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ANCHE LE LUMACHE HANNO UN'ANIMA

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Messaggio Da Mac Mer Nov 10, 2021 11:46 am

ANCHE LE LUMACHE HANNO UN’ ANIMA
 
Quest’estate il tempo è proprio strano, pensava Anna guardando fuori dalla finestra. Viveva nel paese in cui era nata quasi ottantacinque anni prima. Le colline intorno facevano da cornice, un caleidoscopio di colori che variava con le stagioni: il verde degli ulivi e dei ciliegi, il bianco e il rosa tenue dei loro fiori, fino al viola della lavanda che da qualche anno avevano iniziato a coltivare anche lì; una piccola Provenza nella provincia di Verona. I francesi non ne sarebbero stati contenti, ma a chi interessava? A lei no di sicuro, le erano sempre stati antipatici.
La sua casa era piccola, dipinta di bianco, con un giardino selvaggio ma curato. Amava i fiori lasciati crescere spontanei, grandi macchie di colore da illuminarle gli occhi. 
Quell’anno era stata dura, il grande caldo non aveva aiutato, le piogge improvvise non erano sufficienti a dissetare la terra dove lei lasciava i fiori liberi di crescere, senza costringerli in piccoli vasi.
 
Quel giorno il sole e la pioggia si contendevano il cielo, si sfidavano imperterriti senza voler cedere il passo, fino a quando non arrivava l’arcobaleno a riappacificare gli animi. Per quanti ne avesse visti nella sua lunga vita, lo trovava sempre uno spettacolo magico.
Ma ogni cosa bella ne porta una brutta. Quello era anche il tempo preferito dai suoi acerrimi nemici: gli insaziabili e subdoli bogoni, quelle grosse e viscide lumache che banchettavano con le grasse foglie dei suoi fiori.
Perlustrava con perizia ogni quadrato di giardino per scovarli, aveva seminato qua e là grani di sale grosso e cucchiaiate di miele. Le avevano detto che erano ottimi deterrenti naturali, ma i bogoni che infestavano la sua proprietà erano di una stirpe direttamente imparentata con gli Highlander, quei disgraziati. Riconoscevano e quindi evitavano accuratamente le trappole travestite da ottimi bocconcini. Il risultato: il miele attirava intere colonie di formiche e il sale grosso con la prima acqua si scioglieva. 
Quando il suo Giulio era ancora in vita li raccoglieva e li trasformava in un lauto banchetto. Lei non li mangiava, non riusciva proprio ad affrontarli ma per il suo adorato marito lo faceva volentieri. 
Ci volevano pazienza e amore, bisognava raccoglierli, possibilmente il mattino presto, metterli nelle gabbie e lasciarli spurgare per giorni interi. Poi andavano lavati bene bene, sfregati con la farina di mais e un po’ di aceto più e più volte e infine gettati nell'acqua bollente. Era un metodo un po' brutale e quella specie di stridio disumano che emettevano le faceva ogni volta impressione, ma come dicevano i soliti francesi, c'est la vie. 
Adesso che era sola, di mangiarli non se ne parlava, schiacciarli le faceva senso, lo scricchiolio del guscio che si frantumava sotto le suole e poi il viscidume del corpo che ti fa scivolare. 
Da piccola lei e le sue sorelle li prendevano e cantavano una simpatica canzoncina se la ricordava ancora: "bogo bogonela tira fora I corni, sennò te metto in padela ti e to sorella". Forse non proprio politically correct, ma erano altri tempi.
Poi l'illuminazione, li avrebbe raccolti, messi in un vaso di coccio, coperti e lasciati lì, sperando nella loro evaporazione. 
Una volta c'era Perla ad aiutarla. Certo era una gatta viziata e arrogante e mal sopportava quelle strane cose che strisciavano nel suo regno lasciando scie di bava gelatinosa. Non si impegnava molto per catturarle, si limitava tutt’al più a farle compagnia durante la sua caccia. Da qualche tempo era scomparsa; non era la prima volta che se ne andava per qualche giorno, ma stavolta era passato un mese. Anna comunque continuava a sperare nel suo ritorno e ogni sera la chiamava facendo quel verso tipico con la bocca e mettendo sul davanzale della finestra un piatto con i suoi croccantini preferiti. 
Si mise all'opera e alla sera poté ritenersi soddisfatta: il giardino era stato liberato. 
 
La notte il sonno fu disturbato da orde di bogoni inferociti, lumachine che la guardavano fissa negli occhi e le sillabavano forte e di continuo "As-sas-si-na". Percepiva queste odiose creature strisciare sul corpo, rilasciando quantità inimmaginabili di schifosissima bava che la rendevano appiccicosa e lucida. Di fronte a lei un maxi schermo dove passavano in continuazione pubblicità di creme a base di bava di lumaca, unguenti, sciroppi miracolosi, come a puntualizzare quanto questi esserini che odiava tanto fossero invece apprezzati dagli altri. 
Si risvegliò sudata e agitata, la candida camicia da notte arrotolata sul corpo, il cuscino sul tappeto e le lenzuola aggrovigliate. 
Accidenti, le era sembrato così reale che sentiva ancora le scie sulle braccia. 
Questa storia doveva finire, ne andava della sua salute mentale. 
Scese senza nemmeno lavarsi, un brutto presentimento le impediva di ragionare. Camminò scalza sul ghiaino fino al vaso. Lo osservò, incerta se aprirlo o meno: e se fossero tutti morti? Sarebbe stata condannata a notti insonni e agitate per l’eternità? Toccò il coperchio, lo sfiorò appena appena, cercò di captare qualche rumore, anche se le lumache si sa sono silenziose per antonomasia. Forza, Anna non fare la fifona! Allungò la mano e scoperchiò il vaso. Vive, sembravano tutte vive!
Bene, ora poteva ragionare. 
Mentre consumava la sua colazione le venne un'idea geniale. Si vestì velocemente, senza fare caso a quello che indossava, prese un secchio e vi adagiò ad una ad una, con delicatezza, tutte le lumache. 
Sì, la sua era un'ottima idea, ma doveva sbrigarsi, meglio metterla in atto senza testimoni. 
Questo è il posto perfetto. Tanti campi, vigne, granoturco, fiori colorati, i suoi nuovi amici lo avrebbero apprezzato, ne era sicura. Si guardò intorno con circospezione e vuotò il secchio. Era salva. 
Durante il giorno era ripassata un paio di volte per vedere se si fossero ambientate, in fondo anche le lumache avevano un’anima, magari soffrivano pure di nostalgia, e lei sapeva bene quanto facessero male a volte i ricordi e le mancanze. 
Le trovò sempre dove le aveva messe, non si erano mosse, erano rimaste lì ferme, rintanate nel loro guscio. 
No, così non andava bene.
Allora cercò di motivarli, descrisse loro tutte le cose che avrebbero potuto fare in un posto così grande. Niente da fare, continuavano ad ignorarla.
La sera non cenò, c'era qualcosa che le chiudeva lo stomaco, forse non aveva avuto una grande idea, però aveva salvato il suo giardino, questo doveva pur valere qualcosa. 
A letto lesse un libro, ma le parole le scorrevano davanti senza riuscire a dare loro un senso. Spense la luce e provò a dormire. Lumache ovunque, era circondata da lumache che la fissavano con occhi grandi e severi, occhi enormi che fuoriuscivano dalle loro piccole antenne. 
Basta.
Scese dal letto, si mise un paio di scarpe e uscì fuori. La notte stava lasciando spazio al giorno e il cielo era una tavola blu screziata da enormi e soffici macchie viola e rosa a rischiararlo.
Corse nei campi fino a ritrovare quel punto. Erano ancora tutte lì. 
Le prese, le rimise nel secchio guardando di non dimenticarne neanche una. Si sentiva meglio, ora poteva tornare a casa. Sulla via del ritorno incontrò i primi passanti che si godevano il fresco della mattina, la salutavano guardinghi, fissandola con curiosità, quasi con paura. Lei ricambiava sorridendo. Stava per mettere una mano in tasca quando si accorse che per la fretta era uscita con la camicia da notte senza nemmeno pettinarsi. Non era da lei, ma non bastò a rovinarle l’umore. Era proprio una bella giornata. 
E quell'aria frizzantina le aveva suggerito un'idea stavolta veramente geniale. 
Si mise subito all'opera. Rovistò nel garage e trovò due vecchie gabbie per polli. Le pulì per bene e poi le posizionò in un angolo del giardino. 
Comprò qualche piantina di fiori e la mise all'interno, aggiunse qualche addobbo per farle divertire, radici, foglie d'edera e altro. 
Si sentiva soddisfatta, la casa delle lumache era venuta proprio bene, aveva richiesto un gran lavoro, gambe e braccia quasi non le sentiva più e la schiena scricchiolava ad ogni minimo movimento, era così stanca che decise di coricarsi prima del solito, sicura di poter dormire sonni tranquilli.
Si svegliò riposata e leggera, aveva fatto una buona azione ed era stata ripagata.
Le sue nuove amiche non l’avevano tormentata, così decise di andare a ringraziarle.
“Non. È. Possibile.”
Lumache ovunque, sui suoi gerani, sulle margherite gialle, sul ceanothus, il suo vanto, perfino sull’ortensia. 
Tanta fatica per nulla. Rimaneva una sola soluzione, quelle ingrate avrebbero imparato che con lei non si scherzava.
Prese il telefono e digitò furiosamente il numero che conosceva a memoria: “Pronto, Enzo? Ciao, sono Anna, volevo invitarvi a cena sabato della prossima settimana” “Siete liberi? Ottimo! Vi preparerò un piatto gourmet. Portate il vino, rosso mi raccomando”.




di seguito link del racconto che ho commentato
https://www.differentales.org/t1187-il-telefono#13251


Ultima modifica di Mac il Ven Nov 19, 2021 9:51 am - modificato 2 volte.
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Messaggio Da Petunia Mer Nov 10, 2021 12:23 pm

Ciao  @Mac e grazie per aver postato il tuo primo racconto. L’ho gustato con piacere, come se stessi leggendo una favola. Lo stile è leggero e brioso, l’argomento originale. 
Anna è una nonnetta simpatica. Sono riuscita a visualizzarla ottimamente perché hai saputo caratterizzarla bene. Ci sono momenti di tenerezza e momenti esilaranti. La chiusa la trovo azzeccata e crudele al punto giusto. 
Ho notato, in alcuni punti, che fai molto uso di aggettivi dimostrativi. Potresti alleggerire le frasi ulteriormente. 

Quest’anno era stata dura il grande caldo non aveva aiutato e quelle le piogge improvvise non erano sufficienti a dissetare la terra, perché lei i fiori non li piantava nei vasi, ma li lasciavi liberi di crescere.

Nella frase che ho citato utilizzi trapassato prossimo e imperfetto. Inoltre Quest’anno non si accorda bene con “era stata” ma meglio con un passato prossimo. Quest’anno è stata dura. Oppure Quell’anno era stata dura (se ti riferisci a qualche anno prima). Il prosieguo della frase non è abbastanza chiaro a prima lettura. 
Ci voleva pazienza e amore .
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Messaggio Da Petunia Mer Nov 10, 2021 12:23 pm

Scusa si era duplicato il commento…
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Messaggio Da Mac Mer Nov 10, 2021 1:19 pm

Grazie @Petunia
hai perfettamente ragione.
Normalmente i miei racconti hanno una impronta diversa, come genere intendo, ma a volte mi piace mettermi in gioco con temi più briosi. La nonnetta in questione è la mia arzilla prozia e lo spunto per la storia me l'ha dato lei (ha veramente fatto una battaglia con le lumache e le ha veramente portate in un campo per non ammazzarle  rabbit e volevo renderle un tributo.
Le tue annotazioni sono preziosissime e provvedo subito a correggere. Grazie ancora per aver impiegato il tuo tempo in questa lettura
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Messaggio Da Mac Mer Nov 10, 2021 1:19 pm

@Petunia .. questa lettura (anche qui uso spropositato dell'aggettivo dimostrativo  Crying or Very sad)
Ho molto da imparare
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Messaggio Da Susanna Mer Nov 10, 2021 9:48 pm

Grazie @Mac per questo tuo bel racconto. Mi piaccioni le descrizioni che ti portano in "quel" posto, con "quei" personaggi. Direi che come primo assaggio siamo andate bene.
Il finale: davvero bello, non so se gli animalisti gradirebbero, ma le lumache, cucinate nel modo giusto, sono buone. Ci vuole un po' a digerirle... e anche per decidere di assaggiarle.
Nel nostro orto e giardino fanno sempre una brutta fine, avvisale.

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Messaggio Da Arianna 2016 Gio Nov 18, 2021 12:36 am

Ciao, Mac. Inizio da te il giro di commenti.
Il punto di forza del tuo racconto è il finale: mi ha ricordato un po’ la scena in cui Amon Goeth, in “Schindler’s list”, dopo essersi sforzato di essere buono e misericordioso, si deve rassegnare a cedere ai suoi impulsi.
Certo, lì la scena è drammatica, qui invece il ribaltamento è ironico e divertente. Mi è piaciuto.
L’incipit è un po’ lento.
Risolleva l’attenzione il cambio di tensione dato prima dalla scomparsa della gatta poi dall’incubo. Quello che segue è un crescendo, che un po’ si acquieta di nuovo con la scena del prato e della gabbia, per poi arrivare all’impennata del finale che, appunto, è la parte che più mi è piaciuta.
La forma, pur nel complesso scorrevole, chiara e leggibile, soffre un po’ per una mancanza di rifinitura, che colpisce già dal titolo inserito come titolo della discussione, in cui manca l’apostrofo che invece hai correttamente usato poi nel testo.
Non preoccuparti per quello che ti scrivo qui di seguito: tu scrivi bene e devi continuare così; ti segnalo gli errori solo perché spero questo ti possa essere di aiuto e perché fa un po’ parte della mia forma mentis.
 
- ottantacinque anni fa= prima
- il rosa tenue e il bianco dei loro fiori= non sono un’esperta di botanica: anche degli ulivi hanno fiori rosa e bianchi?
- gli erano sempre stati antipatici.= “Le”, è riferito a una femmina
- dipinta di bianco con= occorre la  virgola dopo “con”, altrimenti sembra significare che la casa è stata dipinta per mezzo del giardino
- Quest’anno era stata dura= quell’anno; diverso sarebbe stato se tu avessi scritto il testo al presente, allora avresti potuto usare questo, ad esempio nell’espressione “quest’anno è stata dura, pensa Anna”
- dura il grande= dura, il grande
- aiutato e quelle piogge= le piogge, per evitare la ripetizione con un eventuale “quell’anno” precedente
- decretare la fine= la fine di che cosa? si chiede il lettore.
- Ma, ogni= qui la virgola sta male, è da togliere
- Questo era anche= quello; per tutta la prima parte del racconto c’è un’alternanza, un’indecisione tra “questo” e “quello” senza una motivazione
- Riconoscevano e quindi evitavano accuratamente, le trappole= ti suggerisco due soluzioni per la punteggiatura corretta: “Riconoscevano, e quindi evitavano accuratamente, le trappole” – “Riconoscevano e quindi evitavano accuratamente le trappole”
- e il sale grosso, con=  senza virgola
- ad affrontarli ma=  meglio con la virgola: “ad affrontarli, ma”
- Ci voleva pazienza e amore= “volevano”: la concordanza del verbo deve essere al plurale dato che il soggetto è plurale
- vaso di coccio coperti= vaso di coccio, coperti
- Accidenti le= Accidenti, le
- Lo osservò incerta= Lo osservò, incerta
- Forza Anna non= Forza, Anna, non
- la fifona allungò= occorre un qualche segno di punteggiatura
- Sì la sua= Sì, la sua
- Li trovò sempre dove li aveva messi, non si erano mossi, erano rimasti lì fermi, rintanati nel loro guscio.= in tutta questa frase devi cambiare la concordanza, che deve essere non al maschile ma al femminile con “lumache”; idem per il seguente “motivarli”
- No così= No, così
- Niente da fare continuavano= Niente da fare, continuavano
- dal letto si mise= dal letto, si mise
- Le prese le rimise= Le prese, le rimise
- all'interno aggiunse= all'interno, aggiunse
- tormentata così= tormentata, così
- Pronto Enzo= Pronto, Enzo
- Ciao sono= Ciao, sono
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Messaggio Da Mac Gio Nov 18, 2021 7:15 am

Ciao Arianna, grazie della tua attenta lettura.
Revisionerò quanto prima il testo con le tue correzioni (la punteggiatura non è mia amica 😅). Per me l’editing rimane sempre la parte più difficile. In questo racconto poi ho cambiato il soggetto (all’inizio erano i “Bogoni” poi ho pensato il termine dialettale non fosse ben riconoscibile da tutti) perdendomi un  po’.
Per quanto riguarda alberi e fiori ho cambiato posizione agli alberi perché mi suonava meglio, dimenticando di sistemare i colori dei loro fuori (olivo= bianchi, ciliegio= rosa).
Grazie per il lavoro, per me preziosissimo, che hai fatto sul mio testo.
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Messaggio Da paluca66 Sab Nov 20, 2021 7:33 pm

Ciao Mac, mi hai riportato alle mie vacanze infantili in un paesino della bergamasca dove io e mia sorella trascorrevamo le nostre giornate all'aria aperta nei prati e nei boschi; ricordo in particolare la sera all'imbrunire, subito dopo cena quando andavamo con l'anziana padrona di casa a raccogliere i "bombi" in sacchetti di plastica per farne cibo per gli uccellini da richiamo, quella incredibile sensazione del loro ronzio insistito nel sacchetto che tenevamo in mano.
Tutto questo per dirti che il tuo racconto è stato per me estremamente evocativo, ho immaginato con facilità la vecchina un po' curva e raggrinzita ma piena di energia, un po' andata di testa, quanto basta per parlare con i "bogoni" e costruire per loro una sorta di acquario "terrestre".
Non mi soffermo sugli aspetti lessicali e grammaticali, non potrei fare meglio dello splendido lavoro di @Arianna, sottolineo nuovamente come nell'altro tuo racconto che ho avuto modo di leggere, il lavoro che dovrai fare sull'utilizzo corretto della punteggiatura... te lo dice uno che, giustamente, ha visto il suo primo racconto pubblicato su Sps, l'avo di DT, più che criticato proprio per l'uso della punteggiatura un po' troppo garibaldino.
Per i motivi che ho scritto all'inizio del commento non ho trovato lenta o faticosa la prima parte del tuo racconto che mi ha immerso nella giusta situazione per godermi gli avvenimenti successivi, mentre ho apprezzato molto il finale, a sorpresa: quando ci vuole ci vuole!

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