Different Tales
Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.
Ultimi argomenti attivi
» Tanti auguri Tommy!
Il guscio della tartaruga EmptyOggi alle 8:22 am Da Achillu

» La mongolfiera
Il guscio della tartaruga EmptyOggi alle 12:26 am Da Albemasia

» Staffetta 13 – Episodio 5
Il guscio della tartaruga EmptyIeri alle 11:51 pm Da M. Mark o'Knee

» Ragazzi delle stelle
Il guscio della tartaruga EmptyIeri alle 11:31 pm Da Susanna

» Piovono pietre
Il guscio della tartaruga EmptyIeri alle 11:23 pm Da Resdei

» Sotto la pioggia
Il guscio della tartaruga EmptyIeri alle 10:53 pm Da Susanna

» Il titolo è sbagliato
Il guscio della tartaruga EmptyIeri alle 10:33 pm Da Fante Scelto

» Per un solo istante
Il guscio della tartaruga EmptyIeri alle 10:26 pm Da Resdei

» Grigio scuro tendente al nero
Il guscio della tartaruga EmptyIeri alle 10:02 pm Da Resdei


Non sei connesso Connettiti o registrati

Il guscio della tartaruga

2 partecipanti

Andare in basso  Messaggio [Pagina 1 di 1]

1Il guscio della tartaruga Empty Il guscio della tartaruga Sab Apr 23, 2022 12:13 am

Molli Redigano

Molli Redigano
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Il guscio della tartaruga Nonno11
Racconto del 2011, versione originale senza alcuna correzione. Lo posto per ricordare mio nonno paterno Romildo, nel trentesimo anniversario della sua scomparsa. Nella foto lui e mia nonna Pierina nel giorno del loro matrimonio nel 1945.

I colori sono un po’ sbiaditi, hanno assunto oggi svariate tonalità di marrone. In origine dovevano essere colori come giallo alternato al marrone chiaro e punte di nero. La parte superiore è composta da esagoni irregolari; in fondo, quasi a delimitare questa parte, forme rettangolari poste verticalmente, di tonalità più scura. La parte inferiore è di colore più chiaro, meno sbiadito e con dieci macchie nere, grandi e piccole, al centro di trapezi irregolari delimitati da scanalature del guscio.

Il suo stato di conservazione è perfetto esternamente, a parte qualche ammaccatura qua e là, dove una parte del guscio è come scrostata, chissà quante volte sarà caduto dalle varie mani che l’hanno toccato. Internamente, il colore è bianco sporco, quasi grigio, liscio al tatto.

Ora se ne sta lì, poggiato sul comodino. Ha un sacco di anni e non li dimostra. Chi lo custodisce ora, lo fa molto gelosamente, e per il ricordo che si porta e per la storia che può raccontare.

Purtroppo, l’animale che abitava questo guscio, non ha fatto una bella fine. E’ stato mangiato da un soldato italiano, per fame, mentre si trovava in guerra, la Seconda Mondiale, tra le alture della Grecia. Erano presumibilmente gli anni 1941 o 1942, il soldato faceva parte di un reggimento di artiglieria da montagna, uno dei tanti tra quelli che avrebbero dovuto “spezzare le reni” alla Grecia.
Dopo essersi saziato, e neanche tanto, il soldato aveva messo all’interno del guscio un po’ di sale, di modo da farlo essiccare ben bene. Non sappiamo oggi cosa c’era nella sua testa quando mise il guscio vuoto in fondo alla bisaccia, ma ci piace pensare che l’avrebbe conservato così, come ricordo, anche se il contesto non lo faceva del tutto un buon ricordo.

La guerra è continuata ancora per molti anni, il guscio era sempre là, in fondo alla bisaccia, quasi dimenticato. Da là dentro è passato sicuramente per la Jugoslavia e ha conosciuto la prigionia. Ha sentito botti e spari, urla e disperazione, ha visto ancora la fame e la violenza, il bello e il cattivo tempo. Poi, in un giorno di primavera, un lungo viaggio in treno l’avrebbe portato in un posto dove sarebbe rimasto a fare il soprammobile per molto tempo.

E’ il 1945, il soldato è tornato a casa, ha riabbracciato la moglie, salutato la famiglia e ora si appresta a ricominciare a vivere, guardando avanti, proiettato nel futuro, ricco di fermento e buone prospettive, cercando di mettersi alle spalle tutti gli orrori della guerra. Il ricordo però non sarebbe mai svanito. Quando la moglie faceva la polenta, al centro della tavola, appesa al lampadario, c’era un’acciuga penzolante, che si utilizzava per sporcare la polenta e darle, nella povertà, un sapore di qualcosa. Il guscio appoggiato sul buffet, una credenza posta proprio di fronte al suo posto a tavola, incrociava sempre il suo sguardo che si alzava nell’atto di afferrare l’acciuga consumata. Stessa cosa capitava quando c’erano gli spaghetti, tanta era la fame patita in quegli anni bui, che la mangiava con del pane, anche del giorno prima, e il paniere era proprio lì, sul buffet accanto al guscio.

Di certo c’è che lui era un uomo buono e il suo pensiero andava sempre alla povera tartaruga.

Nel 1946, finalmente, un evento lieto: la famiglia si allarga. Arriva una bambina. Siamo nell’immediato dopo guerra, i tedeschi se ne sono andati da tempo, va pian piano delineandosi quell’assetto di blocchi contrapposti che genererà la guerra fredda. Si vivrà così per molti anni ancora, con lo spettro di una guerra nucleare che, per fortuna, non arriverà mai. E per fortuna non si patirà più la fame, che aveva portato il nostro soldato a mangiare la tartaruga: ora lui fa il postino, lo conoscono tutti in paese. Anche la moglie fa la postina e accudisce la bambina che cresce in famiglia. Diverse volte la bambina ha preso in mano quel guscio appoggiato sul buffet, diverse volte aveva chiesto al padre, mossa dalla curiosità, da dove arrivasse. Lui se l’era messa sulle ginocchia e, trasformando quella tragedia in una favola, le aveva raccontato tutto il percorso che avevano fatto insieme. In questi frangenti il guscio sarà sicuramente caduto dalle mani fragili della bambina, provocando quelle scheggiature che si vedono oggi.

È il periodo del boom economico italiano, siamo solo agli inizi, ma la famiglia si allarga ancora. Nel 1952 i coniugi si aspettavano un’altra femmina e invece arriva un maschio. La famiglia si è allargata, la situazione economica è migliorata, ma il guscio dopo sette anni è sempre là, sul buffet a prendere polvere.

Siamo certi di questo, colui che era un bambino in quegli anni ricorda benissimo il guscio della tartaruga. Così come ricorda quando, nei primi anni sessanta, il nostro guscio è passato da soprammobile di cucina a soprammobile della camera da letto, in una casa nuova. Quanti sacrifici per la nuova casa. È grande e ha uno splendido giardino. C’è lo spazio per l’orto e, proprio davanti all’ingresso, al limite della gettata di cemento che divide la casa dal giardino, ci sono alcune piante di vite che d’estate, arrampicandosi su dei fili di ferro, creano una copertura naturale che promette frescura e refrigerio. I bambini possono ora giocare all’aperto, per conto loro, senza dar fastidio a nessuno. 

I figli crescono, vanno a scuola e poi a lavorare. Si può dire che i genitori volevano che i figli si sistemassero al più presto. La scuola, peggio l’università, erano a quel tempo un privilegio per pochi, bisognava andare a lavorare. Il guscio era sempre là su quel comodino di legno marrone, dalla parte di letto del postino. Rimaneva là, e quante ne ha viste passare, quanti discorsi, preghiere e rosari. Sulla parete sopra il letto c’era un quadretto, raffigurante la Madonna con Bambino. Da quella stanza da letto non si sarebbero separati fino alla fine degli anni novanta.
In tutto questo lasso di tempo, come detto, la posizione del guscio non è cambiata. Molto è cambiato però nella famiglia. I genitori sono prossimi alla pensione, dopo migliaia di lettere consegnate e ora i figli lavorano. La figlia è già sposata con due bambini e il figlio si sposerà tra pochi mesi. E’ il 1979.

C’è un piccolo vuoto tra il 1979 e il 1985, quando il figlio del figlio, prende in mano il guscio per la prima volta. Era sempre là, dove l’avevamo lasciato, sul comodino di legno. Anche lui, come sua zia tanti anni prima, chiese al nonno di raccontargli la storia del guscio. Il nonno se lo mise sulle ginocchia e, ancora come una favola, raccontò la storia del guscio. Non era cambiata, anzi c’era qualcosa di più: la batteria di artiglieria del nonno aveva con sé diversi muli, utilizzati per trasportare le armi e le vettovaglie. Capitava spesso che questi poveri animali cadessero sotto i colpi nemici. Le loro carcasse marcivano ovunque, abbandonate, anche all’interno del letto di un torrente che scorreva vicino alle postazioni degli obici. Il nonno raccontava che per bere e per rinfrescarsi, i soldati utilizzavano l’acqua di questo torrente, salmastra e puzzolente, proprio a causa della decomposizione delle carcasse dei muli. Anche quando mangiò la povera tartaruga si era dissetato con quell’acqua. Divagando, mentre accendeva un’altra n.80, raccontava che in prigionia sotto i tedeschi, si faceva la fame e i soldati prigionieri erano magri come chiodi. Le infermiere “nemiche”, delle biondone alte con le gote rosse e le spalle larghe, vedendoli lì sbattuti, e forse pure per compassione, spalmavano con la margarina delle fette di pane raffermo, le avvolgevano in tovaglioli e le buttavano nell’immondizia. I soldati prigionieri si mettevano a frugare nella spazzatura per recuperare le fette e sfamarsi, smilzi com’erano, con grande stupore dei tedeschi, che li schernivano, ma non avrebbero mai capito il perché. Ricordi tanto lontani e tanto vivi, oggi si comprende bene come un’esperienza tale possa segnare una persona per sempre.
Il nipotino ascoltava attentamente le parole del nonno, con il guscio in mano. Anche in quell’occasione il guscio è caduto dalle mani del bambino. Si sarà anche scheggiato. Ma i bambini sono bambini ed essere distratti da qualcosa di meglio che un guscio di tartaruga è un attimo. Il nonno prese il guscio da terra e lo rimise al suo posto, sul suo comodino di legno.

Gli anni passano e quel soldato di artiglieria, poi postino, ora è un pensionato e un nonno felice. Ha quattro nipoti maschi, tre della figlia e uno del figlio. Ha intrattenuto tutti con i suoi racconti e a tutti ha raccontato almeno una volta la storia del guscio.

Giunge il momento, purtroppo, che la vita faccia il suo corso. E’ il 1992 e il nonno se ne va, troppo presto, troppo velocemente. Avrebbe sicuramente potuto godersi di più la crescita dei nipoti e la soddisfazione dei figli nel vederli crescere.

Per la moglie, la mancanza del marito fu uno choc. Non era più lei e fu necessario ricoverarla in una struttura di riposo, per il suo bene. La casa cominciava a far vedere i segni del tempo e la mancanza del nonno. Il figlio aveva iniziato a far andare l’orto, nel rispetto di una tradizione che continua e continuerà ancora. Il guscio, dopo aver visto il suo compagno del primo viaggio andarsene rimase là dimenticato, stavolta in senso lato, nessuno più avrebbe potuto udire la voce di chi lo aveva portato a casa.

Alla fine degli anni novanta finì in una scatola. Si presume fosse l’anno 1999, in cui il figlio del postino decise di dar via alla ristrutturazione della casa, la sua casa, un’operazione che avrebbe cambiato radicalmente il suo assetto che fu.

Dov’è finita la scatola con dentro il guscio? Chissà, forse non è mai andata via da lì, è rimasta in cantina, l’unico luogo originale a non aver subito modifiche nella ristrutturazione, accatastata insieme a tante altre.

Quanto è bella la villa oggi, è più alta di un piano, i colori sono più vivi. C’è un sacco di verde intorno, fiori e piante da frutta. L’orto è stato spostato più in là, nel terreno a fianco acquisito dalla famiglia di recente; è più grande, i pomodori e i cetrioli crescono grossi così, la tradizione continua. La vite ora non c’è più, il perimetro esterno del prato è delimitato da alte siepi, dove c’era il cemento ora ci sono le pietre.

Quanto tempo è passato, ora la figlia e il figlio del postino hanno loro l’età per fare i nonni. I loro figli sono grandi e vivono per proprio conto. Il guscio è stato in una scatola per anni, non lo stesso si può dire del quadretto della Madonna con Bambino, che aveva già ripreso il suo posto sulla parete della camera da letto.

Il guscio della tartaruga salta fuori per caso tra le varie cianfrusaglie, in una scatola piena di vecchi soprammobili. C’è il sottobicchiere con la foto dei postini in gita in Germania, dove un bicchiere di vino l’avevano pagato otto marchi e il muro doveva ancora cadere. C’è anche il quadretto con la frase “Nessuno dice tante balle quanto il cacciatore a valle”, ricordo dei tempi di caccia, quando il postino tornava a casa con due lepri e tre fagiani appesi alla cintura, si faceva anche lì la polenta e qualche volta qualche pallino della cartuccia ti rimaneva fra i denti.

È il nipote, il figlio del figlio, a (ri)trovarlo. Se lo ricorda bene. Si ricorda la storia che l’ha portato a casa, il puzzo della n.80 che fumava il nonno, l’acqua gialla del torrente con le carcasse dei muli, le fette di pane nell’immondizia. Non ha mai abitato quella casa, il lavoro lo aveva portato via dal suo paese proprio qualche mese prima che i genitori si trasferissero definitivamente dopo la ristrutturazione. Continuava ad osservarlo, i suoi colori e le sue scheggiature, i segni del tempo, e ancora ricordava il nonno, quando lo andava a prendere a scuola e lo portava a casa a mangiare la pasta con il pane, quando giocavano insieme a pallone e con le costruzioni, dei litigi tra lui e la nonna che non lo voleva lasciar andare all’osteria. Era sempre lì, il guscio, nell’altra stanza, ad ascoltare. Aveva ascoltato per anni, aveva raccontato per anni, in silenzio, bastava guardarlo. Oggi, nelle sue mani, ha ancora ricordi da evocare.

“Posso tenerlo?” chiese al padre. “Fai quello che vuoi, era del nonno, l’aveva mangiata”, rispose, forse pensando che il figlio non ricordasse la storia del guscio. Quello è stato il giorno in cui il guscio ha cambiato nuovamente casa, anche se sempre per fare il soprammobile.

Ora se ne sta lì, sul comodino della stanza da letto, in un’altra casa, in un’altra città. Ha quasi settant’anni e non li dimostra, l’energia dei ricordi che si porta dietro è quella di un giovane. E’ il 2011, siamo nell’era della globalizzazione e di internet. Fin dove può arrivare la storia del guscio?

Non lontano, se ne starà sempre lì, sul comodino, ad ascoltare gioie e dolori dei protagonisti che abitano la sua nuova casa. Se si avvicina l’orecchio al suo interno, come si fa con le conchiglie al mare, un’eco arriva dal passato, con il suo carico di emozioni. E se si resta lì ancora un po’, con l’orecchio teso, qualcosa arriva anche dal futuro: “Papà, ma di chi è questo guscio?”. Prima di rispondere però, attraverso la voce di chi lo custodisce, il guscio della tartaruga dovrà prendersi qualche altro dito di polvere.

2Il guscio della tartaruga Empty Re: Il guscio della tartaruga Ven Apr 29, 2022 7:30 pm

Petunia

Petunia
Moderatore
Moderatore

@Molli Redigano che commozione nel leggere questa storia. Che commozione nel vedere la bella foto dei tuoi nonni.  Forse oggi la scrittura sarebbe diversa, ma ti posso assicurare che leggendo mi è arrivata forte l’emozione. Quel guscio, un oggetto magico, continua a raccontare la propria verità e sono certa che lo farà per le generazioni a venire. 
Guarda, te lo dico proprio di cuore. Bravissimo. E grazie per la condivisione. Questo è il genere di racconti che si fanno ricordare e il tipo di storia che deve essere tramandata.  Il guscio della tartaruga 509334221

3Il guscio della tartaruga Empty Re: Il guscio della tartaruga Ven Apr 29, 2022 11:43 pm

Molli Redigano

Molli Redigano
Maestro Jedi
Maestro Jedi

Petunia ha scritto:@Molli Redigano che commozione nel leggere questa storia. Che commozione nel vedere la bella foto dei tuoi nonni.  Forse oggi la scrittura sarebbe diversa, ma ti posso assicurare che leggendo mi è arrivata forte l’emozione. Quel guscio, un oggetto magico, continua a raccontare la propria verità e sono certa che lo farà per le generazioni a venire. 
Guarda, te lo dico proprio di cuore. Bravissimo. E grazie per la condivisione. Questo è il genere di racconti che si fanno ricordare e il tipo di storia che deve essere tramandata.  Il guscio della tartaruga 509334221
Grazie di cuore a te,  @Petunia  flower

Concordo, a riscriverlo adesso, guadagnerebbe. Ma non è il momento. Non ancora.

4Il guscio della tartaruga Empty Re: Il guscio della tartaruga Mar Mag 10, 2022 3:42 pm

Ospite


Ospite

Ecco quando il DNA compare vivido nella scrittura trasposta, lo analizzo e lo faccio analizzare ed esso racconta, senza sosta senza soluzioni di continuità... racconta la sua storia negli anni. Ognuno che entra in contatto con questo racconto percepisce il pulsare della vita, quella vera che spesso sputa sui protagonisti o li coccola come pegno da pagare. Bellissimo e commovente albero genealogico ricco di valori elevatissimi, quei valori che dovrebbero governare il mondo e poi l'esistenza è cosi, vera e vissuta e le cose che paiono accadere per caso invece seguono quel caos organizzato che ha le sue ragioni. Letto con immensa ingordigia di sentimenti veri che ci riportano indietro e avanti ma mai cambiano. Un Molli insuperabile...

Contenuto sponsorizzato



Torna in alto  Messaggio [Pagina 1 di 1]

Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.