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Nocturnalia revisited

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Messaggio Da digitoergosum Lun Ago 16, 2021 10:22 pm

 
NOCTURNALIA
 
 
Le Ossa sono il sacro lascito che dimostra che, prima dell’uomo, il Lupus Mimesis aveva sviluppato competenze superiori: organizzazione sociale, comunicazione complessa, spiritualità. Imparò a imitare tutte le specie che intendeva avvicinare per guadagnarne la fiducia e sfamarsene, compresa una particolare scimmia. Scelse infine di perfezionare la capacità di mimesi per nascondersi dalla stessa scimmia che diventava intelligente e superpredatrice. La stessa straordinaria arena in cui cacciavano le due specie consentiva al Sapiens una sorprendente varietà di mosse, e sebbene il Mimesis fosse più evoluto, e con la singolare capacità di mutazione, il sapiens avrebbe fatto del rivale ciò che ha fatto ai Neanderthal, ai Soloensis e ai Denisova.

Kovacs Adam (Feroce Sacerdote pro tempore) – Ermeneutica delle ossa. 1928
 
Sei qui, lo sento. Sei nascosta da giorni in questa enorme villa dove mi hanno confinato. E mi osservi. E mi ascolti. Mi ascolti e non rispondi. Ti provoco e…niente. Mi studi. Stai aspettando il Nocturnalia.

-         Iva, vieni fuori...sono sette anni che ti aspetto. Mi sono anche agghindato, con classe. Non nasconderti: giochiamo alla guerra. Iva!

C’è che quando mi monta la rabbia ti cerco. Con la sicumera che mi è possibile ti chiamo e sono parole a vuoto. Come siamo diversi Iva. I pochi e rozzi umani che mi conoscono, e ai quali non posso mostrarmi nelle vesti di Feroce Sacerdote, mi definiscono dandy. È una descrizione che mi racconta, che mi lusinga, che a te non appartiene. La figura ottocentesca alla Wilde spetta a chi ama cogliere la nota stonata nell’atteggiamento bohémien, nel polsino consumato coi gemelli in oro, nel bottone saltato alla camicia di raso o in una cultura e filosofia non sorretta dalla conoscenza. E tu sei tutta una nota stonata, sorella e sposa. Hai scelto di essere una selvaggia.

Quelle persone, che pensano di conoscermi, si spingerebbero oltre se mi vedessero col monocolo a bulinare ossa o nell’intimità della metamorfosi. La mia classe nei movimenti felpati le spaventerebbe, userebbero altri modelli per definirmi, certamente non dandy. È nella fase della trasformazione, quando ancora sono nelle sembianze antropiche e già si forma il lupo, che mi piaccio, che raggiungo la bellezza allo stato dell’arte.

Come ora, nudo con un lungo foulard rosa che scende fino al pube e parzialmente copre la peluria folta che arriva fino all’ombelico e mi marchia come diverso e perfetto. So che mi stai osservando, e allora chiudo gli occhi e mi tocco a darmi piacere fino a che sono in tempo, perché tra poco con le zampe sarà impossibile, perché tra poco sarà guerra. Mi tocco e ti sogno, ti sogno e ti desidero, ti desidero e mi amo, mi amo e nell’apoteosi ti dedico il seme e l’entusiasmo animale mentre il capolavoro del mio corpo straordinario muta. Già vedo accorciarsi la fronte e pronunciarsi a muso l’ossatura della mandibola e del naso. Sono bello, bellissimo, c’è luce e febbre nei miei occhi.

-         Iva: Vieni fuori! Ti svelerò il segreto delle ossa, l’hai sempre desiderato.

Ho studiato a fondo le ossa oracolari, sorella e sposa, e nessuna vaticina una situazione come questa. Sto per affrontarti da pari, qui nella mia arena. Certo, dovevamo essere facce da copertina, con il nostro destino già scritto nelle consuetudini. E invece siamo speciali, come non avremmo dovuto essere, tu per essere assassina e io perché non posso morire. Ed eccoci al dunque. Le esche sono pronte, non sanno di esserlo e pensano di poterti sfidare. Le ho disposte in ogni stanza che accede alla sala da ballo.

Quante cose che non conosci. Ti chiedevi il perché ti fossero vietati alcuni insegnamenti di storia e religione, il motivo per cui le femmine ricevono un’istruzione parziale. Sei sempre stata una contestatrice, una testa calda. Ricordo bene quando Padre m’istruiva per diventare la guida spirituale della nostra specie, per prendere il suo posto. Mi portava nel laboratorio e mi faceva esercitare su ossa di canis lupus, e quando consumavo lame di selce per incidervi la nostra storia, erano morsi feroci quelli che subivo quando sbagliavo. Cosa ne sai tu?

«Padre, perché non usiamo la penna e la car…» e mi morsicava per insegnarmi a non bestemmiare.

«Lupo, avrai la responsabilità di preservare e tramandare la nostra storia. Si fa così da 100.000 anni e non sarai tu a cambiare ciò che è stabilito per legge»

-         Sorella! ti sto aspettando: Che motivo c’è di attendere la mezzanotte per giocare?

Tu non le hai mai viste, sei una femmina, impura. Ti sei sempre chiesta cosa riportassero le lunghe ossa oracolari. In quelle è trascritta la storia privata e sconosciuta dei licantropi, anche se ciò che è raccontato va interpretato, come i tarocchi per gli incivili. Se tu fossi in grado di tenere tra le zampe un libro ti mostrerei lo studio che ho scritto l’anno scorso su quei fossili.

“Sarà fortunato il bambino-lupo che nascerà nel Nocturnalia?”, così è inciso nell’antica lingua sopra una di queste arcaiche ossa.
Quando nascemmo, deludemmo il migliaio di sopravvissuti della nostra specie. Ogni sette anni si riunivano tutti sotto la rupe magiara per celebrare il Nocturnalia, per accogliere i nuovi membri della comunità. Noi, adorata sorella, ostile sposa e implacabile nemica, non fummo bambini-lupo fortunati. Ne converrai, quel parto fu una sventura.

-         Sei una portatrice di disgrazia, sposa mia. Però hai delle zampe stupende.

Niente da fare: non rispondi. La buona sorte quella notte scelse altre rupi, lontane dalla patria, dai nascosti e privati luoghi di caccia nella foresta di Nagykovacsi. Ti è stato nascosto che siamo venuti alla luce otto ore dopo, quando già albeggiava, quando la luna piena era un sbiadito ricordo. Un segno infausto. E siamo nati gemelli, come mai era accaduto prima. Ma poi cos’è la fortuna, se non un mito? Ciò che accadde è dovuto alla superstizione della linea di sangue, alla paura di morire e di estinguerci, angoscia che non dovremmo provare, ma suscitare.  

Padre decise che saremmo stati amanti, oltre che fratelli, per sempre uniti nel “sacro” vincolo del matrimonio. Da subito ti diede il suffisso ungherese di appartenenza, quella costola fonetica scopiazzata dalla Genesi che sottomette la femmina. Io Kovacs Adam e tu Kovacs Adam-né Iva, la sposa di Adam, già dal nome soggiogata. Ma crescendo presi coscienza di te e compresi quanto la sorte mi favorì benevola: tu eri la più bella lupa mai vista prima dalla nostra specie.

E ora sono qui, nella Phillip Island, dall’altra parte del mondo. Sono l’unico abitante, la nostra razza ha dato fondo a tutti i propri averi per farmi “sparire”, per proteggermi da te. Mi hanno confinato in questa splendida ed enorme villa costruita apposta per la loro guida spirituale. Ma che se ne faranno, poi, di un sacerdote così lontano da ciò che accade nella nostra comunità, impossibilitato a officiare sotto la rupe?

I contatti con gli umani sono ridotti al minimo, e quei pochi mi vedono di sfuggita una volta al mese, quando da Norfolk arrivano per mare i viveri e ciò che mi occorre. A volte i nostri simili mi fanno avere anche il superfluo per farmi sopportare la dorata prigionia. Come la settimana scorsa, quando è sbarcata un’auto meravigliosa, esempio di tecnologia italiana.

«Beato te, nostra guida e Feroce Sacerdote. Si dice che raggiunga i 120 chilometri orari!» mi ha detto Abel quando l’ha sbarcata.

-         Ti odio quando non mi parli.

No, non ti odio. E’ qualcos’altro.
Hanno organizzato un viaggio per portarmela che sarà costato quanto quel gioiello. Una Isotta Fraschini, in un’isola dove l’unico tratto percorribile su ruote misura 180 metri dal porticciolo all’ingresso della villa. Se solo avessero ricordato di portarmi il carburante… Ma è splendida e l’ho fatta mettere al centro della sala da ballo, illuminata da candelabri che scendono dal soffitto. E poi ho tutto ciò che mi occorre. Bulini in selce e le ossa dei nuovi morti, tele e pennelli per dipingere, le salsicce da annaffiare col Tokaji, abiti freschi di seta per affrontare il fastidioso caldo di queste latitudini straniere. E molto altro, col patto di restare nascosto per il resto della mia vita. O quasi.  

Sei mesi prima del Nocturnalia, ogni sette anni, arrivava la delegazione a prendermi per portarmi da te, per concepire. Ora lo sai anche tu che il viaggio in mare dura due mesi, e in quei momenti non pensavo ad altro che alle tue zampe nervose e scure, lucide come il tuo sesso che propaga feromoni che sanno di bosco. E poi finalmente t’incontravo, e già da lontano il tuo odore mi procurava una perdurante erezione.

Ti possedevo, secondo le usanze della specie, innamorato e rancoroso; lupo e schiavo, per natura e indole, della mia idea fissa e assillante. Facevamo l’amore, o almeno, io lo facevo. Con il collare di ferro, le splendide zampe legate, il morso al muso, ti prendevo come volevo per tre giorni continui. E poi mi riportavano qui sull’isola, perché tu non individuassi il mio rifugio e io potessi rimanere al riparo dalla tua vendetta. Mi dicono che i licantropi nati da noi siano forti e in salute. Non li ho mai conosciuti e mi risulta che, al momento del parto, li abbiano nascosti alla tua vista per timore che li uccidessi, nell’impeto del tuo odio.

-         Come stanno i nostri figli? Mi si dice che sei una madre amorevole.

Eppure, quando ancora nulla si era compiuto tra noi, ti opponesti al rito nuziale: come hai potuto?  Ricordo ancora le tue empie parole.

 «Non mi congiungerò mai con Adam, Padre. Mi sono innamorata di Farkas. Non m’importa delle tradizioni»

Mancavano pochi mesi ai sette anni, maturi per sposarci e, per la prima volta, procreare in tempo per il Nocturnalia: non dovevi, maledizione! Non potevi. Non eravamo più bambini-lupo già da quattro anni, il mio membro fremeva, e attendevo da troppo tempo di possederti. Tormentato da una ossessione, eri mia per legge e volere famigliare. Mia perché ti amavo e mi umiliavi. 

Nei giorni successivi Farkas sparì, lo mandammo in Africa e a te dicemmo che si era trasferito in America.

-         Sai, il tuo Farkas l’ho ucciso e col suo sangue ci ho fatto un dolce. Il migliore che abbia mai preparato.

Sorrido mentre ti mento. L’avrei ucciso volentieri, ma eravamo troppo pochi per permetterci di rinunciare a seme fertile dei nostri simili. Tu provasti a fuggire per raggiungerlo. Ti catturarono, ti incatenarono ai fermi della cella del castello, e al momento giusto, dopo una grottesca cerimonia nuziale, l’anello al collo anziché sull’anulare, davanti a Padre ti godetti in quanto mia proprietà. Poi ti liberarono.

Da quel giorno decidesti di restare per sempre lupa. Dell’umano, mantenesti solamente la parola.

Sapevi che non avrei resistito altri sette anni per averti, eri soltanto mia e l’odore del tuo sesso inquinava i miei sogni. Anch’io passavo più tempo di prima come lupo, e ti cercavo contro le regole, già futuro sacerdote al posto di Padre, già inosservante del nostro culto, della regola dei sette anni, ma riuscivi a farmi desistere. Mi vedevi voglioso, tormentato, febbrile di passione; con quella tua voce di cristallo, con quello sguardo inespressivo da animale, e gli occhi scintillanti d’odio, mi ripetevi “Quando vuoi”.

Quelle due paroline continuano ad assillarmi, le ho anche incise in un osso che tengo in camera da letto, dentro una bacheca, sopra un cuscino di seta rossa. “Quando vuoi”. Sapevo che era un’infida minaccia. Eppure un giorno usasti le stesse ambigue parole per attrarmi, ti avvicinasti lupa in calore, mi mostrasti le modellate terga e sentii forte quell’odore irresistibile di spezie, funghi e foglie macere. Guardasti verso la cella dove ci siamo “sposati”, ammiccasti irresistibile e mi dicesti:

«Quando vuoi»

Mi occorrevano tre ore per trasformarmi lupo e attesi con una frenesia che non conoscevo ancora. Ma poi, lo sai bene infida belva, in quella segreta dove mi avevi invitato, venne rinvenuto il corpo senza vita di Padre, azzannato a morte, e poi ancora dilaniato quando già era andato. Non avrai certamente pensato che la nostra razza, e che io, potessimo perdonarti, vero? Non tanto per la morte in sé, per il parricidio, quanto per il “lupicidio” in una comunità sull’orlo dell’estinzione. L’avevi ucciso e sbranato nella sua forma umana, impedendo i suoi funerali in terra consacrata e il vaticinio sulle sue ossa. Lui, il nostro capo spirituale, il Feroce Sacerdote, così umiliato da te.

-         Non me ne importa nulla di Padre. Ma tu puntavi a me, lo so. Illusa.

Padre mi ha morso troppe volte per poterlo ricordare con affetto.

L’anno scorso mi è arrivato un dispaccio, come in guerra. Eri riuscita a fuggire. Mi raccomandavano assoluta riservatezza, il minor contatto possibile con chiunque, mi ricordavano l’importanza della missione. Non doveva morire nessuno della nostra specie. Mi dissero che al prossimo Nocturnalia non avrei partecipato, convinti che tu avresti approfittato dell’evento per uccidermi. E invece sto partecipando, anche se non sotto la rupe magiara. Adam e Iva, stasera, dopo sette lunghissimi anni, così lontani dal luogo e dallo spirito della celebrazione. E sarà guerra, eccitante come fare l’amore.  

Guardo il foulard rosa a terra, ormai inutile, la trasformazione è completata. Sono pronto. Non so come hai fatto ad evadere. Ne sono certo, ti sei imbarcata clandestina sulla nave che trasportava la Isotta Fraschini. Quando tre giorni fa ho trovato Macchia sbranato e straziato ho subito riconosciuto il tuo stile. Mi sono infiammato, ho provato quel gran meraviglioso brivido che mescola passione e pericolo. Finalmente qui, con me, per sempre, qualsiasi cosa accada.

-         Dove ti sei nascosta in questi giorni? Parlami!

Quest’isola è piccola, ho provato a cacciarti, ho annusato, ma sei abile a nasconderti, risoluta a rivelarti al Nocturnalia, alla mezzanotte. Mancano cinque minuti e ho spalancato tutte le porte e le finestre, ho ridotto l’illuminazione a sparute candele e ho ripreso le sembianze della nascita. Non ti deluderò, ho organizzato un piccolo comitato di benvenuto. Ho assoldato da Norfolk dieci uomini, discendenti degli ammutinati del Bounty, che ti stanno aspettando armati fino ai denti.

Li ucciderai tutti, non m’importa di loro. Infine mi raggiungerai. Già sento gli spari e l’odore di cordite, le urla delle esche umane che inutilmente ti affrontano. Ti stai avvicinando, lo sento. Mi acquatto dietro la Isotta Fraschini, piscio su una ruota perché voglio che tu senta forte il mio odore. Sono pronto a scattare veloce e micidiale. Spero di riuscire a ferirti, per catturarti, per costringerti a me. E finalmente possederti in ogni momento. Forse moriremo entrambi.

Ora c’è silenzio. Mi arriva l’odore di bosco prima della tua voce di cristallo.
«Ciao Kovacs Iva-né Adam. Ma quanto parli. Giochiamo qui o in camera da letto? Cominciamo?».
Colgo il tuo insolente significato rivolto a Me, alla tua Guida Spirituale, a tuo Fratello, a tuo Marito, e prima di flettere i muscoli, con ferocia, con quelle parole che volevo dirti da tempo, ti accolgo:

-         Quando vuoi.
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Messaggio Da Ospite Lun Ago 16, 2021 11:21 pm

Piaciuto molto. Un racconto davvero affascinante, scritto con perizia e conoscenza. Complimenti.
Ho notato solo un refuso:
"un sbiadito ricordo" invece di "uno sbiadito ricordo"

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Messaggio Da digitoergosum Mar Ago 17, 2021 7:05 am

Grazie Francesca. Questo racconto è nato in occasione del contest appena terminato ed è cresciuto grazie al contributo degli altri autori che l'hanno commentato. Ti invito a leggere la prima versione che trovi nel quarto step, per accorgerti come poi, grazie ai consigli e alle critiche costruttive giuntemi, abbia potuto far evolvere questo racconto. Grazie di essere passata a trovarmi.
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Messaggio Da Petunia Mar Ago 17, 2021 7:56 am

Ciao  @digitoergosum l’ho riletto con piacere. Non è un racconto “sulle mie corde” ma è senza dubbio un racconto, nel suo genere, scritto ottimamente e pieno di fascino. 
La rivisitazione mi piace e mi dà la sensazione che sia il capitolo di qualcosa di più grande, magari un intero romanzo. Bravo!
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Messaggio Da digitoergosum Mar Ago 17, 2021 8:05 am

Ciao Petunia. Grazie di averlo riletto, così come l'ho modificato. Ti dirò che la tentazione di farne un romanzo mi è balenata. Mi accade con alcuni miei racconti. In effetti, ci sono un questo molti spunti che meritano di essere approfonditi, sia da un punto di vista "fantasy storico", sia da un punto di vista psicologico. Bello trovarti qui con me. Ciao.
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Messaggio Da Petunia Mar Ago 17, 2021 8:35 am

Certo  @digitoergosum che non potresti farne un romanzo col soliloquio del lupo mannaro, ma potresti ad esempio, intanto scrivere un capitolo col punto di vista di lei, la lupa. Mi piacerebbe leggerlo.
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Messaggio Da Susanna Mar Ago 17, 2021 9:43 am

Anche se, come avevo commentato sul tuo racconto, licantropi e c. non sono nelle mie corde, pur essendoci filoni interessanti e ormai diventati dei classici, ho riletto il racconto e già mi piace di più, un po' più godibile. Alla prossima

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Messaggio Da ImaGiraffe Mar Ago 17, 2021 9:48 am

Io invece apprezzo di più l'altra versione è più viscerale, più carnale. Qui mi sembra tutto frenato. Io credo che tu debba dare respiro al tuo racconto non puoi rimanere recluso in così poche battute. Si percepisce la voglia e la necessità di approfondire le cose. Hai creato un mondo che bisogna esplorare con cura mantenendo quel tono viscerale. Sono d'accordo con Pet devi scriverne un libro in cui tutto avrebbe il suo posto. 
grazie.
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Messaggio Da Ospite Mar Ago 17, 2021 1:23 pm

digitoergosum ha scritto:Grazie Francesca. Questo racconto è nato in occasione del contest appena terminato ed è cresciuto grazie al contributo degli altri autori che l'hanno commentato. Ti invito a leggere la prima versione che trovi nel quarto step, per accorgerti come poi, grazie ai consigli e alle critiche costruttive giuntemi, abbia potuto far evolvere questo racconto. Grazie di essere passata a trovarmi.
Ok, poi leggerò la prima versione.

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