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Messaggio Da Different Staff Mar Lug 25, 2023 12:40 pm

Il titolo di Atom Heart Mother nacque in maniera casuale. Fu pensato da Roger Waters su suggerimento di Ron Geesin, prendendo spunto da un articolo di giornale che parlava di una donna con un pacemaker atomico in attesa di un bambino”.







Dolore. Muto, intenso, profondo. È quello che resta del tempo trascorso con te, Constance.  


E la musica, la lirica …


Ho creduto nella forza. Quella che nasce dalla comprensione e che contiene la distruzione. Nella fermezza capace di pietà, tenera di compassione. Proprio all’ultimo ho mancato ai miei principi. Quanti dubbi e rimorsi mi tormentano.


La musica riusciva a pacarci, ma tutto ciò che posso fare, ormai, è ricordarla. Non sembra più la stessa qui, in questo soffocato limbo sotterraneo dove non trovo interlocutori. Dove sono solo.  


Amavamo quella melodia. Ci avevano raccontato di una band che si era ispirata alla nostra storia per intitolare il nuovo album. Trovasti la circostanza curiosa ma sembrò che in fondo non fosse così importante; eppure il giorno dopo tornasti a casa con un trentatré dalla copertina che non si era mai vista prima: una mucca frisona in primo piano, sul prato verde, senza l’indicazione del nome degli autori.


Non c’era settimana che non l’ascoltassi, e io con te: attraverso te. Infine l’ho trascritto a modo mio, con i battiti del tuo cuore, e con le mie parole commosse. Un mix di pulsazioni, di uno strano canto che sentivo scorrere nelle tue vene. Nuovo, differente, bello e compiuto, anche senza le trombe che nell’originale s’interrogavano su un’alba funesta, imitando il lungo acuto delle ambulanze, le grida disperate verso un cielo plumbeo, l’urgenza di una fine inesorabile. Non dico che quelle trombe non mi piacessero. Mio malgrado non potevo replicarle. Mi riuscivano il canto rosso e le percussioni del cuore.  


In quel garage, quella sera, ho provato con la voce che posso a farti ascoltare la mia trascrizione. Ho provato a bussare forte al tuo cuore, quel luogo che consideravo l’unico paradiso che mi era concesso.


La mia musica aveva bisogno di un unico strumento e luogo…te. Eri la cassa di risonanza e l’eco, la voce e il solco dove dimorava il groove, la sala dove tenere un concerto aperto e dedicato, esclusivo. Con le mie note, la mia costante cadenza, ti parlavo e cantavo. Ma tu, tu non ascoltavi. Il tuo debole cuore, dove avevo provato a infondere una nuova energia, era tormentato da mille insicurezze. Le stesse incertezze che mi hai trasmesso, che proprio ora provo.  


La mia è la storia del più disperato degli amori: non hai creduto in me, mi hai sempre mancato di rispetto. E sì che ho provato a cantare l’ardore, fino all’ultimo, anche quando avevo capito che più si brama l’amore e meno ce n’è.  


Coloro che mi hanno creato non crederebbero mai che io, proprio io, so pensare e sono stato capace di comporre musica per donare la speranza di una vita migliore, o per vivere meglio la mia condizione.  


Forse fu tutto inevitabile dal principio. Posto così vicino al tuo cuore, non potevo che subirne l’incanto. Sì è trattato di un contagio dell’anima.


“Caro mio, anche un lupo è intelligente per natura, cosa c’entra l’anima? E la natura, con te…?”


Ecco, vedi? Ora, oltre a discutere con chi non può rispondere mi ritrovo a parlare e avvelenarmi da solo. Come facevi te nei pomeriggi piovosi quando, davanti allo specchio, lo sporcavi con il rossetto perché ti vedevi brutta.


Per salvarti mi trasformai fino a sentirmi nuovo, diverso, non solo cosciente ma anche degno di autodeterminazione. Purtroppo, col senno di poi. Fu per questo che volli cambiare il nome datomi dai creatori, quel ‘Coratomic’ inciso sulla ceramica che doveva essere isolante, un titolo freddo, posto sulla materia inerte. Dapprima avevo pensato ad HAL, il potente cervello elettronico che temeva di restare solo a portare a termine la missione spaziale, che una sera avevo visto con te in un film. In lui riconobbi una disperazione meccanica e consapevole, affine alla mia, cosi prossima alla umana solitudine. Eppure non lo sentivo ancora mio perché sono diverso, capace senza scampo di amare. Ne ho avuto di tempo, sono trascorsi poco più di otto anni, per pensare a una valida alternativa.  


Dallo psicologo, e sai che ascoltavo, hai raccontato di come è nato il tutto: te che, imbottita di farmaci e droghe, ti davi a uno sconosciuto sull’Isola di Wight. Era il momento dello sballo, del Peace&love. In quegli attimi concitati un menestrello cantava sul palco “Mr. Tambourine Man”, parole senza tempo soffiate nel vento da una melodia incantevole. Parole e melodia che nel mentre non ascoltasti, lo sconosciuto confuso chiamò i soccorsi, poi sparì, ti portarono in ospedale. Fu lì che, preda delle tue intemperanze, avesti il primo attacco cardiaco, ripetutosi poi, con conseguenze quasi fatali, a distanza di poche settimane. Mr.Tambourine... decisi di chiamarmi così.  


Furono due le ragioni che ti tennero in vita.


Syd, il bimbo che portavi in grembo, il cui padre non ebbe mai un nome.


E io.


- Dottore, è sicuro che il bimbo non avrà conseguenze, che non nascerà malformato?  


- La tecnica è ancora sperimentale, qui in Inghilterra non abbiamo ancora una casistica. Le maternità portate a termine negli altri continenti si possono contare sulle dita di una mano, ma mi risulta che i bambini nati in America siano tutti in perfetta salute.


- Si, ma temo il peggio. Quel “coso” è radioattivo.


- Signora Constance, ne avevamo già parlato prima dell’intervento. Il dispositivo è schermato. Stia tranquilla, sarà un bambino sano. Ciò che deve fare ora è mettere la testa a posto.


- Lo sa, non sono serena. Sto provando a curarmi, sono seguita da uno psicologo.  


- Forse dovrebbe guardare a una soluzione più incisiva. Se vuole, le indico un valido psichiatra.  


Lo psichiatra non bastò, come non bastò il mio amore. Anzi, dovetti infine spingermi a odiarti. Quella notte, dentro il garage della tua casa, hai escogitata un’altra umiliazione ai miei confronti, hai ascoltato altro, una canzone dal testo inadatto. Il disco di sempre no, il nostro LP non andava bene: sembrava troppo profetico. C’erano quei suoni veri e minacciosi a infastidire violoncelli, tastiere e chitarre: il motore di una motocicletta che scappa, gli spari, l’ambulanza, l’aereo pronto a sganciare una bomba. E quel coro pieno d’angoscia: “Rapateeka, rapashaaa - rapateeka, rapashaaa…”  


Presi coscienza di esistere quando ti risvegliasti dall’anestesia. Fu curioso e fastidioso percepire il tuo primo dubbio, così diverso da quello di chiunque altro si fosse trovato nella stessa condizione: “Sono un mostro che partorirà un mostro?”.  


In quel mentre è nato il nostro rapporto, te a temermi, io imprigionato a spendere ogni energia per tenerti in vita, lanciando impulsi potenti e silenziosi.  


E tutto questo nonostante il tuo disprezzo, la paura, perfino le imprecazioni contro di me. Non dovevo poi essere così schermato se riuscivo a sentire tutto di te.


Poco dopo si parlò di noi sull’Evening Standard. Ricordo, l’articolo s’intitolava Atom Heart Mother Named: ma in fondo Constance sapevi che, prima o poi, sulle pagine di un giornale ci saresti finita.  


- Ma quel “coso” come funziona? Ha una batteria che si consuma? Dovrò essere operata ogni volta per sostituirla?


- Signora Constance, il dispositivo è stato progettato per durare almeno dieci anni. Non rappresenta un problema oggi: piuttosto, si concentri sul bambino. E per far questo, dovrà prendersi cura di sé. Lei sa di cosa parlo.  


La meditazione, lo yoga, l’espansione della coscienza, gli psicofarmaci. Gli incontri settimanali con lo psicologo. Le parole rivolte a Syd, quando ancora si muoveva nel grembo. Ho odiato quel bimbo: lui a ricevere amore ed energie vitali, io deputato solo a donare.  


Presto tornasti ai tuoi vizi, alla vita sregolata, le fissazioni di una mente bacata, dopata dalle sostanze che avrebbero invece dovuto espanderla. Potevo agire sul cuore, sulla vita, ma non mi hai permesso di intervenire sul pensiero. Non mi hai mai veramente ascoltato.


Non sei morta in quell’autorimessa per gli abusi con cui infierivi sul tuo corpo. Quantomeno non direttamente. Fin lì ti ho sostenuta e protetta con ogni mia particella, ti ho curata malgrado te. Ti ho amata più di quanto tu abbia amata te stessa.


Continuo a funzionare quaggiù anche ora che non sei più. Nessuno ha pensato a spegnermi: condannato a agire oltre me stesso. Una maledizione il cui castigo è il rimorso e il ricordo.  


Ancora mi chiedo il perché. Non avresti dovuto farlo in quella stanza piena di chiavi inglesi, locale disadorno e odorante di benzina, pieno di ragnatele che non hai mai spazzato, nella Dyane di latta mezza scassata, con il tubo incerottato allo scappamento che terminava dentro l’abitacolo. Ascoltavi il nastro e ripetevi a squarciagola per trovare il coraggio di arrivare fino in fondo:


- Come on, baby, light my fire. Come on, baby, light my fire. Try to set night on fire.


Sapevo che non avrei potuto salvarti. Lo compresi dopo che provai con ogni mia risorsa a bussare al tuo cuore, a farti ascoltare, inutilmente, la mia versione del nostro disco, quel mio suono dedicato e che speravo salvifico. Ho provato a cantarti la vita, quella che, quando è il momento, sa morire e muore, ma non era il giusto tempo. Mi hai costretto a ucciderti, a rinunciare al conforto del tuo cuore debole col quale ero in simbiosi. Non fu solo un gesto di pietà ma molto più di stranamore, avvelenato dalla rabbia per non aver accettato il mio dono, quello di una vita nuova. Quel fuoco non l’hai acceso, hai acceso il motore di un’auto scassata, ho scaldato il plutonio al massimo. In un sol colpo mi sono liberato di un amore malato e di Syd.  


Ora sono sepolto con ciò che resta di te. Suicidio, così hanno stabilito… non potrebbero mai immaginare la verità.  


E ora a chi posso chiedere conforto, se ho fatto bene, se sia stata pietosa eutanasia, se veramente è stato un gesto d’amore o piuttosto una vendetta per un amore non corrisposto? Ecco, sopravvengono le insicurezze con cui mi hai inquinato da subito e che ora trovano forma.  


Solo, dimenticato, il mio cuore radioattivo ora sente il dubbio, il pentimento, s’interroga. Tu non sei più, sono come un Sole che ha smarrito i suoi pianeti, che irradia inutilmente luce ed energia.


- The time is gone, the song is over, thought l’d something more to say.


Finiva così quella canzone dal ritmo di un cuore accelerato. Ma a chi racconto ora tutto quanto?


So di umani che in questi frangenti si tolgono la vita. So che non potrò mai più bussare alla porta del paradiso.  


Vorrei terminare ma non mi consumo, non mi consumo, non mi consumo…







(Constance Ladell è veramente esistita, ma nel millenovecentosettanta aveva cinquantasei anni, non l’età e la vita che ho pensato per questo racconto di fantasia. Non ho la minima idea di come abbia vissuto con un pacemaker atomico all’inizio dei seventies, né di come potesse essere incinta a quell’età, ma l’origine del nome dell’album dei Pink Floyd è stata raccontata dagli stessi autori. In internet ho trovato solamente il nome, l’età e nessun’altra informazione su Constance. Non so se sia ancora viva, sana, felice, una cara nonnina timorata di Dio e ultracentenaria. Lo spero. Per lei e per Mr. Tambourine).  






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Messaggio Da gipoviani Gio Lug 27, 2023 4:48 pm

Immagino, cara scrittrice/ore, tu voglia sapere la verità. 
Il racconto non mi ha entusiasmato. Il suo limite principale è che mi sembra freddo, celebrale, troppo studiato. Una straordinaria opera di ricamo che rivela doti di scrittura non comuni e molto probabilmente superiori alle mie. 
Mentre leggendo il tuo racconto il cervello viene stuzzicato, il cuore meno. 

Non sono riuscito a emozionarmi. Forse non ti sei emozionata/o neanche tu scrivendola, è stato più un esercizio che un’esperienza catartica.
Alla prossima

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Messaggio Da tommybe Gio Lug 27, 2023 9:22 pm

Da quando frequento questo gruppo di scrittori, dieci anni, forse più, cerco di trasmettere la mia passione per quel pazzo di Syd. Il tuo racconto non può che piacermi, anche se non ho capito proprio tutto.
E non me ne frega niente di capire tutto se c'è Syd.
Grazie mille autore, potessi ti abbraccerei.
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Messaggio Da tommybe Ven Lug 28, 2023 8:46 am

Ci sono tornato sopra appena sveglio e appena in vacanza e sono quasi stramazzato al suolo per l'intensità della tua creazione. Ho ascoltato un brano di Syd e me ne sono andato al mare, contento.
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Messaggio Da Antonio Borghesi Ven Lug 28, 2023 3:04 pm

Purtroppo (o forse no) il mio cervello non riceve nessuna informazione nè piacere o sofferenza dalla musica e questo non mi permette di giudicare il tuo racconto, assai ben scritto, per il suo contenuto. In effetti l'idea di far parlare un oggetto, anche se non proprio nuovissima, non mi dispiace e quindi ho seguito con attenzione tutta la vicenda. Mi è sembrato alquanto assurdo che il plutonio possa scaldarsi e causi la morte della persona che porta quel particolare pacemaker ma questo fa parte della tua fantasia del racconto e quindi può passare. Non mi è piaciuto l'uso del "te" al posto del "tu":Come facevi te, te che, imbottita di farmaci,. E' tutto.
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Messaggio Da Arianna 2016 Sab Lug 29, 2023 2:08 am

La formattazione a paragrafi separati non aiuta il lettore a immedesimarsi nella lettura. Non so se la formattazione sia arrivata così oppure se sia stato un problema di caricamento del racconto sul sito, come a volte nel passato è accaduto.
Se la formattazione è arrivata così, suggerisco l’utilizzo del comando di word “rimuovi spazio dopo il paragrafo”.
Veniamo al racconto.
All’inizio avevo pensato che a parlare fosse il bambino nella pancia della mamma (dato che all’inizio si faceva riferimento a una donna incinta), anche se tanti passaggi non mi tornavano.
Poi, a metà, ho capito che a parlare era il cuore atomico.
Trovo questo racconto un esperimento interessante, il drammatico flusso di coscienza di una intelligenza artificiale ante litteram.
Un cuore atomico, meccanico, che però è davvero “cuore” in senso simbolico, capace di provare emozioni, emozioni molto forti, che vive un intenso dramma.
“In lui riconobbi una disperazione meccanica e consapevole, affine alla mia, cosi prossima alla umana solitudine. Eppure non lo sentivo ancora mio perché sono diverso, capace senza scampo di amare.”
E tutto il racconto è la narrazione di questo amore non udito, non compreso, non corrisposto.
Poi ci sono alcuni passaggi davvero tragici e angoscianti:
“Continuo a funzionare quaggiù anche ora che non sei più. Nessuno ha pensato a spegnermi: condannato a agire oltre me stesso.”
“Vorrei terminare ma non mi consumo, non mi consumo, non mi consumo…”
Come dire, seppellito vivo fino all’eternità… Mi ricorda il racconto horror di un altro step.
 
A volte il flusso di coscienza è davvero troppo “flusso”, nel senso che ci si perde un po’ tra i vari pensieri.
 
Purtroppo sono molto ignorante in campo musicale, non conosco le canzoni citate quindi credo di essermi persa tutti i rimandi.
 
C’è qualche elemento di forma da sistemare, ma niente di grave:
Pacarci=placarci
Nel mentre non ascoltasti= in quel momento
Si= sì
Sì è trattato= si
facevi te= facevi tu; “te” è complemento, “tu” è soggetto; l’errore c’è anche in altri punti
posso a farti ascoltare= posso farti/posso riuscire a farti
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Messaggio Da ImaGiraffe Dom Lug 30, 2023 1:03 pm

Mi spiace, ma per me è un no. Chiedo scusa all'autore del testo, ma è proprio il genere di testi che non mi piacciono. Mi danno l'impressione che l'autore voglia emozionare forzatamente e a tutti i costi. Lo trovo troppo "poetico" e troppo "lirico", tutto a scapito della narrazione che non risulta fluida. L'effetto che ha su di me è quello di repulsione.

La nota finale è stata ciò che mi ha colpito di più; non conoscevo questa storia, quindi mi documenterò, ma se non testo non ci fosse stata quella nota non mi sarebbe venuta quella curiosità.
Ammetto che l'idea è veramente originale e di certo merita di essere raccontata ma, a mio parere, non così. 
in sostanza se il racconto fosse stato più narrato (credo che lo spezzettamento non sia voluto dall'autore) e fluido, la storia sarebbe uscita meglio e sarebbe stata più potente."
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Messaggio Da Fante Scelto Lun Lug 31, 2023 11:43 pm

A me ha colpito molto l'idea.
Far parlare un pacemaker non è una cosa da tutti, ecco. Anch'io all'inizio pensavo fosse il nascituro, a parlare, poi ho capito.
La resa però ha qualcosa che non mi convince del tutto, forse per un eccesso di lirismo, o di enfatizzazione dei concetti.
Mi ha impressionato però il punto in cui l'oggetto descrive la sua condizione attuale, di sepolto "vivo": da brividi. Forse ci avrei calcato di più ancora la mano, per renderlo davvero straziante.

Lo stile di scrittura, tolte alcune ampollosità, è adatto al contesto. Si fa leggere, scorre bene, a volte indulge in qualche espressione ricercata di troppo (ma alcune sono molto evocative, va detto).

Non mi è piaciuta la nota finale. C'era già l'incipit, a dare un'indicazione di cosa si stava parlando, la nota sembra un terzo tempo anticipato che spezza del tutto la tensione creata.
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Messaggio Da Petunia Mar Ago 01, 2023 4:46 pm

Un racconto che spicca per originalità scritto in uno stile ricercato, a volte così “roboante” da soffocare alcune similitudini davvero molto belle e intense.
Non è un brano che si fa leggere in scioltezza, oltretutto bisogna avere una certa “cassetta degli attrezzi” che io non possiedo e non voglio andare in rete a cercare. Tuttavia anche cogliendo in modo molto parziale i riferimenti che il testo, con ogni probabilità, contiene, la narrazione affascina. Una storia da meditazione, da leggere col sottofondo sonoro dell’opera citata (non oso definirlo “disco” o LP)
con un bicchiere di buon vino o di un buon whiskey, quando si è in stato di grazia per farlo. Brav.
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Messaggio Da FedericoChiesa Mar Ago 01, 2023 6:56 pm

Amo i Pink Floyd anche se questo non il loro album che preferisco.
L'idea è più che originale e non sapevo l'origine del titolo, ma il racconto non mi ha trasmesso molto. Alla fine l'ho trovato piuttosto artificiale.
Anche staccare così, i paragrafi, tutti i paragrafi, lascia del vuoto, non del ritmo e fatichi a giungere alla fine.
Comunque cercherò nella mia autorimessa se trovo ancora il vinile con la mucca in copertina.
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Messaggio Da paluca66 Mer Ago 02, 2023 8:23 am

Idea geniale, scritta molto bene (anche se devi correggere in futuro la formattazione, tutti quegli stacchi creano fatica al lettore), direi quasi in tono meccanicistico come si addice al ritmo di un oggetto peraltro deputato a ripetere sempre la stessa azione all'infinito.
Mi è arrivato poco dal punto di vista emotivo, non mi sono sentito coinvolto da una scrittura che sembra voler essere poetica senza riuscirci del tutto; ma poi mi sono detto: "e se fosse proprio questo l'obiettivo dell'aut*? Dopotutto è una macchina che parla, che monologa, che tenta di raccontarci emozioni che non può oggettivamente provare". E allora anche questo aspetto troverebbe pieno senso nel tuo racconto.
Scritto bene senza refusi ti segnalo solo uin paio di mie suggestioni:

- anche quando avevo capito che più si brama l’amore e meno ce n’è. Avrei scritto anche quando avevo capito che più si brama l’amore meno c'è

- hai escogitata un’altra umiliazione ai miei confronti,  nei miei confronti

Dimenticavo: la spèiegazione finale, a mio parere, è inutile.

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Messaggio Da digitoergosum Gio Ago 03, 2023 4:58 am

Ciao Penna. Mi hai fatto conoscere un particolare sul disco dei Pink Floyd che non conoscevo. In effetti, non è poi una informazione così interessante, ma ho letto, tra le tue righe, che è ti è servita per citare un poco della cultura anni '60 e per scrivere un racconto alternativo. Poi ci dirai, alla fine, cosa hai citato (ci ho scorto, oltre ai Pink Floyd, Bob Dylan, già dal titolo, Kubrick, Doors, l'Isola di Wight e il flower power). Grazie Penna.
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Messaggio Da Nellone Sab Ago 05, 2023 10:24 pm

Non so, alla fine mi sono chiesto... Ma l'autorimessa cosa c'entra? Compare qualche volta, è vero, ma la narrazione della vicenda non è permeata da questo locale e la vicenda stessa della morte è decisamente secondaria rispetto al rapporto simbiotico fra la donna e il suo cuore atomico. Non essendoci altri vincoli, da questo punto di vista, francamente mi aspettavo qualcosa di più. Mi è piaciuta l'idea di mettere subito le cose in chiaro all'inizio, con l'introduzione in corsivo: aiuta a tenere il filo del discorso e viva l'attenzione. Forse evitabile la chiusa finale, ma è una mia opinione. L'idea è sicuramente da premiare, con quell'insolito punto di vista, ma ho l'impressione che si sia tirato un po' troppo per le lunghe, andando a sminuire il finale. Stile buono e adeguato.
Nel complesso un racconto con forti luci ma anche qualche tenebrosa ombra, che rischia di far smarrire il lettore

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Messaggio Da mirella Dom Ago 06, 2023 8:12 am

Un oggetto - un pacemaker atomico- si fa narratore interno di  una storia già raccontata dai Pinkfloid in un disco di successo. Non tutti i lettori capirebbero senza l’infodump dell’autore. Non male, ma la costruzione del racconto risulta complicata a bella posta e, per me, poco coinvolgente.
Oltre tutto, sono dell’idea che un congegno meccanico, sia pure “intelligente”, non sarà mai capace di provare sentimenti né emozioni.

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Messaggio Da Asbottino Dom Ago 06, 2023 11:05 am

Il racconto sembra quasi sviluppato come una lunga suite di rock psichedelico. Ha un che di lisergico. Schegge liriche che emergono sopra un tappeto di distorsioni, dialoghi come conversazioni o voci alla radio captate quasi per caso. Sembra davvero di ascoltare un brano dei Pink Floyd, il mio gruppo preferito quando ero ragazzo.
Certo, ha un che di cerebrale, di artificioso, ma anche una spontaneità che non ho ravvisato in altri racconti, quasi un grido di aiuto sepolto sotto strati e strati di pensieri. Ed è difficile da leggere, davvero difficile, o da ascoltare, come certa musica sperimentale, certe lunghe improvvisazioni che dilatano il tempo e lo spazio, ma allo stesso tempo, pur rischiando continuamente di perderti, non puoi fare a meno di riconoscere una certa maestria dietro a tutto quanto.
Il racconto è scritto bene e ha sicuramente un approccio alla narrazione originale. Chiaro è che dal punto di vista della stanza è un po' carente. Non dico che l'autorimessa non ci sia, ma è come uno strumento di un'orchestra smisurata, un colore in una tavolozza molto ampia: in certi momenti emerge e poi ritorna sotto, persa dentro un flusso di sonorità dove ogni elemento ha la stessa importanza e nessuna prevalenza sugli altri. Quindi non potrei definirlo davvero il racconto di una stanza, ma se la stanza ha portato l'autore a scriverlo, beh è qualcosa che va rispettato a prescindere.

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Messaggio Da Molli Redigano Mar Ago 08, 2023 1:37 pm

Anzitutto posso dire di aver imparato qualcosa di nuovo (come spesso mi accade). Qualcosa di nuovo ancorché legato a un mondo, quello della musica, che non è proprio mio. 

Detto questo, il racconto mi è piaciuto molto per due motivi: la scrittura, ricercata è vero, ma se si pensa al soggetto che racconta non mi sarei aspettato qualcosa di diverso. Intendo dire che l'umanizzazione di questo aggeggio parlante è sconvolgente. Non solo parla e pensa come un umano ma come un umano ha una serie di incertezze, di dubbi, che lo confondono, come fosse nell'ombra, con l'ambiente circostante, una vera simbiosi con la protagonista. Ho avuto la sensazione che l'aggeggio avesse addirittura il dubbio di non fare il suo "dovere". Per me questa cosa ha una portata dirompente.
Dirompente, ripeto, ed ecco il secondo motivo per cui promuovo il racconto: assolutamente originale, non ci sono altre parole per definirlo.

Se il racconto, nell'insieme, può risultare asettico, piatto, lo attribuisco (per me soltanto, s'intende) a una lettura non troppo profonda. Ho dovuto rileggerlo con occhio più attento, più lentamente, per cui questo testo ha molto da dire in quanto a riflessioni su come un essere umano possa condurre la propria vita, quasi un'ennesima dimostrazione di come il destino sia esclusivamente nelle nostre mani.

Concordo: excipit da eliminare.

Grazie.

Aggiungo, scusate: spero non si sia incazzato che l'ho chiamato aggeggio.

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Messaggio Da Byron.RN Mar Ago 08, 2023 6:31 pm

La prima cosa che voglio sottolineare è l'accuratezza che ha usato l'autore per scrivere questo racconto. La storia non è buttata lì a caso, c'è stato uno studio, una gestazione importante credo, il tutto probabilmente scaturito dalla passione dello scrittore per la musica.
Ecco, anche se lo stile può apparire un pò freddo, anche per la natura stessa dell'io pensante e narrante, io questa passione l'ho avvertita senza dubbio.
Poi c'è il titolo, nessuno credo lo abbia ancora sottolineato, ma a me sembra perfetto, studiato alla perfezione, in un certo senso si può dire che in pochissime parole tratteggia in modo eccezionale il senso del racconto.
Sinceramente ancora non so se lo premierò, non è per mettere le mani avanti, ma solitamente sono portato a leggere e apprezzare cose più fluide, più leggere.
D'altra parte credo che questo tipo di racconto potesse essere scritto solo così e sia perfetto così. 
Quello che posso dire è che sono contento di avere letto questa storia, una storia non banale che credo si farà ricordare.
Indipendentemente dai punti che prenderà l'autore deve essere orgoglioso di avere scritto una storia particolare e originale come questa.
Complimenti.
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Messaggio Da Arunachala Ven Ago 11, 2023 10:15 am

diciamo che l'autorimessa è relegata in un angolo o poco più, pertanto non è centrale nella storia.
punto di vista originale, senza dubbio, con la narrazione fatta dal pacemaker, condita dalla musica dei Pink Floyd, gruppo che amo immensamente, e da descrizioni di un periodo che non tornerà mai più.
bella, l'idea, nulla da eccepire, però a tratti mi è parso un po' troppo freddo e distaccato, nonostante le continue dichiarazioni d'amore.
devo rileggerlo con calma.

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Messaggio Da Hellionor Ven Ago 11, 2023 11:27 am

Car aut
Comincio subito da quello che non mi convinto: l'autorimessa è davvero marginale, o almeno questo è quanto percepisco.
Per il resto, che ti devo dire? Questo racconto è estremamente particolare, la storia è affascinante e per quanto io non ami gli oggetti che pensano e parlano, in questo caso devo dire che non ho provato alcun tipo di fastidio, non ho neanche storto un pochino il naso: il tuo pacemaker parlante ha qualcosa di umano e insieme meccanico, cerca di provare empatia e di comprendere la sua umana ma fa fatica, si offende a caso, porta rancori, si strugge, ha provato un assaggio di umanità ma non sa gestirla.
Ho trovato davvero ottimo il registro narrativo, l'umanizzazione controllata che sei riuscit ad attribuire.alla tua voce narrante, la maniacalità che traspare tra una parola e l'altra, tutto ben calibrato .
Un ottimo lavoro, originale e a tratti struggente
Brav
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Messaggio Da Resdei Lun Ago 14, 2023 9:34 am

Racconto originale e per questo ti faccio molti complimenti. 
Ma difficile da commentare, perché se da una parte mi è piaciuto, ne ho apprezzato il tono, l’intimità, il flusso di coscienza, dall’altra ho faticato a capire a chi appartenesse la "voce" e dai commenti non credo di essere stata l’unica. Visto l’argomento molto particolare avrei reso più comprensibile alcuni passaggi per coinvolgere da subito il lettore.
Alla fine, rimane un grande senso di angoscia anche per la vita dolorosa di Costance e del suo cuore, separato da lei e che continua a pulsare.
Non mi piacciono le spiegazioni finali, il racconto è tuo, ispirato da una canzone, da una situazione particolare, ma alla fine è solo tuo.
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Messaggio Da caipiroska Lun Ago 14, 2023 5:25 pm

Bello e struggente questo racconto!
Nella letteratura le macchine che s'innamorano degli umani hanno per me un fascino particolare e terribile, con quella venatura incestuosa che rende l'argomento orribile e frizzante insieme.
Mr. Tambourine è un personaggio davvero interessante completamente incentrato su di sè (tipico delle macchine, alla fine, che non riescono davvero a provare empatia per gli esseri umani).
In pratica fa tutto da solo; s'innamora di Costance e alimenta quell'amore con strane paranoie (ritiene addirittura che lei gli abbia mancato di rispetto...), pensa di capirla ascoltando le sue sedute dallo psicologo, pensa di avere un legame con lei, e poi odia suo figlio.
Impossibile sapere da dove attinga tutte queste informazioni e come possa essersi innamorato di lei, ma in un racconto di fantascienza tutto è possibile.
Questo Romeo sbocciato dal nulla non riesce a trasmettere il suo amore, a far capire a Costance quanto lui la ami. Lei avrebbe capito? Le sarebbe bastato essere amata da un Coratomic?
Mr. Tambourine fa tanta tenerezza: prima chiuso al buio nel corpo di Costance, poi dimenticato in un'autorimessa, senza che nessuno possa venire a conoscenza del suo variegato spettro emotivo.
La storia può essere anche interessante anche se rimane un filino sdolcinata (ma d'altronde si parla di amore non corrisposto, quindi va bene così), ma mi sfugge un pò il messaggio finale: l'amore si nasconde dove meno te lo aspetti? Se non vuoi salvarti da sola non riuscirà a farlo nemmeno chi ti ama?
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Messaggio Da Susanna Gio Ago 17, 2023 11:01 pm

Ultimo racconto da commentare, anche se letto tra i primi. Un racconto intenso, con tanti spunti di riflessione, non da ultimo il tema delle umane fragilità che alla fine sono più forti degli sforzi di chi prova a prendere per mano e aiutare queste persone. Una sorta di rifiuto che non accetta alternative.
Tornando al racconto, confesso a voi Penne che subito ho pensato all’io narrante come a un innamorato o comunque a una persona che aveva molto a cuore (?!) la situazione della protagonista, tanto da entrare nella sua vita in modo importante e quasi invasivo, anzi invasivo come può essere un pacemaker, per cercare di aiutarla a trovare gli stimoli giusti per (ri)prendere la vita nelle sue mani.
Questo perché non avevo voluto approfondire quanto l’incipit diceva.
Un incipit che è servito per inserite nel testo i riferimenti al brano musicale dei Pink Floyd, ma che - a racconto finito - può togliere un po’ di suspence.
Il brano musicale diventa anch’esso un protagonista, ed è una scelta che può pagare o meno a seconda di come il lettore chiuda il cerchio di quanto sta leggendo. In questo caso c’è anche il particolare io narrante, un pakemaker atomico, un prototipo portatore di tanta speranza di vita ma anche di tante incognite - troppo pesanti per la protagonista - che trova a sua volta in una canzone tanti stimoli, come quelli che prova a trasmettere.
Un racconto che mi è piaciuto, pur nella sua “semplice” complessità: la contrapposizione tra chi la vita vuol preservarla, un meccanismo che ha anche tanta umanità in sé, e la protagonista che invece vive buttando la vita, forse pensando di viverla intensamente per le tante esperienze estreme fatte, ma che con la vita non riesce a trovare la giusta sintonia, tanto da decidere di chiudere con essa.

Che poi i racconti o i film di fantascienza con "macchine" che interagiscono umanamente con gli uomini mi intrigano sempre.
Le mie note
La musica riusciva a pacarci, a placarci
Come facevi te - te che, imbottita te a temermi: il te è usato più nel parlato, nello scritto un pochino stride
cosi prossima: così

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Messaggio Da CharAznable Ven Ago 18, 2023 11:15 pm

Molto molto particolare questo racconto. Non per tutti, cerebrale, con quell'intensità che necessita di una lettura attenta, come un attento ascolto necessitano gli album dei Pink Floyd. Non è musica da sottofondo.  Deve essere protagonista e convogliare l'attenzione. Racconto particolare, dicevo. Con un'idea e un'esposizione davvero interessanti e ben fatte. Però non mi arriva, mi manca qualcosa, mi rimane freddo pur parlando di sentimenti.
Come la musica dei Pink Floyd credo che questo racconto non sia per tutti.
Grazie.
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Messaggio Da Menico Mar Ago 22, 2023 1:03 pm

Geniale lo spunto che hai trovato per il tuo racconto. Bella la collocazione spazio-temporale. Fluida la narrazione, struggente il sentimento quasi umano del pace-maker (toglierei quasi) e il suo senso di colpa con la sua sensazione di inutilità che sembra diventare la sua condanna. Bello!!!

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Messaggio Da vivonic Mar Ago 22, 2023 5:57 pm

Ciao, Autore.
Devo essere sincero: io ho votato per l'inammissibilità del tuo racconto. Per me, l'autorimessa non era centrale, e continuo a essere dello stesso avviso anche adesso che il concorso è ormai volto al termine. Per fortuna, ad ogni modo, il CdL è composto da più persone, e io sono rimasto in minoranza.
Il tuo racconto, che mi ha fatto immediatamente venire in mente uno dei miei artisti preferiti al mondo, ha poi un po' deluso le aspettative nella lettura, in quanto non mi sono appassionato alla tua trama e ho fatto veramente fatica a finirlo.
Devo riconoscere una grande bravura da parte tua nell'incastrare tutti i tasselli e rendere un racconto così difficile perfettamente a suo agio in un concorso letterario, ma per me resta una lettura un po' ostica. Mi dispiace.

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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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