Itaca
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Itaca
Un buco nero.
Fu la prima immagine che gli venne in mente. Non perché il garage fosse buio: dalle porte spalancate sul cortile entrava la luce del giorno.
No. Era per la densità. E per la qualità della densità. Altissima, al centro di un buco nero. Materia ed energia concentrate in una zona minuscola, catturate da una forza gravitazionale sempre più potente man mano che ci si avvicina, tale da non permettere a nulla di sfuggire. Nemmeno al tempo. Il tempo rallenta, fin quasi a fermarsi.
Le pareti, là dove la gravità era minore, tappezzate di poster di luoghi belli. Mare, soprattutto. Azzurro di cielo e oceano. Luce, colori. Aria, tanta aria aperta, finestre sul resto dell’universo.
Poi la materia si addensava, strisciando sul pavimento, accumulata in pile sempre più fitte e alte, fino a seppellire la singolarità al centro del buco nero. L’auto. Di cui forse non si sarebbe accorto se non avesse saputo che c’era. Dal cumulo di oggetti ne spuntava solo qualche angolo. Un fanale, una mezza portiera.
E lui sulla soglia, come sull’orizzonte degli eventi, la linea di confine tra l’esterno e l’interno di un buco nero, superata la quale non è più possibile sfuggirgli.
Era ancora in tempo. Girare sui tacchi e tornare da dove era venuto. Non era poi così importante, alla fine. Poteva tranquillamente vivere bene lo stesso.
Fece un passo dentro il garage.
‒ Chi sei tu?
Un uomo anziano interruppe il proprio lavorio attorno a un cumulo di scatole rovinate in cui stava frugando, traboccanti di una caleidoscopica e inclassificabile varietà di oggetti, che stava tirando fuori, spostando e rimettendo a posto.
‒ Chi sei tu? ‒ ripeté avvicinandosi alla porta.
‒ Lei è Franco? Mi ha indirizzato qui il meccanico, giù in paese.
‒ Perché?
‒ Ha detto che lei ha una cosa che mi può interessare.
Franco ridacchiò un istante, gettando una rapida occhiata all’universo di quelle che, per uno che non fosse lui, non potevano essere altro che cianfrusaglie. Vecchie, sporche, rovinate. Inutili.
‒ No, credo proprio di no.
‒ La Mini Clubman.
‒ Non è in vendita. Il meccanico farebbe meglio a farsi gli affari suoi.
‒ Non voglio tirare sul prezzo. Gliela pagherei bene.
‒ E faresti un pessimo affare. È vecchia. Compratene una nuova.
‒ È d’epoca, ormai. E la sua mi sembra bella, per quel poco che riesco a vederne.
Le labbra tirate di Franco si allentarono in un’espressione addolcita. Si avvicinò alla catasta che proteggeva l’auto. Poggiò una mano sul pezzo di carrozzeria che spuntava. Quasi con tenerezza.
‒ Guarda come è ridotta.
‒ Non mi sembra male.
Franco esitò, poi liberò una parte della fiancata dalla roba che vi era accatastata contro. Si vedeva ora un tratto della banda di legno scuro che percorreva orizzontalmente tutta la carrozzeria dell’auto bianca, piena di ammaccature. Tirò giù dal cofano sacchi ricolmi.
Apparve il parabrezza. Infranto.
‒ Vedi? Non si muove da una vita. Non è nemmeno più in grado di partire. Che te ne fai?
L’altro rimase in silenzio per lunghi secondi, lo sguardo fisso sul vetro infranto. Poi si avvicinò anche lui all’auto e sfiorò la banda di legno.
‒ Cos’è successo?
Franco scrollò le spalle.
‒ Facciamo che ripasso domani, così stanotte ci pensa?
‒ Fai quello che vuoi, ma l’auto non va da nessuna parte.
Tornò di primo mattino, e trovò Franco già nel garage, immerso nel suo universo di cataste.
‒ Si può riparare.
‒ Non mi interessa, piantala.
‒ Potrebbe rimetterla a posto e tenerla lei, allora.
‒ Da farne che?
Indicò i poster alle pareti: ‒ Andare un po’ in giro?
Franco si voltò e sembrò concentrarsi in qualche impegnativa opera di montaggio e smontaggio: ‒ Dove vuoi che vada? Ormai è troppo tardi.
Si fermò, però, e anche lui alzò gli occhi verso una foto del mare: ‒ Una volta, una volta sì… ma tanto tempo fa, prima.
L’altro accennò al parabrezza sfondato: ‒ Prima di quello?
Franco abbassò lo sguardo e iniziò a frugare in un scatolina piena di viti e bulloni: ‒ Che ti importa?
‒ Cos’è successo?
Franco posò la scatola. Prese due seggiole, si sedette e offrì l’altra all’uomo: ‒ Siediti. Tanto, ormai… Poi magari così ti passa la voglia di comprarla.
Si prese qualche secondo.
‒ Erano altri tempi, sai. Tu non te lo puoi ricordare, dovevi essere piccolo, in quegli anni. Poi dopo sono venute tante regole, tante leggi, le cinture di sicurezza, davanti e dietro. Ma allora… un po’ non c’erano, un po’ non ci si pensava molto, non eravamo abituati… Ma non è una scusa, sai. No, non lo è, non lo è mai stata… Poi mia moglie me lo diceva sempre, almeno di tenerli dietro, i bambini. E di stare attento. Di non fare tante cose che facevo, anche se loro ci si divertivano: un po’ di slalom, le curve strette. Quel giorno avevo in macchina il grande, Pietro. Grande… aveva sette anni. E lui era seduto davanti. E io ho dovuto frenare all’improvviso…
Franco tacque, poi: ‒ Ho ucciso mio figlio.
L’altro rimase in silenzio a lungo, infine: ‒ E dopo?
‒ Mia moglie resistette qui solo qualche settimana. Un giorno prese Giovanni e sparì.
‒ Non li ha cercati?
‒ Subito, avrei voluto. Poi ci ho pensato. Ho pensato che forse per loro era meglio così. Che forse per Giovanni era meglio così. Che forse, se fosse rimasto, avrei fatto del male anche a lui.
‒ Sono passato in paese dal meccanico, ieri sera ‒ lo accolse cupo Franco. ‒ Gli ho chiesto che cosa gli era passato per la testa, di dire a uno sconosciuto che avevo la Clubman da vendere. Mi ha risposto che lui non gli aveva detto proprio niente, che quello lo sapeva già, che io avevo o avevo avuto quell’auto. Che gli aveva solo chiesto se era ancora qui. E il meccanico ti ha risposto che non sono fatti tuoi. Sono fatti tuoi? Che ne sai, tu, della mia auto?
‒ Sono passato un paio di volte a dare un’occhiata, controllando prima che tu non ci fossi. Non sapevo se l’auto io l’avessi solo sognata o se fosse vera, un ricordo reale. E se era vera, non sapevo se tu l’avessi ancora.
Al centro del buco nero, il tempo già rallentato, imprigionato, si fermò. Franco fissò il volto adulto davanti a lui, cercandovi tracce dell’antico bambino.
Ebbe l’impulso di stendere la mano, ma si fermò all’ultimo, prima di sfiorarlo.
‒ Cosa sei venuto a fare? ‒ mormorò rauco.
‒ A dire il vero, non lo so nemmeno io. O almeno sono partito senza saperlo. Ho passato la vita credendo che mio padre fosse morto. Così mi avevano detto, che mio padre aveva ucciso mio fratello e abbandonato noi, poi era morto. Ricordo, quando ero piccolo, mamma che piangeva e urlava. Non avevo dubbi sulla storia che mi raccontava. Poi, quando qualche anno fa è morta, ho sentito subito che lei non c’era più. Era come avere due radici e sentire che una era stata tagliata. L’altra, invece? Perché io la sentivo ancora. Lo so, è strano, ma così, non so perché, mi è venuto il dubbio. Allora ho fatto domande e ho cercato. Mi sono messo in viaggio, senza sapere cosa avrei fattto, quello che avrei trovato. Un padre assassino? Invece ho trovato te e una storia diversa.
‒ Però è vero che ho ucciso tuo fratello.
‒ Sì, ma…
‒ Non è possibile tornare indietro, cancellare quello che è stato.
‒ Credo che sia arrivato il momento di uscire dal buco nero e fare ripartire il tempo.
‒ Non capisco…
‒ La gravità di un buco nero è talmente forte da imprigionare tutto quello che gli si avvicina. Non è possibile tornare indietro. Il tempo rallenta fin quasi a fermarsi. Ma qualcuno ipotizza che ci sia un modo per sfuggirgli: attraversarlo e andare oltre.
Giovanni alzò gli occhi su uno dei poster, uno con il mare della Grecia: ‒ Mi fa venire in mente una poesia, si intitola Itaca. Parla del viaggio della vita e della meta, Itaca, che non è importante di per sé, ma perché ci offre l’occasione del bel viaggio. Un viaggio da non affrettare. Una vita che è da vivere. Non ha senso morire prima di essere morti. Possiamo andare oltre il buco nero insieme, verso Itaca.
‒ Come?
Giovanni sorrise: ‒ Iniziamo riparando la Clubman.
Different Staff- Admin
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Re: Itaca
Un racconto onesto senza fronzoli. La prima parte mi ha conquistato con la descrizione del garage, davvero potente. Tuttavia, dopo questo inizio promettente, il resto della trama sembra arenarsi in una storia che non spicca per originalità. La potenza evocativa della prima parte non viene bilanciata dal seguito.
Anche il racconto della morte del figlio manca di mordente. Dovrebbe essere un pugno nello stomaco, ma invece non colpisce. anche la rivelazione finale non porta con sé grandi sconvolgimenti. È tutto scritto, ma poco rimane sentito. Questa sensazione è chiaramente influenzata dalla forza della prima parte, che pone l'asticella molto in alto. Peccato che le aspettative poi scendano e appiattiscano il racconto.
Nonostante ciò, non posso definirlo brutto, ma secondo me avrebbe potuto essere molto più potente
Anche il racconto della morte del figlio manca di mordente. Dovrebbe essere un pugno nello stomaco, ma invece non colpisce. anche la rivelazione finale non porta con sé grandi sconvolgimenti. È tutto scritto, ma poco rimane sentito. Questa sensazione è chiaramente influenzata dalla forza della prima parte, che pone l'asticella molto in alto. Peccato che le aspettative poi scendano e appiattiscano il racconto.
Nonostante ciò, non posso definirlo brutto, ma secondo me avrebbe potuto essere molto più potente
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Itaca
Il garage c'entra nulla, poverino, con quella triste storia, ma proprio perché avvolge, nasconde l'auto dell'incidente, si fa protagonista.
Un padre che incontra un figlio dopo un'eternità lo vorrei più caloroso, più avvolgente, ma tu sei bravo lo stesso, amico. L'originalità della storia ti premierà.
Abbracci.
Un padre che incontra un figlio dopo un'eternità lo vorrei più caloroso, più avvolgente, ma tu sei bravo lo stesso, amico. L'originalità della storia ti premierà.
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tommybe- Cavaliere Jedi
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Re: Itaca
La tua storia mi ha veramente colpito. Primo, perchè sono un appassionato di astrofisica, secondo per via di qualcosa molto personale (però non ho ucciso nessun figlio). Non so se questo basta a renderla una storia interessante anche pper gli altri, comunque il mio giudizio è positivo anche per quanto riguarda la fluidità del racconto. Bravo.
Antonio Borghesi- Cavaliere Jedi
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Re: Itaca
Racconto scritto bene al netto di un paio di refusi di poco conto (iniziò a frugare in una scatolina piena di viti e bulloni - senza sapere cosa avrei fattto), scorrevole e in grado di portare il lettore "dentro" quel garage, soprattutto grazie alla magistrale descrizione iniziale (quando ho persino pensato che fosse un racconto di fantascienza).
Però il racconto in sè, forse a causa della sua prevedibilità, forse a causa della mancanza di un vero coinvolgimento emotivo, resta ben scritto ma alla fine lascia un po' poco.
Una domanda che mi sono psoto e che avrebbe dato una svolta al racconto è stata il perché Franco avesse conservato quella Mini incidentata per tutta la vita, ma forse ce lo spiegherai a step concluso.
Però il racconto in sè, forse a causa della sua prevedibilità, forse a causa della mancanza di un vero coinvolgimento emotivo, resta ben scritto ma alla fine lascia un po' poco.
Una domanda che mi sono psoto e che avrebbe dato una svolta al racconto è stata il perché Franco avesse conservato quella Mini incidentata per tutta la vita, ma forse ce lo spiegherai a step concluso.
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paluca66- Maestro Jedi
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Re: Itaca
Un racconto che ho letto tutto d’un fiato: il lungo incipit, così particolare, prometteva qualcosa di altrettanto particolare e non sono stata delusa, anzi.
Una storia che purtroppo si sarà ripetuta e si ripeterà ancora: la troppa sicurezza, la presunzione di saper affrontare certe situazioni, che certe cose accadono solo agli altri, si infrange spesso sul muro di tragedie che segnano la vita per sempre.
Penso sia stato questo ad avermi coinvolto nella lettura: il senso di colpa, enorme, per qualcosa che poteva essere evitato. Non che tenere i bambini sul sedile posteriore servisse o serva, visto che ancora se ne vedono "liberi": una banale frenata e diventano proiettili in grado di infrangere il parabrezza.
I due protagonisti sono stati davvero declinati bene, complici dialoghi semplici e realistici, che si alternano alle descrizioni di piccoli gesti, piccoli ma importanti, che completano la scena. Pare proprio di essere in quel garage, con la moltitudine di “cose” che racchiudono il dolore di Franco, tenendolo legato al senso di colpa, da cui non vuole uscire, quasi che lo debba rivivere ogni giorno come punizione. Forse è proprio per punirsi che ha tenuto l'auto. Anche la figura del figlio è molto ben tratteggiata: il suo sentire il legame col padre come una radice ancora viva è davvero un’immagine molto bella, così come il fatto che non recrimini su quello che era accaduto.
Complimenti, anche per la scelta del titolo, che racchiude degnamente il finale.
Le mie note:
piccoli refusi sfuggiti sicuramente anche a una rilettura attenta. un scatolina - Poi magari così ti passa (avrei messo o magari o così) - fattto
Una storia che purtroppo si sarà ripetuta e si ripeterà ancora: la troppa sicurezza, la presunzione di saper affrontare certe situazioni, che certe cose accadono solo agli altri, si infrange spesso sul muro di tragedie che segnano la vita per sempre.
Penso sia stato questo ad avermi coinvolto nella lettura: il senso di colpa, enorme, per qualcosa che poteva essere evitato. Non che tenere i bambini sul sedile posteriore servisse o serva, visto che ancora se ne vedono "liberi": una banale frenata e diventano proiettili in grado di infrangere il parabrezza.
I due protagonisti sono stati davvero declinati bene, complici dialoghi semplici e realistici, che si alternano alle descrizioni di piccoli gesti, piccoli ma importanti, che completano la scena. Pare proprio di essere in quel garage, con la moltitudine di “cose” che racchiudono il dolore di Franco, tenendolo legato al senso di colpa, da cui non vuole uscire, quasi che lo debba rivivere ogni giorno come punizione. Forse è proprio per punirsi che ha tenuto l'auto. Anche la figura del figlio è molto ben tratteggiata: il suo sentire il legame col padre come una radice ancora viva è davvero un’immagine molto bella, così come il fatto che non recrimini su quello che era accaduto.
Complimenti, anche per la scelta del titolo, che racchiude degnamente il finale.
Le mie note:
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: Itaca
Ciao Penna. Altro bel racconto, il tuo. Da genitore, con un figlio che amo e che mi ama, non posso che sentire il peso dei rammarichi per ciò che "più" avrei potuto fare. Il racconto è scritto bene, coinvolge, incuriosisce. Bella la discrezione con cui il figliol prodigo ritorna al padre. Mi è mancata la parte più importante: quella del riconoscimento della speciale parentela. È stata molto sbrigativa, affidata a frasi d'effetto ma che hanno mancato da coinvolgimento. Da genitore, grazie per averlo scritto, cara Penna.
digitoergosum- Cavaliere Jedi
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Re: Itaca
Ciao autore
Il tuo racconto mi ha temuto incollata al testo dalla prima all’ultima parola. Mi è piaciuto tanto il parallelismo col buco nero dove il tempo pare rallentare fino a fermarsi proprio come ė successo al tuo protagonista dopo l’incidente. Una vita sospesa a un passo dall’essere inghiottita (al bordo dell’orizzonte degli eventi) ma tuttavia ancora recuperabile. Le descrizioni sono d’impatto ma più ancora è iil particolare senso di stasi infinita, di auto punizione che l’uomo continua a infliggersi un giorno dopo l’altro. È il suo personale inferno, forse poteva darsi la morte ma forse questa non sarebbe stata sufficiente a placare il senso di colpa per l’accaduto. Un dramma che somiglia a tanti drammi, non e necessario dover essere originali, ogni profondo dolore lo è per la persona che lo vive e mi piace che l’uomo abbia sfiorato quel “buco nero” ma che non si sia lasciato ancora risucchiare, mi piace che s’intraveda una luce di speranza, che la vita riservì per lui una possibilità. Mi e piaciuta molto anche la chiusa finale e il titolo. Ottima la scelta narrativa di tenere dritta la barra del pdv sul figlio.
Che il tuo racconto mi è piaciuto molto lo hai capito?
Il tuo racconto mi ha temuto incollata al testo dalla prima all’ultima parola. Mi è piaciuto tanto il parallelismo col buco nero dove il tempo pare rallentare fino a fermarsi proprio come ė successo al tuo protagonista dopo l’incidente. Una vita sospesa a un passo dall’essere inghiottita (al bordo dell’orizzonte degli eventi) ma tuttavia ancora recuperabile. Le descrizioni sono d’impatto ma più ancora è iil particolare senso di stasi infinita, di auto punizione che l’uomo continua a infliggersi un giorno dopo l’altro. È il suo personale inferno, forse poteva darsi la morte ma forse questa non sarebbe stata sufficiente a placare il senso di colpa per l’accaduto. Un dramma che somiglia a tanti drammi, non e necessario dover essere originali, ogni profondo dolore lo è per la persona che lo vive e mi piace che l’uomo abbia sfiorato quel “buco nero” ma che non si sia lasciato ancora risucchiare, mi piace che s’intraveda una luce di speranza, che la vita riservì per lui una possibilità. Mi e piaciuta molto anche la chiusa finale e il titolo. Ottima la scelta narrativa di tenere dritta la barra del pdv sul figlio.
Che il tuo racconto mi è piaciuto molto lo hai capito?
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Re: Itaca
Mi è piaciuto molto questo racconto che, in poche battute, tratteggia due vite e l'incidente che le ha segnate.
Un lavoro eccellente nella sua efficacia.
Anche lo stile di scrittura è assolutamente ottimo, rende pefettamente il senso di questa vicenda coinvolgente, intensa, vissuta nel vero senso della parola.
Ci sono dei difetti, anche se sono secondari.
Per me la similitudine col buco nero è efficace ma solo quando usata dal narratore. Nel finale invece, questa passa in bocca a Giovanni e allora diventa troppo ricercata, troppo aulica, forse non adatta all'interlocutore, facendo sembrare la chiusa del ragazzo-adulto un pezzo troppo da teatro, o da cinema.
Anche la similitudine con Itaca, che poi dà il titolo al racconto, non l'ho trovata calzante, o non del tutto. Itaca è la meta sognata, desiderata, dopo vent'anni via di casa; certo, senza disdegnare quella deviazione qua e là in nome dell'avventura.
Ma non riesco a vederla come una scusa per un bel viaggio.
A parte questi tecnicismi, il racconto è, per me, da ottimi voti.
Un lavoro eccellente nella sua efficacia.
Anche lo stile di scrittura è assolutamente ottimo, rende pefettamente il senso di questa vicenda coinvolgente, intensa, vissuta nel vero senso della parola.
Ci sono dei difetti, anche se sono secondari.
Per me la similitudine col buco nero è efficace ma solo quando usata dal narratore. Nel finale invece, questa passa in bocca a Giovanni e allora diventa troppo ricercata, troppo aulica, forse non adatta all'interlocutore, facendo sembrare la chiusa del ragazzo-adulto un pezzo troppo da teatro, o da cinema.
Anche la similitudine con Itaca, che poi dà il titolo al racconto, non l'ho trovata calzante, o non del tutto. Itaca è la meta sognata, desiderata, dopo vent'anni via di casa; certo, senza disdegnare quella deviazione qua e là in nome dell'avventura.
Ma non riesco a vederla come una scusa per un bel viaggio.
A parte questi tecnicismi, il racconto è, per me, da ottimi voti.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Itaca
Il racconto mi è piaciuto, però mi manca qualcosa.
Soprattutto la prima parte la trovo molto incisiva, mentre quella dove si concretizza il riavvicinamento tra padre e figlio mi è sembrata troppo sbrigativa. Ecco, forse è lì che mi manca qualcosa, mi sarebbe piaciuto che tu avessi speso qualche parola in più su questa svolta, che ripeto mi è sembrata troppo veloce, mentre invece sarebbe potuta essere più corposa ed efficace.
Poi ti faccio un appunto sulla metafora del buco nero, che mi è piaciuta, però alla lunga diventa troppo ingombrante. Non so, può sembrare una stupidaggine, però ti dico la sensazione che ho avuto nella lettura: se tu mi avessi speso giusto due parole in più su Giovanni, esplicitando la sua passione per l'astrofisica, magari tirando fuori anche un lavoro a essa attinente, non ci sarebbero stati problemi. Così, senza questi riferimenti espliciti, senza palesarli, io ho visto un'ingerenza dello scrittore sul personaggio, un'intromissione nella storia del vissuto dell'autore. Questo è un punto abbastanza delicato e difficile da spiegare, in quanto un autore mette quasi sempre qualcosa di suo nelle storie che racconta. L'accortezza e la magia sta nel rendersi invisibile ed esprimere il tutto attraverso la personalità del personaggio creato. Ecco, a me a un certo punto è mancato questo equilibrio.
Chiudo il mio commento dicendoti che mi hai fatto venire in mente un paio di episodi con mio babbo. Probabilmente quando sono capitati c'era già l'obbligo delle cinture e io le avevo pure allacciate, ma ricordo benissimo che dopo una frenata il braccio di mio babbo si è spostato velocissimo a protezione verso di me. Niente, era solo per ricordare mio babbo che da un pò non c'è più e l'istinto protettivo di un genitore che è sempre allertato in presenza dei propri figli.
Soprattutto la prima parte la trovo molto incisiva, mentre quella dove si concretizza il riavvicinamento tra padre e figlio mi è sembrata troppo sbrigativa. Ecco, forse è lì che mi manca qualcosa, mi sarebbe piaciuto che tu avessi speso qualche parola in più su questa svolta, che ripeto mi è sembrata troppo veloce, mentre invece sarebbe potuta essere più corposa ed efficace.
Poi ti faccio un appunto sulla metafora del buco nero, che mi è piaciuta, però alla lunga diventa troppo ingombrante. Non so, può sembrare una stupidaggine, però ti dico la sensazione che ho avuto nella lettura: se tu mi avessi speso giusto due parole in più su Giovanni, esplicitando la sua passione per l'astrofisica, magari tirando fuori anche un lavoro a essa attinente, non ci sarebbero stati problemi. Così, senza questi riferimenti espliciti, senza palesarli, io ho visto un'ingerenza dello scrittore sul personaggio, un'intromissione nella storia del vissuto dell'autore. Questo è un punto abbastanza delicato e difficile da spiegare, in quanto un autore mette quasi sempre qualcosa di suo nelle storie che racconta. L'accortezza e la magia sta nel rendersi invisibile ed esprimere il tutto attraverso la personalità del personaggio creato. Ecco, a me a un certo punto è mancato questo equilibrio.
Chiudo il mio commento dicendoti che mi hai fatto venire in mente un paio di episodi con mio babbo. Probabilmente quando sono capitati c'era già l'obbligo delle cinture e io le avevo pure allacciate, ma ricordo benissimo che dopo una frenata il braccio di mio babbo si è spostato velocissimo a protezione verso di me. Niente, era solo per ricordare mio babbo che da un pò non c'è più e l'istinto protettivo di un genitore che è sempre allertato in presenza dei propri figli.
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A Fante Scelto garba questo messaggio
Re: Itaca
Come ho scritto altrove è facile spiegare perché un racconto ti è piaciuto.
A me piacciono i racconti dove è già successo tutto, dove c'è stato un incidente, una morte, un evento tragico che ha cambiato la vita di una o più persone.
Il racconto inizia quando tutto è già finito e chi resta deve scendere a patti con quello che è stato.
Non deve per forza essere un evento originale. Le storie migliori sono quelle che parlano di qualcosa che conosciamo tutti. La morte, è una di queste. Gli incidenti, le malattie. L'originalità deve essere nel modo di rappresentare i resti.
Il racconto deve pescare nel passato, deve mostrare il presente come una conseguenza, ricostruire a poco a poco. E poi deve fare uno scatto, un piccolo scatto, verso la fine. Qualcosa che dia speranza. Non è detto che tutto andrà meglio. I resti rimangono. Puoi aggiustare la macchina ma non puoi aggiustare il passato. E se ci pensate è una cosa di una banalità quasi mortale, questa che il passato non può essere cambiato, ma tutta la nostra vita, qualunque cosa facciamo, è determinata da questo semplice pensiero.
Per quanto mi riguarda il racconto è bellissimo. Magari ci sono dei dettagli che si possono cambiare, piccoli aggiustamenti. Ma quello che lo rende bellissimo sono i suoi presupposti, come li gestisce, quel piccolo scatto finale. Tutto quello che mi piace in un racconto.
A me piacciono i racconti dove è già successo tutto, dove c'è stato un incidente, una morte, un evento tragico che ha cambiato la vita di una o più persone.
Il racconto inizia quando tutto è già finito e chi resta deve scendere a patti con quello che è stato.
Non deve per forza essere un evento originale. Le storie migliori sono quelle che parlano di qualcosa che conosciamo tutti. La morte, è una di queste. Gli incidenti, le malattie. L'originalità deve essere nel modo di rappresentare i resti.
Il racconto deve pescare nel passato, deve mostrare il presente come una conseguenza, ricostruire a poco a poco. E poi deve fare uno scatto, un piccolo scatto, verso la fine. Qualcosa che dia speranza. Non è detto che tutto andrà meglio. I resti rimangono. Puoi aggiustare la macchina ma non puoi aggiustare il passato. E se ci pensate è una cosa di una banalità quasi mortale, questa che il passato non può essere cambiato, ma tutta la nostra vita, qualunque cosa facciamo, è determinata da questo semplice pensiero.
Per quanto mi riguarda il racconto è bellissimo. Magari ci sono dei dettagli che si possono cambiare, piccoli aggiustamenti. Ma quello che lo rende bellissimo sono i suoi presupposti, come li gestisce, quel piccolo scatto finale. Tutto quello che mi piace in un racconto.
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Re: Itaca
Una storia lineare che per la sua semplicità riesce a fare centro, almeno per me. Ci sono alcuni aspetti di un racconto che non hanno la stessa intensità nell'arrivare a chi li legge. Giusto così, le emozioni sono assolutamente soggettive. Per quanto mi riguarda le emozioni che il racconto mi ha suscitato sono state così forti da far passare definitivamente in secondo piano alcuni aspetti che chi ha commentato prima di me ha notato con più enfasi. Per esempio la prima parte del racconto con la descrizione del garage è a un livello più alto rispetto al racconto di Franco circa l'incidente che ha provocato la morte di Pietro. Voglio dire che a una prima lettura non ho notato ciò che poi si nota rileggendo e dato che il racconto mi è piaciuto, certi dettagli non cambiano il mio giudizio.
Ciò che ho apprezzato di più però è l'espediente utilizzato da Giovanni per approcciare Franco, ovvero che il meccanico lo aveva indirizzato a lui. Ora, è chiaro che l'intento di Giovanni non fosse la Clubman quanto la possibilità di ritrovare (e anche riabilitare credo) il padre, ma questa "manovra di depistaggio" del lettore mi fa pensare a un grande savoir faire dell'Autore.
Non stavo capendo, all'inizio, cosa c'entrasse il buco nero, per cui anch'io ho pensato di trovarmi di fronte a un racconto di fantascienza, cosa che mi ha fatto un poco storcere il naso. Meno male, mi sono dovuto ricredere.
Grazie
Ciò che ho apprezzato di più però è l'espediente utilizzato da Giovanni per approcciare Franco, ovvero che il meccanico lo aveva indirizzato a lui. Ora, è chiaro che l'intento di Giovanni non fosse la Clubman quanto la possibilità di ritrovare (e anche riabilitare credo) il padre, ma questa "manovra di depistaggio" del lettore mi fa pensare a un grande savoir faire dell'Autore.
Non stavo capendo, all'inizio, cosa c'entrasse il buco nero, per cui anch'io ho pensato di trovarmi di fronte a un racconto di fantascienza, cosa che mi ha fatto un poco storcere il naso. Meno male, mi sono dovuto ricredere.
Grazie
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"Già credo che in qualunque punto dell'universo ci si stabilisca si finisce coll'inquinarsi. Bisogna moversi. La vita ha dei veleni, ma anche degli altri veleni che servono di contravveleni. Solo correndo si può sottrarsi ai primi e giovarsi degli altri."
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Re: Itaca
Ecco, ora devo decidere chi togliere dai racconti della mia cinquina.
Conosci i buchi neri e come si dovrebbe fare per non rimanerne intrappolati: il tuo parallelismo con le situazioni che la vita ti presenta è veramente centrato.
Bello leggere un racconti in cui I dialoghi sono così naturali, brevi, soprattutto all'inizio.
L'unico difetto che ho trovato è una certa freddezza nella seconda parte, quando ti aspetteresti un coinvolgimento emotivo dei protagonisti, mentre il tutto rimane troppo cerebrale.
Conosci i buchi neri e come si dovrebbe fare per non rimanerne intrappolati: il tuo parallelismo con le situazioni che la vita ti presenta è veramente centrato.
Bello leggere un racconti in cui I dialoghi sono così naturali, brevi, soprattutto all'inizio.
L'unico difetto che ho trovato è una certa freddezza nella seconda parte, quando ti aspetteresti un coinvolgimento emotivo dei protagonisti, mentre il tutto rimane troppo cerebrale.
FedericoChiesa- Padawan
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Re: Itaca
Lo dico subito: questo racconto mi è piaciuto, malgrado il linguaggio letterario dell’esordio contrasti con lo stile secco dei dialoghi successivi, creando una sfasatura tra il dire del narratore e il parlato dei personaggi. Una discrasia qualitativa, che riguarda soltanto la forma.
L’esordio prelude all’incontro padre/ figlio. Poco importa se il riconoscimento avviene in un attimo, perché basta una illuminazione improvvisa, un gesto, uno sguardo a evocare un volto, a far affiorare il tempo perduto, tanto più in chi ha vissuto tutta la vita senza riuscire ad andare oltre, imprigionato nel rimorso e nella colpa.
Perché Itaca? Luogo emblematico che ricorda una canzone di Dalla. Il titolo è evocativo, anche se qui la situazione è rovesciata. Franco non è un Ulisse in viaggio verso la patria, qui c’è un figlio in viaggio verso il padre, un Telemaco alla ricerca di radici.
Sì, mi è piaciuto molto.
L’esordio prelude all’incontro padre/ figlio. Poco importa se il riconoscimento avviene in un attimo, perché basta una illuminazione improvvisa, un gesto, uno sguardo a evocare un volto, a far affiorare il tempo perduto, tanto più in chi ha vissuto tutta la vita senza riuscire ad andare oltre, imprigionato nel rimorso e nella colpa.
Perché Itaca? Luogo emblematico che ricorda una canzone di Dalla. Il titolo è evocativo, anche se qui la situazione è rovesciata. Franco non è un Ulisse in viaggio verso la patria, qui c’è un figlio in viaggio verso il padre, un Telemaco alla ricerca di radici.
Sì, mi è piaciuto molto.
mirella- Padawan
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Re: Itaca
Confesso che all'inizio il racconto mi ha spaventato. Denso di parole, di descrizioni, di aggettivi. Ho pensato che non sarei mai riuscito a terminare la lettura.
Poi invece si sblocca e ti fugge via in un attimo lasciandoti con il desiderio di saperne di più su questa relazione, sui protagonisti, su questo garage e quello che contiene.
Lavoro davvero interessante.
Complimenti.
Grazie.
Poi invece si sblocca e ti fugge via in un attimo lasciandoti con il desiderio di saperne di più su questa relazione, sui protagonisti, su questo garage e quello che contiene.
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CharAznable- Cavaliere Jedi
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Re: Itaca
Bello! Davvero un bel racconto.
Il garage è il luogo più vissuto di tutto lo step, almeno per me. Proprio perché la storia nasce e finisce con la vecchia autovettura.
Il tono è pacato, emotivamente controllato eppure trasmette sentimento e coinvolge il lettore. Scrittura lineare, semplice e profonda,
priva di sbavature.
Giudizio più che positivo.
Il garage è il luogo più vissuto di tutto lo step, almeno per me. Proprio perché la storia nasce e finisce con la vecchia autovettura.
Il tono è pacato, emotivamente controllato eppure trasmette sentimento e coinvolge il lettore. Scrittura lineare, semplice e profonda,
priva di sbavature.
Giudizio più che positivo.
Resdei- Cavaliere Jedi
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Re: Itaca
piaciuto parecchio.
ben scritto, fluido e scorrevole fino alla fine ma al contempo coinvolgente appieno.
linguaggio semplice e diretto, senza esagerazioni di sorta, che tiene il lettore incollato al monitor.
belle le descrizioni, azzeccata in pieno la storia del buco nero.
finale forse un po' scontato, ma davvero piacevole.
complimenti.
ben scritto, fluido e scorrevole fino alla fine ma al contempo coinvolgente appieno.
linguaggio semplice e diretto, senza esagerazioni di sorta, che tiene il lettore incollato al monitor.
belle le descrizioni, azzeccata in pieno la storia del buco nero.
finale forse un po' scontato, ma davvero piacevole.
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Re: Itaca
Allora, mia cara scrittice/ore ho apprezzato moltissimo due cose iniziali.
a) il garage come buco nero della memoria. In questo poteva fare il paio con la soffitta (l'altro step). La nostra memoria è pienissima di cose con una densità che aumenta con l'età. Tanto che a volte ce ne sono troppe e non riusciamo più a trovare nulla. E la chiamano demenza.
b) l'idea è molto potente. Padre e figlio che si trovano davanti alla cosa/storia che li aveva divisi.
Detto questo ti devo confessare, sono qui per questo, che non mi pare che tu sia riuscito/a a controllare questo enorme potenziale con la dovuta maestria. Tornando al tema motori così usato (e direi abusato) in questo step, è come avere una Ferrari ma non saperne sfruttare a pieno tutte le sue caratteristiche.
I difetti principali del racconto sono:
a) una certa freddezza e meccanicità dell'incontro fra i due come se parlassero di altri e non di loro. Sei stato poco empatico e questo si avverte. I dialoghi fra loro non sono all'altezza della storia.
b) tutto finisce troppo presto a tarallucci e vino. Non sempre sapere una storia basta a risolvere una vicenda decennale.
Ciò detto, il tuo racconto rimane uno dei più interessanti dello step.
a) il garage come buco nero della memoria. In questo poteva fare il paio con la soffitta (l'altro step). La nostra memoria è pienissima di cose con una densità che aumenta con l'età. Tanto che a volte ce ne sono troppe e non riusciamo più a trovare nulla. E la chiamano demenza.
b) l'idea è molto potente. Padre e figlio che si trovano davanti alla cosa/storia che li aveva divisi.
Detto questo ti devo confessare, sono qui per questo, che non mi pare che tu sia riuscito/a a controllare questo enorme potenziale con la dovuta maestria. Tornando al tema motori così usato (e direi abusato) in questo step, è come avere una Ferrari ma non saperne sfruttare a pieno tutte le sue caratteristiche.
I difetti principali del racconto sono:
a) una certa freddezza e meccanicità dell'incontro fra i due come se parlassero di altri e non di loro. Sei stato poco empatico e questo si avverte. I dialoghi fra loro non sono all'altezza della storia.
b) tutto finisce troppo presto a tarallucci e vino. Non sempre sapere una storia basta a risolvere una vicenda decennale.
Ciò detto, il tuo racconto rimane uno dei più interessanti dello step.
gipoviani- Padawan
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Re: Itaca
La poesia che citi alla fine io la conosco, autore, e ti dirò che mi piace, ma hai fatto davvero un bel salto mentale per mettere insieme la teoria dei buchi neri, il buco nero come metafora e Itaca, il ritorno a casa e un nuovo viaggio.
Non mi intendo di astrofisica, ma una cosa del tuo racconto la conosco, perché l’ho provata (non ho però ucciso nessuno): la sensazione di essere intrappolata a lungo in un punto in cui il tempo si è fermato, da cui non esiste forza che riesca a trascinarmi fuori. E, in effetti, sfuggire andando oltre mi è stato possibile.
A parte i ricordi personali, il racconto avrebbe forse bisogno di essere riequilibrato un po’, alcune parti pesano di più e altre sfuggono via troppo veloci, non prendendosi forse lo spazio emotivo di cui avrebbero bisogno.
Nel complesso, comunque, è una gradevole lettura e ha una sua coesione complessiva di fondo.
Arianna 2016- Cavaliere Jedi
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Re: Itaca
Un bel racconto con un'idea di base davvero potente. Trovo che hai saputo descrivere benissimo il senso di colpa che schiaccia e che impedisce di andare avanti, di evolversi. Una vita che si riempie di cianfrusaglie perchè non merita più di contenere cose importanti; anche i sogni rimangono appiccicati alle pareti.
La prima parte l'ho trovata davvero ben calibrata, ben esposta, con quel parallelismo con il buco nero che ti strozza un pò il fiato in gola per quanto a tratti sia vero, per come ognuno di noi ci si possa ritrovare.
Poi salti una riga e il racconto cambia, acquista una velocità che non gli si addice: il dramma che stanno vivendo i due uomini è immenso, il figlio che ritrova il padre e gli tende una mano per risalire dall'abisso è un momento toccante, l'apice di un amore che non ha nome e liquidarlo così non gli rende giustizia.
Ecco, forse questa prima parte fatta di descrizioni, largo uso di aggettivi e la capacità di creare una grande aspettativa cozza un pò con la seconda descritta con meno passione e approfondimento psicologico.
Insieme comunque formano una storia che ho letto volentieri e mi ha colpita nel profondo.
La prima parte l'ho trovata davvero ben calibrata, ben esposta, con quel parallelismo con il buco nero che ti strozza un pò il fiato in gola per quanto a tratti sia vero, per come ognuno di noi ci si possa ritrovare.
Poi salti una riga e il racconto cambia, acquista una velocità che non gli si addice: il dramma che stanno vivendo i due uomini è immenso, il figlio che ritrova il padre e gli tende una mano per risalire dall'abisso è un momento toccante, l'apice di un amore che non ha nome e liquidarlo così non gli rende giustizia.
Ecco, forse questa prima parte fatta di descrizioni, largo uso di aggettivi e la capacità di creare una grande aspettativa cozza un pò con la seconda descritta con meno passione e approfondimento psicologico.
Insieme comunque formano una storia che ho letto volentieri e mi ha colpita nel profondo.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Itaca
L'auto c'è, la rimessa c'è: punti nettamente a favore del racconto, essendo l'unico paletto presente. Scrittura corretta, semplice ma efficace. Una narrazione schietta, impreziosita dal buco nero che torna alla fine (io avrei intitolato così l'intero racconto). Sono due invece le cose che stonano un po': il protagonista passa da burbero a ciarliero un po' troppo rapidamente e mi sarei tenuto la sorpresa del figlio nel finale (si capisce forse troppo presto dove l'autore deve andare a parare). Nella sua brevità lo trovo nel complesso un buono scritto, che addirittura meriterebbe un ampliamento.
Nellone- Younglings
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Re: Itaca
Un bel racconto, brav autor.
L'incipit è proprio di quelli che io prediligo, molto profondo e stimolatore della curiosità.
La storia è una storia triste, di passato da superare e presente in cui tornare con consapevolezze nuove.
Il collegamento a Itaca ha un che di surreale, e riesce a piacermi anche quello, perché c'è un figlio davanti a un padre (un padre che non sapeva di avere ancora) che ha fatto un viaggio dentro di sé per decidersi e andare a cercarlo, c'è tutto un percorso interiore che è solo suo e quindi io accetto e apprezzo il parallelismo, e lo comprendo.
I dialoghi sono spontanei, i personaggi credibili.
La scena ha una grandissima dignità, due uomini che sono padre e figlio si ritrovano ma senza sceneggiate. Io lo trovo molto realistico, il riserbo è una caratteristica di molti e qui emerge in maniera naturale e senza forzature. Un racconto che mi è davvero piaciuto, brav.
Ele
L'incipit è proprio di quelli che io prediligo, molto profondo e stimolatore della curiosità.
La storia è una storia triste, di passato da superare e presente in cui tornare con consapevolezze nuove.
Il collegamento a Itaca ha un che di surreale, e riesce a piacermi anche quello, perché c'è un figlio davanti a un padre (un padre che non sapeva di avere ancora) che ha fatto un viaggio dentro di sé per decidersi e andare a cercarlo, c'è tutto un percorso interiore che è solo suo e quindi io accetto e apprezzo il parallelismo, e lo comprendo.
I dialoghi sono spontanei, i personaggi credibili.
La scena ha una grandissima dignità, due uomini che sono padre e figlio si ritrovano ma senza sceneggiate. Io lo trovo molto realistico, il riserbo è una caratteristica di molti e qui emerge in maniera naturale e senza forzature. Un racconto che mi è davvero piaciuto, brav.
Ele
Hellionor- Admin
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Re: Itaca
Da una terribile tragedia (un bimbo morto e due vite spezzate) si sviluppa la storia di un giovane uomo che sente vive le proprie radici anche dopo la morte della madre, nonostante gli abbiano sempre detto che il padre avesse ucciso suo fratello, abbandonato la famiglia, ed era poi morto. Bella storia, ottima la caratterizzazione dei personaggi e il finale, che definirei lectio vitae.
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Come l'acqua che scorre, sono un viandante in cerca del mare. Z. M.
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Re: Itaca
Ciao, Autore. Secondo me hai scritto un racconto bellissimo, ma c'è una cosa che proprio non mi piace e che mi impedisce di portarti sul podio con me: Itaca. Proprio non ci azzecca un accidenti, secondo me: è un luogo/non luogo talmente ingombrante che non riesco proprio a infilarlo nella tua storia, e mi disturba sia nel titolo sia nelle sue allusioni e nel testo.
Resta un racconto di una bellezza disarmante, che ti lascia a riflettere (personalmente, anche su cose alle quali farei volentieri a meno di pensare, e probabilmente questa è la forza catartica del tuo testo). Grazie di averci regalato questa lettura.
Resta un racconto di una bellezza disarmante, che ti lascia a riflettere (personalmente, anche su cose alle quali farei volentieri a meno di pensare, e probabilmente questa è la forza catartica del tuo testo). Grazie di averci regalato questa lettura.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
vivonic- Admin
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Re: Itaca
Itaca
(Costantino Kavafis)
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d’incontri
se il pensiero resta alto e il sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo
né nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente, e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta , più profumi
inebrianti che puoi,
va’ in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti .
Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa’ che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio , con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
Nelle settimane precedenti alla stesura del racconto e durante la sua ideazione, stavo leggendo L’appello, di Alessandro D’Avenia. È qui che, in un capitolo, si parla dei buchi neri e della metafora del buco nero, utilizzata per fare parlare i ragazzi di aspetti importanti della loro vita. È un libro molto bello, consiglio di leggerlo.
Comunque, l’idea del buco nero mi ha preso molto, con tutti i significati correlati che poi ho messo nel racconto.
Fortemente suggestiva poi l’idea del tempo che rallenta fino a fermarsi e il fatto che non si possa scappare da un buco nero, una volta presi dalla sua forza gravitazionale. Mi ha fatto pensare a come ci siano cose e periodi della vita che sono proprio così. Io ho passato anni dentro uno di questi buchi neri. Alla fine ne sono uscita, ma proprio come si ipotizza che si possa sfuggire a un buco nero astronomico, cioè attraversando e andando oltre, per vie nuove e creative.
Insomma, la metafora mi è sembrata vera e suggestiva.
Poi nel racconto doveva esserci un garage, e immediatamente mi è apparsa l’immagine di mio babbo. Quando eravamo piccoli e tutti e quattro stavamo ancora sul sedile posteriore, per farci divertire, quando ci portava in giro in auto, faceva le “curve a radicchio”. Sono ricordi di momenti felici, scomparsi quando siamo cresciuti. Noi ci divertivamo molto. Da grande, poi, ho ripensato a quanto tutto questo avrebbe potuto essere pericoloso, ma allora era bello.
Mio babbo si chiamava Franco e l’ultima auto che ha avuto, prima di smettere di guidare, è stata una vecchia Miniclubman, bianca con la banda di legno scuro, un’auto che mi piaceva molto e che mi sarebbe piaciuto guidare, ma lui non voleva.
Era un accumulatore, sia in casa che in garage, che era solo il suo. Le immagini in cui il Franco del racconto fruga nelle scatole e nelle scatoline ricolme di viti e vitine, di ogni sorta di cose, sono prese direttamente dai miei ricordi.
Mio babbo non ha ucciso nessuno, ma per me è stato l’emblema di una vita che si sente non realizzata, non vissuta in modo felice, quasi non vissuta proprio, almeno per alcune cose. Il giorno in cui mi sono trovata nella necessità di scappare fuori dal mio “buco nero”, ho proprio pensato a lui, mi sono detta che non volevo arrivare alla fine della mia vita sentendomi come lui si sentiva, senza averci nemmeno provato, a fare qualcosa che si desidera.
E qui è arrivata la poesia Itaca, che ogni anno faccio leggere e commentare in classe, sul viaggio della vita, sul senso che ha, su come vada vissuto e su come si debba pensare a questa meta, importante non tanto di per sé, ma per l’occasione che ci dà di vivere un viaggio bello e ricco. Se l’avete saltata, all’inizio della lettura, tornate indietro ora a leggerla.
Itaca diventa la forza d’attrazione per attraversare il buco nero e andare oltre, fare ripartire una vita che si è fermata. Mi dispiace che per qualcuno non c’entrasse col resto, ma a me invece sembrava chiaro. Forse avrei dovuto inserire tutto il testo della poesia, non solo la sintesi del suo significato, messa in bocca a Giovanni alla fine, ma mi sembrava troppo didascalico farlo.
Poi, Itaca è anche il ritorno a casa, e qui c’è il ritorno del figlio a casa, ma anche il ritorno del padre al figlio e il ritorno a se stesso.
Comunque, a parte appunto un paio di perplessità, il racconto è piaciuto e devo dire che davvero non mi aspettavo che arrivasse così in alto in classifica.
Sono assolutamente d’accordo con molte delle segnalazioni dei difetti che mi avete fatto nei commenti, in modo particolare con una certa “frettolosità” che si avverte nella seconda parte. Il motivo è sempre quello: che arrivo a consegnare all’ultimo. In particolare, poi, questa volta c’è stato un problema: dovevo partire il 22 per una scuola di formazione. Avrei voluto finire il racconto entro il 21, ma ci si sono messi di messo un sacco di problemi, per cui non ce l’ho fatta. Mi ero presa dietro il tablet, contando di riuscire a scrivere nei ritagli di tempo e la notte, ma di ritagli di tempo non ce n’erano. Insomma, ho veramente fatto i salti mortali.
Mi scocciava davvero però mancare all’ultima stanza, così, come al solito, ho pensato che fosse meglio inviare una cosa imperfetta piuttosto che niente.
E direi che, alla fine, è andata bene.
Rinnovo qui i ringraziamenti che ho fatto nel mio post di voto: a tutti voi, per la compagnia che mi avete fatto, per i commenti, per il vostro tempo, per l’impegno; allo staff, per l’occasione di scrivere e per tutto il lavoro che fa.
Grazie per le belle parole e per gli apprezzamenti che avete regalato ai miei racconti.
Grazie anche per le segnalazioni dei refusi, che ho già corretto.
Il giorno in cui morì mio babbo, mia sorella mi chiamò al telefono. Disse: “Arianna…” e io chiesi “Chi è morto?”. Dopo aver messo giù il telefono, mi apparve un’immagine: da me partivano come due radici, che andavano però verso l’alto, non verso il basso, e una delle due era stata recisa, non c’era più.
Mi ha colpito questa frase di Hellionor: “La scena ha una grandissima dignità, due uomini che sono padre e figlio si ritrovano ma senza sceneggiate. Io lo trovo molto realistico, il riserbo è una caratteristica di molti”. Senza che lo volessi in modo consapevole, credo che nel racconto sia passato qualcosa che in effetti era di mio babbo, che odiava baci e abbracci, che non esprimeva affettività in questo modo, almeno con noi figli, che aveva in effetti molta difficoltà a manifestare una certa gamma di emozioni.
Arianna 2016- Cavaliere Jedi
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A Hellionor, vivonic, Petunia, paluca66, Fante Scelto e Susanna garba questo messaggio
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