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L'ombra di Cristina

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1L'ombra di Cristina Empty L'ombra di Cristina Lun Set 26, 2022 11:13 am

Molli Redigano

Molli Redigano
Maestro Jedi
Maestro Jedi

https://www.differentales.org/t1807-quattro-atti-di-mortadella#21668

Ringrazio  @Arunachala per aver segnalato il concorso al quale questo racconto ha partecipato ottenendo un piazzamento nella sezione racconto storico. Oltre alle sue, attendo anche le impressioni dell'altra giurata  @Petunia. E ovviamente di tutti gli amici di DT. Se vi va, ci mancherebbe!



Maestà,

questa missiva ferisce il mio orgoglio ma ho troppo a cuore l’integrità fisica e morale del vostro giovane nipote e mio sovrano. Certo è che se mio marito fosse ancora qui e non già al cospetto di Nostro Signore, la mia mano non avrebbe ragione di vergare questa lettera.
Non intendo supplicarvi né elemosinare il vostro aiuto. Eppure, la spregiudicatezza, l’insensibilità e la fame di potere di alcuni individui, all’indomani della morte del re, mi costringono a farlo.
Il principe Tommaso, sprezzante, non ha mai nascosto di ambire al trono che fu di suo fratello. Non esiterà a sbarazzarsi dei rivali, siano essi sangue del suo stesso sangue. Sua Eminenza il Cardinal Maurizio invece, pare sia già in viaggio verso Torino. Gli ho fatto sapere che la sua presenza qui non è gradita. Entrambi contano sull’appoggio dell’esercito spagnolo, che al momento è attestato nei pressi di Vercelli, pronto ad attaccare il ducato.
Non ho paura. Non per me. Ma Francesco Giacinto è ancora un bambino. Sono sua madre e sua suddita allo stesso tempo. È mio dovere difendere lui e il regno che presiede. Ancorché innocente. Ancorché fanciullo.
Dovreste vederlo, il suo sorriso candido e luminoso allontana d’istinto tutto il marcio che gli sta intorno. Egli nemmeno immagina ciò che stringe nella sua mano paffuta, né quanti ordini le sue dita minute potrebbero impartire. Chi c’è intorno a noi abbassa la testa e stringe i denti. Anche il più stolto dei servi.
Per questo, Maestà, ho bisogno che diate un segnale forte, tanto forte da valicare le Alpi e spazzare via i nidi di formiche che con perizia erodono il prestigio e il regno del vostro umile nipote.
Ve ne sarà grato, ne sono certa. Io lo sono già, orgogliosa di lui, poiché parimenti lo sarebbe il mio defunto marito Vittorio Amedeo.
Attendo dunque Vostre notizie. 

Con ossequioso rispetto,

Cristina Maria di Borbone

 
“Yves!” esclamò Cristina con voce soffocata dall’emozione.
“Madama!” rispose prontamente il fedele servo.
“Che questo messaggio sia recapitato a mio fratello Luigi re di Francia il più presto possibile!” ordinò perentoria la Madama.
“C’è qualche problema, Madama?”, osò chiedere Yves, che serviva Cristina fin dalla sua infanzia, ben prima del trasferimento a Torino dopo il matrimonio con il Duca di Savoia.
“Il regno è in pericolo. Il re è in pericolo. È indifeso e fanciullo in una selva d’avvoltoi” scandì la Madama.
“Bene. Manderò il nostro più veloce e scaltro messaggero. I cavalli sono freschi e scalpitano” disse Yves.
“Costui faccia attenzione. Fino al confine non sarà al sicuro. Potrebbe risalire il fiume”, ipotizzò la reggente.
“La via di Susa è sicura, mia signora. Non temete. I vostri servi sanno che li rispettate. Ripagheranno il vostro rispetto eseguendo gli ordini. Non vi deluderanno” disse Yves accennando un inchino prima che la Madama lo autorizzasse a congedarsi.
 
Francesco Giacinto giocava a rincorrere i piccioni nell’ampio giardino del castello. Gli uccelli volavano via, sbattevano le ali per quel che bastava a compiere una virata a centottanta gradi e riposarsi sulla ghiaia del cortile, per nulla impauriti da quel fanciullo in parrucca.
“Maestà!” esclamò da lontano la balia Bea, “fate attenzione a non cadere!”
“Non cadrò di fronte a questo esercito di rinnegati con le ali!” rispose risoluto, ma senza guardarla, il piccolo re.
I piccioni parevano infastiditi. Tubavano muovendosi a scatti, inseguiti dal principe che aveva estratto il suo spadino dal fodero dorato. Di colpo, il fanciullo s’arrestò portando la mano alla bocca. Sembrava mancargli il respiro poiché tentava invano di gonfiare il petto inspirando. Un violento attacco di tosse fece trasalire la balia Bea la quale, alzandosi la lunga gonna per non inciampare, accorse verso il piccolo re per assisterlo.
“L’aria fresca del giovane autunno potrebbe giocarvi brutti scherzi, Maestà, meglio rientrare” disse Bea sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi.
Il piccolo re era perplesso. Rimise il suo spadino nella fodera. L’acciaio della finta lama che scorreva nella fodera provocò un sibilo che echeggiò sinistro tra le colonne del porticato.
“Mia madre sarà presente alla merenda?” chiese Francesco con un filo di voce.
“La Madama è molto impegnata oggi, maestà. Non credo potrà presenziare al vostro banchetto pomeridiano” rispose Bea sconsolata.
“La mia mamma non c’è mai! Vorrei che stesse più con me!” esclamò scocciato incrociando le braccia.
“Sentite, Maestà”, ribatté la balia con voce melliflua, “che ne dite se domandassi alla cuoca se ha ancora qualche chicco di cacao in dispensa?”
Gli occhi di Francesco s’illuminarono.
Certa di aver colto nel segno, la balia Bea proseguì: “Rammentate quando mettemmo la polvere ricavata da quei chicchi nel latte caldo appena munto?”
“Oh sì!”, esclamò Francesco, “il latte divenne scuro e i biscotti di meliga assorbirono il sapore della polvere!”
“Sembrate affamato, sire, che ne dite di anticipare di qualche tempo l’orario della merenda?” chiese balia Bea.
Il principino annuì, ma il suo sguardo non tardò a rabbuiarsi nuovamente: “Ma la mia mamma proprio non può fare la merenda con me?”
 
Cristina attendeva la balia nell’anticamera della sala del ricevimento. Era in programma un’importante riunione con i suoi consiglieri più fidati e i generali dell’esercito. Nessun pericolo imminente all’orizzonte ma molte avvisaglie che avrebbero potuto costare molto care se sottovalutate.
“Avete chiesto di me, balia Bea?” disse Cristina.
“Sì, mia signora” rispose mestamente Bea inchinandosi.
Stizzita, Cristina esclamò: “Si tratta di mio figlio? Del re?”
“Sì, Madama. Mi è apparso poco in salute, signora. E da qualche giorno ha perso il suo colorito, il rosa delle sue guance” disse la balia sorridendo.
“È cagionevole!”, gridò Cristina stringendo il pugno, “il medico di corte mi ha messo in guardia. La salute di sua maestà va preservata.”
“Infatti”, annuì la balia, “con l’avvento della stagione fredda…”
“Eviteremo i momenti di gioco all’esterno del castello” sentenziò Cristina. E continuò: “Se non c’è altro…”
Bea accennò un inchino: “Madama, chiede sempre di voi.”
Cristina sbottò: “È il Duca di Savoia! Principe di Piemonte! Re di Cipro e Gerusalemme! Ha un futuro da eccelso e potente sovrano! Sarà un condottiero! Che deve farsene della mamma!”
Bea fece un passo indietro, guardando Cristina negli occhi: “Come comandate, Madama!”
La Madama Reale era sul punto di scoppiare a piangere. Ma non lo avrebbe mai fatto.
 
“Eminenza, vi vedo trafelato,” disse Tommaso con una punta d’ironia, “il viaggio non è stato di vostro gradimento?”
“Fratello,” esclamò Maurizio, “voi sembrate in gran forma, nevvero?”
Entrambi percepivano la tensione di quel momento sebbene si fossero riuniti per uno scopo comune: eliminare Francesco Giacinto indirettamente colpendo la Madama Reale e impossessarsi del ducato.
Tommaso si alzò in piedi e iniziò a camminare in cerchio girando intorno al tavolo. Maurizio lo seguiva con lo sguardo rimanendo immobile sulla sedia. Il guerriero, di tanto in tanto, arrestava il suo passo, appoggiava i palmi sul tavolo liscio e lucido e guardava il cardinale negli occhi.
Posando il bicchiere di vino, Tommaso esclamò: “Uccidiamolo!”
“Uccidere un fanciullo?”, rise Maurizio, “vi sembra la soluzione migliore?”
“Uccidiamo lui e la madre. Eliminati loro il senato di certo non si opporrà” rispose Tommaso.
“Siete proprio un soldato! In politica non brillereste per astuzia!” lo ammonì il cardinale. “Francesco Giacinto non è un problema, ma Cristina lo è, eccome.”
“Nostra cognata ha saputo ingraziarsi il senato e gran parte della nobiltà. Tuttavia, ripeto, la sua uscita di scena, ancorché violenta, non sarebbe un ostacolo: le istituzioni si piegano come fuscelli al cospetto dei sovrani più potenti, così come il popolo” disse Tommaso.
“Mio caro fratello, dimenticate forse che vostra cognata è la sorella del re di Francia?” esclamò Maurizio sbuffando, “pensate che il re resterebbe a guardare di fronte al suo assassinio? Manderebbe seduta stante l’esercito in Italia e non avrebbe pace finché non vedrebbe le nostre teste impalate nella pubblica piazza.”
“Eminenza! La vocazione e la carità cristiana devono aver temprato il vostro animo!”, disse Tommaso con tono sarcastico, “vi facevo molto più scaltro.”
“Scaltro?”, sorrise Maurizio, “Forse no, ma neanche stupido!” rispose sbattendo i pugni sul tavolo.
“Orbene, come pensate di procedere?” chiese il principe guerriero portando la mano sul mento in segno d’attesa.
“Non ci sarà bisogno di spargere sangue. Il fanciullo è cagionevole. Diciamo che lo potremmo aiutare in questo senso. Una volta aiutato lui, ci occuperemo di Cristina. Sarà distrutta dal dolore per cui più fragile, più esposta ai pericoli. È troppo intelligente per non capire che la sua reggenza va protetta da agenti esterni. Per questo bisognerà intervenire nel momento giusto” disse il cardinale.
Tommaso annuì e, sorridendo, mostrò i suoi denti gialli.
 
Da quando, la notte precedente, il piccolo re ebbe una crisi respiratoria, Cristina non riuscì più a dormire tranquilla. Sebbene suo figlio fosse in buone mani, guardato a vista e dalla balia e dalle sue guardie personali, ella non poteva che crederlo costantemente in pericolo. La sua salute pregiudicava ulteriormente un quadro politico di per sé già compromesso. Come si poteva confrontare l’infanzia innocente e spensierata con i giochi geopolitici e di potere che tutti gli attori erano giocoforza costretti a manovrare? Se non poté il fanciullo sottrarsi a tali manovre seppur inconsciamente, di certo non poteva sua madre in veste di reggente. Un rimorso, un peso che si sarebbe portata dietro per tutta l’esistenza.
Dopo essere stato perquisito e interrogato, l’alchimista poté varcare la soglia del castello in riva al grande fiume. In poco meno di un anno, la salute del duca Francesco Giacinto non aveva fatto che peggiorare. Crisi dopo crisi aveva passato il gelido inverno. La bella stagione pareva aver dato uno slancio alle sue condizioni di salute, poiché nessuno, più nessuno, confidava nei fiumi di preghiere pronunciate per lui.
Cristina sembrava rassegnata a quel destino beffardo. Aveva il cuore spezzato, le cui crepe erano diventate voragini col passare del tempo, subito dopo la morte di suo marito. Cosa aveva riservato per lei il destino? Fino a quel momento soltanto dolori. E oneri, vista la carica di cui era stata suo malgrado investita.
“Siete dunque voi l’uomo dei miracoli” esclamò sarcastica la Madama.
“Faccio soltanto il mio lavoro, mia signora” rispose l’alchimista abbassando il capo in segno di rispetto.
“La vostra sorte è segnata, come la mia del resto, ma in questo caso non si tratta di noi” disse allora Cristina voltandogli le spalle. E continuò: “Il Ducato ha bisogno di un re. Un sovrano che sia forte non soltanto nell’animo ma anche nel fisico. La risolutezza del carattere, ancorché si possa manifestare in tenera età, non basta a consolidarne l’immagine”, Cristina fece una pausa.
“Capisco, mia signora”, disse l’uomo titubante.
“Voi non capite nulla!” sbottò Cristina. “E se siete al mio cospetto lo dovete soltanto alla mia disperazione di madre. Non esiterei a far marcire nei sotterranei gli individui come voi. In nome di Dio!”
L’alchimista si limitò ad ascoltare in silenzio, senza proferire parola.
Durante questo dialogo, la Madama non aveva mai guardato negli occhi il suo interlocutore, rimanendo a fissare le cime dei platani in riva al fiume, leggermente scosse dal vento autunnale.
D’un tratto, disse: “Cosa dovrei fare, dunque?”
L’alchimista si fece coraggio: “Questa panacea, somministrata all’inizio e alla fine del giorno, è capace di riequilibrare le funzioni vitali dell’organismo…”
“Un filtro miracoloso”, lo schernì Cristina.
“L’ho testato su alcuni malati cronici. I primi risultati positivi sono arrivati dopo qualche giorno” affermò l’alchimista.
“Nostro Signore pare essere fuggito da questa casa. Non ho più niente da perdere”, sospirò la reggente.
“Il mio intruglio ha risollevato uomini ai quali era già stata impartita l’estrema unzione” disse l’uomo deciso e, prima che Cristina potesse ribattere, “lo dico con estrema cognizione di causa, mia signora!”
A questo punto, la Madama si girò di scatto fissando l’alchimista negli occhi. Gli puntò il dito: “Siete molto fortunato poiché di Yves mi fido ciecamente. Ma potreste essere molto sfortunato, dacché qui è in gioco la vita del Duca.”
“Mia signora”, provò a dire l’alchimista, ma Cristina lo interruppe bruscamente: “Siete congedato, ma tenetevi a disposizione.”
Non appena l’alchimista lasciò la stanza, Cristina fece chiamare Yves: “Teniamolo d’occhio. Non so che fare. D’altronde non c’è speranza, tanto vale tentare. È l’ultima occasione che abbiamo di strappare Francesco alla morte.”
Cristina era l’emblema della madre disperata per il figlio malato. Il Ducato, nel suo cuore, veniva dopo.
 
In una gelida mattina dei primi d’ottobre, Yves lasciò il castello in riva al fiume per recarsi presso il fioraio di corte che aveva bottega nel centro della città. La capitale sabauda, sferzata dai primi venti autunnali, era in fermento, poiché la notizia della morte del Duca Francesco Giacinto di Savoia si era già diffusa. Le solenni esequie del sovrano si sarebbero celebrate entro pochi giorni.
“Siete puntuale”, disse l’alchimista sbucando dall’oscurità del vicolo.
“Siete stato bravo”, ribatté Yves porgendo una sacca all’uomo incappucciato di fronte a lui. L’alchimista sciolse il nodo all’estremità della sacca e il suo volto fu illuminato dalla lucentezza dell’oro, amplificata dal grigiore della giornata.
“Boia faus!”, esclamò sorpreso l’alchimista, “ma chi è questo benefattore?”
“Non fate domande!” tagliò corto Yves. E si girò per andarsene.
L’alchimista lo afferrò per il braccio, stringendolo: “Ditemi soltanto una cosa? È la stessa persona che ha a che fare con la vicenda del Duca Vittorio Amedeo?”
“Secondo voi? Pregate Iddio finché vi sarà concesso” rispose Yves prima di allontanarsi tra la folla di quella triste mattina d’ottobre.

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2L'ombra di Cristina Empty Re: L'ombra di Cristina Lun Set 26, 2022 12:05 pm

Petunia

Petunia
Moderatore
Moderatore

Ciao  @Molli Redigano! ma che piacere… terzo classificato.
Un premio meritatissimo per quanto mi riguarda, segno evidente che anche fuori dal “forum” la tua bella scrittura è apprezzata e giustamente premiata. 
Hai scelto un racconto storico dandogli un colore “noir” . Mi è piaciuto come hai delineato la figura del re. Un vero bambino con le esigenze di qualsiasi bambino della sua età. È anche ben costruito il personaggio di Cristina, con la sua difficile scelta tra mantenere le redini del regno in attesa della crescita del figlio e il suo “cuore di madre”.
Il racconto è scritto molto bene anche nel linguaggio, la ricostruzione degli ambienti e dell’atmosfera della corte è tangibile. 
Un ottimo lavoro che sono felice di aver contribuito a valorizzare. 
Ho dato un voto alto senza sapere in alcun modo che fosse il tuo racconto. Anzi. Non mi ricordavo neppure che tu avessi partecipato.
Bravo!

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3L'ombra di Cristina Empty Re: L'ombra di Cristina Lun Set 26, 2022 3:03 pm

Molli Redigano

Molli Redigano
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Grazie  @Petunia

Scrivere un racconto storico presuppone una sorta di studio a monte. Ora, è praticamente certo che la Madama Reale (qui a Torino è famosa con questo nome) fu una donna dal carattere forte, che seppe amministrare il ducato come una vera sovrana. La Cristina madre l'ho immaginata come tutte le madri, esasperando, passatemi il termine, l'affetto verso un figlio malato. Perché è certo, parimenti, che Francesco Giacinto ebbe gravi problemi di salute sin dalla sua nascita, che lo portarono alla morte nel 1638, neanche un anno dopo essere diventato "re". Storicamente provate, ancora, le circostanze, quantomeno misteriose, che hanno portato all'improvvisa scomparsa del duca Vittorio Amedeo I, marito di Cristina e padre di Francesco Giacinto, probabilmente per le conseguenze dovute a un'intossicazione alimentare nel 1637.

L'alone noir, giustamente notato, è la parte inventata di questa storia, anche se sia il principe Tommaso, che il Cardinale Maurizio, fratelli di Vittorio Amedeo, ebbero mire concrete sul trono sabaudo allora retto da Cristina.

Grazie.

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4L'ombra di Cristina Empty Re: L'ombra di Cristina Lun Set 26, 2022 8:07 pm

Arunachala

Arunachala
Admin
Admin

sono davvero contento per te, @Molli Redigano 
non sapevo fosse tuo, ovviamente, e nella mia personale classifica era esattamente al terzo posto.
se vuoi, ti mando privatamente la mia votazione, tanto per confermarti che è vero.


______________________________________________________
L'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente

L'ombra di Cristina Namaste

Non si può toccare l'alba se non si sono percorsi i sentieri della notte.

Kahlil Gibran

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5L'ombra di Cristina Empty Re: L'ombra di Cristina Lun Set 26, 2022 10:10 pm

Molli Redigano

Molli Redigano
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Arunachala ha scritto:sono davvero contento per te, @Molli Redigano 
non sapevo fosse tuo, ovviamente, e nella mia personale classifica era esattamente al terzo posto.
se vuoi, ti mando privatamente la mia votazione, tanto per confermarti che è vero.

Mi fido, ci mancherebbe. Sono contento che il racconto sia piaciuto a due giurati d'eccezione come te e Petunia.

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