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Discesa nelle tenebre

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Susanna
Askar
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Messaggio Da Askar Lun Gen 09, 2023 10:37 pm

Alla fine come primo brano ho scelto un horror di lunghezza media, risale a ottobre 2021. Siate clementi.  Very Happy



Discesa nelle tenebre




Scavalco la recinzione, salto giù e il rumore della rete metallica riverbera nella notte come la catena di Cerbero. Mi volto e, mentre aspetto Mike, controllo che la pistola sia al suo posto.
Si arrampica fino in cima e si ferma a guardarmi.
«Sei sicuro che non verrà nessuno? Di solito anche posti come questo hanno dei guardiani notturni.»
«Tranquillo, non c'è pericolo. Dai, mi si sta ghiacciando il culo.»
Mentre si cala giù, mi guardo attorno. C'è un bagno chimico lungo il recinto: è ammaccato, sporco e per qualche motivo mi ricorda una cabina telefonica, antiquata e anacronistica. Il resto del terreno su cui sorge la vecchia costruzione è deserto e infestato da erbacce. Da dietro l'angolo dell'edificio sporgono un paio di vecchi container rugginosi. La costruzione su tre piani è tozza e l'intonaco cade a pezzi; dalla strada, la luce dei lampioni le conferisce un aspetto lugubre, che la fa apparire diversa rispetto alle ore diurne.
“Piantala di fare il cagasotto, è solo una fabbrica abbandonata.”
Mike mi raggiunge.
«Da che parte?»
«Vieni, ti faccio vedere.»
Lo conduco sul retro del lotto e mi fermo accanto a uno dei container.
«Forza, aiutami a salire.»
Uso le sue mani intrecciate per darmi la spinta, mi arrampico e attivo la torcia del telefono per illuminare la facciata. Sposto lo sguardo su di essa finché non trovo la finestra rotta. La faccio scorrere verso l'alto, stando attento alle schegge di vetro, poi aiuto Mike a salire.
Lui mi fa luce col cellulare mentre scavalco il davanzale.
«Chi ti ha detto come entrare?»
Una volta all'interno gli porgo la mano.
«Billy.»
Lui resta impalato a guardarmi.
«Aspetta, vuoi dire Billy “Weed”?»
«Conosci altri Billy? Dai, muoviti.»
Mike afferra la mano e mi raggiunge.
«Credevo che la tua regola numero uno fosse: “non fidarsi dei tossici”.»
Alzo due dita.
«Quella è la regola numero due. La numero uno è: “mai farsi con la roba che vendi”.»
Uso il cellulare per illuminare il corridoio del secondo piano: riccioli di polvere infestano ogni angolo, le pareti sono scrostate, c'è puzza di muffa e di carcassa di animale in decomposizione. Una siringa giace solitaria sul pavimento come una bizzarra opera d'arte.
Schiaccio l'interruttore della luce e un debole alone giallo si spande nell'ambiente. Quando Weed mi aveva detto che c'era ancora la corrente non gli avevo creduto… e come biasimarmi?
Ci incamminiamo per il corridoio e Mike sospira.
«Se Billy sa di questo posto, perché cazzo ci siamo venuti? Ti pare sensato mettere la roba dove un tossico e i suoi amici vengono a farsi? E se la trovano?»
Sogghigno e continuo a guardare in avanti.
«No che non la trovano, se la nascondiamo bene. Dimentichi un fatto fondamentale: il cervello dei drogati è come la pappa dei bambini.»
«Lo spero proprio. Allora, dove pensavi di metterla?»
Arrivati in fondo al corridoio gli faccio cenno di seguirmi giù per le scale.
«Nel seminterrato.»
Nonostante la puzza e l'atmosfera tetra della fabbrica, almeno siamo al riparo dal vento, ma c'è qualcosa in quel posto che continua a non piacermi. Per quanto ridicola, non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che un killer o un mostro sia in agguato, come in un film dell'orrore.
Arrivati al pianterreno accendo la luce anche lì, percorriamo un altro corridoio e ci ritroviamo in un ampio ambiente adibito a catena di montaggio. I macchinari sembrano bestie metalliche addormentate, pronte a tornare in vita per squartare gli intrusi nei modi più impensabili e cruenti. L'idea mi mette d'un tratto ancora più a disagio.
Continuiamo a esplorare finché non raggiungiamo un corridoio a T che conduce all'ingresso: lungo il passaggio di sinistra c'è una porta di metallo senza contrassegni. La indico a Mike, la raggiungiamo e provo la maniglia, trovandola ancora aperta.
Gli spedisco un ghigno.
«Lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate.»
Lui imita l'ululato di un fantasma e ride mentre varchiamo la soglia. Accendo la luce. Una breve scalinata di cemento con una ringhiera gialla conduce poco più in basso, in una stanza quadrata con un vecchio ascensore sulla parete più lontana. Si tratta di uno di quegli elevatori vecchio stile, con la porta metallica a scorrimento, simili a gabbie. Un vero reperto archeologico.
Comincio a scendere i gradini, ma Mike non si muove.
«Aspetta, non vorrai salire su quel coso?»
«Il piano è quello. Comunque non preoccuparti, anche i modelli vecchi come questo dovrebbero avere il sistema di sicurezza in caso di caduta.»
Lui mette le mani sui fianchi.
«Dovrebbero, eh?»
«Poche storie. Nel seminterrato deve esserci il locale caldaie, o qualcosa del genere. Possiamo mettere la roba da qualche parte lì sotto e nessuno la troverà mai. Una volta chiusa la trattativa con Domingo, torniamo a prenderla.»
Mike si decide a raggiungermi.
«Continuo a non fidarmi di lui. Non è un onesto spacciatore, quello non ci pensa due volte a farti secco, se gli girano.»
Rido, afferro il cancelletto dell'ascensore e lo apro. Lo stridio metallico perfora il silenzio come l'urlo di una vergine sacrificata durante una messa nera.
«Quindi noi siamo “onesti spacciatori” eh… Cristo Mike, se non esistessi dovrebbero inventarti. Domani ti prenoto per una puntata del David Letterman Show. Vai lì e glielo spieghi, vedrai se non si pisciano sotto dalle risate.»
Ride anche lui e c'infiliamo in quella specie di vergine di ferro mobile. Alla mia destra ci sono solo due pulsanti, pianterreno e seminterrato; pigio il secondo. L'ascensore comincia a scendere con un sobbalzo che ci fa barcollare e una pioggia di ruggine ci fiocca tutt'intorno.
«Adam, non mi piace il rumore che fa.»
«Neanche a me, ma ormai siamo in ballo, perciò balliamo.»


***



La discesa è di una lentezza esasperante che mi fa quasi pentire della mia idea, ma mi tranquillizzo pensando che l'eroina sarà al sicuro come nel caveau di una banca. Lo sferragliare dell'ascensore è fastidioso quanto il pianto insistente di un neonato.
Mike mi lancia un'occhiata allarmata.
«La senti anche tu questa puzza?»
Annuso l'aria.
«Sembra zolfo. Dici che ci hanno scaricato qualche rifiuto tossico?»
«Spero proprio di no. Magari c'è un'altra spiegazione.»
L'attesa comincia a farsi snervante e prendo a battere il piede.
«Ma quanto cazzo è profondo?»
Mike ammicca.
«Magari è l'accesso a una caverna piena di mostri.»
Gli spedisco un'occhiataccia.
«Sì certo, come nel film che mi hai costretto a vedere quella volta… com'è che si chiamava?»
Lui sogghigna.
«Discesa nelle tenebre. Ti stai cagando sotto, vero? Sento già la puzza.»
Gli mostro medio, indice e anulare.
«Leggi tra le righe.»
Mike ride.
«E poi sono io quello che guarda troppi film… vero, Jack Black?»
Mi stringo nelle spalle con un sorrisetto e restiamo in silenzio per un po', ascoltando l'incessante stridio del macchinario. Mike comincia a dare segni di nervosismo.
«Forse avevi ragione, a quest'ora saremo scesi di almeno tre piani, è assurdo. Io dico di tornare su.»
«Ormai è in movimento, non possiamo salire finché non arriviamo in fondo, tanto vale mettersi l'anima in pace.»
Una parete rocciosa sostituisce poco a poco il cemento del pozzo dell'ascensore; rivoli d'acqua affiorano dalla pietra e qua e là dei depositi di salnitro mi fanno pensare a delle spolverate di cocaina.
«Mike, è una fottuta caverna… sotto una fabbrica
Lui si limita a guardarsi intorno, ma la sua espressione la dice lunga. Scommetto che sta ripensando a quel film, perché io lo sto facendo. Pigio a ripetizione il pulsante del pianterreno, ma senza risultato; il rumore dei cavi continua a perforare il silenzio. L'odore di zolfo intanto si è fatto più forte e mi fa ripensare alla mia citazione scherzosa della Divina Commedia. Non c'è forse lo zolfo all'inferno?
Mike mi rivolge la tipica espressione del cucciolo che l'ha appena fatta sul tappeto.
«Adam, ho una paura fottuta.»
Gli restituisco lo sguardo.
«Anch'io, ma se restiamo calmi possiamo affrontare questa situazione assurda. Come quella volta che ci ha quasi beccato la pula a El Pollo Loco, ti ricordi?»
Lui tira fuori un sorriso forzato.
«E chi se lo scorda. Quanto avevi sganciato al tipo là fuori per prestarti il costume da pollo?»
Sorrido.
«Venti dollari, ma ne è valsa la pena, considerato che abbiamo salvato il culo e tutta la partita.»
D'un tratto la luce tremolante si spegne e l'ascensore si blocca con uno scossone. Mike mi artiglia una spalla al buio.
«Saremo arrivati?»
Tiro fuori il cellulare, ma prima di poter attivare la torcia la luce si riaccende e l'elevatore si rimette in moto con uno stridio assordante. Le pareti di roccia sono scomparse e al loro posto… c'è uno strato di carne membranosa rosa scuro che pulsa, come se respirasse.
«Che cazzo è quella roba?»
«Adam, arrampichiamoci sui cavi. Me ne voglio andare da qui… ora!»
Mi rimetto il telefono in tasca; non riesco a distogliere lo sguardo da quell'ammasso informe ricoperto di bolle e pustole purulente.
«Lo sai quanto siamo scesi? Ti fotteresti braccia e gambe a metà strada. Io non voglio farmi un volo di qualche centinaio di metri, se posso evitarlo.»
Mike mi stringe più forte la spalla e mi fissa dritto negli occhi.
«E io non voglio vedere cosa c'è la sotto, mi hai capito?»
«Datti una calmata, siamo sulla stessa barca. L'ascensore è l'unico modo per risalire. Dobbiamo arrivare in fondo.»
Lui mi lascia andare e dà un calcio alla cabina.
«Cazzo!»
«Sta' a sentire, dobbiamo cercare di restare lucidi. Guarda qui.»
Si volta e gli metto sotto il naso la Ruger SR22.
«Se uno dei tuoi mostri si fa vivo, sta' sicuro che gli do il bacio della buonanotte.»
La pistola riesce a rassicurare entrambi e cerco di convincermi che ce la caveremo, qualunque cosa stia succedendo. L'elevatore comincia ad accelerare e la membrana di carne che ci circonda si espande poco a poco; si avviluppa intorno alla gabbia come se ci stesse sospingendo verso il basso, ricordandomi un gigantesco esofago.
È allora che un richiamo bizzarro e agghiacciante rimbomba nel pozzo dell'ascensore: è a metà tra un gorgoglio e uno strillo acuto.
Aumento la stretta sulla pistola e armo il cane.
«Abbiamo solo dieci colpi.»
Mike mi guarda, pallido.
«Allora è meglio se te li fai bastare.»


***



Passiamo il resto della discesa a scambiarci occhiate e a tendere l'orecchio, in attesa che il richiamo si ripeta, ma c'è solo il frastuono dei cavi a trapanarci i timpani. All'improvviso una scudisciata risuona sopra di noi e l'ascensore comincia a precipitare.
Finisco contro la gabbia e Mike mi cade addosso.
«Cazzo, non voglio morire!»
Pochi attimi di panico, poi lo schianto. La luce della cabina si spegne per qualche istante e riprende a sfarfallare, mentre tento di capire se sono ferito. Sembra tutto a posto, così cerco Mike con lo sguardo: è prono accanto a me.
«Ehi, stai bene?»
Lui alza la testa, sbatte le palpebre con un'espressione da cammello e deglutisce.
«Ho sbattuto gomiti e ginocchia, ma a parte quello penso di sì. Non avevi detto che doveva esserci un freno d'emergenza o qualcosa del genere?»
«Ho detto dovrebbe, se non ce l'ha non prendertela con me. Guarda il lato positivo: siamo caduti solo per una ventina di metri. Dobbiamo avere qualche santo in paradiso.»
La luce tremola un'ultima volta e si spegne, precipitandoci nel buio più completo. Infilo la mano in tasca alla ricerca del telefono.
«La cosa che ha emesso quel verso deve aver tagliato o sganciato i cavi.»
«Se è così siamo fottuti.»
Lo illumino con la torcia del cellulare.
«Vi presento Michael Connelly, il re dell'ottimismo.»
Lui si scherma il viso dalla luce.
«Piantala di fare il cazzone, c'è poco da scherzare. Come pensi di uscire da qui?»
«Forse c'è un'altra uscita, se è così dobbiamo trovarla.»
Mi alzo in piedi e lo aiuto a tirarsi su; apro il cancelletto e respiro a fondo. Un secondo richiamo echeggia nel pozzo dell'ascensore, dandomi un'altra buona ragione per allontanarmi da lì. Protendo il telefono in avanti e appoggio la pistola sul polso sinistro. Davanti a noi si apre un cunicolo fatto di quella sostanza simile a carne membranosa: si espande e si contrae come se respirasse e mi dà tanto i brividi quanto il voltastomaco.
Esco dalla cabina e avanzo senza fretta: il passaggio procede dritto. Mike mi affianca.
«Pensi che ce ne siano altri, qua sotto?»
Esibisco un sorriso che è più simile al ringhio di un pitbull.
«Sì, come in quel film che ti piace tanto. Non sei contento?»
«'Fanculo.»
Man mano comincio a procedere con più sicurezza, ma quel corridoio vivente sembra proseguire all'infinito. Siamo così immersi nel silenzio che avverto il suono appena percettibile della carne, che si agita intorno a noi: somiglia al lievissimo arricciarsi di un pezzo di carta, ma con un che di sgusciante che solo qualcosa di vivo può produrre. L'odore di zolfo si è fatto penetrante e mentre avanziamo, cerco di non pensare alla sua origine.
L'urlo gorgogliante si ripete alle nostre spalle, è più vicino adesso; dei tonfi rapidi rimbombano in lontananza. Mi volto d'istinto, ma il passaggio è ancora deserto. Segue un altro richiamo e i passi accelerano. Mike mi guarda a occhi sgranati.
«Corri!»
Prima che possa rispondergli, attiva la torcia del suo telefono e se la dà a gambe. La mia indecisione dura una frazione di secondo e mi lancio all'inseguimento.
«Aspetta! Mike!»
I nostri passi fanno da debole contrappunto a quelli della creatura che ci dà la caccia; la caverna vivente intorno a noi comincia a contrarsi ed espandersi più in fretta, come se fosse eccitata.
In quel momento, una certezza sfolgorante mi colpisce come un taser: che quel posto sia reale o meno, non può che essere una filiale dell'inferno.


***



Corro come se avessi una volante a sirene spiegate che mi tallona; la luce del cellulare sobbalza ma riesco comunque a vedere dove vado. Tengo gli occhi incollati sulla schiena di Mike, che non sembra avere intenzione di fermarsi. La cosa che ci insegue non desiste, ma non ho il coraggio di voltarmi a guardare; piuttosto aumento l'andatura.
Di colpo il passaggio si apre su un'enorme grotta di carne che si perde nelle tenebre. Ho l'impressione di aver calpestato qualcosa di molle, così abbasso la fonte di luce e grido: un occhio enorme spunta dal pavimento e mi guarda. Mi rendo conto che ce ne sono altri sparsi qua e là, anche sulle pareti.
“Cristo santo…”
Tiro indietro il piede e tendo le orecchie, ma il mostro che ci inseguiva, o qualunque cosa fosse, sembra aver abbandonato la caccia. Illumino a ventaglio l'area intorno a me.
«Mike, dove sei? Mike!»
L'unica risposta che ricevo è una lunga eco della mia voce che pare deridermi. Prendo ad avanzare con cautela, evitando di calpestare ancora gli occhi: la sensazione sotto la suola è stata a dir poco schifosa e non ci tengo a ripetere l'esperienza. È stato come camminare su un'escrescenza gelatinosa, ma con la consapevolezza che si tratta di qualcosa di vivo.
A un tratto raggiungo una polla e mi fermo a qualche passo dalla sponda. Contiene un liquido brunastro ribollente: ho trovato la fonte della puzza di zolfo. Prima di poter fare qualunque cosa, un urlo mi fa sobbalzare e mi viene la pelle d'oca.
Mi avvio di corsa in quella direzione.
«Mike!»
Imbocco un altro passaggio e lo percorro di volata, tanto che per poco non inciampo nei miei stessi piedi. Mi aspetto altre grida, ma il cunicolo è immerso nel silenzio.
«Dove sei?»
Una parentesi di silenzio assoluto, poi la sua voce risuona poco più in là.
«Sono qui!»
Il passaggio termina e sbuco in un'altra grotta più piccola; Mike se ne sta impalato all'imbocco e per poco non gli finisco addosso.
«Ti ho sentito urlare… cazzo, pensavo stessi morendo.»
Mi affianco a lui e mi indica qualcosa mentre lo illumina con la torcia. Per un attimo mi sento come se mi mancasse la terra sotto i piedi e mi si mozza il fiato, il che è un bene perché altrimenti avrei urlato anch'io.
Una moltitudine di resti umani è sparsa nell'ambiente; alcuni hanno ancora qualche brandello di carne attaccato alle ossa candide e mi fanno pensare all'ossobuco. Un conato comincia ad arrampicarmisi su per lo stomaco come un vecchio scalatore stanco, ma riesco a dominarlo.
Due creature al centro completano il quadro mostruoso: sono grosse il doppio di un uomo, le membra sono allungate e terminano in artigli uncinati; la testa è glabra e piena di bozzi. Le orecchie sono appiattite e a punta, il naso solo un paio di fori nella faccia; non hanno occhi. Le loro bocche piene di denti aguzzi masticano la carne della loro ultima vittima; di tanto in tanto fanno saettare tra le labbra una lingua biforcuta. Solo allora riconosco la faccia mezza divorata del cadavere tra le loro grinfie… Billy.
I mostri sembrano troppo impegnati a banchettare per curarsi di noi: se così non fosse stato, al mio arrivo avrei trovato Mike cadavere. Gli poso una mano sulla spalla.
«Leviamoci da qui… subito
Lui si limita ad annuire e cominciamo a indietreggiare. Ripercorriamo il corridoio a passo svelto e presto ci ritroviamo nella caverna grande. Mike mi guarda.
«Credi davvero che ci sia un'altra uscita?»
Ripongo il telefono e impugno la Ruger con entrambe le mani.
«C'è solo un modo per scoprirlo. Fammi luce e vediamo di squagliarcela.»


***



Ben presto scopriamo che ci sono molti altri passaggi che si riversano nella caverna centrale, come in un formicaio gigante. Troppi per esplorarli tutti. Ne scegliamo uno e lo imbocchiamo: Mike mi segue da vicino, illuminando il passaggio davanti a me mentre procedo con la pistola spianata. Non so quanti di quei cosi ci siano là sotto, ma dubito che un caricatore mi basterebbe.
Avanziamo per quella che mi pare un'eternità, finché non sbuchiamo in un'altra grotta su cui si aprono diversi passaggi. Nel mezzo c'è una dozzina di mostri sdraiati a terra, all'apparenza addormentati. Mi giro verso Mike e appoggio l'indice sulla bocca; lui annuisce e ci avviamo verso il cunicolo più vicino. Una delle creature emette un ringhio. Ci blocchiamo scambiandoci un'occhiata, ma si è solo agitata nel sonno. Tiro un sospiro di sollievo e riprendo ad avanzare.
D'un tratto Mike emette un urlo lacerante; mi volto giusto in tempo per vedere una bocca piena di denti aguzzi aperta nel pavimento, che gli ha azzannato la caviglia come una tagliola vivente e cerca di ingoiargli la gamba.
«Adam! Sparagli, sparagli!»
I mostri emettono un coro di strilli gorgoglianti. Prendo la mira e la deflagrazione rimbomba nella caverna. La bocca mostruosa molla Mike e mi affretto a sostenerlo. Ci lanciamo alla massima velocità possibile verso il passaggio, ma una delle creature compie un balzo e si mette tra noi e il cunicolo. Esplodo due colpi contro la cosa e i proiettili si conficcano nella sua pelle incartapecorita, stillando sangue nero. Il mostro batte in ritirata ma il resto dei suoi compagni converge su di noi. Mike inciampa e cadiamo a terra.
“Siamo morti.”
No, non posso arrendermi così. Mi libero del peso morto del mio amico, mi metto supino e sparo davanti a me alla cieca. Uno, due, tre, quattro. Al quarto proiettile mi fermo: a giudicare dalle urla devo averne colpito almeno qualcuno. Uno dei mostri balza fuori dall'oscurità e atterra sulla schiena di Mike, gli artiglia la carne e lo azzanna alla gola con un sibilo.
Mi alzo in piedi e mi lancio nella direzione da cui siamo venuti. Tiro fuori il telefono senza rallentare l'andatura e illumino la via davanti a me. Fuggo con il cuore che mi batte come quello di un criceto; l'adrenalina mi sostiene e mi spinge a correre più veloce. Alle mie spalle sento i richiami degli esseri che mi inseguono e, più distanti, gli schiocchi delle fauci di quelli che si sono fermati a divorare il mio migliore amico. Vorrei sentirmi in colpa per averlo abbandonato, ma la verità è che se avessi provato a salvarlo, sarei morto anch'io.
Mentre corro, mi dico che la mia unica possibilità è provare ad arrampicarmi su per il pozzo dell'ascensore, come aveva detto Mike. Preferisco rischiare di sfracellarmi che finire nello stomaco di quegli schifosi figli di puttana.
Attraverso di volata la grande caverna e, quando una di quelle bocche bastarde prova ad azzannarmi, la salto come se si trattasse di una pozzanghera d'acido. Imbocco il cunicolo che conduce all'ascensore col fiato corto, ma mi costringo a mantenere l'andatura. Il mostro che ci aveva spaventato all'inizio sbuca dal passaggio; mi fermo di botto e in quello stesso momento mi si lancia contro. Sparo tre colpi in rapida successione: il primo lo raggiunge a una spalla rallentandolo, il secondo al torace e l'ultimo alla testa. Stramazza a terra e rotola per un tratto in un groviglio di arti allungati, fermandosi a breve distanza da me.
Alle mie spalle posso sentire i richiami dei suoi compagni che si avvicinano. Scavalco il cadavere sotto il quale si allarga una pozza scura e mi lancio verso l'ascensore. Mi schianto contro la parete posteriore della gabbia e comincio ad armeggiare col portello sul tetto della cabina.
Uno strillo gorgogliante in avvicinamento mi fa sussultare. Abbasso lo sguardo senza smettere di lavorare con le dita: uno dei mostri sta correndo verso di me. Solo allora mi ricordo che non ho ancora chiuso il cancelletto metallico, ma ormai è troppo tardi. La creatura è a una decina di metri e si avvicina rapida. Estraggo la Ruger, prendo la mira e apro il fuoco.
Il grilletto scatta a vuoto.
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Messaggio Da Susanna Lun Gen 09, 2023 11:41 pm

Arrivata alla fine del racconto ho avuto netta l’impressione di aver saltato qualche respiro durante la lettura.
Il genere horror mi piace e non mi piace, ne leggo poco e dipende moltissimo dall’autore e dalla storia sottostante. Ho la collezione di King (non gli ultimi e neanche letti tutti) e sul kindle molti romanzi horror/polizieschi horror o generi simili: alcuni - anche se robetta tosta - iniziati e poi abbandonati senza una ragione precisa. Però se mi capita un buon testo, vado oltre alle preferenze e arrivo all’ultima pagina.
Questo racconto mi ricorda molto, per certi versi, “Le lacrime del drago” di Dean Koontz, un romanzo cui mi rifaccio spesso quando mi trovo a disquisire di come di possa rendere l’idea della “paura”, quella micidiale e senza scampo: il ritmo che non allenta, il portare il lettore alla fine con un briciolo di speranza che possa finire se non bene alla meno peggio -  ma sapendo che non sarà così - il riuscire a rendere l’idea del terrore, quello che diventa terrore assoluto dopo essere stato preoccupazione, ansia, inquietudine e appunto, paura.
Ti faccio i complimenti per questo racconto: una scrittura sicura, solida, i dialoghi sono un ottimo supporto alla trama e alla presentazione dei personaggi, le descrizioni passano anche attraverso similitudini indovinate ed efficaci nella loro semplicità.
Personalmente alla fine dei commenti metto le mie note, che possono riguardare refusi, punteggiatura e inciampi nella lettura; risentono ovviamente del mio modo di leggere e di scrivere, e che la Penna può tranquillamente ignorare. In un forum di mutuo aiuto ci stanno, a volte sfuggono anche alle riletture più attente e critiche.
Direi che non sia nulla che non vada, se non un “poco a poco” che leggo meglio “a poco a poco”.
Forse ti sei un attimo dilungato troppo nella parte che parla dell’aggirarsi dei protagonisti nelle caverne, dove certe sequenze si ripetono facendo perdere per un poco l’attenzione al lettore.
Grazie per la condivisione e direi che ti sei presentato alla grande.
Dimenticavo: il sarò breve non mi appartiene. Preparati.

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Messaggio Da Molli Redigano Mar Gen 10, 2023 12:07 am

Orbene, posto che il genere non è troppo nelle mie corde, non posso che dare un giudizio positivo al tuo racconto. Perché? Perché è scritto bene. Di solito, cerco sempre il pelo nell'uovo, l'ho fatto anche qui, ma davvero non ho nulla di tecnico (basandomi sulle mie lacunose competenze) da segnalare. 

Piuttosto, ti lascio qualche impressione a caldo.

Il testo è molto curato, anche nel lessico: stridio (ti piace molto questo termine, lo usi almeno tre volte per indicare i rumori mentre Adam e Mike scendono nelle viscere della fabbrica), scudisciata (non lo conoscevo), polla (non l'avevo mai sentito).

"Una siringa giace solitaria sul pavimento come una bizzarra opera d'arte."

Mi hai ricordato Duchamp. Bella similitudine.

A proposito di similitudini:

"Lo stridio metallico perfora il silenzio come l'urlo di una vergine sacrificata durante una messa nera."

Ammazza! Che perfori il silenzio non ho dubbi, ma faccio veramente fatica a immaginare "l'urlo di una vergine sacrificata". Eppure ci sta.

Come ci sta: "Lo sferragliare dell'ascensore è fastidioso quanto il pianto insistente di un neonato." Anche questa mi piace. Ti assicuro che se il neonato fosse figlio tuo, il suo pianto non sarebbe fastidioso.  lol!


"vergine di ferro mobile". L'Iron Maiden.


Ho trovato, a mio gusto, i dialoghi della prima parte del racconto un poco artefatti. Forse perché, come notato, hai indugiato troppo nelle descrizioni dell'ambiente della fabbrica abbandonata, "contaminando", passami il termine, anche i dialoghi. Tuttavia, le descrizioni in sé sono molto esaustive e forniscono al lettore un quadro più che completo della "scena".

Per contro, sarà l'aumento della suspence, dell'adrenalina, i dialoghi dei paragrafi successivi mi sono sembrati molto più naturali, non soltanto per la puzza di zolfo ma anche di...hai capito.

Ultima cosa: ma 'sto Billy Weed che si fa di eroina? Un insulto al suo soprannome. E infatti ha fatto la fine che ha fatto.

Ah giusto: nella descrizione dei mostri si dice che non hanno occhi. Forse i loro occhi sono quelli che spuntano nelle pareti di carne e che Adam più volte calpesta?

Grazie e alla prossima.

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Messaggio Da Askar Mar Gen 10, 2023 12:23 am

Susanna ha scritto:Arrivata alla fine del racconto ho avuto netta l’impressione di aver saltato qualche respiro durante la lettura.
Il genere horror mi piace e non mi piace, ne leggo poco e dipende moltissimo dall’autore e dalla storia sottostante. Ho la collezione di King (non gli ultimi e neanche letti tutti) e sul kindle molti romanzi horror/polizieschi horror o generi simili: alcuni - anche se robetta tosta - iniziati e poi abbandonati senza una ragione precisa. Però se mi capita un buon testo, vado oltre alle preferenze e arrivo all’ultima pagina.
Questo racconto mi ricorda molto, per certi versi, “Le lacrime del drago” di Dean Koontz, un romanzo cui mi rifaccio spesso quando mi trovo a disquisire di come di possa rendere l’idea della “paura”, quella micidiale e senza scampo: il ritmo che non allenta, il portare il lettore alla fine con un briciolo di speranza che possa finire se non bene alla meno peggio -  ma sapendo che non sarà così - il riuscire a rendere l’idea del terrore, quello che diventa terrore assoluto dopo essere stato preoccupazione, ansia, inquietudine e appunto, paura.
Ti faccio i complimenti per questo racconto: una scrittura sicura, solida, i dialoghi sono un ottimo supporto alla trama e alla presentazione dei personaggi, le descrizioni passano anche attraverso similitudini indovinate ed efficaci nella loro semplicità.
Personalmente alla fine dei commenti metto le mie note, che possono riguardare refusi, punteggiatura e inciampi nella lettura; risentono ovviamente del mio modo di leggere e di scrivere, e che la Penna può tranquillamente ignorare. In un forum di mutuo aiuto ci stanno, a volte sfuggono anche alle riletture più attente e critiche.
Direi che non sia nulla che non vada, se non un “poco a poco” che leggo meglio “a poco a poco”.
Forse ti sei un attimo dilungato troppo nella parte che parla dell’aggirarsi dei protagonisti nelle caverne, dove certe sequenze si ripetono facendo perdere per un poco l’attenzione al lettore.
Grazie per la condivisione e direi che ti sei presentato alla grande.
Dimenticavo: il sarò breve non mi appartiene. Preparati.

Grazie per la lettura e il commento, Susanna! Il fatto che sia riuscito a farti arrivare fino in fondo nonostante la tua idiosincrasia intermittente per il genere, mi fa piacere. Smile
Sì, forse si sarebbe potuto tagliare qualcosa in più nella seconda parte per velocizzare ulteriormente. Immagino che quando l'ho scritto non volessi far finire troppo presto la parte con i mostri.  Very Happy
Apprezzo sempre eventuali segnalazioni sui refusi così posso correre ai ripari... solo uno stupido rifiuterebbe editing gratis! Mi è capitato un sacco di volte di non vedere errori anche palesi dopo diverse revisioni... e io sono un tipo abbastanza maniacale, ti dirò.  Very Happy
Devo recuperare quel romanzo di Koontz, ne ho letti altri suoi e mi sono piaciuti molto. Per certi versi forse somiglia un po' a King, ma meno yankee e autocompiaciuto. Very Happy

Molli Redigano ha scritto:Orbene, posto che il genere non è troppo nelle mie corde, non posso che dare un giudizio positivo al tuo racconto. Perché? Perché è scritto bene. Di solito, cerco sempre il pelo nell'uovo, l'ho fatto anche qui, ma davvero non ho nulla di tecnico (basandomi sulle mie lacunose competenze) da segnalare. 

Piuttosto, ti lascio qualche impressione a caldo.

Il testo è molto curato, anche nel lessico: stridio (ti piace molto questo termine, lo usi almeno tre volte per indicare i rumori mentre Adam e Mike scendono nelle viscere della fabbrica), scudisciata (non lo conoscevo), polla (non l'avevo mai sentito).

"Una siringa giace solitaria sul pavimento come una bizzarra opera d'arte."

Mi hai ricordato Duchamp. Bella similitudine.

A proposito di similitudini:

"Lo stridio metallico perfora il silenzio come l'urlo di una vergine sacrificata durante una messa nera."

Ammazza! Che perfori il silenzio non ho dubbi, ma faccio veramente fatica a immaginare "l'urlo di una vergine sacrificata". Eppure ci sta.

Come ci sta: "Lo sferragliare dell'ascensore è fastidioso quanto il pianto insistente di un neonato." Anche questa mi piace. Ti assicuro che se il neonato fosse figlio tuo, il suo pianto non sarebbe fastidioso.  lol!


"vergine di ferro mobile". L'Iron Maiden.


Ho trovato, a mio gusto, i dialoghi della prima parte del racconto un poco artefatti. Forse perché, come notato, hai indugiato troppo nelle descrizioni dell'ambiente della fabbrica abbandonata, "contaminando", passami il termine, anche i dialoghi. Tuttavia, le descrizioni in sé sono molto esaustive e forniscono al lettore un quadro più che completo della "scena".

Per contro, sarà l'aumento della suspence, dell'adrenalina, i dialoghi dei paragrafi successivi mi sono sembrati molto più naturali, non soltanto per la puzza di zolfo ma anche di...hai capito.

Ultima cosa: ma 'sto Billy Weed che si fa di eroina? Un insulto al suo soprannome. E infatti ha fatto la fine che ha fatto.

Ah giusto: nella descrizione dei mostri si dice che non hanno occhi. Forse i loro occhi sono quelli che spuntano nelle pareti di carne e che Adam più volte calpesta?

Grazie e alla prossima.

Grazie per la lettura e il commento, Molli!
Vedi? Ho effettuato  parecchie revisioni, eppure non mi sono accorto di aver usato stridio tutte quelle volte... altrimenti ne avrei sicuramente segato almeno uno. Detesto le ripetizioni.  Very Happy
Quanto ai dialoghi, forse hai ragione, sono un po' più rigidi nella prima parte. Se ti può consolare saperlo, sono sempre stato un lupo solitario e da giovane i miei dialoghi facevano schifo come quelli di Lovecraft, quindi ho compiuto passi da gigante.  lol!
Quanto a Billy Weed... fare uso di una droga non preclude la possibilità di fumare anche l'erba.  lol! 

Sai, non ci avevo mai pensato alla questione degli occhi, che potessero essere il modo di vedere dei mostri, è un'interpretazione assai intrigante! Onestamente li avevo inseriti più come elemento scenografico, per avere qualcosa un po' alla Barker.
Fammi sapere quali generi mastichi, e magari provo ad accontentarti, così mi dirai se ho fatto centro.

PS:

A volte faccio il citazionista come Tarantino. In questo caso, la battuta "leggi tra le righe", ammetto di averla rubata a Jack Black in School of Rocklol!

Grazie ancora per il riscontro, a breve leggerò e commenterò qualcosa!
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Messaggio Da Petunia Mar Gen 10, 2023 1:31 am

Ciao  @Askar


ho letto con piacere il tuo racconto. Più di una volta in realtà.
Premetto che ti lascio le mie impressioni “a caldo” quindi risentono senz’altro dei miei gusti. 
La scrittura è pulita e corretta. C’è una buona formattazione che rende agevole la lettura. Non ho rinvenuto errori formali.
L’intreccio non l’ho trovato così originale e dal punto di vista del ritmo c’è qualcosa che lo rallenta e, a mio avviso, non rende giustizia al pathos che ci si aspetta da una storia simile.
Mi sono chiesta il perché e, rileggendo, ho alcune considerazioni da condividere.
L’incipit è buono e invoglia a proseguire la lettura.
I dialoghi non altrettanto… molto stereotipati più adatti a un fumetto di g ere o a un telefilm che a un racconto. 
Questa frase messa lì rovina l’atmosfera. Anticipi troppo quello che viene dopo. Io la rimuoverei… a che serve? Racconta una sensazione di paura per qualcosa (senza che il lettore si possa immedesimare)


Nonostante la puzza e l'atmosfera tetra della fabbrica, almeno siamo al riparo dal vento, ma c'è qualcosa in quel posto che continua a non piacermi. Per quanto ridicola, non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che un killer o un mostro sia in agguato, come in un film dell'orrore.


Nel testo ci sono una marea di similitudini. In un racconto così breve sono decisamente troppe e, soprattutto già sentite molte volte.
Terrei solo quelle più originali e taglierei senza pietà tutte le altre.



Mentre si cala giù, mi guardo attorno. C'è un bagno chimico lungo il recinto: è ammaccato, sporco e per qualche motivo mi ricorda una cabina telefonica, antiquata e anacronistica.


Qui mi fermerei a cabina telefonica. (Che sia antiquata e anacronistica non serve sottolinearlo - appesantisce la lettura)


Lui resta impalato a guardarmi.
«Aspetta, vuoi dire Billy “Weed”?»
«Conosci altri Billy? Dai, muoviti.»



Questo dialogo appare poco verosimile. Sembrano battute di un telefilm


Alzo due dita.
«Quella è la regola numero due. La numero uno è: “mai farsi con la roba che vendi”.»



Cit. Fight club?


Esibisco un sorriso che è più simile al ringhio di un pitbull.
«Sì, come in quel film che ti piace tanto. Non sei contento?»
«'Fanculo.»
Man mano comincio a procedere con più sicurezza, ma quel corridoio vivente sembra proseguire all'infinito. Siamo così immersi nel silenzio che avverto il suono appena percettibile della carne, che si agita intorno a noi: somiglia al lievissimo arricciarsi di un pezzo di carta,
la caverna vivente intorno a noi comincia a contrarsi ed espandersi più in fretta, come se fosse eccitata. (Bella questa!)

Corro come se avessi una volante a sirene spiegate che mi tallona;



alcuni hanno ancora qualche brandello di carne attaccato alle ossa candide e mi fanno pensare all'ossobuco (naaaaa…)



sono molti altri passaggi che si riversano nella caverna centrale, come in un formicaio gigante.



Fuggo con il cuore che mi batte come quello di un criceto; 



Premesso che se si tratta di creature dell’ oltretomba dubito che un’arma possa avere qualche utilità per salvarsi, la chiusa finale mi è piaciuta.
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Messaggio Da Askar Mar Gen 10, 2023 3:26 pm

Petunia ha scritto:Ciao  @Askar


ho letto con piacere il tuo racconto. Più di una volta in realtà.
Premetto che ti lascio le mie impressioni “a caldo” quindi risentono senz’altro dei miei gusti. 
La scrittura è pulita e corretta. C’è una buona formattazione che rende agevole la lettura. Non ho rinvenuto errori formali.
L’intreccio non l’ho trovato così originale e dal punto di vista del ritmo c’è qualcosa che lo rallenta e, a mio avviso, non rende giustizia al pathos che ci si aspetta da una storia simile.
Mi sono chiesta il perché e, rileggendo, ho alcune considerazioni da condividere.
L’incipit è buono e invoglia a proseguire la lettura.
I dialoghi non altrettanto… molto stereotipati più adatti a un fumetto di g ere o a un telefilm che a un racconto. 
Questa frase messa lì rovina l’atmosfera. Anticipi troppo quello che viene dopo. Io la rimuoverei… a che serve? Racconta una sensazione di paura per qualcosa (senza che il lettore si possa immedesimare)


Nonostante la puzza e l'atmosfera tetra della fabbrica, almeno siamo al riparo dal vento, ma c'è qualcosa in quel posto che continua a non piacermi. Per quanto ridicola, non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che un killer o un mostro sia in agguato, come in un film dell'orrore.


Nel testo ci sono una marea di similitudini. In un racconto così breve sono decisamente troppe e, soprattutto già sentite molte volte.
Terrei solo quelle più originali e taglierei senza pietà tutte le altre.



Mentre si cala giù, mi guardo attorno. C'è un bagno chimico lungo il recinto: è ammaccato, sporco e per qualche motivo mi ricorda una cabina telefonica, antiquata e anacronistica.


Qui mi fermerei a cabina telefonica. (Che sia antiquata e anacronistica non serve sottolinearlo - appesantisce la lettura)


Lui resta impalato a guardarmi.
«Aspetta, vuoi dire Billy “Weed”?»
«Conosci altri Billy? Dai, muoviti.»



Questo dialogo appare poco verosimile. Sembrano battute di un telefilm


Alzo due dita.
«Quella è la regola numero due. La numero uno è: “mai farsi con la roba che vendi”.»



Cit. Fight club?


Esibisco un sorriso che è più simile al ringhio di un pitbull.
«Sì, come in quel film che ti piace tanto. Non sei contento?»
«'Fanculo.»
Man mano comincio a procedere con più sicurezza, ma quel corridoio vivente sembra proseguire all'infinito. Siamo così immersi nel silenzio che avverto il suono appena percettibile della carne, che si agita intorno a noi: somiglia al lievissimo arricciarsi di un pezzo di carta,
la caverna vivente intorno a noi comincia a contrarsi ed espandersi più in fretta, come se fosse eccitata. (Bella questa!)

Corro come se avessi una volante a sirene spiegate che mi tallona;



alcuni hanno ancora qualche brandello di carne attaccato alle ossa candide e mi fanno pensare all'ossobuco (naaaaa…)



sono molti altri passaggi che si riversano nella caverna centrale, come in un formicaio gigante.



Fuggo con il cuore che mi batte come quello di un criceto; 



Premesso che se si tratta di creature dell’ oltretomba dubito che un’arma possa avere qualche utilità per salvarsi, la chiusa finale mi è piaciuta.

Petunia.

Per quanto riguarda questo passaggio:

Nonostante la puzza e l'atmosfera tetra della fabbrica, almeno siamo al riparo dal vento, ma c'è qualcosa in quel posto che continua a non piacermi. Per quanto ridicola, non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che un killer o un mostro sia in agguato, come in un film dell'orrore.

Forse hai ragione, ma penso sia una questione un po' opinabile. Ho deciso di usare la cosiddetta "penetrazione profonda", che si sposa bene con la prima persona, altra scelta volta all'immersione (così come il presente dato che di solito preferisco il passato). Per quanto mi riguarda salverei comunque la prima frase, che non compromette affatto il brano e non anticipa nulla. Mi pare di arguire che non ti piaccia nemmeno una riga di tell... ma temo che una minima parte sia inevitabile, non si può "mostrare" tutto. A volte bisogna essere più spicci. Lo so, sarà un'opinione impopolare oggigiorno, ma mi appello alle affermazioni sulla flessibilità fatte nella mia presentazione. Sono già abbastanza "dittatoriale" con me stesso in relazione ad avverbi di modo e forme passive (li stermino quasi sempre fino all'ultimo).  Very Happy

Per quanto riguarda la cabina telefonica, giusta osservazione, mentre per i dialoghi, sappi che li gestisco a seconda del genere e del brano. Di solito non sto lì a soppesare al milligrammo ogni battuta, ho scritto istintivamente ciò che avevo in testa, anche per avere dei personaggi colorati (vuoi dirmi che non ti è piaciuto neanche l'aneddoto sul costume da pollo? Very Happy ).
Trovo che sia necessario per dare un minimo di caratterizzazione quando ti concentri su altro e il brano non è lunghissimo. Come ho detto nella presentazione, scrivo ciò che vedo, non lo pianifico razionalmente. Poi chiaramente se si tratta di un racconto "impegnato" in cui c'è un messaggio, allora è un altro discorso, ma questa è narrativa pura volta solo all'intrattenimento. A ogni modo, i miei dialoghi non sono scritti sempre in questo modo, sta' tranquilla. Se a qualcuno sono piaciuti e a qualcuno no è un pareggio e il punto va allo scrittore (almeno secondo King).  Very Happy

Fight Club.. ti sei risposta da sola.  Very Happy 
Come ho scritto nella prima risposta, a volte mi viene (anche inconsapevolmente) di ficcare citazioni, perché sono un gargantuesco cinefilo e sono cresciuto fin da piccolo a pane e Hollywood, perciò credo sia inevitabile, almeno quando la situazione coinvolge individui particolarmente prosaici. Come dicevo, la citazione (più sottile) di Jack Black invece era voluta, ma sempre pensata sul momento, non pianificata... non so se è chiaro quello che intendo. Di solito la prima idea, il primo aggettivo, la prima figura retorica del momento, sono sempre i più genuini (anche se magari non necessariamente i migliori in senso lato).
Per le similitudini, stesso discorso del verbo stridere di cui sopra: anche dopo diverse revisioni non ci ho pensato, altrimenti ne avrei eliminate alcune che a posteriori neanche mi piacciono granché. Sappi che di solito ne uso molte meno, questo brano è decisamente anomalo.  Very Happy

Riguardo alla pistola, chi ha mai parlato di oltretomba? Io non l'ho mai detto esplicitamente.  Very Happy 
L'ho lasciato all'interpretazione, ma nella mia testa era una specie di dimensione parallela, infernale quanto si vuole, ma non l'inferno nel senso tradizionale. Forse potevano lasciarlo intendere la discesa, lo zolfo e la citazione dantesca, te lo concedo. A ogni modo, la pistola era lì per rappresentare una falsa "pistola di Cechov" e far credere fino all'ultimo che sarebbe stata la salvezza dei protagonisti, così da mantenere l'incertezza fino alla fine. Nella primissima stesura infatti compariva solo nell'ascensore, quindi mi sono assicurato in fase di revisione di inserirla nella prima scena.

In ultimo rispondo alle questioni "pathos" e "originalità". Come anticipavo prima, dato che ho una formazione orrorifica principalmente lovecraftiana, per me l'horror deve prima di tutto inquietare e disturbare, le sorti dei protagonisti e il pathos sono spesso irrilevanti e li sposto in secondo piano. Non a caso, se avessi voluto far empatizzare i lettori non avrei scelto dei poco di buono come degli spacciatori, di cui non penso ci fregherebbe molto.  Very Happy
Un altro motivo per cui di pathos ce n'è comunque poco anche nelle mie opere di altro genere, è che purtroppo ho la sindrome di Asperger, perciò le emozioni per me sono qualcosa di analitico, appaio freddo e distaccato, ecc. Purtroppo è un mio limite, che anche se sono italiano mi fa apparire come uno scrittore tedesco o russo, da questo punto di vista. Sicuramente riesco a inserire maggiore emotività in brani più lunghi, e soprattutto che non siano horror. Per questo una delle mie cifre stilistiche (almeno nei brani molto lunghi e nei romanzi), non è l'emozione, ma la profondità psicologica, caratteriale ed etica dei personaggi.
Per citare Giacomo Poretti: "Fuori dal letto... nessuno è perfetto".  lol!

Per l'originalità, guarda, è una critica molto trita che sento spesso (anche rivolta ad altri), ma ritengo che in larga misura si siano esplorate quasi tutte le idee e tutti i topoi esistenti, quindi auguro buona fortuna a chiunque voglia risultare originale al 100%, perché altrimenti non dovremmo più produrre niente. Ci sarà sempre qualche elemento che rimanderà a qualcosa di già visto, è inevitabile. Senza contare le influenze... questo brano attinge dall'omonimo film (anche se la storia è diversa), nonché alle opere di Barker e ad altro, in una specie di minestrone. Quello che conta secondo me è la rielaborazione attraverso un proprio stile e una vena autoriale che lo distingua.
Non la prendere come una critica personale, ma il discorso sull'originalità è uno dei preferiti dei filoaccademici che tanto aborro, per i quali essa può arrivare perfino a essere più importante del contenuto stesso (come quando si chiama arte una banana appesa al muro). Temo che su questo (come su altre questioni), io e loro non andremo mai d'accordo.  Very Happy
Comunque ti ringrazio molto per le letture e il commento!  Prost

PS:
Mi scuso per la risposta assai prolissa.  lol!
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Messaggio Da Petunia Mar Gen 10, 2023 4:40 pm

@Askar  tranquillo perché dovrei prenderla come critica personale? Tu proponi un testo, io, in questo caso, sono lettrice e ti lascio le mie impressioni. Se non le ritieni utili, fanne pure ciò che vuoi! Discesa nelle tenebre 509334221
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Messaggio Da Arunachala Mar Gen 10, 2023 5:19 pm

in linea di massima direi che è scritto puttosto bene, senza errori formali se non, forse, un paio di virgole mancanti.
anche le descrizioni sono buone e spesso riesci a far vedere al lettore la scena vera e propria.
dei dialoghi ti hanno già detto, meglio nella seconda parte, nella prima sono così così.
buona la caratterizzazione dei personaggi.
discreta la trama, anche se non originale, tanto che mi ha ricordato molto da vicino svariati film degli anni settanta, tipo "Non aprite quella porta", per intenderci.
nel complesso è un buon lavoro, anche se lo asciugherei un pochino, visto che alla fine lo trovo un poco lungo e pesante.
molto bella la chiusa.
a rileggerti


Ultima modifica di Arunachala il Mar Gen 10, 2023 6:26 pm - modificato 1 volta.

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Messaggio Da Byron.RN Mar Gen 10, 2023 6:03 pm

Ciao Askar,

provo a commentare anch'io, sperando di esserti utile.
Come sai a me il genere piace, scriverlo e leggerlo.
La scrittura è buona, corretta e soprattutto chiara, lineare. Il lettore può concentrarsi sulla storia senza perdere il filo del discorso a causa di passaggi troppo astrusi o complessi. Ho letto solo questo di tuo, ma credo di poter dire che hai uno stile abbastanza descrittivo e a me non dispiace. 
A me lo dicono spesso, ma forse è un imprinting dovuto al mio svezzamento kinghiano.
Quelle pareti di carne, pulsanti, poi mi hanno ricordato Clive Barker. Stranamente non ho ancora letto nulla di suo, ma le copertine dei suoi libri le ricordo vagamente e soprattutto ho bene in mente le carni pulsanti nei film tratti dalle sue opere, Hellraiser e il killer della metropolitana. 
I dialoghi a me hanno convinto, mi sembrano in tono col contesto. Voglio dire, l'ambientazione è americana, i protagonisti sono di quel paese, il loro modo di fare, di esprimersi è così. Ripeto, sono cresciuto con King, il modo di fare dei protagonisti, un pò da cazzoni se vogliamo, è quello, c'è poco da fare.
I punti che potresti mettere a posto secondo me vanno in questa direzione:
1-Le metafore a me piacciono, però probabilmente come dice Petunia ce ne sono in abbondanza. Magari mettine qualcuna in meno e quelle che inserisci studiatele bene, in modo da renderne qualcuna memorabile.
2-La parte nelle caverne, con le varie grotte e cunicoli, proprio per la caratteristica stessa dell'ambientazione tende a risultare un pò ripetitiva. Secondo me qualche passaggio può essere eliminato per rendere lo svolgimento più armonico.
3-Alcune frasi possono essere più fluide, snellendole un pò. Non sono tante, ma ho imparato che anche piccoli accorgimenti possono influenzare positivamente il ritmo di un testo. Ti indico questa a titolo di esempio:   

Arrivati al pianterreno accendo la luce anche lì, percorriamo un altro corridoio e ci ritroviamo in un ampio ambiente adibito a catena di montaggio.
Arrivati al pianterreno accendo la luce. Percorriamo un altro corridoio ed entriamo nella vecchia catena di montaggio.

Aspetto di leggere altra roba tua.
Byron.RN
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Messaggio Da Askar Mar Gen 10, 2023 7:33 pm

Petunia ha scritto:@Askar  tranquillo perché dovrei prenderla come critica personale? Tu proponi un testo, io, in questo caso, sono lettrice e ti lascio le mie impressioni. Se non le ritieni utili, fanne pure ciò che vuoi! Discesa nelle tenebre 509334221

Perché in anni di internet ho visto gente di tutti i tipi, e non sai mai quando qualcuno può prendersela e rivoltartisi contro all'improvviso, come una belva (visto che siamo in tema di similitudini).  lol!
Ho avuto esperienze molto negative, con gente che ti attacca sui tuoi brani perché magari hai mosso loro delle critiche pertinenti su un loro pezzo... cose di questo tipo, perciò metto sempre le mani avanti. Poi a maggior ragione quando un ambiente è nuovo e non conosco le persone, tendo a stare sulla difensiva per mia natura... potete vedermi come un gatto randagio che è stato maltrattato una volta di troppo...  Very Happy

Arunachala ha scritto:in linea di massima direi che è scritto puttosto bene, senza errori formali se non, forse, un paio di virgole mancanti.
anche le descrizioni sono buone e spesso riesci a far vedere al lettore la scena vera e propria.
dei dialoghi ti hanno già detto, meglio nella seconda parte, nella prima sono così così.
buona la caratterizzazione dei personaggi.
discreta la trama, anche se non originale, tanto che mi ha ricordato molto da vicino svariati film degli anni settanta, tipo "Non aprite quella porta", per intenderci.
nel complesso è un buon lavoro, anche se lo asciugherei un pochino, visto che alla fine lo trovo un poco lungo e pesante.
molto bella la chiusa.
a rileggerti

La mia filosofia è cercare di adattarmi a ogni storia e genere, secondo l'idea che ho in testa. Immagino si potesse tagliare qualcosa nella parte finale, come già detto. Quando lo segnala più di uno, ci si deve arrendere davanti all'evidenza.  Very Happy
Grazie del passaggio, Arunachala!

Byron.RN ha scritto:Ciao Askar,

provo a commentare anch'io, sperando di esserti utile.
Come sai a me il genere piace, scriverlo e leggerlo.
La scrittura è buona, corretta e soprattutto chiara, lineare. Il lettore può concentrarsi sulla storia senza perdere il filo del discorso a causa di passaggi troppo astrusi o complessi. Ho letto solo questo di tuo, ma credo di poter dire che hai uno stile abbastanza descrittivo e a me non dispiace. 
A me lo dicono spesso, ma forse è un imprinting dovuto al mio svezzamento kinghiano.
Quelle pareti di carne, pulsanti, poi mi hanno ricordato Clive Barker. Stranamente non ho ancora letto nulla di suo, ma le copertine dei suoi libri le ricordo vagamente e soprattutto ho bene in mente le carni pulsanti nei film tratti dalle sue opere, Hellraiser e il killer della metropolitana. 
I dialoghi a me hanno convinto, mi sembrano in tono col contesto. Voglio dire, l'ambientazione è americana, i protagonisti sono di quel paese, il loro modo di fare, di esprimersi è così. Ripeto, sono cresciuto con King, il modo di fare dei protagonisti, un pò da cazzoni se vogliamo, è quello, c'è poco da fare.
I punti che potresti mettere a posto secondo me vanno in questa direzione:
1-Le metafore a me piacciono, però probabilmente come dice Petunia ce ne sono in abbondanza. Magari mettine qualcuna in meno e quelle che inserisci studiatele bene, in modo da renderne qualcuna memorabile.
2-La parte nelle caverne, con le varie grotte e cunicoli, proprio per la caratteristica stessa dell'ambientazione tende a risultare un pò ripetitiva. Secondo me qualche passaggio può essere eliminato per rendere lo svolgimento più armonico.
3-Alcune frasi possono essere più fluide, snellendole un pò. Non sono tante, ma ho imparato che anche piccoli accorgimenti possono influenzare positivamente il ritmo di un testo. Ti indico questa a titolo di esempio:   

Arrivati al pianterreno accendo la luce anche lì, percorriamo un altro corridoio e ci ritroviamo in un ampio ambiente adibito a catena di montaggio.
Arrivati al pianterreno accendo la luce. Percorriamo un altro corridoio ed entriamo nella vecchia catena di montaggio.

Aspetto di leggere altra roba tua.
Byron.  Wink

Diciamo che ho uno stile un po' cangiante, nel senso che alcuni capisaldi, come la gestione del discorso diretto e dei paragrafi, restano sempre invariati. Per il resto ritmo, quantità di descrizioni, scelta del narratore, ecc, lo cambio spesso in base alla storia e alle sue esigenze. In alcuni casi per le descrizioni mi limito a qualche dettaglio come di pennellate e non inserisco figure retoriche, assumendo una prosa più asciutta. Nei brani brevi uso di più la frammentazione, specie se il ritmo è serrato. Si capisce che è sempre roba mia, ma do una certa impronta a ogni pezzo. A volte dipende anche da quanto sono pigro... lol! 
Mi fa piacere tu sia kinghiano come me, anche perché di solito scelgo proprio per quello (e come dicevo per le influenze del cinema) ambientazioni americane... pensa che lessi per la prima volta "It" a otto anni.  Very Happy
Quanto a Barker, l'intento era proprio quello, quindi fa piacere di avertelo ricordato! In realtà anche io ho visto solo le trasposizioni cinematografiche e non ho letto i suoi lavori (mea culpa), dovrei rimediare, ma la lista di cose da recuperare è sempre infinita, come ben saprai.  Very Happy

Ti ringrazio per le segnalazioni, i commenti costruttivi servono sempre. In effetti a volte mi risulta difficile accorgermi di alcuni passaggi un po' bolsi. Pensa che a volte mi serve una dozzina di revisioni nel tempo, per notare certe cose... e a volte neanche bastano. Fare editing agli altri è sempre più facile, è inevitabile. Vorrei potermi editare da solo, ma è impossibile per quanto obiettivi si possa essere.  Mad
Faccio solo un appunto da rompiballe:
"entriamo nella catena di montaggio" potrebbe sottintendere che conosca il posto e lo abbia visitato, mentre in realtà gliene hanno solo parlato e non conosce certamente tutta la planimetria e le stanze. Mi rendo conto che è una sottigliezza linguistica e che posso risultare pedante, però credo sia importante, specie quando si usa un PoV interno, aderire il più possibile a ciò che il personaggio sa, per mantenere viva l'immersione. Questo naturalmente senza nulla togliere alla validità dell'osservazione in sé. Wink

A presto!   Discesa nelle tenebre 1824946657
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