infondono ilarità alla compagnia.
Ad un tratto, Marco, dal sedile posteriore, ci chiede se possiamo chiamare il suo cellulare, perché non riesce a trovarlo. Componiamo il numero ma nulla. Silenzio.
“Ragazzi, mi sa che ho dimenticato il telefono alla stazione di Kyoto.”
Il primo pensiero che salta alla mente è “vabbè, Marco. Ormai è andato. Domani saremo a casa. Non torniamo indietro a prenderlo”. Ma sembra che l’idea del nostro amico sia differente.
“Io scendo alla prima stazione e torno a Kyoto.”
Kyoto dista da Tokyo circa quattrocentocinquanta chilometri. Con lo Shinkansen ci vogliono poco più di 3 ore. Non molto, vero. Se non fosse che l’ultimo treno del pomeriggio parte alle 18 e 30 e che l’indomani dovremo alzarci all’alba per prendere il volo di rientro verso Milano.
Ma comprendiamo subito che il nostro amico è deciso a tornare.
“La prossima fermata è Shizuoka, da lì possiamo prendere il treno per Kyoto.”
“Non ha senso tornare tutti e quattro.” rispondo. Consapevole del fatto che non possiamo neppure lasciarlo andare da solo. Marco si perderebbe nel parcheggio di casa, figuriamoci in giro per il Giappone.
Dopo pochi istanti di silenzio Luca propone di seguire Marco a Kyoto, mentre io e Laura proseguiremo verso Tokyo.
“Appena arrivati in stazione chiederemo di contattare l’ufficio oggetti smarriti di Kyoto, in modo da velocizzare le operazioni” propongo. Più per lavarmi la coscienza che per una realistica speranza.
A Shizuoka ci salutiamo. Speranzosi di rivederci in hotel. Consci della presenza di un solo treno per il ritorno a Tokyo (e, di conseguenza, in Italia)
Nell’ora che ci resta per arrivare a destinazione rifletto. Marco e Luca arriveranno a Kyoto alle ore 18 e 10. Il treno per Tokyo ripartirà alle 18 e 30. Confidando nell'estrema puntualità delle ferrovie giapponesi restano 20 minuti per individuare l’ufficio oggetti smarriti, farsi comprendere dal funzionario, riprendere il treno per il ritorno. Pochi. Obiettivamente pochi.
Inizio a credere che la mia proposta, formulata più per cortesia che per reale volontà, sia ormai necessaria.
Arriviamo a Tokyo in perfetto orario. Dovremmo avere circa quaranta minuti prima che Marco e Luca raggiungano Kyoto.
Provo a capire chi potrebbe darci una mano nella ricerca.
Alla fine dei binari, poco prima dei tornelli di uscita, scorgo una piccola costruzione che immagino essere l’ufficio del personale di guardia della stazione. All’esterno, in bella vista, un ragazzotto in divisa, abbondantemente in sovrappeso e dalla faccia non troppo sveglia.
Provo a comunicare con lui in inglese.
“Hello. Our friend has lost his telephone in Kyoto. Is it possible to contact lost and found office in Kyoto station?”
Come risposta si toglie il cappello e asciuga la testa pelata fradicia di sudore.
Credo che non abbia capito neppure una parola di quello che gli ho appena detto.
Scompare nell’ufficio per ricomparire subito dopo seguito da un altro tizio in divisa, alto, magro e con un’espressione lievemente più sveglia.
“Our friend has lost his telephone in Kyoto…”
“Oh! Kyoto!”
Sì, esatto. Kyoto.
Ma il succo del discorso è un altro.
“Our friend has lost his telephone in Kyoto. Is it possible to contact lost and found office in Kyoto station?”
Mi guarda perplesso. Probabilmente alcune parole gli suonano familiari.
“Our friend… lost telephone… Kyoto…”
“Oh! Yes! Telephone Kyoto.” e sparisce nell’ufficio.
“Ha capito!” esclamo, speranzoso, a Laura.
Esce subito dopo con la guida telefonica di Kyoto.
Me la porge.
“Telephone Kyoto!” e mi sorride.
Non ha capito.
Lo guardo perplesso mentre vedo il suo sorriso spegnersi lentamente.
E’ in difficoltà. Sono in difficoltà. Sì, in Giappone la lingua è un problema evidente.
Mi fa segno di seguirlo di fronte a una finestrella. All’interno, seduto, un ometto sulla sessantina è intento a completare una rivista di Sudoku.
Lo smilzo gli dice qualcosa che ovviamente non capisco. L’ometto mi guarda alzando leggermente il volto dal suo giornaletto. Il movimento muscolare è ridotto al minimo.
Attende.
“Our friend has lost his telephone in Kyoto. Is it possible to contact lost and found office in Kyoto station?” ripeto ormai come un mantra.
Mi risponde qualcosa.
Ovviamente non in inglese. E, altrettanto ovviamente, io non capisco.
Quello che capisco, però, è che dei tre lui è sicuramente il superiore. Quindi se voglio ottenere qualche informazione è da lui che devo passare. Ma come fare a comunicare?
Alzo sconsolato lo sguardo al cielo e trovo una risposta ai miei pensieri. L’insegna dell’ufficio informazioni. Lì troverò qualcuno che parla inglese.
Abbandono Laura con i bagagli, che mi guarda perplessa, e mi metto a seguire le indicazioni come mia stella cometa verso una agognata epifania. Mi accorgo subito che per raggiungere l’ufficio informazioni dovrò uscire dai tornelli. Spiego alla ragazza di guardia che si tratta solo di un’uscita momentanea. Solo per avere informazioni. Che rientrerò presto, indicando Laura e i bagagli.
La ragazza mi sorride.
Dubito che abbia capito, ma non ho tempo di verificare. Devo seguire la freccia.
Mi porta di fronte ad una porta a vetri. Apro e vedo che mi attende una ragazza sorridente.
“Hello!”
“Hello. Do you speak english?”
“Yes. Sure.”
Dio sia lodato!
Le spiego del telefono, degli amici a Kyoto, del trio di supereroi al gabbiotto della sicurezza. Lei mi ascolta e poi prende un foglietto. Lo riempie di incomprensibili ideogrammi e mi dice di consegnarlo al capo, l’omino seduto con il sudoku.
La ringrazio, e mi fiondo verso i tre personaggi. Prima mi tocca ripassare della signorina del tornello. Le spiego di essere quello di prima. Ricorda? Le indico il biglietto, Laura, i bagagli.
Mi sorride. Non ha capito ma mi fa entrare comunque.
E ora mi trovo faccia a faccia col signor sudoku. Come prima. Ma ora sono in possesso di un lasciapassare che non so leggere. Ma lui sì! Almeno spero.
L’omino sposta gli occhi dal sudoku al foglietto. Mi guarda. E controvoglia compone un numero di telefono. Parla. Non capisco. Scrive. Non capisco. Riattacca. Mi guarda e mi rende il foglietto al quale ha aggiunto alcuni appunti di proprio pugno.
Per me incomprensibili. Mi auguro non così per la ragazza dell’ufficio informazioni.
Laura continua a guardarmi perplessa mentre riparto verso nuove avventure.
La signorina del tornello questa volta mi sorride e mi lascia passare senza spiegazioni. Forse ha capito e inizia ad appassionarsi alla vicenda.
Riapro la porta a vetri e consegno il foglietto alla ragazza. Mi dice che il telefono è stato trovato, è alla stazione di Kyoto, all’ufficio oggetti smarriti al secondo piano sulla sinistra.
La ringrazio infinitamente. Guardo l’orologio. Marco e Luca saranno a Kyoto a momenti.
Mando un SMS sull’unico telefono della coppia riportando le indicazioni fornitemi dall’omino e dalla ragazza. Saluto la signorina dei tornelli e ringrazio il trio dell’ufficio di sicurezza. Personaggi da cartoni animati, penso.
Recupero Laura, che avevo poco cavallerescamente abbandonato assieme ai bagagli e ci dirigiamo verso la metropolitana. Adesso Hotel, doccia e una buona cena a base di sushi e sashimi.
L’ultima nel paese del Sol Levante.
I nostri amici riescono a prendere l’ultimo treno utile.
Ci raggiungono in hotel a tarda sera. Stanchi, affamati… e, naturalmente, senza telefono.
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