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Messaggio Da Susanna Dom Mag 22, 2022 11:04 pm

https:

https://www.differentales.org/t84-la-lucentezza-di-grace

A Martina piace il suo nome: lo associa a simpatia, allegria e semplicità.
Martina adora la “Libreria dei bambini”, piccola e accogliente. Sua.
Era diventata sua quando aveva deciso di non entrare a far parte delle imprese di famiglia: non si sentiva all’altezza del ruolo che avrebbe sicuramente occupato dopo una sana gavetta. Troppo fragile.
Assieme a un appartamentino al piano superiore, la libreria è tutto il suo mondo, dove si sente protetta e padrona del suo tempo.
La compagnia di piccoli lettori non manca mai: per loro ci sono comode poltroncine, tavoli per disegnare, e, se serve, anche un’amica per ascoltare confidenze e piccoli segreti.
Il nonno Virginio l’aveva sostenuta in questa scelta: questa ragazza minuta, intelligente, dal volto dolcissimo era quanto di più prezioso avesse. Erano legatissimi, cosa che portava anche a qualche accenno di gelosia da parte dei genitori di Martina, che spesso si erano sentiti messi da parte.
Il legame che univa Martina e il nonno era molto particolare ma da tempo non parlavano più della ragione di questo legame così forte.
 
A Martina piace in numero 8: due bei circoletti paffuti, precisi e netti. Quando una paura lontana l’assale, prende un quadernetto e lo riempie di tanti otto, tutti ben allineati, tracciati con cura: pagine e pagine, fino a quando torna la calma. Poi lo ripone in un piccolo baule, assieme ad altri.
Il “suo” otto assomiglia ad un pupazzo di neve.
A Martina piacciono i pupazzi di neve: quando nevica in città ne fa di piccoli che mette in una ciotola vicino alla vetrina della libreria. Una volta ci aveva trovato delle monetine!
I più belli però sono quelli che costruisce sulla radura davanti alla piccola casa in montagna, sulla Montagna Nera, là vicino alla cima, dove i boschi finiscono all’improvviso e la neve arriva sempre presto. La casetta di legno è il posto segreto suo e del nonno, dove Martina ogni tanto si rifugia quando certi pensieri si fanno troppo invadenti.
Nessuno sa della casetta: l’avevano costruita alcuni amici del nonno. Amici strani, silenziosi, che parlavano pochissimo e in una lingua straniera.
Anche la casetta è diventata sua: un’eredità segreta di cui si occupano amici fidati.
Oggi Martina ha costruito un pupazzo di neve molto grande, perfetto e solido, ben riparato dal vento dentro a una grotta. Posto strano per un pupazzo!
La ragazza sta dando gli ultimi ritocchi: vuol scendere presto a valle, prima che la neve che sta cominciando a cadere renda impraticabile il sentiero anche per la motoslitta che aveva usato, il giorno prima, per salire in cima.
È nervosa, si muove a scatti, e parla da sola.
No, Martina non parla da sola.
«Allora, hai freddo vero? Come si sta nudi sotto la neve? Il caffè era buono?»
Martina sistema per bene la base del pupazzo.
«Dormito bene? Stai comodo sulla sedia? È vecchia ma robusta. Mica come quella a cui mi hai tenuto legata due settimane… due settimane… dodici anni fa!»
Martina sistema dei rametti a mo’ di braccia.
«Sì, caro amico dei bambini, dodici anni, sono passati dodici anni ma è come se fosse successo ieri: due settimane al freddo, un pomeriggio anche sotto la neve! Diventerai un pupazzo, mi dicesti… poco cibo e tante parole crudeli con cui volevi annientarmi, mentre aspettavi il denaro per il riscatto.»
Martina avvolge al collo del pupazzo una sciarpa a quadrettoni rossi e gialli.
«Pensavi di farmi impazzire, volevi i soldi per sentirti ricco, ricordi cosa mi dicevi? “Tu non meriti tutti quei soldi, sei inutile come i tuoi genitori, dovete soffrire”. Però con quei soldi anche tu saresti diventato ricco.»
Martina si sta calmando: il pupazzo ormai è quasi finito, l’uomo nascosto al suo interno ha smesso di tremare, forse è già morto o forse solo svenuto, non le interessa, anche se spera sia ancora cosciente per ascoltare le sue ultime parole.
«Eri sicuro che io ne sarei uscita talmente devastata da non ricordare nulla di te! Sbagliato! Io ero molto osservatrice, come sono spesso i bambini, e quella voglia a forma di otto sulla tua mano non l’ho mai dimenticata! Quanto ho odiato il numero otto! Eppure ero brava in matematica. Il nonno e il suo amico Marco…
Martina ora sistema una cuffia rossa in testa al pupazzo.
«È stato lui, anzi sono stati loro ad aiutarmi ad uscire da quell’incubo in cui quelle due settimane avevano racchiuso la mia mente: venivamo qui, in questo posto che nessuno conosceva, e io piano piano ricordavo. Sai che non sono più tornata quella di prima? Ero piena di energia, sempre in movimento, dicevano che dove il pericolo non c’era io me lo inventavo. Ma quando mi hai lasciato andare, sporca, scarmigliata, terrorizzata, non c’era più quella Martina. E detestavo i cagnetti.»
La neve comincia a cadere fitta, ma Martina deve finire di raccontare, con la speranza di guarire dai ricordi.
«Sai cosa significa aver paura della propria ombra? Non voler uscire dalla camera perché dietro a ogni porta c’eri tu? Non giocare con gli amici, non andare a scuola come gli altri bambini? No, tu non lo sai! Quanto ti sono durati quei soldi maledetti? Poco, tanto? Ma non erano i soldi ad interessarti, ma solo la possibilità di farmi del male! E a quanti altri hai riservato lo stesso trattamento?»
Martina osserva compiaciuta il proprio lavoro: è un pupazzo massiccio, la neve ben pressata sul corpo legato saldamente alla sedia.
«Scommetto che eri venuto a caccia, nella mia libreria! Tanti bambini, innocenti, indifesi, con quel cagnetto così carino! Anche se non avessi visto la mano, ti avrei riconosciuto dalla voce. Gentile, suadente. Subdolo. Sapessi che fatica a non mettermi a urlare!»
Martina si allontana di qualche passo per osservare meglio in pupazzo.
«E per fortuna tua non tengo forbici sul bancone, sai coi bambini ci vuole prudenza. Ma non ti avrei fatto niente con loro presenti. L’idea del pupazzo di neve mi è venuta quando hai ammirato le foto di questo posto che ho in negozio. Ti ricordi?»
«Che posto magnifico, signorina!» dicesti, «Mi piacerebbe proprio farci una capatina! Mi sa dire dov’è?»
«Certo, è un po’ lontano ma vale la pena.»
«E sa dirmi se è possibile affittare… non so, una baita, una villetta… magari per qualche mese.»
«Beh, direi che lei è fortunato: la casa della foto è mia, ci vado spesso, anzi ci andavo, ora con la libreria non ho tanto tempo. Se le interessa, possiamo andare a vederla, con la neve è stupenda.»
 
Si erano accordati per un fine settimana. Arrivati in paese, si erano fermati in un garage dove Martina aveva recuperato la motoslitta ed erano saliti in quota: l’uomo aveva un po’ paura, ma l’idea di un posto così solitario per le sue necessità lo elettrizzava.
Dopo aver visitato la casetta, Martina, con aria cospiratoria, gli aveva confidato di avere un posto segreto dove andava da ragazzina: una piccola grotta dove lei e i suoi fratelli giocavano a Robinson Crusoe.
«Alcuni boscaioli ci hanno aiuto a costruirci davanti una piccola capannuccia, e dentro, per ripararci dal freddo, l’hanno rivestita con delle assi! D’estate ci abbiamo pure dormito, a quell’età chi lo sente il freddo!»
L’uomo non credeva alla propria fortuna. Forse avrebbe fatto meglio a essere più prudente, ma era troppo eccitato. Quel che successe dopo, sarebbe diventata storia che, se la fortuna portava con sé un po’ di giustizia, nessuno avrebbe mai raccontato
«Te l’avevo detto che era freddina, la grotta: toglierò anche queste assi in fondo, così l’aria che arriva da questo cunicolo ti conserverà intatto, penso anche a primavera finita. I vecchi dicono che dal cunicolo una volta usciva un ruscello, ma una frana ne ha deviato il corso. Che fortuna! Per me, non per te!»
Martina toglie le assi e una folata di aria gelida invade la stanzetta, fuggendo poi dalla porta aperta.
«Ora mi spiace ma devo proprio andare. Non preoccuparti per Chicco, passo io al canile a recuperarlo. Carinissimo davvero, e come piace ai bimbi del parco vero? Mentre loro giocano con Chicco, tu ti ecciti, dici parolacce, racconti sottovoce le tue fantasie perverse! Loro non capiscono, ma tu godi, vero? Beh, ora hai finito di essere un pericolo, spero che ci siano davvero gli orsi da queste parti, e che tu abbia molta paura. Però è un peccato che tu muoia una sola volta.»
Martina esce dalla grotta, indifferente ormai al destino dell’uomo e torna nella casetta di legno più in basso: accende il camino e finalmente può bruciare tutti i quaderni. Ora il numero otto le sta molto più simpatico.
Mentre sale sulla motoslitta, un trillo la sorprende.
La sveglia.
Era solo un sogno, un sogno che le ha lasciato una strana sensazione di leggerezza, di compiutezza.
Si stiracchia, sorridendo: sulla poltrona, ben ripiegati, gli abiti pesanti pronti per la gita in montagna.
Guarda fuori dalla finestra: in strada, impaziente, quel cliente strano, con una orribile sciarpa a quadri rossi e gialli e una cuffia con improponibili pon pon. Ideali per decorare un pupazzo di neve.


Ultima modifica di Susanna il Lun Mag 23, 2022 3:47 pm - modificato 1 volta.

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Messaggio Da Arunachala Lun Mag 23, 2022 11:21 am

peccato fosse solo un sogno, peccato davvero.
chissà, magari Martina riuscirà a realizzarlo, quel sogno.
storia triste che, purtroppo, si rifà a realtà quotidiane.
non ovunque, certo, ma elementi simili non mancano proprio nella nostra società ormai degradata.
riesci a tenermi attento per tutta la storia, ben esposta e di gradevole lettura.
c'è qualche refuso ma nulla di particolare.

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Messaggio Da tommybe Lun Mag 23, 2022 11:10 pm

È un sogno la vendetta, ma quell'uomo esiste e tutto è solo rimandato.
Martina si isola, si protegge da sola perché non ha nessuno accanto che lo possa fare.
Mi ha ricordato qualche situazione, numerosi episodi della mia lontana adolescenza dove per mettermi in salvo c'era solo la fuga.
Adesso le cose sono cambiate.
Per fortuna.
Grazie per questa storia feroce e allo stesso modo prudente.


Ultima modifica di tommybe il Mar Mag 24, 2022 9:57 am - modificato 1 volta.
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Messaggio Da Petunia Mar Mag 24, 2022 12:44 am

Ciao  @Susanna.
La storia “prende” e si fa leggere. In alcuni momenti l’ho trovata agghiacciante al punto giusto, mi piaceva molto l’idea di una vendetta simile. Peccato per il finale, un sogno no, non me lo aspettavo e, ti confesso, che ha tolto molto del fascino al racconto (per mio gusto)
La forma in generale trovo che sia migliorabile. Non tutto è scorrevole, ci sono cambi di pdv e di tempi verbali, frasi che vogliono dire troppo ma che alla fine non dicono molto per esempio:

Era diventata sua quando aveva deciso di non entrare a far parte delle imprese di famiglia: non si sentiva all’altezza del ruolo che avrebbe sicuramente occupato dopo una sana gavetta. Troppo fragile.
C’è un uso eccessivo di vezzeggiativi come circoletti, quadernetto, cagnetto, casetta ecc.
ne asciugherei un po’. Non mi pare un racconto scritto per i bambini.
Poco naturali anche le frasi che Martina rivolge al proprio carnefice. 
Insomma, la storia ha potenziale ma secondo me dovresti decidere che direzione dargli.
È un thriller? È per bambini? 
Oppure è un racconto che hai scritto tempo fa? 
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Messaggio Da Ospite Mar Mag 24, 2022 10:19 am

L'ultimo pupazzo di neve che ho costruito lo chiamai Felicino perché con quel ghigno beffardo se ne stava bel bello in mezzo alla neve senza soffrire il freddo e io invece ero un pinguino... Strano aspetto quasi da fiaba horror, tra abeti imbiancati e anime perverse un po' come i Krampus spaventosi dei boschi, quelli che cacciavano i contadini per fregargli le dispense e si vestivano con teschi di animali morti e facevano spaventare a morte tutti, oggi rimane il folklore ma... quella notte sulle dolomiti tra il freddo pungente pure un bambino in carrozzina smise di ridere di fronte a questi tipi. Per certi versi il tuo sogno e quel personaggio mi ha fatto venire in mente questi Krampus malvagi. Nell'uomo è insito un male recondito che si scatena violento senza alcuno motivo, oggi ne sappiamo qualcosa. Un racconto che sa mettere "ansia" di lettura e che per quel suo andamento non troppo lineare suscita un senso di smarrimento interiore dando valenza alla trama. Perché si percorrono le vie del male? Me lo chiedo sempre nelle notti tempestose quando vago nel mondo dei sogni.
Leggi il "cuore" della vita cara Susanna e sai come renderlo in scrittura.


Ultima modifica di Giancarlo Gravili il Mer Mag 25, 2022 3:31 am - modificato 1 volta.

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Messaggio Da Susanna Mar Mag 24, 2022 5:41 pm

Petunia ha scritto:Ciao  @Susanna.
La storia “prende” e si fa leggere. In alcuni momenti l’ho trovata agghiacciante al punto giusto, mi piaceva molto l’idea di una vendetta simile. Peccato per il finale, un sogno no, non me lo aspettavo e, ti confesso, che ha tolto molto del fascino al racconto (per mio gusto)
La forma in generale trovo che sia migliorabile. Non tutto è scorrevole, ci sono cambi di pdv e di tempi verbali, frasi che vogliono dire troppo ma che alla fine non dicono molto per esempio:

Era diventata sua quando aveva deciso di non entrare a far parte delle imprese di famiglia: non si sentiva all’altezza del ruolo che avrebbe sicuramente occupato dopo una sana gavetta. Troppo fragile.
C’è un uso eccessivo di vezzeggiativi come circoletti, quadernetto, cagnetto, casetta ecc.
ne asciugherei un po’. Non mi pare un racconto scritto per i bambini.
Poco naturali anche le frasi che Martina rivolge al proprio carnefice. 
Insomma, la storia ha potenziale ma secondo me dovresti decidere che direzione dargli.
È un thriller? È per bambini? 
Oppure è un racconto che hai scritto tempo fa? 
Grazie per il passaggio. E' un racconto scritto in un periodo di "stanca dal scrittura", per partecipare a un concorso e al contempo riprendere la tastiera. Per i vezzeggiattivi hai ragione, lo rimettiamo a posto. In realtà, nel mio intento, non è solo un sogno, o almeno lo è solo in parte: l'uomo che l'aspetta sotto casa è il futuro pupazzo di neve, il suo sogno diventerà realtà. Quanto alle frasi che lei rivolge al suo carnefice, beh potrebbero anche essere reali, sia pure oniristicamente si  sta godendo la vendetta, che anche le frasi facciano male, colpiscano duro il colpevole. Liberatorie e sanificatrici. Che poi sia solo un sogno, nei sogni accadono tante cose e chissà, se Martina porterà a termine la sua vendetta, forse le pronuncerà davvero. Perchè Martina ha davvero vissuto l'esperienza traumatica che narra.

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Messaggio Da almarc Sab Ago 13, 2022 11:24 am

Refuso
meglio in pupazzo -- meglio il pupazzo
proposta di come si possa eliminare la ridondanza di “che”
-- La ragazza sta dando gli ultimi ritocchi: vuol scendere presto a valle, prima che la neve che sta cominciando a cadere renda impraticabile il sentiero anche per la motoslitta che aveva usato, il giorno prima, per salire in cima.
---La ragazza sta dando gli ultimi ritocchi: vuol scendere presto a valle, prima che la neve cominci a cadere e renda impraticabile il sentiero anche per la motoslitta usata per salire il giorno prima.
Una considerazione: non bisogna mai eccedere nel cosiddetto “infodump” tipico di tanti scrittori professionisti e non, ovvero di voler spiegare tutto al lettore, di chiarire qualsiasi dubbio e retroscena. Rivelare troppo, invece, brucia spesso gran parte del fascino e dell’attrazione di tante storie ben concepite, ma migliorabili nell’esposizione.

Concordo al 100% con il giudizio di Petunia. Quando scrive che la storia “prende” e si lascia leggere ti deve inorgoglire. Magari potessi sempre ricevere anch’io simili pareri. Migliorare la forma lo si acquisisce nel tempo e mi sembra di aver letto che già lo hai fatto. Leggerò altri tuoi lavori per apprezzarne i progressi.
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Messaggio Da Susanna Sab Ago 13, 2022 5:17 pm

Concordo al 100% con il giudizio di Petunia. Quando scrive che la storia “prende” e si lascia leggere ti deve inorgoglire. Magari potessi sempre ricevere anch’io simili pareri. Migliorare la forma lo si acquisisce nel tempo e mi sembra di aver letto che già lo hai fatto. Leggerò altri tuoi lavori per apprezzarne i progressi.[/quote]

Ragazzi, ho trovato un angelo custode che legge i miei racconti! Uauuu! Che mi abbia adottata? Scherzo!
Grazie anche per questo passaggio. Devo dire che la palestra di DT mi ha aiutato e sta aiutando a gestire meglio il mio stile, stile a cui - come a tutti gli autori - non voglio rinunciare assolutamente. Rifilarlo, aggiustarlo per renderlo al meglio questo sì e alcuni racconti di Rooms ne hanno risentito positivamente. Lavorare per matenere il proprio stile è una buona cosa, omologare vorrebbe dire avere scrittori che sfornano "anolini": uno stampino e sono tutti uguali.

Tieni presente che ho caricato racconti scritti agli inizi della mia avventura nello scrivere: li ho messi a posto, ma sai com'è, ci si affeziona ai propri lavori, anche se hanno difetti.

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Messaggio Da almarc Dom Ago 14, 2022 11:06 am

Secondo me lo stile che caratterizza lo scrittore è prima di tutto nella scelta delle storie che racconta, nel modo in cui sviluppa il racconto e riesce a coinvolgere chi legge, negli aggettivi utilizzati, nel come caratterizza e fa parlare i suoi personaggi. La forma, per forza di cose, è abbastanza standard. Il lettore/editor di una casa editrice cestinerebbe alle prime righe un testo con tempi verbali ballerini, punteggiatura approssimativa, frasi lunghe un chilometro nel quale perdersi, mancanza di scorrevolezza, concetti espressi con ridondanza, ecc. In sostanza: tutto quanto allontanerebbe un lettore dalla pagina scritta. Questo se lo scrittore ambisce a una pubblicazione.

Se invece scrive per sé stesso e per pochi Amici entusiasti, questo non vale più, come ovvio. Difendere il proprio stile, giusto o sbagliato che sia, è sicuramente una buona cosa.

Accade qualche rarissima volta che un testo grezzo, sgrammaticato e impreciso, attiri per l'originalità della storia. In questo caso la casa editrice mette da parte ogni considerazione e certo non scarta un materiale ricco di possibilità. È il caso di scrittori giovani, in grado di portare interessanti novità. Veri tesori che ci si impegnerà ad accompagnare e guidare verso una capacità di scrittura magari originale ma sicuramente corretta dal punto di vista della grammatica italiana, della fluidità, ecc. ecc. Produrre un "best seller" è il sogno di tutti e se ne vale la pena non si lesinano sforzi.

Ci tengo a precisare che tutto quanto sopra scritto è un mio parere personale e non è detto che corrisponda sempre alla realtà dei fatti.

L'angelo (?!) ti saluta.
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Messaggio Da Fante Scelto Gio Ago 18, 2022 11:24 pm

Molto è stato già detto su questo racconto, per cui tenterò di scendere più a fondo e concentrarmi sull'aspetto che mi ha convinto di meno, cioè il grande salto che c'è tra la prima parte, molto dolce, molto delicata, quasi tinteggiata ad acquerelli, e la seconda parte, che diventa di colpo brutale, sinistra, quasi horror (dico "quasi" perché è basato su una suggestione, nel caso un sogno).

Secondo me non funziona bene, non per via del grande stacco di genere, ma di stile.
Cioè, il registro l'ho trovato poco coerente. Non è facile spiegare cosa intendo e, ancor meno, come aggiusterei la cosa: a grandi linee, rendendo meno giocosa e colorata la prima parte, puntando a darle un tono più neutro, più fumoso, come è il registro della seconda.
In alternativa, si può acquerellizzare la seconda, ma il rischio è che appaia poi come troppo improbabile o troppo stramba, con effetto magari sminuente del senso della storia.

Lodo comunque l'idea che, come concept, è davvero azzeccata.
A rileggerci!
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