Un foglio a quadretti
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Un foglio a quadretti
“Il caso di un uomo buono che si arrabbiò e comprò un trattore.”
Così potrebbero titolare Jonasson o Sepúlveda per questa storia, che racchiude - un pochino romanzati, ma davvero poco - ricordi miei e di persone che hanno fatto parte della mia vita. Soprattutto quelli del protagonista che, in uno dei suoi ultimi splendidi momenti di lucidità, mi confidò le ragioni di quell’acquisto, rimasto per anni senza un perché.
Correvano i primi anni ‘60…
L’uomo buono era Plinio, mio nonno: una persona mite, profondamente onesta, semplice nella sua saggezza antica.
Contadino da sempre e gran lavoratore, amava, curava e coltivava la terra di altri assieme a Maria, mia nonna, che si occupava del pollaio, dell’orto e ovviamente della casa, anch’essa di altri.
Erano piccoli mezzadri e abitavano in una corte, all’entrata di un paesino perso nella grande Pianura.
Se tutti gli edifici della corte avessero avuto una porta comunicante tra loro, si sarebbe potuto farne il giro senza mai uscire: un ferro di cavallo che iniziava e finiva a lato di un vecchio cancello.
Si iniziava con la casa padronale, una costruzione dell’ottocento abitata da due sorelle zitelle, le proprietarie dei terreni, per proseguire con un’abitazione, oggi si direbbe dépendance, che ogni tanto ospitava due loro cugine, sarte in Vaticano. Passando per la legnaia si sarebbe arrivati alla stalla: due mucche, un cavallo ombroso nel suo stallo e due o tre caprette, spesso rinchiuse perché non erano solo dispettose, erano perfide nel prendere subdolamente a testate ogni gamba che capitasse loro a tiro.
Per non parlare di quanto gradissero i fiori che Maria coltivava in una stretta aiuola a ridosso della casa: ortensie, zinnie e dalie da portare al cimitero.
Continuando il giro, ecco il grande fienile, poi uno stretto varco che, incorniciato da un piede franco di uva fragola aggrappato ai vecchi mattoni rossi, portava all’orto e al pollaio; da ultimo la casa dei nonni, confinante con un piccolo edificio.
Quel piccolo edificio, un piano e un basso soppalco, era adibito a rimessa per le biciclette dei nonni, quelle di noi nipoti, a misura delle varie età, lasciate in deposito invernale, e per il mio triciclo, passato poi a sorelle e cugini: rosso, di ferro, pesante e robusto, sopravvissuto a tante cadute senza una sola ammaccatura. A promuovere la rimessa ad autorimessa… la mia auto. Proprio così: la mia auto.
A pedali, monoposto, di un orribile azzurro tendente al verde, era la riproduzione fedele di un’auto sportiva, decapottabile; le portiere non si aprivano ma i particolari c’erano tutti: paraurti, fanali, frontalino, targa e parabrezza.
Molti anni dopo ne avrei vista una uguale a un mercatino di modernariato: la tentazione di comprarla per mia figlia era stata forte, ma non sarebbe stata la stessa cosa che farle provare quell’auto.
Nello stesso locale mio nonno teneva l’aratro, falci e falcetti, vanghe, rastrelli e l’unico mezzo agricolo che aveva: una motofalciatrice, di quelle che ancora si vedono soprattutto in montagna, con una lunga lama sul davanti. Non era di quelle con il seggiolino per il conducente: la si doveva accompagnare a piedi, di sicuro con gran fatica, pesante com’era.
Plinio le aveva dato un nome: “Quella lì” e più di una volta mi era capitato di vederlo, piccolo e magro, con i pantaloni abbondanti, mentre la fissava perplesso, grattandosi la nuca dopo aver spinto il cappello sulla fronte, con una chiave inglese o un cacciavite nell’altra mano.
Lui, che sapeva fare un sacco di cose, con “Quella lì” non era mai riuscito a entrare meccanicamente in sintonia.
«Nonu - io lo chiamavo così - fai fatica a farla camminare?» gli avevo chiesto una volta.
«Un po’, a volte quella lì fa la lazzarona, ma quando vede i prati… ah, si mette a correre! Dovresti vedere come fa le curve! E quando è stanca torna da sola, tanto sa la strada.»
Forse dopo si era messo a ridere per questa burla, con quel sorriso da pochi denti e gli occhi piccoli e infossati, che ti leggevano dentro e che non ho mai scordato.
Quella rimessa, pardon, autorimessa, ha anch’essa la sua parte in questa storia.
Era l’autunno del ’64: una volta messi i campi e l’orto a riposo, Plinio non se ne stava di certo con le mani in mano; c’erano sempre tanti lavori per far arrivare sera, oltre ad accudire gli animali e tagliare la legna per la stufa e il camino.
Ecco perché il fatto che trafficasse nella rimessa passò quasi inosservato per Maria, impegnata a preparare la casa per l’inverno: abiti pesanti e coperte da tirar fuori dalla naftalina, una passata ai pavimenti con il sangue di bue, le salse per il lesso…
Plinio portò sull’aia tutto quello che ingombrava la rimessa, la ripulì per bene, togliendo persino le ragnatele; con alcune assi fabbricò delle mensole e poi risistemò ogni cosa con cura. La cosa che soprese Maria fu la comparsa di un grosso lucchetto sul portone, che di solito rimaneva aperto, ma non ottenne che blande spiegazioni.
Qualche giorno dopo, una domenica che eravamo stati a pranzo da loro, tutto quel lavorio ebbe una spiegazione.
Un pomeriggio tranquillo: fuori c’era la nebbia, mia nonna lavava i piatti, la zia sarta aveva aggiornato le misure di tutti noi bambini e con mia madre stava decidendo come usare stoffe comprate al mercato. Mio padre dormicchiava sul divano e lo zio leggeva il giornale.
Plinio aveva preso la bicicletta, dicendo che andava a farsi un giro. Non era tipo da osteria, ma capitava che andasse a trovare qualche amico.
A un certo punto si sentì un gran fracasso provenire dalla strada: uscimmo tutti in cortile giusto in tempo per veder arrivare un trattore, guidato da Olindo, il figlio del meccanico.
Non era certo nuovo, il trattore, anzi: il colore era un misto di arancione e ruggine, il motore tossiva che pareva fosse sul punto di tirare gli ultimi e scaricava nell’aria un gran fumo nero, oggi da ergastolo per gli ambientalisti. Dietro al trattore arrivò Plinio che, senza dir niente, aprì il portone della rimessa: Olindo, con due manovre da manuale, vi parcheggiò il trattore, scese atleticamente dal mezzo, prese da mio nonno alcune banconote e se andò, non senza aver salutato rispettosamente tutta la platea.
Silenziosa. Basita è meglio.
Fu la nonna a riprendersi per prima e chiedere al nonno di chi fosse quel trattore.
«Al mè.» Serio.
«Al tò? Ma…»
Non avevo mai sentito mio nonno alzare la voce o essere meno che cortese. Alle discussioni preferiva il silenzio che, avrei imparato a mie spese negli anni successivi, a volte pesa più di mille parole.
Quel giorno, in quel momento, aveva puntato l’indice in alto, guardando molto seriamente la moglie e, alzando appena la voce:
«Maria!»
La traduzione di quel “Maria” era chiarissima: non fare domande, va bene così, zitta e chiusa la questione.
Inaudito.
E questo valeva anche per le figlie e i generi che, questo lo ricordo bene, seguirono mia nonna, piuttosto frastornata e brontolante, in casa.
Erano tutti tanto stupiti che passò inosservato il fatto che noi bambini fossimo sbucati dalla porta di accesso a un ripostiglio dove, a causa di vecchie scale pericolanti, ci era proibito entrare. Un invito a nozze quel veto, soprattutto perché io ci avevo trovato alcuni vecchi Topolino e potevano essercene altri.
Comunque, a dar voce alle perplessità degli adulti ci pensò Pinuccia, mia cugina: «Ma chi lo guida il trattore? Il nonno non sa guidare.»
Pochi giorni dopo le scale crollarono.
Il problema di chi lo avrebbe guidato si risolse quasi da solo: nella corte di fronte era venuta ad abitare una famiglia di terroni (il politically correct non era ancora stato inventato) con tante braccia volenterose. Il maggiore dei figli, Carmine, che faceva i turni in città come operaio e di motori ne sapeva, fu ben lieto di guadagnare qualche soldo quando arrivò il momento di mettere le ruote del trattore sui campi.
Lui e Olindo finirono per diventare amici: all’inizio fecero un po’ fatica a capirsi per via dei dialetti tanto diversi, ma per tenere in vita il trattore non c’era bisogno poi di tante parole.
Pian piano sulle mensole comparvero oliatori, barattoli di grasso, candele e ricambi che quei due riuscivano a trovare chissà dove.
Ma mio nonno non provò mai né a mettere le mani nel motore, tantomeno a guidarlo, magari solo in cortile. Lui stava lì, osservava e basta.
Il trattore morì serenamente nella sua rimessa tre anni dopo: una mattina non ne volle sapere di mettersi in moto e a nulla valsero gli sforzi dei due meccanici. Forse fu un preavviso: qualche giorno dopo le sorelle vendettero la terra e i nonni si ritirarono in un paese poco lontano, in una casetta con un pezzo di orto e un pollaio.
Si era chiusa una parte della loro vita.
… che correndo arrivarono al 1989.
A giugno c’era stato il compleanno di Plinio, ma nessuno se n’era ricordato.
Non siamo mai stati una famiglia da compleanni.
Sentendomi molto in colpa, ma forse era per qualcos’altro che non riuscivo ad afferrare, andai a trovarlo nella casa di riposo in cui aveva preferito ritirarsi dopo la morte della nonna. Non voleva essere di peso per nessuno.
Mentre mi mostrava la piccola aiuola in cui gli lasciavano coltivare basilico e prezzemolo, mi chiese:
«Sei venuta in macchina?»
«Sì, è quella blu, lì davanti.»
«Mi porti là? Ti pago la benzina.»
«Nonu, per piacere!»
Là era la corte: aveva dovuto lasciarla inaspettatamente, quasi di fretta e negli anni a seguire non ci era mai tornato. Si era risentito del fatto di essere stato tenuto all’oscuro della decisione delle proprietarie fino a cose fatte e forse aveva bisogno di dare un ultimo saluto a quello che per tanti anni era stato il suo mondo.
C’era un po’ di traffico: semafori, pedoni, incroci; a un certo punto appoggiò una mano su quella che tenevo sulla leva del cambio, leggero per non intralciarmi, guardando anche come muovevo i piedi sui pedali, forse per capire come si accordasse il tutto.
«Però, sei brava!»
«Se vuoi ti faccio provare.»
«Un’altra volta, oggi c’è troppo sole.»
Ci fermammo davanti al cancello della corte: solo la casa padronale, la rimessa e il fienile stavano ancora in piedi: il resto erano cumuli di mattoni e travi di legno, coperti da rampicanti e ortiche.
Il cancello era chiuso da una grossa catena ma il cancelletto sul retro era ancora quello di una volta: c’era voluto poco per alzare il chiavistello, un po’ di più per convincere i cardini a fare il loro dovere.
Nell’aria si sentiva ancora un vago sentore degli odori di una volta: l’acre del letame messo a maturare in una grande vasca, il secco del cemento dell’aia, l’afrore ricordo delle stalle. Plinio gironzolò con calma, un pezzetto di tante fatiche per volta: non leggevo dispiacere o nostalgia in quel lento ricordare, ma la consapevolezza che quelle cose avevano fatto il loro tempo, come tutto nella vita.
Arrivati davanti alla rimessa, era bastato spingere il portoncino per entrare. Ci sedemmo su una vecchia balla di fieno: sul viso sentivo il caldo delle lame di sole che entravano dal rosone di mattoni del soppalco. In un angolo c’era una cassetta di legno con dentro alcuni utensili: dei cacciaviti arrugginiti, qualche chiave inglese, un sacchetto con dei chiodi…
Quasi senza accorgermene mi misi a piangere, un pianto che a cercare di trattenerlo faceva male, un male cane, dappertutto.
Grandicella, avevo capito perché da piccola fossi spesso dai nonni, in quella casa dove stavo così bene: i litigi dei miei genitori, di cui, poi, mi sarei sentita causa.
Certe cose lasciano il segno, neanche il tempo e le consapevolezze adulte riescono a cancellarle del tutto e in quel momento, accanto al mio nonu, riflettei su quanto sarebbe stato meglio, in passato, potermi chiudere in quella stanza, disordinata come i miei pensieri, dove nessuno avrebbe pensato di venirmi a cercare, e lasciar uscire tutto il malessere e la rabbia che mi portavo dentro. Se anche avessi spaccato qualcosa, non sarebbe stato un gran danno.
Mi sdraiai con la testa sulle gambe di Plinio, come facevo da piccola, e mi lasciai confortare dalle sue mani nodose che carezzavano i capelli.
La paglia pungeva sotto l’abito leggero.
Lui aspettò, mi ascoltò senza fare domande che non erano necessarie.
Quando mi ripresi, mi guardò dritto negli occhi, senza dire nulla, poi tirò fuori dal taschino della camicia un fazzoletto, lo ripiegò a triangolo e, in pochi gesti, ecco il “cagnulei muciat muciat” o chissà che altro animale era e se lo fece saltare tra le mani, magre e segnate dall’artrite, con la cantilena di una filastrocca di cui vorrei ricordare i versi.
Il momento difficile era passato, ci eravamo messi a ridere per quel gioco ed era il momento giusto per una sorpresa: dalla borsa presi un piccolo vassoio di paste.
«Auguri, nonu Plinio.»
Un bambino, era felice come un bambino! Sciolse lentamente il nastrino, lo piegò e me lo mise in borsa; poi aprì il pacchetto e con un gran sorriso guardò prima le paste e poi me, quasi a cercare la conferma che fossero per lui, le contò e scelse con cura quella con cui iniziare. Plinio era sempre stato molto goloso e vederlo gustare una tartelletta o un bignè era commovente.
Ci dividemmo un cannoncino, poi incartò quelle rimaste: «Queste per merenda.»
Ce ne stavamo lì, come nel più comodo dei salotti, ognuno coi suoi pensieri, quando mi chiese:
«Vuoi sapere perché ho comprato il trattore? Ma… veh che è un segreto!».
Aprì con gesti lenti il portafoglio: carta d’identità vecchia di chissà quanti decenni, una nota con dei numeri di telefono, foto dei nipoti e della Maria e un foglietto sgualcito, forse letto e riletto tante volte.
Era un foglio di quaderno a quadretti grossi, con alcune date del 1964 e delle cifre, messe bene in colonna col totale scritto in grande. A seguire due firme: quella di Plinio e un’altra, illeggibile.
«Il Baldi doveva venire ad arare i miei campi, vedi? Dal dieci al tredici ottobre. Invece è venuto quindici giorni dopo. Aveva preferito andare prima dal Torti, che uno dei suoi mezzadri si era fatto male. Hai capito? Il Torti ne aveva tanta di terra, troppa… invece io ero un poveraccio. Due soldi in più e la parola data… via!» si soffiò sulle dita.
Come tanti piccoli mezzadri, per la trebbiatura e l’aratura, Plinio si serviva di contoterzisti, che avevano trebbiatrici e aratri grandi. A gennaio, calendario e portafoglio alla mano, si accordava con il Baldi; per gli altri lavori, andava di braccia: falce, rastrello e il carro tirato dal vecchio cavallo.
Per Plinio una parola e una stretta di mano valevano più di un contratto firmato davanti al notaio, ma… carta canta e villan dorma.
La voce gli si incrinò e vidi spuntare delle lacrime: mi si strinse il cuore, vedere un vecchio orgoglioso piangere fa davvero male, anche per un qualcosa accaduto tanto tempo fa. Gli tolsi il foglietto dalle mani, ripiegandolo con cura.
«I miei soldi erano buoni come quelli del Torti, forse di più. Ogni sera, finito il lavoro, sul tavolo c’erano del pane e salame, un bicchiere di vino e i soldi per la giornata. Il Torti? Glieli ha fatti sudare quei due soldi in più: tanti giri e tante storie, mai contento.»
Si sistemò meglio il cappello: «Dopo che ha finito il lavoro, l’ho pagato, salutato… ma non gli ho stretto la mano. Il giorno dopo sono andato dal padre di Olindo a cercare un trattore: non era un granché, gli facevo un piacere a portarlo via, lo sapevo bene, ma dovevo farlo. Una parola è una parola.»
Ormai era ora di tornare: mentre stavo chiudendo la porta della rimessa, mio nonno tornò indietro, andò a frugare nella cassetta e tornò con una chiave inglese. La pulì con cura e poi me la diede:
«Lo so che tuo marito ne ha tante, ma custa l’è par ti, per i tuoi di bulloni.»
Sulla forchetta c’era inciso, in uno stampatello irregolare, un nome: Plinio.
Different Staff- Admin
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Re: Un foglio a quadretti
Inizio questo viaggio nelle autorimesse partendo dal passato, un passato nostalgico e reale. Il merito va all'autore, che possiede delle capacità narrative eccellenti. La prima parte del racconto è magistrale e calibrata fin nel più piccolo dettaglio; ti permette di immergerti nel racconto e vivere ogni cosa.
Poi, quando compare il trattore, tutto sembra accelerare di colpo e la narrazione diventa più frettolosa. Ho avuto l'impressione che, per rimanere entro le battute richieste in questa parte, sia stato tolto qualcosa.
Successivamente, quando si arriva al 1989, tutto cambia e il racconto diventa più personale e intimista. Emergono altre sottotrame (come ad esempio la storia dei genitori della protagonista) che appesantiscono il racconto. Ci si ritrova sommersi di spunti che fino a quel punto non erano stati considerati e qualcosa della magnifica atmosfera iniziale si perde.
Lo stile è veramente eccellente; vorrei solo dare un consiglio: toglierei tutti quei commenti del narratore che non servono a nulla, anzi distraggono. Per intenderci, mi riferisco a quelli sul fumo e sui terroni.
In conclusione, il racconto è scritto bene e ti trasporta in quell'epoca, lasciando quelle sensazioni ben radicate. Tuttavia, in fondo, sento che manca qualcosa.
Grazie.
Poi, quando compare il trattore, tutto sembra accelerare di colpo e la narrazione diventa più frettolosa. Ho avuto l'impressione che, per rimanere entro le battute richieste in questa parte, sia stato tolto qualcosa.
Successivamente, quando si arriva al 1989, tutto cambia e il racconto diventa più personale e intimista. Emergono altre sottotrame (come ad esempio la storia dei genitori della protagonista) che appesantiscono il racconto. Ci si ritrova sommersi di spunti che fino a quel punto non erano stati considerati e qualcosa della magnifica atmosfera iniziale si perde.
Lo stile è veramente eccellente; vorrei solo dare un consiglio: toglierei tutti quei commenti del narratore che non servono a nulla, anzi distraggono. Per intenderci, mi riferisco a quelli sul fumo e sui terroni.
In conclusione, il racconto è scritto bene e ti trasporta in quell'epoca, lasciando quelle sensazioni ben radicate. Tuttavia, in fondo, sento che manca qualcosa.
Grazie.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Un foglio a quadretti
Bello e semplice, semplice e bello.
Semplice, l'avrai capito è un gran complimento. Quando leggo voglio emozionarmi e tu mi hai fatto emozionare. E se non rimani semplice, se cerchi troppo il ben scritto, se ti piace troppo come lo scrivi rispetto a quello che scrivi, difficilmente riesci ad arrivare al cuore.
La scrittura è di ottima qualità, scorre giù veloce come una discesa da fare in bici, ma quando è necessario ha un'impennata che segnala una salita che è una soddisfazione concludere per poi scollinare di nuovo.
Se vuoi che ti segnali un difetto, riguarda l'uso del corsivo. Inutile e a volte perfino leggermente irritante. Che vuol dire "mio triciclo"? L'aggettivo mio è un enfasi più che sufficiente
Non concordo con @ImaGiraffe, lascia i commenti dell'autore , aggiungono altro piacevole calore.
Il tuo racconto mi è molto piaciuto. Come mi è piaciuto Plinio.
Grazie
Semplice, l'avrai capito è un gran complimento. Quando leggo voglio emozionarmi e tu mi hai fatto emozionare. E se non rimani semplice, se cerchi troppo il ben scritto, se ti piace troppo come lo scrivi rispetto a quello che scrivi, difficilmente riesci ad arrivare al cuore.
La scrittura è di ottima qualità, scorre giù veloce come una discesa da fare in bici, ma quando è necessario ha un'impennata che segnala una salita che è una soddisfazione concludere per poi scollinare di nuovo.
Se vuoi che ti segnali un difetto, riguarda l'uso del corsivo. Inutile e a volte perfino leggermente irritante. Che vuol dire "mio triciclo"? L'aggettivo mio è un enfasi più che sufficiente
Non concordo con @ImaGiraffe, lascia i commenti dell'autore , aggiungono altro piacevole calore.
Il tuo racconto mi è molto piaciuto. Come mi è piaciuto Plinio.
Grazie
gipoviani- Padawan
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Re: Un foglio a quadretti
Bel lavoro, Penna. Il tuo lavoro è ben caratterizzato, la descrizione del tempo e della vita agreste induce alla pace. Anche la rabbia di Plinio, tutto sommato, rientra nella dimensione romantica di un certo mondo antico e non fa alzare il sopracciglio, ma in questo racconto non sentivo proprio la necessità di alzarlo, era la quiete che volevi trasmettere. Mi sono inciampato su due "chiusure". - Pochi giorni dopo le scale crollarono. E - ...che correndo arrivarono al 1989. Ho faticato un poco a capire queste frasi, nel contesto. Mi è piaciuto molto come, nel mentre che il trattore era praticamente sparito, Plinio abbia sentito la necessità di rivelare il segreto. I segreti non "resistono". Anche a me, come a Imagiraffe, non son piaciuti molto gli interventi sul fumo e sui terroni, la tua capacità di ricreare un mondo e un periodo è tale da fare comprendere al lettore che quanto accadeva e si diceva al tempo faceva parte del corso storico. Non mi ha convinto a pieno il titolo.
Concludo dicendo che, a prescindere dai pochi appunti che ho provato a muovere, è stato veramente piacevole leggerti. Grazie Penna.
Concludo dicendo che, a prescindere dai pochi appunti che ho provato a muovere, è stato veramente piacevole leggerti. Grazie Penna.
digitoergosum- Cavaliere Jedi
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Re: Un foglio a quadretti
Veramente un ottimo racconto che ti riporta a vivere cose che sono veramente del passato e che oggi non esitono e non potrebbero nemmeno esistere. Il vecchio è descritto magistralmente e io l'ho visto molto reale. Anche il rapporto tra nonno e nipote è parte della vita vera. Insomma mi sono immerso volentieri nella lettura di questa storia e non mi son nemmeno chiesto se tu avessi rispettato l'unico paletto. Penso comunque che sia così visto che sei stato ammesso. Ottimo.Ok l'ho ripetuto!
Antonio Borghesi- Cavaliere Jedi
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Re: Un foglio a quadretti
Cara mia mi hai ricordato le mie origini, forse ancora più povere, mio nonno non aveva macchinari per arare, solo le sue braccia. Da vecchio pure lui coltivava basilico e pomodori accanto alla sua casa, oltre non riusciva ad andare per timore di cadere.
Malfermo sulle gambe aveva amplificato la sua lucidità mentale e ricordava tutto, come il tuo Plinio.
Ho la sensazione che non riuscirò a leggere qualcosa meglio di quello che hai scritto, autore.
Prendilo come un rifiuto, un non voler cancellare i ricordi che tu hai così bene fatto apparire nella mia mente stanca.
Ti abbraccio.
Malfermo sulle gambe aveva amplificato la sua lucidità mentale e ricordava tutto, come il tuo Plinio.
Ho la sensazione che non riuscirò a leggere qualcosa meglio di quello che hai scritto, autore.
Prendilo come un rifiuto, un non voler cancellare i ricordi che tu hai così bene fatto apparire nella mia mente stanca.
Ti abbraccio.
tommybe- Cavaliere Jedi
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Re: Un foglio a quadretti
Un racconto delicato che ti prende per mano e ti trasporta in un tempo che sopravvive nei ricordi di chi, come me, ha una certa età.
È stato bello immergersi nell’atmosfera che hai saputo rievocare attraverso descrizioni con immagini, suoni, colori e odori che ho personalmente ritrovato dentro al mio vissuto.
Anche il segreto che il nonno ha custodito per tanti anni racconta della schiettezza e della dirittura morale che oggi forse farebbe pure un po’ sorridere ma che danno spessore e umanità a Plinio.
Vera o inventata che sia, la tua storia mi è piaciuta tanto. Brav.
È stato bello immergersi nell’atmosfera che hai saputo rievocare attraverso descrizioni con immagini, suoni, colori e odori che ho personalmente ritrovato dentro al mio vissuto.
Anche il segreto che il nonno ha custodito per tanti anni racconta della schiettezza e della dirittura morale che oggi forse farebbe pure un po’ sorridere ma che danno spessore e umanità a Plinio.
Vera o inventata che sia, la tua storia mi è piaciuta tanto. Brav.
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Re: Un foglio a quadretti
Una storia carica di ricordi e di vissuto, per traspare da ogni riga. Per il mio gusto, tuttavia, una storia vera e propria non c'è. Il contenitore del trattore è interessante, ci riporta in un mondo di strette e di mano e di affari fatti a bicchieri di vino. Sarà perché quei momenti non sono mai riusciti a viverli in prima persona, ma quel mondo mi affascina. Sto leggendo un libro sulla vita del nonni del mio paese dove sono descritte più o meno le stesse cose. Però non è una storia. Lo stile lo trovo buono dal punto di vista formale e funzionale a quanto narrato, semplice e schietto proprio come il nonno, solo con qualche ripetizione evitabile. L'autorimessa la vedo invece un po' tirata per i capelli: considerando che era l'unico paletto di questo step non mi pare protagonista.
Nel complesso mi ha fatto piacere immergermi nel mondo che proponi ma la trama non mi ha emozionato più di tanto. Forse modificando o invertendo l'ordine delle varie parti narrati il risultato mi sarebbe piaciuto di più.
Nel complesso mi ha fatto piacere immergermi nel mondo che proponi ma la trama non mi ha emozionato più di tanto. Forse modificando o invertendo l'ordine delle varie parti narrati il risultato mi sarebbe piaciuto di più.
Nellone- Younglings
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Re: Un foglio a quadretti
Un racconto che accompagna il lettore in un tempo passato, tra nostalgia dolce e amara.
Qualche frase in dialetto, qua e là, aiuta a entrare in mondo scomparso ma che, chi ha una certa età, ricorda ancora con affetto, anche se c'era meno, anche se non c'erano i social networks.
Il trattore è molto più protagonista dell'autorimessa, e forse anche la macchinina a pedali.
Promosso.
Qualche frase in dialetto, qua e là, aiuta a entrare in mondo scomparso ma che, chi ha una certa età, ricorda ancora con affetto, anche se c'era meno, anche se non c'erano i social networks.
Il trattore è molto più protagonista dell'autorimessa, e forse anche la macchinina a pedali.
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FedericoChiesa- Padawan
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Re: Un foglio a quadretti
Il pregio di questo racconto è l'atmosfera malinconica che riesce a creare.
In realtà non succede molto, è un viaggio nei ricordi, gestito però davvero bene.
È una di quelle storie agrodolci che scava in un passato non troppo lontano ma che a noi oggi sembra lontanissimo, generando inevitabilmente nel lettore una certa nostalgia. Ecco, ho scritto in un altro commento che ultimamente mi sto dando a letture movimentate, d'intrattenimento, letteratura fantastica, di genere, no mainstream. In questo racconto non c'è azione, non ci sono trovate, è tutto molto semplice, ma l'atmosfera che sei riuscito a creare, mista all'integrità vecchio stampo di Plinio, me l'ha fatto piacere.
In realtà non succede molto, è un viaggio nei ricordi, gestito però davvero bene.
È una di quelle storie agrodolci che scava in un passato non troppo lontano ma che a noi oggi sembra lontanissimo, generando inevitabilmente nel lettore una certa nostalgia. Ecco, ho scritto in un altro commento che ultimamente mi sto dando a letture movimentate, d'intrattenimento, letteratura fantastica, di genere, no mainstream. In questo racconto non c'è azione, non ci sono trovate, è tutto molto semplice, ma l'atmosfera che sei riuscito a creare, mista all'integrità vecchio stampo di Plinio, me l'ha fatto piacere.
Byron.RN- Cavaliere Jedi
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Re: Un foglio a quadretti
Hai saputo ricerare una bella atmosfera e un personaggio che colpisce e rimane impresso.
C'è una lentezza nella tua scrittura che appartiene pienamente a quello che stai raccontando, un mondo in cui non si corre, non si va di fretta, si osserva e si ascolta prima di parlare e di agire.
Cosa non mi ha convinto del tutto in questo racconto? La storia della nipote appena abbozzata, troppo importante da un certo punto di vista per essere buttata lì così senza venire approfondita: mi è rimasta tanta, troppa curiosità.
Splendido l'incipit.
Ottima la scrittura, di alto livello, segnalo soltanto questo passaggio che ho riletto più volte ma ancora non mi convince:
C'è una lentezza nella tua scrittura che appartiene pienamente a quello che stai raccontando, un mondo in cui non si corre, non si va di fretta, si osserva e si ascolta prima di parlare e di agire.
Cosa non mi ha convinto del tutto in questo racconto? La storia della nipote appena abbozzata, troppo importante da un certo punto di vista per essere buttata lì così senza venire approfondita: mi è rimasta tanta, troppa curiosità.
Splendido l'incipit.
Ottima la scrittura, di alto livello, segnalo soltanto questo passaggio che ho riletto più volte ma ancora non mi convince:
o manca una virgola dopo "afrore" oppure la parola "afrore" dovrebbe essere sostituita da un aggettivo.l’acre del letame messo a maturare in una grande vasca, il secco del cemento dell’aia, l’afrore ricordo delle stalle.
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paluca66- Maestro Jedi
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Re: Un foglio a quadretti
Un altro racconto in prima persona, stile che in questo step sta spopolando: alle cinquine le ardue sentenze, vista la qualità dei racconti così impostati che ho letto finora.
L’incipit mi aveva fatto pensare a una scelta di stile, quello di declinare in prima persona il racconto, ma poi ho avuto l’impressione che ci sia davvero qualcosa di autobiografico, o comunque di personalmente vissuto. Vedremo se la Penna ce lo confermerà o meno.
Avendo vissuto sempre in paesi di campagna, i luoghi come questa corte - descritta davvero minuziosamente - li ho frequentati, e la Penna mi ci ha riportato: in alcune, cascine più che corti, ci abitavano ancora amici d’infanzia dei miei genitori e, in una di queste, molto grande e abitata da diverse famiglie, ci andavo con mia mamma a trovare delle sue amiche. Erano momenti di libertà totale, e sulla via del ritorno, sudati, impolverati e scalmanati per le tante corse con gli amichetti, di scapaccioni perché se il pericolo non c’era, lo si andava a cercare.
Tornando al racconto, la Penna ricorda momenti di una vita semplice, col tempo scandito dalle stagioni e dalle fatiche, con il rispetto per le persone e le parole date. Come non si può non voler bene a nonno Plinio, uomo il cui stampo è andato perso?
La rimessa è più per gli attrezzi che altro - auto a quell’epoca ce n’erano poche - e per il trattore era il posto giusto, sistemato con cura da Plinio che, con altrettanta cura, avrebbe accudito al mezzo. Il trattore, come ha scritto @ImaGiraffe , scompare presto dal racconto, ma d’altronde era già vecchio quando è arrivato nella corte, più una "rivalsa" per chi aveva mancato la parola data che una vera necessità. Diventerà poi lo spunto per chiudere il cerchio di questa storia.
La figura della nipote, come commenta @paluca66 , è quasi abbozzata, neanche il nome compare: ma è lei che racconta e quindi decide cosa far dire e cosa no alla sua voce narrante, anche se ha disseminato qua e là piccoli particolari che legati assieme dicono molto, a mio parere ovviamente. I litigi dei genitori e i periodi presso i nonni; i giochi che, sia pure passati poi a fratelli/sorelle e cugini, erano stati in primis suoi; una famiglia complicata, non da compleanni, e il momento in cui una semplice e vecchia rimessa, una balla di paglia e le carezze di Plinio l’aiutano a cominciare a liberarsi di quanto le pesa. Plinio, nella sua saggezza contadina, intuisce che forse è solo un inizio e che una vecchia chiave inglese potrà aiutarla.
Le mie note:
refusi non ne ho trovati, solo questo punto
Ma mio nonno non provò mai né a mettere le mani nel motore, tantomeno a guidarlo, - si parla del motore, il nonno non avrebbe mai guidato il trattore, non il motore
L’incipit mi aveva fatto pensare a una scelta di stile, quello di declinare in prima persona il racconto, ma poi ho avuto l’impressione che ci sia davvero qualcosa di autobiografico, o comunque di personalmente vissuto. Vedremo se la Penna ce lo confermerà o meno.
Avendo vissuto sempre in paesi di campagna, i luoghi come questa corte - descritta davvero minuziosamente - li ho frequentati, e la Penna mi ci ha riportato: in alcune, cascine più che corti, ci abitavano ancora amici d’infanzia dei miei genitori e, in una di queste, molto grande e abitata da diverse famiglie, ci andavo con mia mamma a trovare delle sue amiche. Erano momenti di libertà totale, e sulla via del ritorno, sudati, impolverati e scalmanati per le tante corse con gli amichetti, di scapaccioni perché se il pericolo non c’era, lo si andava a cercare.
Tornando al racconto, la Penna ricorda momenti di una vita semplice, col tempo scandito dalle stagioni e dalle fatiche, con il rispetto per le persone e le parole date. Come non si può non voler bene a nonno Plinio, uomo il cui stampo è andato perso?
La rimessa è più per gli attrezzi che altro - auto a quell’epoca ce n’erano poche - e per il trattore era il posto giusto, sistemato con cura da Plinio che, con altrettanta cura, avrebbe accudito al mezzo. Il trattore, come ha scritto @ImaGiraffe , scompare presto dal racconto, ma d’altronde era già vecchio quando è arrivato nella corte, più una "rivalsa" per chi aveva mancato la parola data che una vera necessità. Diventerà poi lo spunto per chiudere il cerchio di questa storia.
La figura della nipote, come commenta @paluca66 , è quasi abbozzata, neanche il nome compare: ma è lei che racconta e quindi decide cosa far dire e cosa no alla sua voce narrante, anche se ha disseminato qua e là piccoli particolari che legati assieme dicono molto, a mio parere ovviamente. I litigi dei genitori e i periodi presso i nonni; i giochi che, sia pure passati poi a fratelli/sorelle e cugini, erano stati in primis suoi; una famiglia complicata, non da compleanni, e il momento in cui una semplice e vecchia rimessa, una balla di paglia e le carezze di Plinio l’aiutano a cominciare a liberarsi di quanto le pesa. Plinio, nella sua saggezza contadina, intuisce che forse è solo un inizio e che una vecchia chiave inglese potrà aiutarla.
Le mie note:
refusi non ne ho trovati, solo questo punto
Ma mio nonno non provò mai né a mettere le mani nel motore, tantomeno a guidarlo, - si parla del motore, il nonno non avrebbe mai guidato il trattore, non il motore
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: Un foglio a quadretti
Mii ha ricordato certe cose di Alice Munro, anche se lì era la provincia fredda del Canada e qui è la Pianura Padana.
Mano femminile, delicata, con un senso dei tempi narrativi davvero fine.
In altri racconti ho criticato il fatto che l'autorimessa era solo un punto di partenza, ma poi la storia si sviluppava lontano da quelle quattro mura. Erano storie che parlavano di auto, di corse, di velocità, di libertà. Qui invece è un piccola storia intima e, anche se passano gli anni, torna sempre indietro, alle sue origini. Il trattore ha una gran parte, ma l'autorimessa non viene mai meno e il passare del tempo la cambia pur lasciandola sempre uguale.
Per me è promosso a pieni voti. Non ho consigli per l'autrice se non quello di asciugare ancora, di renderlo ancora più essenziale, controllando che in ogni singola frase non ci sia una parola di troppo. L'essenzialità è il modo più efficace per far passare tutto quello che vuoi dire e allo stesso modo per lasciare spazio al lettore perché ci metta del suo. Ma intendiamoci, il racconto è già davvero delizioso così.
La sua parte più riuscita a mio parere è quella finale, tanto che a mente fredda potrebbe quasi essere quella da cui si sviluppa tutto il racconto, lasciando che il passato entri nel presente piuttosto che lavorare su una costruzione cronologica.
Lo scrittore ha la grande fortuna di essere, nelle sue storie, quasi una specie di divinità, capace di vedere passato presente e futuro nello stesso istante. Questo ti permette alle volte di cercare un unico punto di ingresso, usando così la capacità di superare il normale scorrere del tempo. Prendilo come un altro consiglio, ma allo stesso tempo ripeto: non ne hai bisogno.
Complimenti!
Mano femminile, delicata, con un senso dei tempi narrativi davvero fine.
In altri racconti ho criticato il fatto che l'autorimessa era solo un punto di partenza, ma poi la storia si sviluppava lontano da quelle quattro mura. Erano storie che parlavano di auto, di corse, di velocità, di libertà. Qui invece è un piccola storia intima e, anche se passano gli anni, torna sempre indietro, alle sue origini. Il trattore ha una gran parte, ma l'autorimessa non viene mai meno e il passare del tempo la cambia pur lasciandola sempre uguale.
Per me è promosso a pieni voti. Non ho consigli per l'autrice se non quello di asciugare ancora, di renderlo ancora più essenziale, controllando che in ogni singola frase non ci sia una parola di troppo. L'essenzialità è il modo più efficace per far passare tutto quello che vuoi dire e allo stesso modo per lasciare spazio al lettore perché ci metta del suo. Ma intendiamoci, il racconto è già davvero delizioso così.
La sua parte più riuscita a mio parere è quella finale, tanto che a mente fredda potrebbe quasi essere quella da cui si sviluppa tutto il racconto, lasciando che il passato entri nel presente piuttosto che lavorare su una costruzione cronologica.
Lo scrittore ha la grande fortuna di essere, nelle sue storie, quasi una specie di divinità, capace di vedere passato presente e futuro nello stesso istante. Questo ti permette alle volte di cercare un unico punto di ingresso, usando così la capacità di superare il normale scorrere del tempo. Prendilo come un altro consiglio, ma allo stesso tempo ripeto: non ne hai bisogno.
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A Susanna garba questo messaggio
Re: Un foglio a quadretti
Bel racconto che regala uno spaccato di vita contadina d’altri tempi. Nonno Plinio è un personaggio molto ben caratterizzato, di quelli che non si dimenticano e suscitano empatia. Il racconto, impreziosito da atmosfere vintage, pone al centro il sentimento che unisce nonno e nipote e si avvale di una scrittura semplice e chiara. Piaciuto molto.
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Re: Un foglio a quadretti
Interessante racconto che fa leva sui ricordi della vita che fu. Non è sempre facile pescare dal passato, ma devo dire che la trama ha una linearità invidiabile rispetto al tempo che passa. Come notato da altri, l'autorimessa non è il luogo dove si svolge tutto, ma il principio e la fine, il cerchio che si chiude, rispetto alla vita di nonno Plinio. Un Personaggio, con la P maiuscola. Questo aspetto traspare bene dalla sua descrizione. La voce narrante ha fatto un grande lavoro mantenendo l'equilibrio tra le sue emozioni, l'ingombrante (per modo di dire) personalità del nonno e tutto il contorno familiare e lavorativo. Il trattore, se posso fare una mini critica, non mi è sembrato centrale come invece è, per cui al momento della sua apparizione mi sono chiesto a quale scopo fosse stato acquistato.
La scrittura è semplice, anche nelle descrizioni degli ambienti, una dovizia di particolari che è un valore aggiunto a mio parere. Emozioni? Beh, sì. Anche il lettore più cinico viene preso per mano e coinvolto come se i ricordi di nonno Plinio, della vita che è stata, fossero anche suoi, pezzi di esistenza in cui potersi riconoscere.
Altamente probabile che la storia sia vera, secondo me. Se non lo è, un ulteriore punto in più.
Grazie.
La scrittura è semplice, anche nelle descrizioni degli ambienti, una dovizia di particolari che è un valore aggiunto a mio parere. Emozioni? Beh, sì. Anche il lettore più cinico viene preso per mano e coinvolto come se i ricordi di nonno Plinio, della vita che è stata, fossero anche suoi, pezzi di esistenza in cui potersi riconoscere.
Altamente probabile che la storia sia vera, secondo me. Se non lo è, un ulteriore punto in più.
Grazie.
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"Già credo che in qualunque punto dell'universo ci si stabilisca si finisce coll'inquinarsi. Bisogna moversi. La vita ha dei veleni, ma anche degli altri veleni che servono di contravveleni. Solo correndo si può sottrarsi ai primi e giovarsi degli altri."
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Re: Un foglio a quadretti
questo mi è piaciuto. bello, semplice e leggero, ma anche commovente e coinvolgente.
sei riuscito a creare una spledida atmosfera, portandomi in quel mondo che oggi non esiste più, e facendomi vedere cose e situazioni.
non è facile, ma ci sei riuscito, e per questo ti faccio i complimenti.
un bel lavoro davvero.
sei riuscito a creare una spledida atmosfera, portandomi in quel mondo che oggi non esiste più, e facendomi vedere cose e situazioni.
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Re: Un foglio a quadretti
Del racconto mi è piaciuta la visione quasi documentaristica, un po' come certi scritti del secolo scorso, che puntavano a raccontare il mondo contadino nei minimi dettagli, a scapito spesso del coinvolgimento narrativo.
Emoziona, questo, ma di quell'emozione che a me personalmente non piace molto percorrere: il tempo che passa, le cose andate che non tornano, la vecchiaia, le ultime gioie.
Mi mettono una malinconia nella quale non è piacevole sostare, almeno non per me.
Non succede molto in questa storia, e anche la sua svolta finale, il foglio a quadretti del titolo, è più un "tecnicismo" legato al modo di allora di intendere le cose, del quale non sono sicuro di aver compreso appieno il significato.
Il trattore e l'autorimessa vengono scelti dalla voce narrante come elementi simbolici della storia di Plinio, ma sembrano cose talmente ordinarie nella vita di un mezzadro, almeno per la mia immaginazione di lettore non pratico dell'argomento, da far credere che forse c'erano aspetti più interessanti da approfondire. Chiaramente il paletto ha il suo peso nella scelta, ci mancherebbe.
Forse avrei preferito qualcosa di più pregnante che girasse intorno a trattori e autorimesse.
Ho notato che la narratrice non usa quasi mai la parola "nonno", in riferimento al protagonista, preferendo il più delle volte chiamarlo Plinio: inusuale per una nipote. A me non verrebbe mai da scrivere un testo su mio nonno e riferirmi a lui come Ciro, se non occasionalmente, per dire.
Ma questo non è un difetto, solo una cosa che ho notato e mi ha lasciato perplesso.
In definitiva il racconto non è male, è scritto molto bene (tolta qualche intrusione di troppo del narratore nel suo rivolgersi al lettore, corsivi strani inclusi), ma non mi ha coinvolto. La quiete bucolica nel quale si colloca la vicenda e il suo carattere fortemente personale, che ci sia o meno del vissuto da parte dell'autore, mi ha lasciato un po' a margine della storia.
Emoziona, questo, ma di quell'emozione che a me personalmente non piace molto percorrere: il tempo che passa, le cose andate che non tornano, la vecchiaia, le ultime gioie.
Mi mettono una malinconia nella quale non è piacevole sostare, almeno non per me.
Non succede molto in questa storia, e anche la sua svolta finale, il foglio a quadretti del titolo, è più un "tecnicismo" legato al modo di allora di intendere le cose, del quale non sono sicuro di aver compreso appieno il significato.
Il trattore e l'autorimessa vengono scelti dalla voce narrante come elementi simbolici della storia di Plinio, ma sembrano cose talmente ordinarie nella vita di un mezzadro, almeno per la mia immaginazione di lettore non pratico dell'argomento, da far credere che forse c'erano aspetti più interessanti da approfondire. Chiaramente il paletto ha il suo peso nella scelta, ci mancherebbe.
Forse avrei preferito qualcosa di più pregnante che girasse intorno a trattori e autorimesse.
Ho notato che la narratrice non usa quasi mai la parola "nonno", in riferimento al protagonista, preferendo il più delle volte chiamarlo Plinio: inusuale per una nipote. A me non verrebbe mai da scrivere un testo su mio nonno e riferirmi a lui come Ciro, se non occasionalmente, per dire.
Ma questo non è un difetto, solo una cosa che ho notato e mi ha lasciato perplesso.
In definitiva il racconto non è male, è scritto molto bene (tolta qualche intrusione di troppo del narratore nel suo rivolgersi al lettore, corsivi strani inclusi), ma non mi ha coinvolto. La quiete bucolica nel quale si colloca la vicenda e il suo carattere fortemente personale, che ci sia o meno del vissuto da parte dell'autore, mi ha lasciato un po' a margine della storia.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Un foglio a quadretti
Un bel racconto di vita vissuta. Molto intimo e personale, caratteristiche che impreziosiscono la scelta di volerlo condividere. Si legge bene con quel trasporto malinconico e nostalgico che fa apprezzare ancora di più la vicenda.
Piaciuto molto.
Grazie.
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CharAznable- Cavaliere Jedi
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Re: Un foglio a quadretti
ciao Autore.
Una bella saga familiare intessuta di tanti personaggi e molti ricordi. Credo che ci sia qualcosa di autobiografico o comunque sei stato brav a renderlo tale e complimenti per la ricerca storica. Il racconto scivola molto bene, con grande proprietà di linguaggio e termini appropriati. Non so perché, credo sia un problema mio, l’ho sentito distante, troppo raccontato, e non sono riuscita a calarmi completamente nella vicenda.
Spero non me ne vorrai, anche perché ho letto solo commenti positivi.
Comunque lo ritengo un lavoro più che riuscito.
Una bella saga familiare intessuta di tanti personaggi e molti ricordi. Credo che ci sia qualcosa di autobiografico o comunque sei stato brav a renderlo tale e complimenti per la ricerca storica. Il racconto scivola molto bene, con grande proprietà di linguaggio e termini appropriati. Non so perché, credo sia un problema mio, l’ho sentito distante, troppo raccontato, e non sono riuscita a calarmi completamente nella vicenda.
Spero non me ne vorrai, anche perché ho letto solo commenti positivi.
Comunque lo ritengo un lavoro più che riuscito.
Resdei- Cavaliere Jedi
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Re: Un foglio a quadretti
Che bella e piacevole lettura mi hai regalato, aut*! Delicata, nostalgica ma senza essere triste o mielosa. Bella, piena di tanti buoni sentimenti, di belle emozioni. Lascia davvero un buon sapore in bocca.
Una scrittura corretta ed equilibrata, misurata.
Di solito non amo le narrazioni di vicende familiari, ma tu hai saputo coinvolgermi nel tuo mondo, farmelo vedere e sentire.
Mi è proprio piaciuto, questo racconto.
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Re: Un foglio a quadretti
Un gran bel racconto, autor.
Mi hai catturata. Ultimamente mi sono appassionata alle narrazioni di vicende familiari, e qui ho ritrovato proprio il modo giusto di narrarle per farle entrare nel cuore dei lettori. Personaggi coerenti, descrizioni che permettono di calarsi nella narrazione, delicatezza e buona conduzione della trama fanno del tuo racconto una vera chicca.
Brav.
Ele
Mi hai catturata. Ultimamente mi sono appassionata alle narrazioni di vicende familiari, e qui ho ritrovato proprio il modo giusto di narrarle per farle entrare nel cuore dei lettori. Personaggi coerenti, descrizioni che permettono di calarsi nella narrazione, delicatezza e buona conduzione della trama fanno del tuo racconto una vera chicca.
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Re: Un foglio a quadretti
L'ho letto e riletto con attenzione, come merita una storia che, se non è vera, potrebbe benissimo esserla.
Ho vissuto insieme a Plinio il lavoro con la motofalciatrice, ho condiviso con Maria la perplessità per l'acquisto del trattore e mi sono commosso nel finale quando Plinio spiega perché l'ha comprato.
L'ultima emozione "custa l'è par ti".
Complimenti.
Ho vissuto insieme a Plinio il lavoro con la motofalciatrice, ho condiviso con Maria la perplessità per l'acquisto del trattore e mi sono commosso nel finale quando Plinio spiega perché l'ha comprato.
L'ultima emozione "custa l'è par ti".
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Re: Un foglio a quadretti
Ciao, Autore. Secondo me, questo racconto ti è venuto proprio bene. Non so quanto tempo tu ci abbia dovuto dedicare, ma è stato speso bene ogni minuto che ci hai passato sopra.
I miei più veri complimenti. Credo sia il tuo racconto che mi è piaciuto di più.
I miei più veri complimenti. Credo sia il tuo racconto che mi è piaciuto di più.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Re: Un foglio a quadretti
Un bel racconto intenso, intimo e lento come forse erano davvero le cose a quel tempo. Plinio rimane impresso per il suo modo semplice di vedere e vivere la vita (bello il gesto di togliere il nastrino dalle paste e metterlo in borsa alla nipote).
… che correndo arrivarono al 1989.
Ecco, ti segnalo questo passaggio che appare all'improvviso e mi ha lasciata un pò spiazzata: forse ci sono modi migliori per questo stacco.
Ho percepito comunque qualcosa durante la narrazione che mi ha tenuta lontana dalla storia, ai bordi: forse è l'eccessiva descrizione delle scene, forse passaggi troppo raccontati che lasciano poco spazio al lettore, non saprei...
Comunque rimane davvero una piacevole lettura.
… che correndo arrivarono al 1989.
Ecco, ti segnalo questo passaggio che appare all'improvviso e mi ha lasciata un pò spiazzata: forse ci sono modi migliori per questo stacco.
Ho percepito comunque qualcosa durante la narrazione che mi ha tenuta lontana dalla storia, ai bordi: forse è l'eccessiva descrizione delle scene, forse passaggi troppo raccontati che lasciano poco spazio al lettore, non saprei...
Comunque rimane davvero una piacevole lettura.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Un foglio a quadretti
Ed eccoci al terzo tempo dell’ultimo fantastico step.
Prima di tutto complimenti a tutti quelli che hanno raggiunto questo traguardo, in primis lo staff che ha davvero lavorato tantissimo.
Devo dire che sono davvero contenta del risultato ottenuto: “Caspita, Cocca, ti ci sono voluti tredici step ma alla fine ce l’hai fatta a entrare nella cinquina!”
Grazie a @Gipoviani, @digitoergosum @ImaGiraffe @Antonio Borghesi @tommybe @Petunia @Nellone @FedericoChiesa @Byron.RN @paluca66 @Arunachala @Molli Redigano @mirella @Asbottino (grande!) @CharAznable @Resdei @Arianna 2016 @Hellionor e @Menico per i bei commenti e grazie a chi mi ha votato.
Il commento di @Vivonic - che temevo e aspettavo - ha chiuso in bellezza questa mia avvenuta in Rooms, non in Dt, e speravo davvero che almeno una volta arrivasse un suo commento così.
Ma ancora di più sono contenta di essere riuscita a coinvolgervi e mi ha fatto molto piacere che abbiate apprezzato lo “stile” del raccontato: il melenso o il troppo romantico non fanno per me, non mi ci ritrovo proprio e se ci avessi provato sarebbe stato un disastro. Quello che ho raccontato è semplicemente quello che è successo, senza tanti fronzoli.
Tranne che per la presenza del trattore, che mi è venuta così, non chiedetemi il perché: in fondo nella rimessa c’erano biciclette, mezzi agricoli, qualche volta l’auto degli zii per tenerla al fresco o al riparo dalla neve. Di certo so che qualcosa del genere - un acquisto particolare o un evento inaspettato - deve essere successo, con relative reazioni della famiglia: i ricordi arrivano, a volte un po’ sbiaditi.
Tutto il resto è autobiografico - avete visto le foto nella mia votazione? - anche la visita col nonno alla corte c’è stata, ma era lui a non esserci più. Il momento è la sommatoria di due episodi distinti: un giorno, prima di andare a trovarlo al pensionato dove si era trasferito, ero passata dal paesino e dalla corte. A lui piaceva gli si raccontasse com’era cambiato il paese, se capitava di incontrare persone conosciute, se la sua corte c’era ancora… Io abitavo già lontano in quegli anni e rivedere di tanto in tanto quei posti mi lasciava un misto di malinconia ma anche di serenità che mi accompagnavano per giorni. La parte del momento nella rimessa, le paste, il gioco col fazzoletto invece è un qualcosa che mi sono immaginata in occasione di un ultimo passaggio alla corte, poco dopo la morte di Plinio. Accanto al cancelletto sul retro c’era una vecchia balla di fieno e mi ero fermata lì per un po’, immaginandolo accanto a me, mentre lasciavo uscire il dispiacere per certe situazioni mai risolte, mescoladoci ricordi di tanti altri momenti passati con lui, delle cose che mi aveva detto. E davvero in quel momento avevo sentito su di me il suo sguardo sereno, che leggeva dentro e consolava.
Devo dire che mai avrei immaginato di condividere cose così personali, ma arriva il momento in qui anche i ricordi hanno bisogno di qualche spettatore in più.
@gipoviani : il corsivo di solito si usa per dare enfasi e per questo l’ho utilizzato. Il triciclo era mio, prima nipote e abiatica, rimasta tale per qualche anno, che poi - più o meno consenziente - li ha lasciati usare a sorelle e cugini. Ma erano sempre il triciclo e l’auto della Susanna. Anche “Quella lì” è da leggersi con una certa pressione nella parola.
@digitoergosum e @imagiraffe: il termine terroni all’epoca dei fatti era utilizzato normalmente e il fatto che poi sia stato sostituito - teoricamente in meglio e per maggior rispetto, al pari di altri modi di dire - alla fine significa poco se poi i vengono pronunciati/utilizzati in modo dispregiativo. Tenete conto che poi, soprattutto nei paesi, era difficile capire subito la provenienza dei nuovi arrivati, quindi il termine era generico. Per il fumo del trattore… ragazzi quello era e a quei tempi di inquinamento ancora non si parlava, il fumo era nero e puzzava. Punto. Non che adesso non si vedano autobus e camion altamente inquinanti, alla faccia del bollino blu, roba da bombola dell’ossigeno.
@imagiraffe: il trattore entra ed esce come una meteora: non poteva essere altrimenti, era già vecchio quando è entrato in ballo, più di tanto non poteva durare.
@paluca66 Afrore è inteso come odore, un odore particolare, che ho scoperto essere di solito relativo all’odore del mosto in fermentazione ma che io ho sempre collegato all’odore particolare delle vecchie stalle.
Non manca una virgola.
@Fante Scelto : ho usato poco la parola “nonno” perché per me Plinio è stato un grande nonno e un grande uomo. Ad un certo punto, diventata adulta, è come se il divario di età si fosse accorciato: abbiamo vissuto entrambi, sia pure in epoche diverse, le stesse esperienze e quindi Plinio - nome che mi era sempre piaciuto pronunciare - ogni tanto sostituiva il nonu e per me era rispetto. Poi nonno/nonna sono termini che dicono tutto.
@caipiroska : il passaggio “e correndo arrivarono al 1989” si aggancia all’iniziale “Correvano gli anni ‘60”. Accetto il tuo punto di vista, ma ognuno ha anche un suo stile con cui affrontare un certo tipo di narrazione, e per fortuna altrimenti leggeremmo dei “copia e incolla”. Senza polemica, ovviamente.
Prima di tutto complimenti a tutti quelli che hanno raggiunto questo traguardo, in primis lo staff che ha davvero lavorato tantissimo.
Devo dire che sono davvero contenta del risultato ottenuto: “Caspita, Cocca, ti ci sono voluti tredici step ma alla fine ce l’hai fatta a entrare nella cinquina!”
Grazie a @Gipoviani, @digitoergosum @ImaGiraffe @Antonio Borghesi @tommybe @Petunia @Nellone @FedericoChiesa @Byron.RN @paluca66 @Arunachala @Molli Redigano @mirella @Asbottino (grande!) @CharAznable @Resdei @Arianna 2016 @Hellionor e @Menico per i bei commenti e grazie a chi mi ha votato.
Il commento di @Vivonic - che temevo e aspettavo - ha chiuso in bellezza questa mia avvenuta in Rooms, non in Dt, e speravo davvero che almeno una volta arrivasse un suo commento così.
Ma ancora di più sono contenta di essere riuscita a coinvolgervi e mi ha fatto molto piacere che abbiate apprezzato lo “stile” del raccontato: il melenso o il troppo romantico non fanno per me, non mi ci ritrovo proprio e se ci avessi provato sarebbe stato un disastro. Quello che ho raccontato è semplicemente quello che è successo, senza tanti fronzoli.
Tranne che per la presenza del trattore, che mi è venuta così, non chiedetemi il perché: in fondo nella rimessa c’erano biciclette, mezzi agricoli, qualche volta l’auto degli zii per tenerla al fresco o al riparo dalla neve. Di certo so che qualcosa del genere - un acquisto particolare o un evento inaspettato - deve essere successo, con relative reazioni della famiglia: i ricordi arrivano, a volte un po’ sbiaditi.
Tutto il resto è autobiografico - avete visto le foto nella mia votazione? - anche la visita col nonno alla corte c’è stata, ma era lui a non esserci più. Il momento è la sommatoria di due episodi distinti: un giorno, prima di andare a trovarlo al pensionato dove si era trasferito, ero passata dal paesino e dalla corte. A lui piaceva gli si raccontasse com’era cambiato il paese, se capitava di incontrare persone conosciute, se la sua corte c’era ancora… Io abitavo già lontano in quegli anni e rivedere di tanto in tanto quei posti mi lasciava un misto di malinconia ma anche di serenità che mi accompagnavano per giorni. La parte del momento nella rimessa, le paste, il gioco col fazzoletto invece è un qualcosa che mi sono immaginata in occasione di un ultimo passaggio alla corte, poco dopo la morte di Plinio. Accanto al cancelletto sul retro c’era una vecchia balla di fieno e mi ero fermata lì per un po’, immaginandolo accanto a me, mentre lasciavo uscire il dispiacere per certe situazioni mai risolte, mescoladoci ricordi di tanti altri momenti passati con lui, delle cose che mi aveva detto. E davvero in quel momento avevo sentito su di me il suo sguardo sereno, che leggeva dentro e consolava.
Devo dire che mai avrei immaginato di condividere cose così personali, ma arriva il momento in qui anche i ricordi hanno bisogno di qualche spettatore in più.
@gipoviani : il corsivo di solito si usa per dare enfasi e per questo l’ho utilizzato. Il triciclo era mio, prima nipote e abiatica, rimasta tale per qualche anno, che poi - più o meno consenziente - li ha lasciati usare a sorelle e cugini. Ma erano sempre il triciclo e l’auto della Susanna. Anche “Quella lì” è da leggersi con una certa pressione nella parola.
@digitoergosum e @imagiraffe: il termine terroni all’epoca dei fatti era utilizzato normalmente e il fatto che poi sia stato sostituito - teoricamente in meglio e per maggior rispetto, al pari di altri modi di dire - alla fine significa poco se poi i vengono pronunciati/utilizzati in modo dispregiativo. Tenete conto che poi, soprattutto nei paesi, era difficile capire subito la provenienza dei nuovi arrivati, quindi il termine era generico. Per il fumo del trattore… ragazzi quello era e a quei tempi di inquinamento ancora non si parlava, il fumo era nero e puzzava. Punto. Non che adesso non si vedano autobus e camion altamente inquinanti, alla faccia del bollino blu, roba da bombola dell’ossigeno.
@imagiraffe: il trattore entra ed esce come una meteora: non poteva essere altrimenti, era già vecchio quando è entrato in ballo, più di tanto non poteva durare.
@paluca66 Afrore è inteso come odore, un odore particolare, che ho scoperto essere di solito relativo all’odore del mosto in fermentazione ma che io ho sempre collegato all’odore particolare delle vecchie stalle.
Non manca una virgola.
@Fante Scelto : ho usato poco la parola “nonno” perché per me Plinio è stato un grande nonno e un grande uomo. Ad un certo punto, diventata adulta, è come se il divario di età si fosse accorciato: abbiamo vissuto entrambi, sia pure in epoche diverse, le stesse esperienze e quindi Plinio - nome che mi era sempre piaciuto pronunciare - ogni tanto sostituiva il nonu e per me era rispetto. Poi nonno/nonna sono termini che dicono tutto.
@caipiroska : il passaggio “e correndo arrivarono al 1989” si aggancia all’iniziale “Correvano gli anni ‘60”. Accetto il tuo punto di vista, ma ognuno ha anche un suo stile con cui affrontare un certo tipo di narrazione, e per fortuna altrimenti leggeremmo dei “copia e incolla”. Senza polemica, ovviamente.
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A vivonic e digitoergosum garba questo messaggio
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