Wind of Change
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Wind of Change
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Follow the Moskva, down to Gorky Park, listening to the wind of change
Cantavano gli Scorpions una trentina di anni or sono, e qualche decennio dopo, decidemmo che era giunto il momento di sperimentare che profumo avesse quel vento di cambiamento che aveva scombussolato l’Europa e il mondo intero tra la fine degli anni 80 e l’inizio del decennio successivo. Così ci ritrovammo, qualche giorno dopo Natale, a camminare in mezzo a un Gorky Park innevato, seguendo il corso placido e incanalato della Moscova, tentando di assaporare l’aria fresca e frizzantina di un insolito caldo inverno moscovita.
Walking down the street, distant memories, are buried in the past forever
Mosca ci aveva incantato da subito con le sue guglie orientaleggianti e gli immensi viali imperiali, il fascino della Piazza Rossa, trasformata per l’occasione in pista di pattinaggio con tanto di fondale luminoso dei grandi magazzini GUM a far da cornice, i severi memoriali della “Grande Guerra Patriottica”, così i Russi chiamano la Seconda Guerra Mondiale, e l’immancabile balletto natalizio al Bolshoi (lo Schiaccianoci, ça va sans dire). Il tutto condito da quella strana sensazione di un mondo che ancora non vuole abbandonare il passato per la decadente modernità occidentale. Insomma, una città con il cuore diviso in due tra Lenin e McDonalds.
The world is closing in, did you ever think, that we could be so close, like brothers
Ma la nostra avventura era cominciata qualche giorno prima all’aeroporto Šeremet'evo, estrema periferia nord della capitale russa, dopo un volo non proprio tranquillo. Recuperati i bagagli cercavamo di districarci tra le non semplicissime indicazioni in cirillico per trovare un mezzo che ci potesse portare dritti al nostro hotel, a pochi passi dalla Piazza Rossa. E il nostro sguardo doveva essere realmente smarrito perché un ragazzo in attesa ci chiese, in un ottimo inglese, se avessimo bisogno di aiuto. Decidemmo quindi di affidarci alla guida di uno sconosciuto, con un archetto da violoncello in mano, incontrato per caso a una fermata dell’autobus. Chiacchierando del più e del meno scoprimmo che lui era un biologo, anzi più precisamente un erpetologo, dell’Università di Mosca. Aveva appena accompagnato all’aeroporto la fidanzata, giapponese e musicista (da qui l’archetto per il violoncello tra le mani), in partenza per Tokyo. Temi leggeri, certo. Ma anche qualcosa di più personale, che forse non tutti avrebbero il coraggio di affidare a degli sconosciuti venuti da lontano. Oppure, proprio perché così distanti, meritevoli di confidenze tanto delicate. E allora, lungo le gallerie del trenino che ci avrebbe accompagnato all’hotel, il ragazzo ci raccontò del suo lavoro, del suo sogno di visitare la Basilica di San Nicola a Bari, del desiderio di viaggiare e della difficoltà di ottenere un visto, della partecipazione alle manifestazioni anti governative e della conseguente cancellazione forzata dei propri profili social e degli indirizzi email personali. Raggiunto l’hotel le chiacchiere continuarono di fronte a un piatto di blinis in un piccolo pub di quartiere, nascosto all’interno di un vecchio portone. Parlò della madre che conosceva a memoria passi della Divina Commedia, e di Gianni Rodari, molto famoso al tempo dell’Unione Sovietica. Ma soprattutto ci parlò di libertà, e della mancanza di questa, percepita soprattutto dalle nuove generazioni che vorrebbero vedere il mondo ma che troppe distanze hanno ancora da percorrere.
Take me to the magic of the moment on a glory night, where the children of tomorrow share their dreams with you and me
Ci salutammo, promettendo di restare in contatto. Promesse che sembrano puramente di cortesia in certi contesti. Eppure ci ritrovammo, otto anni dopo, a Milano, davanti a un succulento piatto di linguine ai ricci di mare, a parlare di musica, politica e futuro. E ancora quella promessa di rivederci, la prossima volta forse ancora a Mosca, seguendo il corso placido della Moscova, giù per Gorky Park, sperando di trovare qualche segno di un nuovo Wind of Change.
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I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
CharAznable- Cavaliere Jedi
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Re: Wind of Change
Ma che bello questo racconto @CharAznable. L’ho letto avendo in testa la canzone e mi ha regalato un momento di spensieratezza. C’è tanta verità (o almeno io la percepisco tale) ma il testo, letto in questi giorni, assume anche altri valori e significati. Mi è piaciuto molto. Grazie!
Petunia- Moderatore
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Re: Wind of Change
È piaciuto anche a me.
Saranno gli anni 80, la canzone degli Scorpions, ma questo pezzo me lo sono gustato dall'inizio alla fine, cullato da una dolce nostalgia.
Chissà che il tuo vento di cambiamento possa trovare applicazione reale anche in questi giorni così travagliati e incasinati. Mi auguro di sì.
Saranno gli anni 80, la canzone degli Scorpions, ma questo pezzo me lo sono gustato dall'inizio alla fine, cullato da una dolce nostalgia.
Chissà che il tuo vento di cambiamento possa trovare applicazione reale anche in questi giorni così travagliati e incasinati. Mi auguro di sì.
Byron.RN- Cavaliere Jedi
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Re: Wind of Change
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CharAznable- Cavaliere Jedi
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Re: Wind of Change
"Soprattutto ci parlò di libertà, e della mancanza di questa, percepita soprattutto dalle nuove generazioni che vorrebbero vedere il mondo ma che troppe distanze hanno ancora da percorrere".
In una sola frase, @CharAznable, hai saputo esprimere una sensazione, un sentimento, un desiderio di libertà che neppure centinaia di pagine di sociologi & co. sarebbero capaci di definire. E il tutto sulle note di un pezzo memorabile.
Posso dire di essermi gustato ogni parola e ogni nota di questo viaggio, e certamente in ottima compagnia.
Complimenti e grazie
M.
In una sola frase, @CharAznable, hai saputo esprimere una sensazione, un sentimento, un desiderio di libertà che neppure centinaia di pagine di sociologi & co. sarebbero capaci di definire. E il tutto sulle note di un pezzo memorabile.
Posso dire di essermi gustato ogni parola e ogni nota di questo viaggio, e certamente in ottima compagnia.
Complimenti e grazie
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M. Mark o'Knee- Padawan
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Re: Wind of Change
Erano gli anni "Del tranquilli siam qui noi, dei blocchi che morivano e dei muri sgretolati dai Pink Floyd e tutti erano figli della rivoluzione polacca degli operai e dei papi... Le primavere di Praga sembravano risorgere in un afflato di new age e forse nel seme delle finte operazioni internazionali cominciava a sorgere l'idiozia post new age del mondo. La storia sentenzierà... un racconto bellissimo...
Ospite- Ospite
Re: Wind of Change
Molto bello! E' il tipo di scrittura che prediligo. 

Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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