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Lo spirito della foresta Empty Lo spirito della foresta

Messaggio Da Different Staff Sab Mar 02, 2024 12:15 am

Bill Kanoska, da tutti conosciuto come Sequoia Bill, era stato trasferito da un paio di settimane nel braccio della morte dell’Oregon State Penitentiary di Salem. Il suo destino era segnato, a meno di un clamoroso colpo di fortuna che riteneva poco probabile.
La sua gente era stata sterminata senza pietà nel corso del secolo appena concluso e sospettava che anche nel 1903 giocare ad ammazza l’indiano potesse essere un passatempo gradito all’uomo bianco.
Non aveva ucciso lui quegli uomini. Si era proclamato innocente più volte, ma nessuno gli aveva creduto.
Cambiò posizione sulla branda, rivolgendo il viso verso il muro di pietra della cella. Guardò con stupore i segni che ne rigavano la superficie. Fece scorrere la mano sulle pietre: erano fredde.
Immaginò le unghie degli altri condannati prima di lui cercare inutilmente una via di fuga verso la libertà. Si domandò quanti fossero impazziti là dentro, nell’attesa di finire appesi a una forca.
Lui invece era sereno. Non perché non avesse timore della morte, ma perché sapeva cos’era accaduto a quegli uomini. Avrebbe potuto trovarsi al loro posto e invece l’aveva scampata.
C’era modo e modo per morire.
Chiuse gli occhi e sospirò.
Anche se nessuno gli aveva creduto, accusandolo dei delitti, Bill conosceva la verità: la colpa era dello spirito che viveva nella foresta.

Alle soglie dei vent’anni, Sequoia Bill, lasciò il Minnesota, la sua terra d’origine, spingendosi a ovest in cerca di fortuna. Durante il viaggio si adattò a fare ogni tipo di lavoro: lavapiatti, fattorino, facchino, lustrascarpe, minatore. Nelle città in cui approdò, si fermò quel tanto che gli consentisse di guadagnare i soldi necessari per prolungare il tragitto verso ovest. Non sapeva quello che avrebbe trovato alla fine della traversata, ma sin da ragazzo aveva capito che la sua anima irrequieta non era fatta per stare troppo tempo in un posto.
E così, dopo diversi mesi, raggiunse la California. Con gli ultimi soldi rimasti acquistò il biglietto ferroviario che lo condusse fino alla cittadina di Eureka, nel nord dello stato. Là nacque il suo soprannome, dopo che iniziò a lavorare come taglialegna nelle immense foreste di sequoie della zona. Bill superava i due metri di altezza e pesava circa centodieci chili: era immenso, un gigante che sovrastava di parecchio tutti gli altri uomini.
«Hei, Bill, fai impressione» gli disse un tizio a cui mancava un orecchio, «sei grosso e imponente come una sequoia.»
Da quel giorno per tutti il suo nome diventò Sequoia Bill.
La California non era affatto male. Il lavoro era duro, ma la paga buona.
Bill iniziò a pensare di trasferirsi definitivamente a Eureka, sforzandosi di venire a patti con la propria natura inquieta, ma ben presto quel progetto andò in fumo a causa di una rissa. Aveva passato la serata alla taverna, a bere con un paio di amici, quando un altro gruppo di taglialegna iniziò a infastidirlo. Bill cercò di mantenere la calma, fin quando fu costretto a seguire gli attaccabrighe fuori dal locale. Erano tutti visibilmente ubriachi, facevano fatica a stare in piedi, però a un certo punto era spuntato un coltello. La lama aveva colpito di striscio il braccio di Bill, facendolo sanguinare. La vista del sangue fece scattare in Bill l’istinto di sopravvivenza: in men che non si dica atterrò i facinorosi, poi afferrò il coltello. Se lo passò tra le mani alcuni istanti e con un grido animale lo piantò furiosamente nella pancia di quello che lo aveva ferito. Era fuori di sé, ribolliva di rabbia. Forse avrebbe colpito ancora se le urla di dolore del poveretto non l’avessero fatto desistere dal proposito.
«Cazzo, Bill, guardalo. Butta sangue come un maiale» disse uno degli amici. «Devi andartene da qui.»
«Come?» Bill non capiva.
«È una brutta ferita del cazzo. Se questo stronzo ci lascia le penne per te è finita.»
Bill rimase imbambolato a guardare la camicia dell’uomo diventare sempre più scura.
«Diavolo, Bill, te ne vuoi andare?»
Nel frattempo dalla taverna erano usciti alcuni curiosi per capire cosa stesse succedendo. Le risse erano all’ordine del giorno e non destavano più alcun interesse. Di solito si risolvevano in un paio di minuti, ma era già passato parecchio tempo da quando i due gruppi di boscaioli erano usciti per regolare i conti.
«Tieni, prendi questi soldi e sparisci. Buona fortuna, Bill» aggiunse ancora l’amico spingendolo via da lì.
Fu allora che Bill comprese davvero la portata di ciò che aveva fatto e scappò via, senza voltarsi indietro, accompagnato dalle voci degli uomini che cercavano di bloccare l’emorragia.
Guardò il cielo, provando a orientarsi con la luna e le stelle.
C’era una sola possibilità: sarebbe andato verso nord, attraversando la foresta. Doveva passare il confine ed entrare in Oregon.

Camminò diversi giorni, fermandosi soltanto qualche minuto per riposare e la notte per dormire. Marciava dall’alba al tramonto, nutrendosi di erbe, frutti e insetti e dissetandosi con l’acqua che si accumulava in abbondanza sopra al muschio. Non era tranquillo.
Sperava di riuscire ad attraversare il confine senza difficoltà.
Si augurava anche che il bifolco potesse salvarsi, non perché gli importasse qualcosa di lui, ma perché se fosse sopravvissuto c’erano maggiori possibilità di passarla liscia.
Ma era la foresta a inquietarlo maggiormente. Era come se ci fosse qualcosa lì con lui, qualcosa di non umano, nascosto tra gli alberi, che lo osservava senza sosta. Una presenza indefinita che gli faceva visita anche nei sogni, facendolo svegliare nel cuore della notte sudato e impaurito sotto un mantello di tenebra.
Quando superò il confine di stato la sua mente visualizzò l’immagine di un cervo col ventre squarciato, le interiora sparse sul terreno che brulicavano di larve e mosche. Si trattava del frammento di un sogno fatto quella notte, forse nelle prime ore del mattino. Non ricordava altro, anche se aveva la certezza che il resto fosse ancora peggio.
No, non era tranquillo. E aveva anche un brutto presentimento.

Proseguì il cammino, alternando boschi e strade sterrate, finché non giunse nella cittadina di Ashland. Coi soldi che aveva in tasca si poté permettere un pasto decente, un letto caldo e un biglietto ferroviario per il nord dello stato. L’obiettivo era quello di frapporre sempre più miglia tra sé e la California. Il fato lo catapultò a Portland, dove trovò lavoro sempre come taglialegna. Si trasferì in un piccolo villaggio formato esclusivamente da boscaioli, situato nelle valli boscose della Catena delle Cascate. In quella zona non c’erano sequoie, bensì pini, larici e abeti, ma il suo nome non mutò. Si presentò come Sequoia Bill e tutti impararono a chiamarlo così. S’integrò in poco tempo nella piccola comunità e divenne buon amico di tutti.
L’inquietudine passò, assieme ai brutti sogni e ai cattivi presentimenti.

«Davvero sono così grosse?»
Bill si stava lavorando con Frederick un grande abete. Impugnavano una sega dal doppio manico, cercando di allargare il solco provocato dall’accetta. Fred era quello con cui aveva legato di più, lui e Sam Holligan. Non a caso loro tre, assieme a un antipatico grassone irlandese, dividevano la stessa baracca di legno.
«Te lo giuro, Fred. In California ho visto delle sequoie che neppure sei uomini erano in grado di abbracciare tenendo le braccia ben tese.»
«Da non crederci, cazzo. Sei uomini.»
Fred si fidava di Bill, non credeva che potesse prendersi gioco di lui. Eppure sei uomini erano davvero tanti.
«Pensa che una volta un tale, prima dell’abbattimento, si è sdraiato nell’incisione e si è fatto fotografare in quella posa. C’è stato tutto, dalle scarpe al cappello.»
«Incredibile, davvero. Scommetto che tu non ci hai mai provato, perché sapevi che il giochetto non ti sarebbe riuscito.»
Sequoia Bill scoppiò a ridere, portandosi dietro anche la risata dell’amico.
«Che avete da ridere, voi due?»
Sam Holligan li raggiunse, un sandwich di carne tra le mani.
Bill e Fred guardarono gli altri; il caposquadra aveva già dato il segnale per il pranzo e loro non si erano accorti di nulla.
«Niente, Bill mi stava parlando di alcune sue parenti» ridacchiò Fred, armeggiando col cestino.
Sam sorrise, poi si fece serio tutto d’un tratto.
«Avete sentito niente ieri notte?»
La voce di Sam era titubante. Quella mattina non aveva detto niente agli amici perché non voleva sembrare sciocco, ma adesso si era fatto coraggio.
Bill e Fred si guardarono scuotendo la testa.
«Cosa avremmo dovuto sentire?» chiese Sequoia Bill.
«Un rumore. Un lamento agghiacciante che proveniva dalla foresta.»
Gli altri due scossero ancora la testa.
«Sì, un verso lugubre che mi ha gelato il sangue. Ho provato a riaddormentarmi, a fare finta di niente, ma ho continuato a sentire quel lamento.» Sam deglutì a vuoto e abbassò lo sguardo. «Così ho preso la lanterna e sono uscito per vedere. Ho puntato la luce in direzione della foresta, ma non ho visto nulla. Però vi giuro che è vero…l’ho sentito quel lamento, non me lo sono sognato.»
«Hei, amico, calmati» disse Frederick.
Sam rialzò lo sguardo. Tremava.
«Anche O’Sullivan l’ha sentito. Dice che si tratta dell’anima dannata dell’avventuriero che si è perso nella foresta.»
Bill guardò Fred con aria interrogativa.
«Uno che veniva da fuori, un tizio di città, San Francisco mi pare. Si è smarrito nella foresta lo scorso inverno e non è più stato ritrovato.»
Bill pensò alle leggende degli Ojibwa che gli raccontava suo nonno, ma scacciò subito quel pensiero.
«Magari si tratta di suggestione, Sam. Forse è solo il vento che viene da nord che soffia tra gli alberi. Il freddo e l’inverno stanno per arrivare.»
«Già, magari è così» rispose Sam, senza convinzione.

Quella notte Bill fu svegliato dai due amici.
«Ascolta Bill, ascolta bene. Pensi ancora che la mia sia suggestione?»
Squadrò Sam in modo torvo e si tirò su dal letto.
«Che ore sono?» domandò con fare brusco.
«Bill, l’ho sentito anch’io» disse Fred. «Una sorta di ululato, un lamento innaturale. Dobbiamo andare a vedere.»
I due avevano già acceso la lanterna e si stavano vestendo.
«Un ululato hai detto? Magari sono lupi.»
Fred e Sam fecero cenno di no.
«So riconoscere l’ululato di un lupo quando lo sento. No, dobbiamo scoprire di cosa si tratta. Vieni con noi?»
Bill esitò. Le leggende del suo popolo gli vorticavano senza sosta nella mente. Non sapeva che fare; era spaventato, ma non voleva lasciarli da soli.
«Ma di che hai paura?» lo incalzò Fred. «Grande e grosso come sei.»
«D’accordo, andiamo pure. Ma se non troviamo niente ce ne torniamo subito dentro, intesi?»
Mentre si vestiva, Bill osservò O’Sullivan che dormiva beato. Lo invidiò come nessun altro in tutta la sua vita.
I tre boscaioli lasciarono la baracca, le scuri strette nelle mani e le lampade davanti al viso a illuminare l’oscurità. Faceva freddo quella notte d’inizio ottobre. Anzi, si gelava, un gelo che ti entrava dentro sino a stritolarti le ossa. Procedettero uno affianco all’altro verso il limitare della foresta, sin quando un verso inumano li bloccò. Si guardarono in faccia come a chiedersi se aveva senso ciò che stavano facendo, poi Bill ruppe lo stallo e avanzò tra gli alberi. Stringeva l’accetta con forza, pronto a calarla su qualsiasi cosa gli si fosse parata davanti. Fred e Sam lo seguivano a qualche passo di distanza.
Il bubbolio di un gufo bucò l’aria e in quel momento a Bill parve di vedere un’ombra muoversi tra gli alberi. Agì d’istinto e si gettò all’inseguimento. La lanterna dondolava nella sua mano come una nave nel mezzo di un mare in tempesta, creando ombre minacciose dietro ogni tronco. Correva veloce, in modo da dominare la paura, poi un grido agghiacciante gli trapassò il cervello. Lo strillo terrorizzato di un uomo.
«Bill, aiutami, per l’amor di Dio.» Riconobbe la voce di Sam, alla quale si aggiunse subito dopo quella di Fred.
«Aiuto, mio Dio, no, no!»
L’indiano tornò sui propri passi e si precipitò in direzione delle voci.
Avanzò dentro il cuore della foresta, seguendo le suppliche dei suoi compagni di lavoro, finché d’un tratto non sentì più nulla.
Continuò ad avanzare, più lentamente, scrutando dentro ogni ombra.
A terra notò le scuri e le lanterne di Sam e di Fred, poi, vicino all’entrata di una caverna, trovò quello che doveva essere Fred. Gli mancava mezza faccia, la cassa toracica era quasi completamente esposta per via delle carni dilaniate. S’inginocchiò e scosse il corpo, ben sapendo che non c’era più nulla da fare. Fissò l’unico occhio rimasto di Fred e si rialzò, gli abiti appiccicosi del sangue caldo dell’amico.
Avrebbe dovuto scappare, correre il più lontano possibile, ma non ci riuscì. Ora doveva sapere, anche a costo di fare una fine orribile.
Si avvicinò all’imbocco della grotta e lo vide.
Era proprio come narravano le storie e le leggende della sua tribù. La creatura era china sul ventre di Sam e gli stava divorando gli intestini. La pelle appiccicata al corpo scheletrico lasciava vedere le ossa delle scapole e della colonna vertebrale. Le fauci sproporzionate tranciavano grossi brandelli di carne, con gli artigli lunghi e affilati che scavavano nuovi cunicoli sanguinolenti nel corpo martoriato.
Quell’essere demoniaco stava divorando Sam e pareva ingrandirsi a vista d’occhio, boccone dopo boccone: le gambe, le braccia, il teschio di cervo sormontato da palchi infiniti. Rabbrividì, sapendo che quello era soltanto l’inizio, dato che più diventava grosso e maggiore era il suo bisogno di carne umana per placare la fame.
Si ritrasse in silenzio, stordito da quelle immagini di morte, dalla puzza di cadavere che aleggiava su ogni cosa e dal terrore di poter diventare il prossimo pasto del Windigo. Camminò e pregò, voltandosi indietro a ogni passo, aspettandosi ogni volta di vedere la creatura proprio dietro di lui, pronta a divorargli corpo e anima. Solo quando si sentì più sicuro, iniziò a correre come un dannato, senza voltarsi, senza prendere fiato, finché non si ritrovò al villaggio.
Mancava poco all’alba. Appena entrò in casa svegliò O’Sullivan, poi bussò alla porta di ogni baracca per raccontare ciò di cui era stato testimone. Nessuno volle credergli e non li biasimò per questo, visto che lui stesso faceva una fatica immane a concepire ciò che aveva visto.
Venne organizzata velocemente una spedizione alla caverna, ma quando furono sul posto non trovarono nulla: nessun cadavere, nessuna traccia di sangue, neppure un osso o un brandello di carne.
Il Windigo aveva divorato tutto.
Le uniche tracce visibili imbrattavano i vestiti di Bill, nette e inequivocabili tracce di sangue che, anche in assenza dei corpi, furono sufficienti a garantirgli una duplice accusa di omicidio.

Con l’arrivo del freddo e della neve l’attività di taglio si fermò e il villaggio venne abbandonato dai boscaioli in attesa della bella stagione.
Forse fu un bene, perché il Windigo non causò più altre vittime, ma questo sancì per tutti la colpevolezza di Sequoia Bill.
Bill si spostò ancora sulla branda e riaprì gli occhi.
Riusciva a vederlo, là nella penombra, le mani con gli artigli uncinati che stringevano le sbarre. Sentì il rumore della bava che scivolava giù dalla bocca mostruosa della creatura e andava a raccogliersi in una pozza sul pavimento. Percepì anche l’olezzo di morte e carne in decomposizione che scaturiva da quel corpo demoniaco.
Quasi ogni notte sognava Sam e Fred, stesi nella foresta con i corpi martoriati. Non dicevano niente, lo guardavano soltanto con occhi supplichevoli, quasi a volergli chiedere scusa.
Ora la creatura non era più fuori dalla cella, ma dentro. Il puzzo di putrefazione si era fatto insopportabile.
Bill si tappò naso e bocca con l’incavo del braccio e aspettò che tutto finisse. L’allucinazione non durava mai più di qualche minuto, ma era sufficiente a fargli desiderare di essere morto.
Per fortuna molto presto sarebbe stato accontentato.
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Messaggio Da Petunia Lun Mar 04, 2024 12:49 pm

Un racconto horror è qualcosa di nuovo in questa tornata di letture.
Mi piace come è costruita la storia con la parte iniziale in cui Sequoia Bill appare contento di subire una condanna a morte tutto sommato accettabile considerate le morti orrende alle quali ha assistito in precedenza. Anche se a me un po' di dubbio resta che invece sia proprio Sequoia Bill il criminale. Ma questo è il bello del racconto.
Non altrettanto efficiente anche dal punto di vista della formattazione, la gestione del grande flash back. Inoltre anche dal punto di vista grammaticale ci sono problemi sulla gestione della consecutio temporum non sempre azzeccata in cui trapassato prossimo e passato remoto non sono utilizzati sempre in modo corretto.
I dialoghi soffrono un po' della "sindrome da fumetto" e tolgono un bel po' della patina di "paura" che il testo vorrebbe incutere. Resta dunque horror per la presenza forse di un essere malvagio soprannaturale e alcune descrizioni "pulp".
Prima della parte conclusiva si avverte la necessità almeno di uno spazio.

Aveva passato la serata alla taverna, a bere con un paio di amici, quando un altro gruppo di taglialegna iniziò a infastidirlo. 
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Messaggio Da vivonic Lun Mar 04, 2024 10:40 pm

Ciao Autore.
Il tuo racconto soffre la mancanza di una rilettura, che avrebbe risolto quasi la totalità dei problemi di questo racconto. In un concorso letterario è raro trovare virgole tra soggetto e predicato, errori di consecutio temporum e refusi vari, anche di doppia spaziatura. Peccato.
Mi è piaciuto il genere, che rompe un po' quella inevitabile "monotonia" chiamata dal tema di questo step. 
Tema, a proposito, poco incisivo nell'economia della storia, anche nel confronto con gli altri racconti in gara.
Per quanto mi sia piaciuta la lettura, credo che ci siano troppi problemi per poter ambire a un posto alto in classifica. Resta comunque un racconto che ho letto volentieri e che non dimenticherò tanto presto, e questo è già un po' un riconoscimento...

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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Messaggio Da ImaGiraffe Gio Mar 07, 2024 10:12 am

Lo stile di questo racconto è davvero buono e scorre senza intoppi. La storia è solida, ma mi sembra un po' troppo familiare. L'effetto sinossi è un po' presente, e la trama, seppur carina, non spicca particolarmente.
Personalmente (per quanto riguarda la "Pancia") non sono riuscito a sentire quell'angoscia e tensione che ci si aspetterebbe in un racconto del genere. L'ambientazione della foresta  è presente, ma non abbastanza marcata per me. Avrei voluto che la foresta fosse più protagonista, invece sembra essere solo uno sfondo.
Visto che siamo in un concorso questo penalizza il racconto anche se rimane un'ottima lettura.
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Messaggio Da Fante Scelto Gio Mar 07, 2024 11:19 am

Una storia senza redenzione, un tipico horror americano che proprio delle dense foreste, sede di tanti racconti e film di questo genere, fa la sua cornice più che adeguata.
In fondo, se pensiamo a "bosco" ci viene in mente qualcosa di sereno e gradevole, mentre se pensiamo a "foresta" è più facile pensare a inquietudine e smarrimento: forse è questa la vera differenza tra i due termini, chissà.
Il titolo mi aveva subito indirizzato sul wendigo (lo conosco come wendigo ma credo sia corretto anche windigo), che in effetti è una delle leggende dei nativi americani più suggestive, e mi ha soddisfatto l'aver indovinato il riferimento.

La storia in sé è molto classica e segue alcuni dettami dell'horror, tra cui il protagonista che viene accusato di un crimine orribile che non può aver commesso ma per il quale non esiste modo di discolparsi, la morte accolta come liberazione dall'orrore di cui è stato testimone, nonché i personaggi che si infilano in situazioni pericolose senza un reale motivo che vada oltre il mero "devo sapere cosa succede".
Di per sé i cliché non sono un male in questo tipo di racconti, però serviva, a parer mio, un qualche guizzo in più per andare oltre e ottenere una storia efficace.
Così com'è il racconto funziona comunque, ha il suo svolgimento e delle atmosfere consone, però non brilla per un qualche tratto realmente originale.
In questo senso pesano un po' i dialoghi, troppo piatti, specie per un contesto così specifico e particolare.
C'è anche qualche virgola usata impropriamente, ma nulla di grave.
Ho invece scovato un "affianco" nel testo, che ora non trovo più, a posto di "a fianco", errore sempre più diffuso oggidì e non ne capisco la ragione. 

Molto bene invece, secondo me, l'uso oculato del narratore onnisciente, che non invade più di tanto e si fonde bene con la vicenda narrata.
Buona anche la scrittura, asciutta, solida, con il giusto compromesso tra descrizioni e parti narrate. Molto bene.

In definitiva, il racconto mi è piaciuto e l'ho letto molto volentieri, vista la tematica trattata che mi affascina molto, però gli manca quel qualcosa per renderlo memorabile. Il mio giudizio è nel complesso positivo.
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Messaggio Da gipoviani Gio Mar 07, 2024 3:00 pm

L'ambientazione non è priva di fascino. L'idea narrativa non è originalissima, ma neanche banale.
La scrittura è buona, non sono disturbato da alcuni errori facili da correggere.
La mia critica principale riguarda il fatto che nel racconto manca pathos. I personaggi, a partire dal protagonista, Sequoia Bill, non hanno una vera profondità psicologica e quindi non siano un grado di creare quel legame empatico con il lettore.
La storia sembra più una cronaca che una narrazione. 
Io quando leggo narrativa voglio emozionarmi.  E qui mi emoziono poco.

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Messaggio Da M. Mark o'Knee Gio Mar 07, 2024 5:11 pm

Un buon horror basato sulla figura del Windigo, creatura mitologica di alcune tribù di pellerossa nella quale mi ero già imbattuto alcuni anni fa in un fumetto di Magico Vento.
La storia è imbastita piuttosto bene e la rassegnazione di Bill nel subire una condanna ingiusta, pur di non andare incontro a un destino peggiore, lo accomuna, almeno in parte, al grosso John Coffey del Miglio verde. Anche lo stile scorrevole contribuisce a sorreggere la trama, che, in ultima analisi, non brilla per originalità.
Purtroppo, il testo è costellato da varie imprecisioni, prima fra tutte la cattiva gestione delle consecutio in diversi punti della narrazione e del flash-back; e l'utilizzo della punteggiatura non sempre è appropriato.
Pochi gli errori/refusi:
- "nel nord dello stato" in questo caso ci vuole l'iniziale maiuscola ("Stato");
- "Hei, Bill" / "Hei, amico" è preferibile la forma "ehi";
- "vero…l’ho" manca lo spazio dopo i puntini e la successiva lettera maiuscola;
- "uno affianco all’altro" la forma corretta è "a fianco".
Penso comunque che il difetto maggiore del racconto sia l'eccessiva linearità, che lo rende più simile a un dettagliato resoconto dei fatti che a un testo narrativo (per di più di genere horror). Anche le scene più raccapriccianti restano piuttosto piatte, non suscitano una forte reazione nel lettore (almeno a me hanno dato questa impressione). Prendo come esempio il punto della fuga precipitosa di Bill dalla foresta:
"Solo quando si sentì più sicuro, iniziò a correre come un dannato, senza voltarsi, senza prendere fiato, finché non si ritrovò al villaggio.
Mancava poco all’alba. Appena entrò in casa svegliò O’Sullivan, poi bussò alla porta di ogni baracca per raccontare ciò di cui era stato testimone".
È troppo descrittiva, non si percepisce né il terrore né l'affanno, manca la concitazione che dovrebbe accompagnare un'esperienza così devastante. E quel "Mancava poco all’alba" dà il colpo di grazia a quel poco di verve che ci poteva essere.
In definitiva, si va poco oltre la piacevole lettura.
Grazie
M.

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Messaggio Da Albemasia Gio Mar 07, 2024 6:40 pm

Devo dire che a pelle il racconto mi è piaciuto, forse anche perché appartiene a un genere di cui ho letto molto soprattutto in passato. Per certi aspetti ha ricordato anche a me il personaggio de "Il Miglio Verde", per quel senso di ineluttabilità nei confronti di una morte decretata, ma ingiusta. 
La cosa che più mi ha disturbato, però, è stato lo stacco dal tempo presente al flashback, per via dell'anteriorità non rispettata nei tempi verbali. Dal momento che l'inizio del racconto era già espresso al passato remoto, trovo che il resto della rievocazione avrebbe dovuto essere svolta al trapassato prossimo. Per cui, dopo che  il protagonista "Chiuse gli occhi e sospirò", il seguito avrebbe dovuto essere: "Alle soglie dei vent'anni Sequoia Bill aveva lasciato il Minnesota, [...] si era addattato a fare ogni tipo di lavoro" e così via.
Per il resto (a parte questa "dissonanza"), il racconto si lascia leggere piacevolmente fino al finale inesorabile, con la frase di chiusura non priva di una perfida ironia.
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Messaggio Da tommybe Gio Mar 07, 2024 10:12 pm

Sarò breve, se impiego troppo tempo a scrivere si blocca il commento, deve essere un problema tecnico mio probabilmente.
Il racconto mi sembra scritto molto bene e per certi versi è pure avvincente, ma io non sono una cima in grammatica e rispetto le critiche. 
L' horror non è la mia passione, sono troppo influenzabile e rischio di passare la notte in bianco. Anche se non è questo il caso. Il tuo racconto horror sembra fatto apposta per farmi vincere le mie paure. 
Un buon lavoro, grazie.
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Messaggio Da Arunachala Mar Mar 12, 2024 11:30 am

un buon racconto, abbastanza ben scritto.
originale, rispetto ad altri di questo step, visto che si tratta di un horror.
che poi mi rimane il dubbio sull'assassino, eh. chissà, magari Bill è colpevole, ma questo lo saprà lui.
buone le descrizioni, così come la stesura.
nel complesso lo posso definire un buon lavoro.

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Messaggio Da Resdei Mar Mar 12, 2024 5:34 pm

Bel racconto anche questo. 
Letto proprio con piacere, anche se il genere non è nelle mie corde. 
Buona la scrittura, “belle” le immagini horror che hai descritto, coerente il finale. 
La trama non è forse originalissima, è il tuo spirito della foresta e, oltretutto, ha il pregio di aver distolto il lettore dalle tante fiabe dello step. 
La resa finale mi sembra davvero buona, pertanto mi ritengo soddisfatta.
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Messaggio Da mirella Ven Mar 15, 2024 6:26 am

Il racconto si distingue da tutti gli altri per la scelta del genere. 
Non riscontro elementi innovativi in quanto il NO si adegua ai cliché dell’horror, quindi l’originalità è nella scelta piuttosto che nel modo di gestire la trama, comunque articolata in modo coerente.
L’incipit presenta il protagonista nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione, segue il flash back che racconta la sua vita, infine il finale lo mostra ancora in cella in preda alle sue allucinazioni.
La scrittura non è sempre corretta, comunque la forma fluida consente una lettura piacevole anche se trasmette poche emozioni. Colpa dello stile distaccato del narratore onnisciente, presenza  richiesta dal concorso. Vedrei nell’esposizione in prima persona una resa migliore del testo.

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Messaggio Da CARLA EBLI Ven Mar 15, 2024 7:55 am

Un racconto che tiene il lettore incollato alle parole.
 I dialoghi potevano essere gestiti meglio.
Qualche errore di punteggiatura.
Un horror classico americano che, in alcune sue parti, è stato gestito in modo egregio.

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Messaggio Da paluca66 Sab Mar 16, 2024 6:04 pm

Come non pensare a John Coffey de “Il miglio verde” leggendo il tuo racconto!
Il “non bianco”, l’uomo gigantesco, l’accusa di omicidio infondata, la cella in attesa della pena di morte…
Gli ingredienti ci sono tutti anche se qui hai evocato il “Windigo” questa creatura infernale dei nativi americani.
Tra il Windigo e Bill Sequoia, veri protagonisti di questo racconto, la foresta perde un po’ di centralità e, se è vero che la presenza del racconto significa che ha superato le selezioni, d’altra parte non posso fare a meno di confrontare il paletto con l’utilizzo dello stesso da parte di altri racconti.
Il racconto in sé mi è piaciuto nel suo scorrere senza intoppi e con una logica (forse fin eccessiva non essendoci nessun momento di svolta che faccia trasalire il lettore nonostante il genere horror – a proposito, non ho provato inquietudine nel leggerlo) verso un finale inevitabile.
Ben scritto non ho rilevato refusi particolari se non qualche virgola dove non dovrebbe esserci (attenzione soprattutto a quelle che stanno tra soggetto e verbo!) e questo ha reso la lettura scorrevole e gradevole.

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Messaggio Da FedericoChiesa Sab Mar 16, 2024 7:59 pm

Anche io mi sono figurato il personaggio del Miglio Verde, ma alla fine è solo un rimando leggero.
Il racconto mi è piaciuto, si scosta di molti che ho letto in questo step.
Due dettagli che mi hanno un po' disturbato: Sequoia Bill scappa dalla California quando comunque era evidente si trattasse di legittime difesa.
Da tutti i film americani si evince che se non si trova il cadavere, non di può essere accusati dell'omicidio; e se i due amici fossero scappati?
Sequoia Bill: bel nome, azzeccato e suona bene.
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Messaggio Da Susanna Lun Mar 18, 2024 12:07 am

Il titolo anticipa un poco la storia che ci viene raccontata, ma è comunque indovinato. Come accade spesso con i racconti in gara, si impara qualcosa di interessante, in questo caso la leggenda dei Windigo.
La foresta è presente ma non in modo eclatante; il fatto che sia un ambiente in cui non è facile sopravvivere e capace di grandi suggestioni, portatrice e protagonista di leggende spesso spaventose - che si prestano a dare un sentore di horror al racconto – finisce per diventare elemento secondario rispetto alla presenza soprannaturale che prende il sopravvento nella storia.
Una storia sviluppata bene, anche come stile di scrittura, peccato che l’incipit già anticipi che al protagonista qualcosa di strano deve essere accaduto. Come lettrice avrei preferito che la storia iniziasse con il viaggio di Bill. Come in ogni storia che si rispetti, un inizio positivo, quasi rassicurante, avrebbe portato con sé un momento drammatico o tragico, ma aver anticipato tanto ha tolto qualcosa all’elemento sorpresa.
Il racconto è comuque scritto bene, ha un buon ritmo – salvo quanto detto prima – con un finale che chiude il cerchio per bene.
Le mie note: a parte qualche virgola da sistemare, hei si scrive Ehi – ma è una quisquilia.

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Messaggio Da Gimbo Mar Mar 19, 2024 12:29 pm

Mi sento combattuto nel commentare questo racconto. Apprezzo l'idea di scrivere un horror, ammiro la trama solida, l'ambientazione e l'impostazione generale del racconto con tutti i cliché del genere. Tuttavia, la storia è mancante di quel qualcosa in più per renderla memorabile.
Apprezzo lo stile di scrittura scorrevole e l'atmosfera generale del racconto, ma sottolineo la mancanza di pathos e l'eccessiva linearità della trama, così come la mancanza di profondità psicologica nei personaggi. Inoltre, ho notato alcuni problemi di formattazione e grammatica che avrebbero potuto essere risolti con una rilettura più attenta.

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Messaggio Da Giammy Gio Mar 21, 2024 11:06 am

Cosa dire dello "Spirito della foresta"? Direi che il suo autore ha fatto un buon lavoro, che avrebbe potuto essere ottimo.
L'incipit è efficace ed è la parte che ho più apprezzato. La costruzione del racconto mi è piaciuta, nonostante alcune imprecisioni. I personaggi meritavano un maggiore approfondimento: come lettore avrei gradito saperne di più. Interessanti le atmosfere anche se sono convinto che il suo creatore poteva fare molto di più.
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Messaggio Da Claudio Bezzi Gio Mar 21, 2024 12:00 pm

Buon racconto, ma non mi sono sentito particolarmente terrorizzato; direi che è un horror vecchia scuola, alla Lovecraft, che oggi leggiamo con un certo distacco, ma questo non è un difetto. Mi pare che ci sia anche una piccola contraddizione; il windigo “più diventava grosso e maggiore era il suo bisogno di carne umana per placare la fame”, ma in realtà non ci sono più altre vittime; quindi? Inoltre: a cosa serve tutta la parte iniziale che culmina con la rissa e la fuga? Non è funzionale al racconto, non ha alcun rilievo per la vera storia, che inizia più avanti nel villaggio di boscaioli. Non serve neppure per approfondire il personaggio, perché Bill non è un attaccabrighe e di quell’episodio è stato solo vittima; quindi: Perché non toglierlo?

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Messaggio Da Achillu Ven Mar 22, 2024 1:24 pm

Ciao, Penna.

Non mi sono accorto di errori o refusi. L'unica segnalazione che faccio: quando inizia un flashback all'interno di un racconto al passato remoto i tempi vanno messi al trapassato prossimo, almeno per il primo paragrafo: "Alle soglie dei vent’anni, Sequoia Bill, aveva lasciato il Minnesota, la sua terra d’origine, spingendosi a ovest in cerca di fortuna. Durante il viaggio si era adattato a fare ogni tipo di lavoro: lavapiatti, fattorino, facchino, lustrascarpe, minatore." Poi si può proseguire di nuovo con il passato remoto, ma almeno l'introduzione è meglio metterla al trapassato.
Per quanto riguarda la trama, non so quanto sia plausibile avere una condanna senza che ci sia un corpo, ma ci sta perché "anche nel 1903 giocare ad ammazza l’indiano potesse essere un passatempo gradito all’uomo bianco". E ho conosciuto anche il Windigo. Tutto sommato un racconto che ho letto volentieri, un horror che però non mi farà fare incubi e di questo ti ringrazio. Piaciuto anche il finale che lascia il dubbio se il Windigo sia in realtà lui, invece che lo straniero che si è perso nel bosco.

Grazie e alla prossima.

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Messaggio Da Byron.RN Dom Mar 24, 2024 3:14 pm

Racconto che genera un effetto déjà vu, con Sequoia Bill che per le dimensioni e la sua situazione tende a ricordare il John Coffey de Il miglio verde.
È una storia abbastanza classica, scorrevole, ma che probabilmente avrebbe avuto bisogno di un'ultima rilettura per una resa davvero ottimale.
La trama non è molto originale, però Sequoia Bill è un personaggio che mi ha incuriosito, assieme alla figura del Windigo.
Una lettura piacevole che avrebbe comunque necessitato di un pò di cura in più nel corso della stesura.
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Messaggio Da caipiroska Dom Mar 24, 2024 10:28 pm

Mi ha fatto piacere leggere questo racconto, pienamente nelle mie code.
La trame e la storia non sono molto originali, ma l'ambientazione americana che hai dato al testo mi sembra robusta e convincente.
Fai un grande preambolo su Sequoia Bill ma, a conti fatti, qual è il suo ruolo nella vicenda? Lo presenti come protagonista, ma alla fine sembra solo un capro espiatorio: sarebbe stato interessante leggere del perchè non è stato ucciso, cosa rappresenta lui per Windigo, perchè è necessaria la sua testimonianza al resto della comunità.
Ecco, a mio avviso, era in questa fase che potevi giocarti qualcosa di più e lasciare quel sottile velo d'inquietudine nel lettore, dare davvero un ruolo da protagonista a Sequoia e rendere il testo completo e ricco di un bel colpo di scena che in questo genere è fondamentale.
Così avverto come troppo tiepida e poco preponderante la figura del protagonista: alla fine non ha nessun ruolo determinante e la sua figura è marginale alla storia...
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Messaggio Da Molli Redigano Lun Mar 25, 2024 11:13 pm

Ho letto un racconto che scorre bene nonostante nel testo siano presenti imprecisioni per altro già ampiamente segnalate. Questo per dire che a conti fatti il mio gradimento non cambia anche se ritengo che un testo vada curato in tutti i suoi aspetti.

La costruzione del racconto segue quasi uno schema impostato, si parte dal protagonista in cella, condannato a morte; la parte centrale è dedicata al "fatto" e infine si ritorna in prigione tra incubi e allucinazioni. Ciò che risalta, a mio avviso, è la calma di Bill nell'accettare il suo destino. Il tormento è soltanto interiore mi par di capire, tutto il resto è in secondo piano, persino la sua condanna a morte sembra essere presa con leggerezza non già come soluzione. Una psicologia del personaggio complessa nella sua apparente semplicità.

Non conoscevo la leggenda del Windigo, ma è stato interessante leggerne.

Grazie

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Orazio, Ars Poetica, vv. 343-344


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Messaggio Da Arianna 2016 Mar Mar 26, 2024 12:49 pm

Un racconto completamente diverso da tutto quello che finora ho letto in questo step, sia come genere che come stile, e ti dirò che la cosa non mi dispiace.
Non è male: la storia è bella, lo stile è fluido e accattivante.
Secondo me però ci sono degli aggiustamenti da fare, qualche taglio oppure riposizionamento degli elementi. C’è qualcosa di troppo oppure di non collocato nel posto giusto.
La rissa e l’accoltellamento vengono presentati in un modo che crea aspettative nel lettore, come se quell’episodio dovesse poi tornare fuori in seguito, per collegarsi a qualche rivelazione importante. Invece rimane un po’ fine a se stesso, sembra quasi con l’unica funzione di fare ripartire Bill.
Lui avverte il Windigo appena arrivato in Oregon, nei boschi prima di arrivare ad Ashland. Portland, dove invece avviene tutta la vicenda col Windigo, è abbastanza lontana (almeno guardando la cartina), tanto che Bill la raggiunge in treno, e il lettore avverte questa distanza.
Perché quindi non collocare direttamente tutto ad Ashland oppure anche l’“avvertire” il Windigo direttamente nei boschi attorno a Portland?
Mi sembra quella che qui sul forum a volte viene definita “un’occasione mancata”: tante buone idee e una buona scrittura che però non riescono a ottenere la tensione a cui si potrebbe arrivare.
 
Come forma, ti segnalo
- hei: in Italiano è” ehi”; ho trovato che la forma inglese è hey con la y
- uno affianco all’altro: di fianco all’altro, a fianco dell’altro
 
Io ho conosciuto il Windigo anni fa, grazie a un episodio di Magico Vento (fumetto della Bonelli). So che la grafia del nome è variabile: Windigo, Wendigo, Wendingo, Windingo… Una volta lo usai in una partita di un gioco e fui accusata di inventarmi le cose (non c’era ancora Internet, quindi non avevo modo di dimostrare che esisteva).
 
Comunque, il racconto nel complesso è abbastanza buono.
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Messaggio Da Asbottino Sab Mar 30, 2024 4:03 pm

Racconto classico, alla Stephen King. Conoscevo il Windigo, gran bella idea quella di usarlo qui. A livello di aggancio al concorso forse la foresta resta più un personaggio che il vero tema del racconto, ma dopo tante leggende e fiabe con messaggio ambientalista questo racconto è un alternativa coraggiosa e, da lettore di horror e da esperto di cultura americana, una boccata di aria fresca. Non ti stupire autore si ti troverai nella mia di classifica, sempre che io riesca a leggere tutti i racconti in gara naturalmente.
Trama ben gestita e un bel protagonista. Forse si poteva scavare ancora di più o caratterizzare meglio i personaggi secondari, ma funziona egregiamente.
Piccolo appunto finale per le sequoie. Se ti trovi a nord nella zona di Eureka è probabile che si tratti di Redwood e non di Giant Sequoia. La famiglia è la stessa ma le Redwood sono più alte e con il tronco più snello, mentre le sequoie, che si trovano più nel Central California, vicino alla Sierra, sono più basse, relativamente parlando, e hanno il tronco decisamente più largo. Personalmente ho visto le Sequoie, ma non le Redwood. Per capire la differenza basta guardare il Ritorno dello Jedi. La Luna boscosa di Endor non è altro che il Redwood National Park a nord di San Francisco.
Ottima storia, piaciuta.

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