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Sedizione
C’è una sottile linea di confine tra affronto e sedizione presso i Corvus corona, le cornacchie grigie: Raavi sapeva di averla varcata in pieno, e con tutte e due le zampe. Per questo Gordo, il capo-ala, lo aveva massacrato di beccate, cavato un occhio e lasciato a terra, sull’asfalto, con le ali aperte e le zampe piegate, rivolte verso il cielo gonfio di pioggia.
Raavi avrebbe giurato che fosse la fine della sua personale esistenza, invece era soltanto l’inizio di un’impossibile ascensione.
Di tutto lo stormo solo Veluna, quando il disagio di vederlo stecchito in strada s’era fatto insopportabile, era venuta a chiedergli come stesse; verso le femmine c’era più tolleranza in fatto d’empatia coi sediziosi.
“Esisto,” rispose lui con un gracchio a fil di voce.
Veluna gli saltellò intorno per breve, tormentata tra lealtà allo stormo e lealtà a lui: un’altra maledetta linea di confine. “Sei idiotico e imprudente,” gli gorgheggiò accanto a un timpano, ma si fermò prima di menzionare l’essere che lui, ormai da giorni, sosteneva di vedere.
“Io l’ho visto,” mormorò Raavi, leggendone i moti emotivi, sempre immobile e rovesciato sul dorso.
“Tu non l’hai visto, sciocco!”
“Invece sì, come ora vedo te, il Bosco e il cielo.” Sentì le piume intirizzire al pensiero che l’occhio sinistro non si sarebbe più aperto. “Beh, metà del cielo.”
“È questa roba che mangiamo, è sempre più rancida. Sempre più tossica! Ti fa vedere cose che non esistono!”
Raavi fissava la pioggia battergli sul petto e le ali dispiegate, con sopra le sagome incombenti dei grandi palazzi, spenti o illuminati, che coprivano la terra fino alla fine del mondo: il Bosco, nella lingua dei Corvus corona.
Un bosco nel quale erano nati e cresciuti, da generazioni, fatto di cemento, torrioni, luci fastidiose e interminabili silenzi, con alberi immensi, squadrati, che non crescevano né cadevano mai, non ingiallivano neppure, privi di foglie o rami, eccetto che per le maestose antenne sulle sommità.
Tutto d’un grigiore abbacinante.
“Era come noi, proprio come noi,” riprese a scandire con piccoli gesti del becco e l’occhio buono dilatato, “ma di un colore impossibile.”
“Smettila.”
“Il colore che vedi nelle pozzanghere quando sono intrise di quella cosa densa che le rende amare.”
“Smettila.”
“Mi ha mostrato un luogo. Un posto come non ne ho mai visti: era verde e immenso, più del Bosco, con alberi che non avevo mai visto, non erano neppure fatti di pietra.” Raavi voltò appena il capo, per guardare lei, arruffata e costernata. “So che mi credi. Solo, devi vederlo anche tu.”
“Non vedrò nulla perché non c’è niente da vedere. Adesso alzati e torna al tuo posto.”
Il resto dello stormo li guardava in silenzio dall’alto dei fili e dei cornicioni, tra il ticchettio dell’acqua, confusi con le ombre serali.
“Alzati e torna al tuo posto!”
Quella cosa che nella testa di Raavi aveva messo radici era più di semplice sedizione, anche se non poteva saperlo. Era il seme del dubbio che stava mettendo radici, e che fossero radici o pioggia quel che gli scavava nel petto, sentì che era tempo di cambiare lo stato delle cose. Di tornare a guardare il mondo da un’angolazione consona.
Si mise sul fianco e si rialzò, sbattendo le ali spiumate e infradiciate prima di ripiegarle sul dorso. Barcollava per le ferite e lo scolo di sangue dall’occhio sinistro gli dava un aspetto da morituro. L’idea di tornare al suo trespolo, riprendere le routine di volo e ricerca, le lunghe attese ai canali di deflusso, i magri pasti a base di scorie, gli diede un brivido come non ricordava di averne provati mai.
Sentiva lo sguardo pungente di Gordo, il capo-ala, fisso su di sé, ovunque si trovasse tra le figure scure e umide dello stormo appollaiato intorno, e sentì l’impulso di volare via. Si trattenne dal farlo solo per lei, per lo sguardo amaro di Veluna e quella specie di legame, perennemente acerbo, che li faceva vibrare su frequenze vicine ma mai sovrapponibili.
Raavi spiegò le ali ferite e svolazzò in alto, sopra uno dei lampioni al neon, al suo posto di stallo, rigido e infreddolito come il resto di loro.
“Tu,” gracchiò Gordo sovrastando la pioggia, “non avvelenerai più la nostra gente con visioni e deliri. O non mi fermerò, la prossima volta.”
Raavi chinò il collo in sottomissione, le piume arruffate in un fremito d’orgoglio.
Dentro di sé cullava, forte, il pensiero di poter ancora dimostrare che non aveva sognato.
Volava ormai da parecchio, seguendo il tracciato che gli era stato assegnato, tra il meridiano quinto e la selva infinita dei Piccoli Loculi. Aveva già fatto tre deviazioni dal percorso, perché era stato solo deviando che lo aveva visto la prima volta, uscendo dallo schema imposto e prendendo una via a caso, che fosse una sua scelta e non quella di una routine di ricerca.
Volare con un occhio solo era più difficile, le prospettive sembravano tutte stravolte, così la profondità e il senso d’insieme. Deviò ancora, passando per il Lungo Collo, il vallone tra due palazzi immensi, lasciandosi librare verso il basso dalla corrente che lì si formava di primo mattino. La pioggia restava battente ma s’era fatta più fine.
Si specchiò al passaggio nelle innumerevoli lastre vetrate buie, il riflesso delle insegne intermittenti al led, del rosa, del giallo, del verde fluo, sulle piume rese lucide dall’acqua. Le strade e i vicoli, sotto di lui, popolate solo da maestose carcasse di metallo immangiabile, di tozzi contenitori rovesciati, di crepe nell’asfalto. C’erano sempre le grandi immagini degli antichi abitatori scomparsi, i Senz’Ali, i loro volti implumi disegnati, senza spessore, sul lato dei palazzi o più in basso, sulle paline ancora accese, su certe superfici traslucide e cangianti, che di tanto in tanto mutavano aspetto e proponevano un volto nuovo, un vocalismo nuovo, un colore differente.
Era come se recitassero dei messaggi cifrati in una lingua insondabile, e s’immaginava che fosse il loro modo di restare al mondo anche dopo essere andati via. Di popolare il Bosco con quello che avevano amato in vita, di lasciare una traccia che restasse per sempre.
Per Raavi, capire le parole degli antichi Senz’Ali era un sogno proibito, un’apoteosi di meraviglia. Aveva imparato a replicare alcuni suoni, lontano dalle orecchie dello stormo. Sapeva scandire I’m loving it, qualunque cosa significasse, come lo ripeteva a nastro un vecchio emettitore sulla rotonda del Fischio, oppure J’adore - Dior, che una voce profonda rigurgitava dai tunnel dell’Underground, a sud.
Aveva sempre desiderato vederne uno, un Senz’Ali, uno vero e non animato su uno schermo, ammesso che uno esistesse ancora, da qualche parte.
Sussultò.
Si accorse in ritardo, e non era da lui, che qualcun altro volava su una traiettoria parallela alla sua, sul lato dell’occhio mancante.
“Stai deviando dalla rotta,” gracchiò Veluna accostandosi in virata, seguendolo in una diversa strada, “continui a farlo nonostante le promesse!”
“Anche tu lo stai facendo, se mi segui.”
“Stolto, ti accuseranno ancora di sedizione!”
“Vuoi vedere una cosa?”
“No che non voglio!”
Raavi virò ancora, planando in alto e sfruttando la corrente ascensionale calda di vetuste ventole in perenne moto; s’infilò in un vicolo senza nome e da questo sulla Grande Arteria. Veluna gli stava dietro nonostante la miscela di rabbia e paura che la animava. Volò alto verso uno dei palazzi più imponenti, ancora illuminato da un lieve lucore azzurro, e prese quota fino a un ampio terrazzo piatto, in cemento, a lato dell’edificio principale. Attese che lei gli si posasse accanto per accennare col capo verso la parete verticale, buia, che si elevava ancora più in alto.
“Non vedo nulla.”
“Lo so. Attendi.” Raavi zampettò sul terrazzo, si accostò a un basso muretto e la cassetta d’acciaio aperta che vi pendeva. Aveva imparato per tentativi: bottone verde, accensione.
La parete prese vita e colore, illuminata da due piccoli fari che, dal pavimento, irradiavano di luce candida tutto il grande muro e ciò che vi era tracciato in un elaborato disegno.
“Il Bosco,” scandì Raavi guardando il prato e gli enormi fusti di legno dalle grandi chiome di foglie che lì campeggiavano, verniciati in mille tonalità di verde che la pioggia e il grigiore sminuivano solo in parte; e poi i segni dei predecessori, tracciati in vernice limpida, che non sapeva leggere anche se lo desiderava con forza, S, A, V, E, poi THE WOODS. “Beh, un altro Bosco. Il Vero Bosco.”
“Non è un bosco quello,” mormorò lei senza smettere di voltare a scatti la testa per cogliere ogni dettaglio.
“Lo è. Guarda dentro di te, ascolta l’istinto, la memoria che sta in ognuno di noi: tu sai che questa cosa è reale, anche se non l’hai mai vista.”
Veluna inclinava il capo da un lato e dall’altro, guardando con cura. “È solamente un’immagine. Piatta sul muro.”
“Certo. Ma lui me ne ha mostrata una più vivida, più grande ancora, l’ha generata coi suoi occhi e mi ci ha fatto esistere all’interno, solo per un attimo.”
“Non è possibile tutto questo.”
“Chiamami anche tu sedizioso, se credi, ma è ciò che ho visto. Ciò che ho provato.”
Lei scuoteva la testa e il becco con stress crescente. “Se anche lui esistesse, chi ti dice che non sia maligno?”
“Come può un maligno portare con sé qualcosa di così bello?”
“Sii ragionevole, una volta tanto: lo stormo ha bisogno di tutti, il cibo è sempre meno: lascia stare i miraggi e torniamo ai nostri doveri.”
“Le routine di volo? Per trovare cosa? Altre scorie putrefatte? Altri ratti infetti, morti in un canale? Questo è morire un giorno alla volta.”
“È questo che ci è toccato in sorte!”
“Per questo lui è apparso, allora: per cambiare questa sorte.”
“Ma cosa vuoi fare, che cosa progetti davvero?”
“Volare via, ‘Luna. Trovare il Bosco. Il Vero Bosco.”
Lei, stupita, non fece in tempo a replicare. Qualcuno volò sopra uno dei balconi senza vita, era uno dei corvidi più giovani. “Sedizione!” si mise a strillare poggiato sulla ringhiera e con le ali spiegate.
“Sta’ zitto!” lo ammonì Raavi, infuriato, ferito. “Vattene da qui!”
“Sedizione! Sedizione!”
Un altro arrivò dal nulla e si posò su un balcone diverso, ali aperte e stessa cantilena nel becco. Veluna saltellò e si strinse accanto a Raavi, inorridita, mentre uno a uno l’intero stormo planava dal cielo plumbeo e prendeva posto su ringhiere e cavi.
“SEDIZIONE!”
Non c’era via di fuga, con la parete del bosco disegnato alle spalle e le vie aeree tagliate. Gordo calò come un cupo vessillo portato dal vento, truce e reso massiccio dalle razioni migliori che requisiva per sé, le chiazze spiumate dove le contaminazioni comunque esigevano un tributo.
“Un sedizioso, DUE sediziosi!” gracchiò atterrando, fuori di sé, sul terrazzo innanzi a loro. “Ho fatto bene a farvi seguire.” Si rivolse al resto del branco, gonfiando le piume grigie e aprendo le ali a metà. “Li avete sentiti: vogliono volare via. Lasciare il gruppo, pensare solo a loro stessi!”
La rabbia che Raavi provava era più forte che mai. “Sbagli! Io voglio trovare un posto migliore di questo, per tutti! Per vivere come è giusto vivere! Non così! Non mangiando marciume e veleno!”
“Marciume e veleno sono quanto IO permetto ogni giorno di trovare in questo Bosco che non offre altro se non inedia e morte!”
Strepiti e grida, intorno, echeggiavano tra le mura e sotto la pioggia.
SEDIZIONE!
INEDIA!
MORTE!
“Questo non è il Bosco, non lo è mai stato! Esiste un Vero Bosco, e io lo troverò. Lasciami andare, tornerò e vi guiderò laggiù quando l’avrò trovato.”
“Il Bosco è questo,” Gordo aprì le ali ad abbracciare i palazzi fatiscenti, le insegne al led, le finestre buie, le antenne piegate dalla ruggine. La pioggia acida. “L’unica cosa che troverai è il castigo, entrambi voi, e sarà l’ultimo.”
“No!” Raavi si mise davanti alla compagna, un impeto che non aveva mai avuto prima. “Attaccherai me, se è ciò che vuoi, ma lascerai stare lei!”
“Ucciderò entrambi e almeno sarete utili a sfamare lo stormo, per oggi.”
Raavi sentì il sangue andargli alla testa e non ragionò più. Si scagliò su Gordo come non aveva mai osato fare, lo travolse con l’impeto e le zampe, artigliandogli il petto gonfio.
Incassò lo stupore del capo-ala prima e i fendenti del suo becco poi, mentre si azzuffavano sul cemento, rotolandosi ad ali aperte.
Il resto dello stormo prese il volo e calò su di loro, accerchiandoli, planando per colpire il traditore e ritraendosi, in un caos di grida e strepiti acuti.
SEDIZIONE!
Veluna non aveva mai sentito il cuore batterle così forte né aveva mai creduto di possedere il coraggio di andare contro la sua stessa gente: aprì le ali e si mise in mezzo, il becco spalancato, proteggendo come poteva le spalle di Raavi dai colpi che piovevano come grandine.
Gordo era troppo forte per lui, che mancava anche di un occhio. Lottò con tutto sé stesso ma non ci volle molto perché l’altro lo mettesse sotto, gli straziasse le piume con colpi sempre più forti. Veluna sanguinava e terminava le forze, schermagliando strenuamente per tenere a bada il resto degli opportunisti che si erano fatti sotto e che continuavano a strillare la loro nenia.
SEDIZIONE!
Non lo aveva abbandonato, neppure quando lui le aveva detto di andare via, di cercare scampo nella fuga. Un sedizioso, due sediziosi.
La pioggia batteva a ritmo la sua ultima canzone mentre Raavi si preparava a ricevere il colpo di grazia, ma questo non arrivò: ci fu invece come un suono sordo, un ronzio subitaneo, e qualcosa discese dal cielo di piombo come la saetta d’un acquazzone estivo. Arrivò su Gordo con l’impatto di un proiettile e lo inchiodò a terra, di peso, cingendogli in una morsa testa e dorso, una morsa d’artigli duri come il diamante.
Era lui.
L’intero stormo prese il volo schiamazzando dal terrore, mettendo distanza di sicurezza col nuovo venuto, ma il caos sonoro durò solo pochi istanti, poi scese il silenzio.
Veluna guardava attonita l’essere, scoprendolo come Raavi lo aveva descritto: era identico a loro, un Corvus corona, ma non aveva piume, bensì una pelle lucida e cangiante, del colore delle pozzanghere iridescenti.
Non disse nulla, non emise un suono, mentre teneva Gordo schiacciato sotto gli artigli e guardava loro due, sfatti, in sangue, stremati.
“Chi sei tu?” Raavi glielo chiese con un fischio e una tempesta nel cuore.
“Io,” scandì lui su una frequenza innaturale, “sono il Messaggero.” Parlava come se la sua voce fosse composta da molte, tutte cucite assieme. “Sono stato inviato per condurre un maschio e una femmina fertili dove è richiesto, e ho scelto voi.”
“Dove? Chi richiede una cosa del genere?”
In risposta, l’occhio sinistro della creatura ruotò in ambo i sensi con un ronzio sottile, s’illuminò d’azzurro spettrale: un fascio di luce bagnò l’intero terrazzo, dando vita alle forme nodose di fusti e chiome di foglie, tutto intorno a loro. Nel miracolo luminoso, il Bosco aveva ora dimensione e spessore. Potevano quasi sentirlo, percepirlo, afferrarne l’odore muschiato e fresco.
“Dov’è questo luogo?”
“Lontano. Io vi guiderò.”
“Ma di cosa è fatto? Come possono esistere alberi di questa foggia?!”
“Semi, germogli, terra. Erba, acqua, sole. La tomba che avete chiamato casa finora, per quanto immensa, non è infinita. Il Vero Bosco esiste, il Vero Bosco va popolato.”
Raavi, confuso, stordito, lasciò che Veluna l’aiutasse a rialzarsi con colpetti del capo; restarono accanto, fradici e attoniti. S’accorse che sul corpo del Messaggero c’erano rivetti e sezioni, come in tanti manufatti dei predecessori ormai in rovina tra le strade e i palazzi. Che recava un segno fatto di numeri dipinto sul fianco, come ne aveva visti un’infinità, di ogni forma e senso, su muri, insegne, fogli di carta.
“Ti hanno creato i Senz’Ali? Sono loro a mandarti?!”
“Sono un lascito per il mondo che verrà.”
“Esistono? Dove sono andati?!”
“Alcuni esistono. Li vedrai, un giorno.”
L’immagine del Bosco scomparve ma non dai loro occhi meravigliati.
“Ti seguiremo,” Veluna sentì crescere quell’impulso che veniva da un passato ancestrale, fatto dei loro avi e antenati, di alberi, erba, sole, e fu certa che tutto lo stormo stesse provando la stessa pulsione irresistibile.
Il Bosco non era cemento e putredine. Era una parola mal tramandata. Un errore concettuale e linguistico.
Il Bosco è il passato che riprende il suo posto e si fa presente, che copre poco a poco le rovine dei predecessori.
“Non ucciderlo,” Raavi guardò alla figura schiantata di Gordo in un moto di pietà, “lo stormo ha bisogno di una guida.”
“Sia.”
Il Messaggero liberò gli artigli in titanio e poi le ali in lega d’alluminio e fibra sintetica.
“All’alba, planate a sud da questo posto. Mi troverete lì.”
Spiccò il volo con la destrezza di un dio aviano e la velocità del vento di borea.
Raavi coprì con un’ala la compagna intirizzita di pioggia, e lei gli si strinse di più contro.
“Hai paura?”
Veluna fece segno di sì.
“Ne ho anche io.”
I loro minuscoli cuori battevano all’unisono, ora di una nota più forte, un ritmo ancestrale che avevano disimparato in generazioni di buio e fame.
Attesero il ritorno delle forze, poi si sollevarono in cielo, incuranti della pioggia, insieme.
Lo stormo, muto, guardava i sediziosi diventare eletti e capostipiti di una genia nuova.
Raavi avrebbe giurato che fosse la fine della sua personale esistenza, invece era soltanto l’inizio di un’impossibile ascensione.
Di tutto lo stormo solo Veluna, quando il disagio di vederlo stecchito in strada s’era fatto insopportabile, era venuta a chiedergli come stesse; verso le femmine c’era più tolleranza in fatto d’empatia coi sediziosi.
“Esisto,” rispose lui con un gracchio a fil di voce.
Veluna gli saltellò intorno per breve, tormentata tra lealtà allo stormo e lealtà a lui: un’altra maledetta linea di confine. “Sei idiotico e imprudente,” gli gorgheggiò accanto a un timpano, ma si fermò prima di menzionare l’essere che lui, ormai da giorni, sosteneva di vedere.
“Io l’ho visto,” mormorò Raavi, leggendone i moti emotivi, sempre immobile e rovesciato sul dorso.
“Tu non l’hai visto, sciocco!”
“Invece sì, come ora vedo te, il Bosco e il cielo.” Sentì le piume intirizzire al pensiero che l’occhio sinistro non si sarebbe più aperto. “Beh, metà del cielo.”
“È questa roba che mangiamo, è sempre più rancida. Sempre più tossica! Ti fa vedere cose che non esistono!”
Raavi fissava la pioggia battergli sul petto e le ali dispiegate, con sopra le sagome incombenti dei grandi palazzi, spenti o illuminati, che coprivano la terra fino alla fine del mondo: il Bosco, nella lingua dei Corvus corona.
Un bosco nel quale erano nati e cresciuti, da generazioni, fatto di cemento, torrioni, luci fastidiose e interminabili silenzi, con alberi immensi, squadrati, che non crescevano né cadevano mai, non ingiallivano neppure, privi di foglie o rami, eccetto che per le maestose antenne sulle sommità.
Tutto d’un grigiore abbacinante.
“Era come noi, proprio come noi,” riprese a scandire con piccoli gesti del becco e l’occhio buono dilatato, “ma di un colore impossibile.”
“Smettila.”
“Il colore che vedi nelle pozzanghere quando sono intrise di quella cosa densa che le rende amare.”
“Smettila.”
“Mi ha mostrato un luogo. Un posto come non ne ho mai visti: era verde e immenso, più del Bosco, con alberi che non avevo mai visto, non erano neppure fatti di pietra.” Raavi voltò appena il capo, per guardare lei, arruffata e costernata. “So che mi credi. Solo, devi vederlo anche tu.”
“Non vedrò nulla perché non c’è niente da vedere. Adesso alzati e torna al tuo posto.”
Il resto dello stormo li guardava in silenzio dall’alto dei fili e dei cornicioni, tra il ticchettio dell’acqua, confusi con le ombre serali.
“Alzati e torna al tuo posto!”
Quella cosa che nella testa di Raavi aveva messo radici era più di semplice sedizione, anche se non poteva saperlo. Era il seme del dubbio che stava mettendo radici, e che fossero radici o pioggia quel che gli scavava nel petto, sentì che era tempo di cambiare lo stato delle cose. Di tornare a guardare il mondo da un’angolazione consona.
Si mise sul fianco e si rialzò, sbattendo le ali spiumate e infradiciate prima di ripiegarle sul dorso. Barcollava per le ferite e lo scolo di sangue dall’occhio sinistro gli dava un aspetto da morituro. L’idea di tornare al suo trespolo, riprendere le routine di volo e ricerca, le lunghe attese ai canali di deflusso, i magri pasti a base di scorie, gli diede un brivido come non ricordava di averne provati mai.
Sentiva lo sguardo pungente di Gordo, il capo-ala, fisso su di sé, ovunque si trovasse tra le figure scure e umide dello stormo appollaiato intorno, e sentì l’impulso di volare via. Si trattenne dal farlo solo per lei, per lo sguardo amaro di Veluna e quella specie di legame, perennemente acerbo, che li faceva vibrare su frequenze vicine ma mai sovrapponibili.
Raavi spiegò le ali ferite e svolazzò in alto, sopra uno dei lampioni al neon, al suo posto di stallo, rigido e infreddolito come il resto di loro.
“Tu,” gracchiò Gordo sovrastando la pioggia, “non avvelenerai più la nostra gente con visioni e deliri. O non mi fermerò, la prossima volta.”
Raavi chinò il collo in sottomissione, le piume arruffate in un fremito d’orgoglio.
Dentro di sé cullava, forte, il pensiero di poter ancora dimostrare che non aveva sognato.
***
Volava ormai da parecchio, seguendo il tracciato che gli era stato assegnato, tra il meridiano quinto e la selva infinita dei Piccoli Loculi. Aveva già fatto tre deviazioni dal percorso, perché era stato solo deviando che lo aveva visto la prima volta, uscendo dallo schema imposto e prendendo una via a caso, che fosse una sua scelta e non quella di una routine di ricerca.
Volare con un occhio solo era più difficile, le prospettive sembravano tutte stravolte, così la profondità e il senso d’insieme. Deviò ancora, passando per il Lungo Collo, il vallone tra due palazzi immensi, lasciandosi librare verso il basso dalla corrente che lì si formava di primo mattino. La pioggia restava battente ma s’era fatta più fine.
Si specchiò al passaggio nelle innumerevoli lastre vetrate buie, il riflesso delle insegne intermittenti al led, del rosa, del giallo, del verde fluo, sulle piume rese lucide dall’acqua. Le strade e i vicoli, sotto di lui, popolate solo da maestose carcasse di metallo immangiabile, di tozzi contenitori rovesciati, di crepe nell’asfalto. C’erano sempre le grandi immagini degli antichi abitatori scomparsi, i Senz’Ali, i loro volti implumi disegnati, senza spessore, sul lato dei palazzi o più in basso, sulle paline ancora accese, su certe superfici traslucide e cangianti, che di tanto in tanto mutavano aspetto e proponevano un volto nuovo, un vocalismo nuovo, un colore differente.
Era come se recitassero dei messaggi cifrati in una lingua insondabile, e s’immaginava che fosse il loro modo di restare al mondo anche dopo essere andati via. Di popolare il Bosco con quello che avevano amato in vita, di lasciare una traccia che restasse per sempre.
Per Raavi, capire le parole degli antichi Senz’Ali era un sogno proibito, un’apoteosi di meraviglia. Aveva imparato a replicare alcuni suoni, lontano dalle orecchie dello stormo. Sapeva scandire I’m loving it, qualunque cosa significasse, come lo ripeteva a nastro un vecchio emettitore sulla rotonda del Fischio, oppure J’adore - Dior, che una voce profonda rigurgitava dai tunnel dell’Underground, a sud.
Aveva sempre desiderato vederne uno, un Senz’Ali, uno vero e non animato su uno schermo, ammesso che uno esistesse ancora, da qualche parte.
Sussultò.
Si accorse in ritardo, e non era da lui, che qualcun altro volava su una traiettoria parallela alla sua, sul lato dell’occhio mancante.
“Stai deviando dalla rotta,” gracchiò Veluna accostandosi in virata, seguendolo in una diversa strada, “continui a farlo nonostante le promesse!”
“Anche tu lo stai facendo, se mi segui.”
“Stolto, ti accuseranno ancora di sedizione!”
“Vuoi vedere una cosa?”
“No che non voglio!”
Raavi virò ancora, planando in alto e sfruttando la corrente ascensionale calda di vetuste ventole in perenne moto; s’infilò in un vicolo senza nome e da questo sulla Grande Arteria. Veluna gli stava dietro nonostante la miscela di rabbia e paura che la animava. Volò alto verso uno dei palazzi più imponenti, ancora illuminato da un lieve lucore azzurro, e prese quota fino a un ampio terrazzo piatto, in cemento, a lato dell’edificio principale. Attese che lei gli si posasse accanto per accennare col capo verso la parete verticale, buia, che si elevava ancora più in alto.
“Non vedo nulla.”
“Lo so. Attendi.” Raavi zampettò sul terrazzo, si accostò a un basso muretto e la cassetta d’acciaio aperta che vi pendeva. Aveva imparato per tentativi: bottone verde, accensione.
La parete prese vita e colore, illuminata da due piccoli fari che, dal pavimento, irradiavano di luce candida tutto il grande muro e ciò che vi era tracciato in un elaborato disegno.
“Il Bosco,” scandì Raavi guardando il prato e gli enormi fusti di legno dalle grandi chiome di foglie che lì campeggiavano, verniciati in mille tonalità di verde che la pioggia e il grigiore sminuivano solo in parte; e poi i segni dei predecessori, tracciati in vernice limpida, che non sapeva leggere anche se lo desiderava con forza, S, A, V, E, poi THE WOODS. “Beh, un altro Bosco. Il Vero Bosco.”
“Non è un bosco quello,” mormorò lei senza smettere di voltare a scatti la testa per cogliere ogni dettaglio.
“Lo è. Guarda dentro di te, ascolta l’istinto, la memoria che sta in ognuno di noi: tu sai che questa cosa è reale, anche se non l’hai mai vista.”
Veluna inclinava il capo da un lato e dall’altro, guardando con cura. “È solamente un’immagine. Piatta sul muro.”
“Certo. Ma lui me ne ha mostrata una più vivida, più grande ancora, l’ha generata coi suoi occhi e mi ci ha fatto esistere all’interno, solo per un attimo.”
“Non è possibile tutto questo.”
“Chiamami anche tu sedizioso, se credi, ma è ciò che ho visto. Ciò che ho provato.”
Lei scuoteva la testa e il becco con stress crescente. “Se anche lui esistesse, chi ti dice che non sia maligno?”
“Come può un maligno portare con sé qualcosa di così bello?”
“Sii ragionevole, una volta tanto: lo stormo ha bisogno di tutti, il cibo è sempre meno: lascia stare i miraggi e torniamo ai nostri doveri.”
“Le routine di volo? Per trovare cosa? Altre scorie putrefatte? Altri ratti infetti, morti in un canale? Questo è morire un giorno alla volta.”
“È questo che ci è toccato in sorte!”
“Per questo lui è apparso, allora: per cambiare questa sorte.”
“Ma cosa vuoi fare, che cosa progetti davvero?”
“Volare via, ‘Luna. Trovare il Bosco. Il Vero Bosco.”
Lei, stupita, non fece in tempo a replicare. Qualcuno volò sopra uno dei balconi senza vita, era uno dei corvidi più giovani. “Sedizione!” si mise a strillare poggiato sulla ringhiera e con le ali spiegate.
“Sta’ zitto!” lo ammonì Raavi, infuriato, ferito. “Vattene da qui!”
“Sedizione! Sedizione!”
Un altro arrivò dal nulla e si posò su un balcone diverso, ali aperte e stessa cantilena nel becco. Veluna saltellò e si strinse accanto a Raavi, inorridita, mentre uno a uno l’intero stormo planava dal cielo plumbeo e prendeva posto su ringhiere e cavi.
“SEDIZIONE!”
Non c’era via di fuga, con la parete del bosco disegnato alle spalle e le vie aeree tagliate. Gordo calò come un cupo vessillo portato dal vento, truce e reso massiccio dalle razioni migliori che requisiva per sé, le chiazze spiumate dove le contaminazioni comunque esigevano un tributo.
“Un sedizioso, DUE sediziosi!” gracchiò atterrando, fuori di sé, sul terrazzo innanzi a loro. “Ho fatto bene a farvi seguire.” Si rivolse al resto del branco, gonfiando le piume grigie e aprendo le ali a metà. “Li avete sentiti: vogliono volare via. Lasciare il gruppo, pensare solo a loro stessi!”
La rabbia che Raavi provava era più forte che mai. “Sbagli! Io voglio trovare un posto migliore di questo, per tutti! Per vivere come è giusto vivere! Non così! Non mangiando marciume e veleno!”
“Marciume e veleno sono quanto IO permetto ogni giorno di trovare in questo Bosco che non offre altro se non inedia e morte!”
Strepiti e grida, intorno, echeggiavano tra le mura e sotto la pioggia.
SEDIZIONE!
INEDIA!
MORTE!
“Questo non è il Bosco, non lo è mai stato! Esiste un Vero Bosco, e io lo troverò. Lasciami andare, tornerò e vi guiderò laggiù quando l’avrò trovato.”
“Il Bosco è questo,” Gordo aprì le ali ad abbracciare i palazzi fatiscenti, le insegne al led, le finestre buie, le antenne piegate dalla ruggine. La pioggia acida. “L’unica cosa che troverai è il castigo, entrambi voi, e sarà l’ultimo.”
“No!” Raavi si mise davanti alla compagna, un impeto che non aveva mai avuto prima. “Attaccherai me, se è ciò che vuoi, ma lascerai stare lei!”
“Ucciderò entrambi e almeno sarete utili a sfamare lo stormo, per oggi.”
Raavi sentì il sangue andargli alla testa e non ragionò più. Si scagliò su Gordo come non aveva mai osato fare, lo travolse con l’impeto e le zampe, artigliandogli il petto gonfio.
Incassò lo stupore del capo-ala prima e i fendenti del suo becco poi, mentre si azzuffavano sul cemento, rotolandosi ad ali aperte.
Il resto dello stormo prese il volo e calò su di loro, accerchiandoli, planando per colpire il traditore e ritraendosi, in un caos di grida e strepiti acuti.
SEDIZIONE!
Veluna non aveva mai sentito il cuore batterle così forte né aveva mai creduto di possedere il coraggio di andare contro la sua stessa gente: aprì le ali e si mise in mezzo, il becco spalancato, proteggendo come poteva le spalle di Raavi dai colpi che piovevano come grandine.
Gordo era troppo forte per lui, che mancava anche di un occhio. Lottò con tutto sé stesso ma non ci volle molto perché l’altro lo mettesse sotto, gli straziasse le piume con colpi sempre più forti. Veluna sanguinava e terminava le forze, schermagliando strenuamente per tenere a bada il resto degli opportunisti che si erano fatti sotto e che continuavano a strillare la loro nenia.
SEDIZIONE!
Non lo aveva abbandonato, neppure quando lui le aveva detto di andare via, di cercare scampo nella fuga. Un sedizioso, due sediziosi.
La pioggia batteva a ritmo la sua ultima canzone mentre Raavi si preparava a ricevere il colpo di grazia, ma questo non arrivò: ci fu invece come un suono sordo, un ronzio subitaneo, e qualcosa discese dal cielo di piombo come la saetta d’un acquazzone estivo. Arrivò su Gordo con l’impatto di un proiettile e lo inchiodò a terra, di peso, cingendogli in una morsa testa e dorso, una morsa d’artigli duri come il diamante.
Era lui.
L’intero stormo prese il volo schiamazzando dal terrore, mettendo distanza di sicurezza col nuovo venuto, ma il caos sonoro durò solo pochi istanti, poi scese il silenzio.
Veluna guardava attonita l’essere, scoprendolo come Raavi lo aveva descritto: era identico a loro, un Corvus corona, ma non aveva piume, bensì una pelle lucida e cangiante, del colore delle pozzanghere iridescenti.
Non disse nulla, non emise un suono, mentre teneva Gordo schiacciato sotto gli artigli e guardava loro due, sfatti, in sangue, stremati.
“Chi sei tu?” Raavi glielo chiese con un fischio e una tempesta nel cuore.
“Io,” scandì lui su una frequenza innaturale, “sono il Messaggero.” Parlava come se la sua voce fosse composta da molte, tutte cucite assieme. “Sono stato inviato per condurre un maschio e una femmina fertili dove è richiesto, e ho scelto voi.”
“Dove? Chi richiede una cosa del genere?”
In risposta, l’occhio sinistro della creatura ruotò in ambo i sensi con un ronzio sottile, s’illuminò d’azzurro spettrale: un fascio di luce bagnò l’intero terrazzo, dando vita alle forme nodose di fusti e chiome di foglie, tutto intorno a loro. Nel miracolo luminoso, il Bosco aveva ora dimensione e spessore. Potevano quasi sentirlo, percepirlo, afferrarne l’odore muschiato e fresco.
“Dov’è questo luogo?”
“Lontano. Io vi guiderò.”
“Ma di cosa è fatto? Come possono esistere alberi di questa foggia?!”
“Semi, germogli, terra. Erba, acqua, sole. La tomba che avete chiamato casa finora, per quanto immensa, non è infinita. Il Vero Bosco esiste, il Vero Bosco va popolato.”
Raavi, confuso, stordito, lasciò che Veluna l’aiutasse a rialzarsi con colpetti del capo; restarono accanto, fradici e attoniti. S’accorse che sul corpo del Messaggero c’erano rivetti e sezioni, come in tanti manufatti dei predecessori ormai in rovina tra le strade e i palazzi. Che recava un segno fatto di numeri dipinto sul fianco, come ne aveva visti un’infinità, di ogni forma e senso, su muri, insegne, fogli di carta.
“Ti hanno creato i Senz’Ali? Sono loro a mandarti?!”
“Sono un lascito per il mondo che verrà.”
“Esistono? Dove sono andati?!”
“Alcuni esistono. Li vedrai, un giorno.”
L’immagine del Bosco scomparve ma non dai loro occhi meravigliati.
“Ti seguiremo,” Veluna sentì crescere quell’impulso che veniva da un passato ancestrale, fatto dei loro avi e antenati, di alberi, erba, sole, e fu certa che tutto lo stormo stesse provando la stessa pulsione irresistibile.
Il Bosco non era cemento e putredine. Era una parola mal tramandata. Un errore concettuale e linguistico.
Il Bosco è il passato che riprende il suo posto e si fa presente, che copre poco a poco le rovine dei predecessori.
“Non ucciderlo,” Raavi guardò alla figura schiantata di Gordo in un moto di pietà, “lo stormo ha bisogno di una guida.”
“Sia.”
Il Messaggero liberò gli artigli in titanio e poi le ali in lega d’alluminio e fibra sintetica.
“All’alba, planate a sud da questo posto. Mi troverete lì.”
Spiccò il volo con la destrezza di un dio aviano e la velocità del vento di borea.
Raavi coprì con un’ala la compagna intirizzita di pioggia, e lei gli si strinse di più contro.
“Hai paura?”
Veluna fece segno di sì.
“Ne ho anche io.”
I loro minuscoli cuori battevano all’unisono, ora di una nota più forte, un ritmo ancestrale che avevano disimparato in generazioni di buio e fame.
Attesero il ritorno delle forze, poi si sollevarono in cielo, incuranti della pioggia, insieme.
Lo stormo, muto, guardava i sediziosi diventare eletti e capostipiti di una genia nuova.
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A tommybe garba questo messaggio
Re: Sedizione
Mi è piaciuta la narrazione con al centro le cornacchie, che all'inizio sembrano i possibili successori della specie umana in via di estinzione. L'uomo ha lasciato dietro di sé strane vestigia (ancora attive) che questi ultimi discendenti del Corvus corona definiscono "Bosco".
Il racconto segue uno schema ben consolidato, facendo assurgere a protagonista l'individuo che il branco, anzi, lo stormo considera un reietto, un sedizioso, e gli affianca una compagna che sa vedere oltre le apparenze.
La scrittura è sicura e ben gestita, così come i dialoghi fra i vari personaggi, e il testo offre una lettura fluida e senza inciampi. Non ho riscontrato errori o refusi.
Ci sono però degli aspetti che ho apprezzato di meno.
Uno di questi è la comparsa del volatile-robot che arriva sulla scena come una sorta di deus ex machina, un "messaggero" che cala al momento opportuno a togliere dai guai la coppia prescelta. È chiaramente inviato dagli umani che, per non scomparire del tutto, si fanno Noè e cominciano a radunare coppie di animali (sennò come farebbero a sfamarsi?). Il fatto che, in definitiva, tutto sia orchestrato dall'uomo (che a quanto pare ha cominciato finalmente a rendersi conto che sta per sparire) taglia buona parte del ruolo di protagonista sia a Raavi che al Bosco stesso.
L'altro aspetto è il finale, la frase finale, che presuppone una presa di coscienza da parte delle altre cornacchie non proprio consona al ruolo che lo stormo ha avuto fino a quel momento: un ruolo passivo che improvvisamente si ribalta. Penso sarebbe stato più efficace lasciare gli altri volatili spettatori attoniti e inconsapevoli di ciò che sta accadendo davanti ai loro occhi. Per esempo, dicendo "Lo stormo, muto, guardava i sediziosi, inconsapevole che sarebbero diventati degli eletti, i capostipiti di una genia nuova".
Un buon lavoro, ma dal quale mi sarei aspettato di più.
Grazie
M.
Il racconto segue uno schema ben consolidato, facendo assurgere a protagonista l'individuo che il branco, anzi, lo stormo considera un reietto, un sedizioso, e gli affianca una compagna che sa vedere oltre le apparenze.
La scrittura è sicura e ben gestita, così come i dialoghi fra i vari personaggi, e il testo offre una lettura fluida e senza inciampi. Non ho riscontrato errori o refusi.
Ci sono però degli aspetti che ho apprezzato di meno.
Uno di questi è la comparsa del volatile-robot che arriva sulla scena come una sorta di deus ex machina, un "messaggero" che cala al momento opportuno a togliere dai guai la coppia prescelta. È chiaramente inviato dagli umani che, per non scomparire del tutto, si fanno Noè e cominciano a radunare coppie di animali (sennò come farebbero a sfamarsi?). Il fatto che, in definitiva, tutto sia orchestrato dall'uomo (che a quanto pare ha cominciato finalmente a rendersi conto che sta per sparire) taglia buona parte del ruolo di protagonista sia a Raavi che al Bosco stesso.
L'altro aspetto è il finale, la frase finale, che presuppone una presa di coscienza da parte delle altre cornacchie non proprio consona al ruolo che lo stormo ha avuto fino a quel momento: un ruolo passivo che improvvisamente si ribalta. Penso sarebbe stato più efficace lasciare gli altri volatili spettatori attoniti e inconsapevoli di ciò che sta accadendo davanti ai loro occhi. Per esempo, dicendo "Lo stormo, muto, guardava i sediziosi, inconsapevole che sarebbero diventati degli eletti, i capostipiti di una genia nuova".
Un buon lavoro, ma dal quale mi sarei aspettato di più.
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Re: Sedizione
Mi è piaciuto moltissimo questo racconto. Scritto in maniera egregia, originale, appassionante, in grado di "colpire" non solo tutti i sensi ma anche e soprattutto la parte emotiva. Anzi, autore, se proprio devo trovare un difetto, credo che questo possa essere più un incipit di un romanzo che un racconto fatto e finito. Avessi le tue capacità di scrittura ci penserei davvero.
Mi hanno appassionato ed emozionato le descrizioni ambientali, quegli uccelli nati in cattività ma che portano in sé la "sete" di riappropriarsi di una natura che sentono ancestrale ma alla quale non hanno mai avuto accesso. Da lì la ribellione verso un sistema che li vuole allineati a certi schemi consolidati, che vieta loro perfino la capacità di sognare.
C'è tanto di più delle parole espresse. Sono fantastiche le scene in movimento, è delicata, pregnante e dolce la presenza di Veluna.
Potrebbe essere un nuovo mondo, potrebbe essere un mondo che si riappropria delle origini, potremmo trovarci addirittura in un altro pianeta o in un futuro prossimo gestito dalle macchine che conservano memoria di ciò che era un tempo la vita.
Finora, una delle letture che mi ha in assoluto più soddisfatta. Bravissim@
Mi hanno appassionato ed emozionato le descrizioni ambientali, quegli uccelli nati in cattività ma che portano in sé la "sete" di riappropriarsi di una natura che sentono ancestrale ma alla quale non hanno mai avuto accesso. Da lì la ribellione verso un sistema che li vuole allineati a certi schemi consolidati, che vieta loro perfino la capacità di sognare.
C'è tanto di più delle parole espresse. Sono fantastiche le scene in movimento, è delicata, pregnante e dolce la presenza di Veluna.
Potrebbe essere un nuovo mondo, potrebbe essere un mondo che si riappropria delle origini, potremmo trovarci addirittura in un altro pianeta o in un futuro prossimo gestito dalle macchine che conservano memoria di ciò che era un tempo la vita.
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Petunia- Moderatore
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Re: Sedizione
Il racconto ha tanti bei messaggi stratificati, complessi e interconnessi, tutti spunti di riflessione che lo rendono magnetico e ricco di sfumature che difficilmente lasciano indifferenti dal punto di vista emotivo. Il mio voto per quanto riguarda la "pancia" è un 10, senza ombra di dubbio.
Lo stile che hai usato è così carico di sensazioni, descrizioni e dettagli che non fanno altro che arricchire l'esperienza, forse per i miei gusti un po' troppe ma quella è una scelta personale.
Anche se la trama mi è piaciuta tantissimo, devo ammettere che il finale non mi ha convinto del tutto. Dall'arrivo di "lui", non so, ho avuto l'impressione che il testo diventasse più "favolistico", e questo non mi ha soddisfatto completamente. Non so come avrei proceduto io, ma non è importante. L'importante è che tu finisca al TOP, complimenti.
Lo stile che hai usato è così carico di sensazioni, descrizioni e dettagli che non fanno altro che arricchire l'esperienza, forse per i miei gusti un po' troppe ma quella è una scelta personale.
Anche se la trama mi è piaciuta tantissimo, devo ammettere che il finale non mi ha convinto del tutto. Dall'arrivo di "lui", non so, ho avuto l'impressione che il testo diventasse più "favolistico", e questo non mi ha soddisfatto completamente. Non so come avrei proceduto io, ma non è importante. L'importante è che tu finisca al TOP, complimenti.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Sedizione
bello, molto bello.
particolare nella composizione e nel contenuto, piuttosto fuori dagli schemi.
avvincente e coinvolgente, carico di significati e pieno di contenuti.
devo fare i complimenti all'aut*, non è semplice riuscire a colpire in questa maniera un lettore.
certo, poi dipende da persona a persona, ma credo che questa storia possa fare un bel viaggio nello step.
ottimo lavoro.
particolare nella composizione e nel contenuto, piuttosto fuori dagli schemi.
avvincente e coinvolgente, carico di significati e pieno di contenuti.
devo fare i complimenti all'aut*, non è semplice riuscire a colpire in questa maniera un lettore.
certo, poi dipende da persona a persona, ma credo che questa storia possa fare un bel viaggio nello step.
ottimo lavoro.
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Re: Sedizione
Sono entrata subito in empatia con il protagonista della storia, l'eroe del racconto, e fin dalle prime righe sono riuscita a sentire il suo dolore, la sua disperazione, la sua urgenza di trasmettere un messaggio di speranza a cui tutti, però, si sottraggono.
Ben delineati tutti i personaggi principali, da Gordo, il capo, al protagonista Raavi, all'eroina (Ve)'Luna. Perfino lo stormo, nella sua ottusità tipica della folla manovrata dal leader-despota, è ben riuscito.
Trama originale, bella la scrittura.
Solo un piccolo appunto proprio all'inizio, nella frase dove scrivi: "Gordo [...] lo aveva massacrato di beccate, cavato un occhio e lasciato a terra,...", secondo me sarebbe stato meglio: "Gordo [...] lo aveva massacrato di beccate, gli aveva cavato un occhio, lasciandolo a terra,...", altrimenti, lasciando sottinteso "gli aveva" la frase suona sgrammaticata.
A parte questa svista, è davvero un bel racconto. Complimenti.
Ben delineati tutti i personaggi principali, da Gordo, il capo, al protagonista Raavi, all'eroina (Ve)'Luna. Perfino lo stormo, nella sua ottusità tipica della folla manovrata dal leader-despota, è ben riuscito.
Trama originale, bella la scrittura.
Solo un piccolo appunto proprio all'inizio, nella frase dove scrivi: "Gordo [...] lo aveva massacrato di beccate, cavato un occhio e lasciato a terra,...", secondo me sarebbe stato meglio: "Gordo [...] lo aveva massacrato di beccate, gli aveva cavato un occhio, lasciandolo a terra,...", altrimenti, lasciando sottinteso "gli aveva" la frase suona sgrammaticata.
A parte questa svista, è davvero un bel racconto. Complimenti.
Albemasia- Younglings
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Re: Sedizione
Ottimo racconto.
Trama originale, complessa, svelata passo a passo coinvolgendo il lettore.
I personaggi sono caratterizzati con precisione, attirando simpatia o odio come deve essere.
La scrittura è pulita, alternando perfettamente narrazione e sviluppo autonomo.
Unica cosa che non mi è piaciuta? SEDIZIONE, avrei trovato un sinonimo più empatico, ma è una piccolezza.
Trama originale, complessa, svelata passo a passo coinvolgendo il lettore.
I personaggi sono caratterizzati con precisione, attirando simpatia o odio come deve essere.
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Unica cosa che non mi è piaciuta? SEDIZIONE, avrei trovato un sinonimo più empatico, ma è una piccolezza.
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Sedizione
Sono d'accordo con Petunia, nel tuo racconto già bello, c'è più di quello che dici e ne potrebbe uscire fuori un magnifico romanzo. Che poi a te riesce così facile scrivere e non sarebbe mica un'impresa, sarebbe un passatempo.
Con me vinci facile, in mezzo a un paesaggio distopico si fa largo una coppia, e dove c'è la coppia la vita rinasce, il bene rinasce. Ancora non ti ho abbracciato?
Con me vinci facile, in mezzo a un paesaggio distopico si fa largo una coppia, e dove c'è la coppia la vita rinasce, il bene rinasce. Ancora non ti ho abbracciato?
tommybe- Maestro Jedi
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Re: Sedizione
I visionari o i folli riescono ad avere un’immagine diversa del mondo. Dove per altri le possibilità sono nulle e la rassegnazione vince, loro trovano il tempo della rivolta. Il tuo è un racconto potente, metafora dei nostri giorni, e di tutte le epoche, di quanti ci hanno preceduto e di quanti seguiranno.
Il potere soggioga i più, ma ci saranno, spero ancora e sempre, altri capaci di cambiare le cose. Atmosfera palpabile, immagini nitide, il carattere dei personaggi viene fuori con grande forza. La scrittura mi piace moltissimo, non trovo difetti. D'ora in poi guarderò con un occhio diverso le cornacchie che volano sopra e spesso saltellano nel mio giardino.
Ottimo lavoro. Complimenti sinceri!
Il potere soggioga i più, ma ci saranno, spero ancora e sempre, altri capaci di cambiare le cose. Atmosfera palpabile, immagini nitide, il carattere dei personaggi viene fuori con grande forza. La scrittura mi piace moltissimo, non trovo difetti. D'ora in poi guarderò con un occhio diverso le cornacchie che volano sopra e spesso saltellano nel mio giardino.
Ottimo lavoro. Complimenti sinceri!
Resdei- Cavaliere Jedi
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Re: Sedizione
Prima di commentare il racconto dal punto di vista della trama, mi permetto di fare un complimento all’aut* per la bellezza della sua scrittura, per l’assenza di refusi, per la scorrevolezza del tutto che rende particolarmente piacevole la lettura.
Il testo mi è risultato molto gradito per le emozioni che ha saputo suscitare in me durante la lettura, rendendo eroici animali come i corvi nell’immaginario quotidiano e collettivo spesso tendono a provocare fastidio e repulsione: la sensazione che la scelta di questi animali non sia stata casuale.
Dietro al “raccontato” c’è molto, c’è un richiamo a tanti passi dell’Antico testamento, dalla stupidità e cattiveria dell’uomo che provoca il diluvio (la pioggia cade incessante per tutto il racconto) rinnovatore, un Noè sotto forma di corvo robot mandato dagli umani superstiti (o da un essere superiore che ha deciso di provare a salvare qualcosa?), ma anche la cattiveria degli umani che si ritrova pari pari negli animali con la figura di Gordo che non può essere messa lì a caso (il dittatore che non può permetter alcuna forma di dissenso che rischi di fargli perdere l’appoggio della “massa”).
Grazie per questo bellissimo racconto per il momento pienamente in lizza per il mio podio personale.
Il testo mi è risultato molto gradito per le emozioni che ha saputo suscitare in me durante la lettura, rendendo eroici animali come i corvi nell’immaginario quotidiano e collettivo spesso tendono a provocare fastidio e repulsione: la sensazione che la scelta di questi animali non sia stata casuale.
Dietro al “raccontato” c’è molto, c’è un richiamo a tanti passi dell’Antico testamento, dalla stupidità e cattiveria dell’uomo che provoca il diluvio (la pioggia cade incessante per tutto il racconto) rinnovatore, un Noè sotto forma di corvo robot mandato dagli umani superstiti (o da un essere superiore che ha deciso di provare a salvare qualcosa?), ma anche la cattiveria degli umani che si ritrova pari pari negli animali con la figura di Gordo che non può essere messa lì a caso (il dittatore che non può permetter alcuna forma di dissenso che rischi di fargli perdere l’appoggio della “massa”).
Grazie per questo bellissimo racconto per il momento pienamente in lizza per il mio podio personale.
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paluca66- Maestro Jedi
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Re: Sedizione
Con una scrittura controllata e solo un paio di minime sbavature che non vale neppure la pena menzionare. Qualche frettolosità narrativa, ma tutto sommato poche cose, direi veniali. La tesi ecologista di fondo è (vivaddio!) ben celata nella narrazione, e quindi non solo non è fastidiosa ma riesce a diventare funzionale al testo. Mi sembra incongruente la città abbandonata con ancora luci funzionanti ed energia elettrica. L’unica apparente pecca è la cornacchia robot che arriva come un deus ex machina, ma dopo tutto abbiamo anche lo cornacchie parlanti, e questo non ha stupito nessuno! Se è una favola, o meglio un apologo, lo può essere anche con quella soluzione narrativa. Solo il finale, effettivamente cala un po’, e il climax creato non arriva al compimento atteso. Ma in generale direi che è un ottimo lavoro.
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I racconti non si abbandonano come cani in autostrada. Si riprendono, si tolgono le pulci e li si rimette in sesto (rubata a Susanna)
Re: Sedizione
Testo originale e molto particolare. Umanizzare gli animali è un espediente rischioso ma in questo caso riuscito. Ho trovato alcune piccole incongruenze poco influenti sulla narrazione che è favorita da una scrittura fluida e sicura. Le immagini scorrono veloci e il lettore è stimolato a proseguire nella storia. L'apparizione del messaggero e il finale sono le parti meno appassionanti. Complimenti al suo creatore, questo racconto è tra i miei preferiti.
Giammy- Viandante
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Re: Sedizione
Questo racconto va senz'altro premiato per originalità, contenuti e sviluppo.
Vorrei porre l'accento su due aspetti: primo, la lotta di Raavi nei confronti di un sistema consolidato e all'apparenza senza via d'uscita. Egli dimostra coraggio, perseveranza e caparbietà che rafforzano la convinzione di poter migliorare la propria esistenza. Per contro, Veluna cerca di farlo desistere dai suoi propositi, quasi rassegnata alla sorte che è toccata loro. Tuttavia, mantiene aperto il suo cuore nei confronti del compagno, poiché nonostante manifesti la sua contrarietà alle convinzioni di Raavi, inconsciamente lo supporta e spera anche lei in una vita migliore.
Secondo, ma è soltanto una mia interpretazione, il racconto potrebbe essere una gigantesca metafora applicabile a tutto il genere umano. Un invito non tanto a cercare un altro Bosco, ma a mantenere in salute quello che si ha.
Chiudo dicendo che il racconto regala molteplici spunti di riflessione che si rivolgono ad un'ampia platea di lettori. Insomma, più o meno tutti secondo me, possiamo sentirci parte attiva di questo testo che fa molto pensare.
Grazie
Vorrei porre l'accento su due aspetti: primo, la lotta di Raavi nei confronti di un sistema consolidato e all'apparenza senza via d'uscita. Egli dimostra coraggio, perseveranza e caparbietà che rafforzano la convinzione di poter migliorare la propria esistenza. Per contro, Veluna cerca di farlo desistere dai suoi propositi, quasi rassegnata alla sorte che è toccata loro. Tuttavia, mantiene aperto il suo cuore nei confronti del compagno, poiché nonostante manifesti la sua contrarietà alle convinzioni di Raavi, inconsciamente lo supporta e spera anche lei in una vita migliore.
Secondo, ma è soltanto una mia interpretazione, il racconto potrebbe essere una gigantesca metafora applicabile a tutto il genere umano. Un invito non tanto a cercare un altro Bosco, ma a mantenere in salute quello che si ha.
Chiudo dicendo che il racconto regala molteplici spunti di riflessione che si rivolgono ad un'ampia platea di lettori. Insomma, più o meno tutti secondo me, possiamo sentirci parte attiva di questo testo che fa molto pensare.
Grazie
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"Omne tulit punctum qui miscuit utile dulci lectorem delectando pariterque monendo."
"Ottiene il risultato migliore chi - nell'opera letteraria - ha saputo unire l'utile col piacevole, divertendo e ammaestrando nello stesso momento il lettore."
Orazio, Ars Poetica, vv. 343-344
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Molli Redigano- Maestro Jedi
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A Petunia garba questo messaggio
Re: Sedizione
Ciao, Autore.
L’incipit del tuo racconto è il più bello di tutto il concorso. Cattura il lettore in un mondo onirico e non si aspetta altro che proseguire nella lettura per scoprire di chi parli, per dipanare la trama che si preannuncia avvincente e ricca di colpi di scena.
Per il mio gusto personale, la scrittura è un po’ pesante (prediligo uno stile più asciutto), soprattutto perché rallenta un po’ il ritmo dove non dovrebbe, con troppe incidentali che stridono invece con la fluidità del discorso diretto.
Mi è sembrato un po’ affrettato il finale, che non restituisce al racconto nella sua interezza quella bellezza disarmante dell’incipit.
Resta comunque davvero un ottimo lavoro, soprattutto per la costruzione del messaggio che arriva chiaro e centellinato, non come un pugno nello stomaco ma come tanti calcioni nel sedere.
Davvero tanti complimenti! Valeva la pena leggere i racconti di questo step fosse solo per trovare il tuo.
L’incipit del tuo racconto è il più bello di tutto il concorso. Cattura il lettore in un mondo onirico e non si aspetta altro che proseguire nella lettura per scoprire di chi parli, per dipanare la trama che si preannuncia avvincente e ricca di colpi di scena.
Per il mio gusto personale, la scrittura è un po’ pesante (prediligo uno stile più asciutto), soprattutto perché rallenta un po’ il ritmo dove non dovrebbe, con troppe incidentali che stridono invece con la fluidità del discorso diretto.
Mi è sembrato un po’ affrettato il finale, che non restituisce al racconto nella sua interezza quella bellezza disarmante dell’incipit.
Resta comunque davvero un ottimo lavoro, soprattutto per la costruzione del messaggio che arriva chiaro e centellinato, non come un pugno nello stomaco ma come tanti calcioni nel sedere.
Davvero tanti complimenti! Valeva la pena leggere i racconti di questo step fosse solo per trovare il tuo.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Re: Sedizione
Il racconto nel complesso è bello, coinvolgente, ti cattura. Ci sono immagini molto suggestive, si riesce a visualizzarle. C’è un’atmosfera un po’ cyberpunk.
La storia è ben costruita.
Nel complesso la scrittura funziona, ma ci sono tante piccole imprecisioni morfosintattiche. Te ne indico alcune, quelle per cui sono riuscita a pensare in fretta a una correzione:
lo aveva massacrato di beccate, cavato un occhio e lasciato a terra=
lo aveva massacrato di beccate, gli aveva cavato e lo aveva lasciato a terra; bisognerebbe mettere tutte e tre le particelle pronominali, perché sono diverse (lo-gli-lo) e corrispondono a complementi diversi (oggetto-di termine-oggetto). So che in questo modo il periodo si appesantisce. Potresti scrivere così: “l’aveva massacrato di botte, lasciandolo sull’asfalto senza un occhio, ecc.”
Che strano, quell’”esisto” al posto di “sono vivo”. Perché questa scelta? Poi poco dopo trovo “idiotico”. Forse hai voluto creare un lessico particolare per queste cornacchie? Però le altre parole sono normali.
“per breve”= per breve tempo, per un po’
e le ali dispiegate= e sulle ali dispiegate
in sottomissione= meglio “in segno di sottomissione”, “in un atto di sottomissione”.
Le strade e i vicoli, sotto di lui, popolate= popolati; con un soggetto plurale maschile e femminile, la concordanza è al maschile
sulle paline ancora accese: qui, ignoranza mia, non ho capito cosa sono le paline; ho trovato un riferimento ai pali, ma non capisco il fatto che siano accese.
e la cassetta d’acciaio= e alla cassetta d’acciaio
sminuivano= forse volevi dire una cosa tipo “sbiadivano”
del branco= sono uccelli, quindi stormo
schermagliando= il verbo “schermagliare” non esiste, esiste il sostantivo “schermaglia”; puoi sostituirlo con “combattendo”, “lottando” o altro
mettendo distanza di sicurezza col nuovo venuto= mettendosi a distanza di sicurezza dal nuovo venuto
in sangue= insanguinati, coperti di sangue
una genia nuova= genia è un sostantivo usato in modo negativo, dispregiativo; secondo me tu volevi dire “stirpe” o “generazione”
Comunque, al netto di queste cose da sistemare, un buon racconto.
Arianna 2016- Maestro Jedi
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Re: Sedizione
Un bel racconto originale, sulla scia di "Il gabbiano Jonathan Livingston" di R. Bach.
Questi in cerca della libertà, il tuo corvo in cerca del Bosco.
La scrittura è impeccabile.
Forse bisognava lavorare di più sul finale per tenere alta l'atmosfera che avvolge questo meraviglioso racconto.
Questi in cerca della libertà, il tuo corvo in cerca del Bosco.
La scrittura è impeccabile.
Forse bisognava lavorare di più sul finale per tenere alta l'atmosfera che avvolge questo meraviglioso racconto.
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CARLA EBLI- Younglings
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Re: Sedizione
Benché la scorpacciata di favole non mi abbia ben disposto a leggerne ancora una, ho apprezzato tanto questo racconto.
In questa bella fiaba, il tema è sviluppato in modo simbolico. Il deserto è di cemento: una città spopolata. Gli abitanti, i Senz'Ali ossessionati dalla tecnologia, si sono autodistrutti avvelenandosi con l’inquinamento e distruggendo il verde. Nella città morta sono rimasti i corvi costretti a nutrirsi di scorie e altre schifezze.
Le cornacchie, in conflitto tra loro, replicano l’agire umano. Raavi incarna il ribelle solitario; Gordo, il tiranno; i corvus corona, la massa sottomessa al potere. Non manca una pennellata di tenerezza: la pietosa Veluna.
L’effetto è divertente, il ritmo vivace, gustosi i dialoghi. Lo stile è ironico ma la trama è orchestrata in modo da suscitare riflessioni piuttosto serie.
“Non è un bosco quello,” mormorò lei senza smettere di voltare a scatti la testa per cogliere ogni dettaglio.
“Lo è. Guarda dentro di te, ascolta l’istinto, la memoria che sta in ognuno di noi: tu sai che questa cosa è reale, anche se non l’hai mai vista.” La rivolta nasce dall’utopia.
“Lo è. Guarda dentro di te, ascolta l’istinto, la memoria che sta in ognuno di noi: tu sai che questa cosa è reale, anche se non l’hai mai vista.” La rivolta nasce dall’utopia.
Il messaggero ricorda un personaggio ricorrente nella tragedia greca, che qui però sembra uscito da un laboratorio supertecnologico. Si autodefinisce “Un lascito per le generazioni successive” e diciamo che ci può stare. Inoltre non si limita a riferire un messaggio, ma svolge l’azione risolutiva.
“Arrivò su Gordo con l’impatto di un proiettile e lo inchiodò a terra, di peso, cingendogli in una morsa testa e dorso, una morsa d’artigli duri come il diamante.”
L’unica frase che mi lascia perplessa – una quisquilia - è quella che esprime la pietà di Raavi. II tiranno non si risparmia, ma dopo tutto questa è una favola.
L’ottima scrittura rivela una penna esperta e i richiami letterari denotano una esperienza di lettura molto ricca.
mirella- Padawan
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Re: Sedizione
Ammiro la narrazione coinvolgente centrata sulle cornacchie, descritte come i potenziali successori dell'umanità, e apprezzo la scrittura fluida e priva di errori, eccellente e originale.
Non mi è piaciuta la comparsa del volatile-robot che interviene come deus ex machina, togliendo parte del ruolo di protagonista ai personaggi principali e tagliando la potenziale profondità della storia. Inoltre, il finale l'ho trovato troppo favolistico e distante dal tono generale della narrazione per la presa di coscienza improvvisa degli altri membri dello stormo.
Apprezzo la caratterizzazione dei personaggi e l'atmosfera evocativa, riconosco il valore del racconto, la sua originalità, la capacità di suscitare emozioni e il potere evocativo della narrazione.
Non mi è piaciuta la comparsa del volatile-robot che interviene come deus ex machina, togliendo parte del ruolo di protagonista ai personaggi principali e tagliando la potenziale profondità della storia. Inoltre, il finale l'ho trovato troppo favolistico e distante dal tono generale della narrazione per la presa di coscienza improvvisa degli altri membri dello stormo.
Apprezzo la caratterizzazione dei personaggi e l'atmosfera evocativa, riconosco il valore del racconto, la sua originalità, la capacità di suscitare emozioni e il potere evocativo della narrazione.
Gimbo- Younglings
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Re: Sedizione
Io qui alzo le mani e mi complimento con l'autore.
Trovo questo racconto accattivante e d'atmosfera.
L'atmosfera che hai creato mi è piaciuta particolarmente: magari non ci azzecca niente(come diceva Di Pietro), comunque mi sono tornate in mente quelle ambientazioni cupe e livide di The crow(per ovvi motivi) e di Blade Runner.
Anche l'idea è fantastica, per certi versi visionaria.
Credo che tornerò a leggerlo più volte questo racconto, per gustarmelo appieno.
Come impatto, resa e idea, a circa metà letture, questo racconto si distingue da tutti gli altri.
Trovo questo racconto accattivante e d'atmosfera.
L'atmosfera che hai creato mi è piaciuta particolarmente: magari non ci azzecca niente(come diceva Di Pietro), comunque mi sono tornate in mente quelle ambientazioni cupe e livide di The crow(per ovvi motivi) e di Blade Runner.
Anche l'idea è fantastica, per certi versi visionaria.
Credo che tornerò a leggerlo più volte questo racconto, per gustarmelo appieno.
Come impatto, resa e idea, a circa metà letture, questo racconto si distingue da tutti gli altri.
Byron.RN- Cavaliere Jedi
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Re: Sedizione
Un bel racconto, uno spunto originale per un bosco, anzi due boschi, che narrano di un mondo ormai in rovina, tragico lascito di una civiltà che non è riuscita a sopravvivere a sé stessa. Ma anche di un bosco vero, dove sopravvive un mondo antico che racchiude la speranza che ancora qualcosa si possa salvare, se non per mano dell’uomo per… l’ala di un corvo! Un mix di amarissima realtà, di umanizzazione dei corvi – animali peraltro molto intelligenti – di curiosità per qualcosa di ancestrale, rimasto nei ricordi dei Corvus, trasmessi di generazione in generazione, che porta i protagonisti ad abbandonare le “sicurezze” della vita nello stormo per l’ignoto. Che è poi la storia dell’uomo, delle scoperte scientifiche scaturite dalla curiosità di uomini e donne spesso osteggiati, che hanno avuto il coraggio di andare per la loro strada. I sediziosi corvi!
Da amante della fantascienza e generi similari, mi è piaciuto il Messaggero, unione di tecnologia futuristica e di tentativi forse degli ultimi umani di salvare qualcosa del loro mondo, dei novelli Noè che al posto dell’arca hanno costruito questo “essere” così particolare.
La scrittura è solida e senza sbavature – tranne alcune note che già sono state fatte – e i dialoghi aiutano a inquadrare bene i protagonisti..
Il finale è un po’ affrettato, questo sì: per come è stato impostato il racconto, da lettrice mi aspettavo di vedere le reazioni dei Corvi al cospetto del Bosco vero e di eventuali altri abitanti.
Concordo con Chi prima di me vede in questo racconto una base per qualcosa di più corposo.
Una buona prova.
Da amante della fantascienza e generi similari, mi è piaciuto il Messaggero, unione di tecnologia futuristica e di tentativi forse degli ultimi umani di salvare qualcosa del loro mondo, dei novelli Noè che al posto dell’arca hanno costruito questo “essere” così particolare.
La scrittura è solida e senza sbavature – tranne alcune note che già sono state fatte – e i dialoghi aiutano a inquadrare bene i protagonisti..
Il finale è un po’ affrettato, questo sì: per come è stato impostato il racconto, da lettrice mi aspettavo di vedere le reazioni dei Corvi al cospetto del Bosco vero e di eventuali altri abitanti.
Concordo con Chi prima di me vede in questo racconto una base per qualcosa di più corposo.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: Sedizione
Il racconto è scritto molto bene. C'è un gran penna dietro il racconto.
La storia invece, e mi duole andare controcorrente, mi sembra retorica e banale. Retorica perché rimane su uno strato troppo superficiale. Il progresso lo fa chi, andando controcorrente, prende la strada giusta. Non basta andare controcorrente, di per sè. Qui manca una qualsiasi analisi sociologica (visto che gli animali sono fortemente umanizzati) che ci dica perché l'innovatore vede il nuovo che gli altri non vedono. Banale perché ripropone la classica contrapposizione buoni/cattivi (qui tradizionalisti al potere e innovatori alla fronda) senza molti chiaroscuri (anzi, punti)
Parafrasando i talent di cucina, mi sembra una pietanza magnificamente impiattata ma di scarso sapore.
La storia invece, e mi duole andare controcorrente, mi sembra retorica e banale. Retorica perché rimane su uno strato troppo superficiale. Il progresso lo fa chi, andando controcorrente, prende la strada giusta. Non basta andare controcorrente, di per sè. Qui manca una qualsiasi analisi sociologica (visto che gli animali sono fortemente umanizzati) che ci dica perché l'innovatore vede il nuovo che gli altri non vedono. Banale perché ripropone la classica contrapposizione buoni/cattivi (qui tradizionalisti al potere e innovatori alla fronda) senza molti chiaroscuri (anzi, punti)
Parafrasando i talent di cucina, mi sembra una pietanza magnificamente impiattata ma di scarso sapore.
gipoviani- Padawan
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Re: Sedizione
Ciao, Penna.
Che dire? Se non fosse arrivato il Messaggero, Raavi e Veluna sarebbero morti e non ci sarebbe una storia da raccontare. Io mi immagino le altre cornacchie dello stormo che, una volta messo Gordo ko, anziché seguire i due prescelti si mettono a litigare per prenderne il posto. Almeno spero, perché con Gordo libero e Raavi e Veluna ormai stremati, per quale motivo lo stormo dovrebbe lasciarli liberi di volare all'alba?
A parte questa che mi sembra una incongruenza, ho apprezzato molto il racconto, sia per la trama sia per come è raccontato. Gordo è un villain di tutto rispetto, secondo me il migliore di tutto questo primo step.
Grazie e alla prossima.
Che dire? Se non fosse arrivato il Messaggero, Raavi e Veluna sarebbero morti e non ci sarebbe una storia da raccontare. Io mi immagino le altre cornacchie dello stormo che, una volta messo Gordo ko, anziché seguire i due prescelti si mettono a litigare per prenderne il posto. Almeno spero, perché con Gordo libero e Raavi e Veluna ormai stremati, per quale motivo lo stormo dovrebbe lasciarli liberi di volare all'alba?
A parte questa che mi sembra una incongruenza, ho apprezzato molto il racconto, sia per la trama sia per come è raccontato. Gordo è un villain di tutto rispetto, secondo me il migliore di tutto questo primo step.
Grazie e alla prossima.
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Re: Sedizione
Non ho molto da dire.
Questo racconto mi è piaciuto davvero tanto.
Concordo con chi lo paragona a Il gabbiano Jonathan Livingstone (che è stato il mio libro guida dagli otto ai dodici anni, e questo racconto mi ha fatto venire voglia di rileggerlo), considero davvero azzeccata e ben condotta la scelta dei protagonisti, belli i dialoghi; anche le dinamiche vengono rese in maniera ottimale e questo mi permette di entrare nella storia, di empatizzare con i tuoi personaggi, di volergli bene.
Non ho molto da dire proprio perché il racconto mi piace molto, mi hai proprio convinta, brav.
Ele
Questo racconto mi è piaciuto davvero tanto.
Concordo con chi lo paragona a Il gabbiano Jonathan Livingstone (che è stato il mio libro guida dagli otto ai dodici anni, e questo racconto mi ha fatto venire voglia di rileggerlo), considero davvero azzeccata e ben condotta la scelta dei protagonisti, belli i dialoghi; anche le dinamiche vengono rese in maniera ottimale e questo mi permette di entrare nella storia, di empatizzare con i tuoi personaggi, di volergli bene.
Non ho molto da dire proprio perché il racconto mi piace molto, mi hai proprio convinta, brav.
Ele
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Re: Sedizione
Racconto post-apocalittico ricco di messaggi che a mio avviso dovrebbero essere da monito per il lettore.
Ben scritto, descrizioni accurate e forma corretta.
Trama originale e coinvolgente.
Sicuramente un ottimo lavoro.
Ben scritto, descrizioni accurate e forma corretta.
Trama originale e coinvolgente.
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Re: Sedizione
Mi è piaciuto molto questo Blade Runner in versione alata. Non ho molto da aggiungere. I personaggi sono buoni, i dialoghi funzionano. L'ambientazione è poi il fiore all'occhiello della narrazione.
Complimenti.
Grazie.
Complimenti.
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CharAznable- Cavaliere Jedi
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