Nel palazzo c'è trambusto.
La signora Ada, moglie del portiere, come al solito verso le 7 è passata a dare una spolveratina alla stanza n. 8 del terzo piano: solo a quella. Alle altre ci pensa una ditta specializzata.
Quando aprì la porta rimase senza parole, cosa assolutamente non da lei, che le parole pure le inventa visto il suo smoderato fabbisogno quotidiano.
Senza parole sì, ma non senza voce: le urla si sentirono in tutto il palazzo, cinque piani di eco, che neanche i vecchi muri sono stati in grado di arginare.
Quando il marito la raggiunse fu preso da un breve attacco di risa carognesche: vederla gesticolare, scarmigliata ma soprattutto muta – le urla ormai erano diventate dei rochi tentativi – gli regalò una decina di secondi di estasi.
Il tutto si smorzò nel momento in cui mise la testa nella stanza n. 8.
Berto prese in mano la situazione, per la prima volta in vita sua, visto che di solito ci pensava Ada: chiuse a chiave la stanza, allontanò i curiosi, accompagnò la moglie a casa e poi si mise ad aspettare il Dottor Bui, indeciso sul come dargli la notizia.
La stanza n. 8 era stata ignorata per tanti anni.
Ignorata non era proprio la parola giusta: tutti sapevano che c'era ma era come non esistesse. Una sorta di limbo burocratico.
Anche quando, cinque anni prima, i tre piani occupati dagli Uffici Enti Minori erano stati ristrutturati, la stanza n. 8 non era stata inserita nel piano lavori.
A pensarci bene, nessun evento aveva mai coinvolto quella stanza.
Dal 1980 è occupata dal rag. Fulgenzio Onori.
Essendo all'epoca l'ultimo arrivato e non avendo raccomandazioni di sorta, al nostro ragioniere venne affidato un incarico che tutti schivavano: le pratiche relative alle pensioni passate, presenti e future di una decina di micro enti che pochi avevano sentito nominare, sigle misteriose di cui si era persa la memoria.
La classica rogna.
Il ragioniere ringraziò, sistemò cancelleria e moduli sulla propria scrivania, si fece consegnare dall'archivio tutte le sue pratiche, con infinita pazienza recuperò le disperse, le catalogò su un enorme registro nero, le divise nei vari armadi.
Poi cominciò ad aspettare: abito rigorosamente nero, camicia bianca, addirittura delle mezze maniche nere.
Dal 1980 Fulgenzio aveva rapporti solo con persone spesso petulanti e noiose, insistenti ma soprattutto fermamente determinate nel voler chiudere nei giusti modi le loro pratiche. Ci volesse anche una vita o quel poco di vita loro rimasto: era una questione di principio, anche se ormai si intravedeva solo la fine.
I futuri pensionati arrivavano, puntuali, ogni mercoledì: il rag. Fulgenzio li riceveva, consultava il registro e recuperava la pratica.
Nessuna pratica andava persa nel suo ufficio. Controllava i dati, senza fretta, e poi rimandava a casa il forse pensionato con lunghi elenchi di documenti da portare al prossimo appuntamento.
Gli “utenti” di Fulgenzio trottolavano spesso per settimane a caccia di documenti e dei relativi uffici cui chiederli. Molti si perdevano nei meandri di vecchi palazzi e non tornavano più.
Passati i termini di legge, Fulgenzio portava la pratica nel vecchio archivio.
Nel frattempo gli uffici subirono svariati cambiamenti: ne fu variata la denominazione, il mobilio venne rinnovato, il vecchio linoleum sostituito e ci fu anche un ricambio generazionale.
Il sistema di modernizzò, l'informatica fece qualche danno:
- E cosa vuole caro signore! Avessimo degli archivi informatizzati, le pratiche non si perderebbero! Nel privato hanno i computer, ma noi…
- E cosa vuole caro signore! Han messo su i computer e i dati si son persi! Ah quando c'erano le vecchie cartelle, non si perdeva nulla!
Gli uffici divennero spaziosi:
- Eravamo in 4 per stanza, per aprire un armadio ci dovevamo spostare in due.
- E adesso?
- Beh, ogni due stanze ne han fatta una: open space.
- Si sta meglio?
- Uguale.
- E la stanza n. 8?
Silenzio, neanche fosse un tabù.
Da ultimo furono introdotti i badge a lettura ottica. Con lettorini miopi, visto che funzionavano mezza volta su due. Ma il vecchio timbracartellini rimase, per un unico cartellino: quello di Fulgenzio.
Quando sostituirono l'ufficio personale con l'Ufficio Risorse umane il problema si risolse da solo. Cioè rimase un problema.
La stanza n. 8 mantenne quindi i mobili vecchi e le vecchie pratiche che nessuno aggiornava mai: non essendo state informaticamente registrate non esistevano. Non esistendo… gli stipendi continuarono a essere pagati, la gente ops… gli utenti dei micro enti venivano dirottati a Fulgenzio.
Fulgenzio inoltrava ad uffici che non esistevano più le notifiche su moduli sempre più antichi, i moduli venivano archiviati tra le “varie ed eventuali”.
Il nostro ragioniere veniva comunque regolarmente pagato, niente scatti né promozioni, un numero tra i tanti, nessun invito alle festicciole di Natale e nessuno piano ferie da validare.
Si scordarono anche di avvisarlo che “i requisiti per accedere alla pensione erano stati soddisfatti” e quindi continuò a presentarsi al lavoro.
I colleghi, nuova generazione, non sapendo che era un collega, lo scambiavano per un visitatore, uno di quelli codigni che rompono le scatole un giorno sì e l'altro pure.
Il giorno prima aveva chiuso l'ultima pratica.
La sua.
La stanza n. 8 è vuota: non solo materialmente. Oltre la porta la sensazione del niente, lasciata da una persona che è stata un niente per anni e anni, colpisce come una coltellata.
La stanza n. 8 è collassata, si è sgretolata, è piena di crepe e di ragnatele improvvise, di polvere vecchia di anni tornata in un sol colpo dal passato, dove regna sovrano l'odore del tempo racchiuso in un piccolissimo universo.
È buia e silenziosa, un silenzio spaventoso dove ogni suono ha la sua eco profonda e lunghissima.
Fulgenzio se n'è andato, portandosi via quel poco di vita che era rimasto nella stanza n. 8.
Nessuno è riuscito a trovarlo, forse perché nessuno lo ha cercato veramente.
Nessuno vuole avere a che fare col niente.commento al racconto
https://www.differentales.org/t476-silver-furetto-contro-super-topazzo#5419
Ultima modifica di Susanna il 2021-05-23, 09:11 - modificato 2 volte.