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La parrucchiera di Kabul

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Messaggio Da Susanna Lun Ago 23, 2021 6:07 pm

La parrucchiera di Kabul
 
Il romanzo è stato scritto a quattro mani da Deborah Rodriguez, una parrucchiera americana e dall’amica e scrittrice Kristin Ohlson.
L’uscita del libro, cui è seguito anche un film, è stata fortemente osteggiata dal governo afgano, tanto che Deborah, dopo il 2007, è dovuta fuggire dal paese, per non mettere in pericolo sé stessa, la sua famiglia, le allieve e le clienti della scuola per estetiste da lei fondata: La scuola di Bellezza.
 
Quando Deborah parte per Kabul al seguito di una missione umanitaria organizzata da una piccola O.n.g., ha cinquant’anni, due matrimoni falliti alle spalle e due figli, ed è una donna curiosa e determinata.
Con i limitati mezzi messi a disposizione da alcune aziende che forniscono prodotti ai saloni di bellezza, decide di mettersi in gioco in prima persona per dare alle donne afgane un mezzo per raggiungere l’indipendenza economia e vedere un futuro “libero”.
Fonda così la prima scuola per estetiste, “La scuola di Bellezza” – una denominazione tanto semplice quanto straordinaria - facendo di un rossetto e di una tinta per capelli strumenti di crescita, per quella società, “rivoluzionari”, formando giovani donne ad una professione che le affranchi dal dover dipendere da padri, mariti e fratelli.
In questa scuola toccherà con mano quanto queste donne così provate dalla guerra e dai dettami della cultura talebana, nell’intimità di un salone di bellezza, libere dal burqua e senza il controllo degli uomini, riescano a ritagliarsi dei momenti solo per sé, per ridere, scherzare, confidarsi, raccontare le loro storie, spesso molto dolorose. Come le donne di qualsiasi parte del mondo.
Fuori, la loro essenza viene annientata dall’asprezza di diritti negati alle donne, dalla sottomissione di uomini arroganti (ignoranti) e, secondo loro, depositari dell’unica verità applicabile alla vita delle donne stesse: essere invisibili, non alzare mai gli occhi da terra e non avere idee proprie. Obbedire. Essere oggetti.
In questa scuola incontrerà persone che le rimarranno nel cuore per sempre, diventeranno amiche, saranno le sue interpreti non solo per la lingua, ma anche per entrare in sintonia con una cultura così diversa.
Al termine di ogni corso, le ragazze che si diplomeranno, non avranno imparato solo a usare phon, bigodini, tinture, ma anche ad avere fiducia in sé stesse e nelle proprie capacità, oltre a vedersi come “persone” e non come oggetti.
 
Per raggiungere il suo obiettivo Deborah dovrà superare moltissimi ostacoli: convincere padri e fratelli a dare il permesso alle donne ad iscriversi alla scuola, trovare i locali adatti, muoversi in sicurezza in una città pericolosa, in cui le giornate sono legate dal ritmo del coprifuoco, dover cambiare spesso sede per la scuola, ottenere acqua ed elettricità...
Non da ultimo Deborah dovrà confrontarsi con tensioni e inimicizie di donne non abituate a relazionarsi con persone al di fuori della stretta cerchia famigliare: pettegolezzi, paure, pregiudizi, che Deborah combatterà anche con un poco di incoscienza, tanta pazienza e determinazione.
 
Pur di raggiungere il suo scopo, accetta di sposare Sam, un afgano uzbecho molto più giovane di lei, procuratole da Roshanna e Daoud, due amici: un uomo peraltro già sposato e con figli. Questo matrimonio le aprirà qualche porta in più, ci saranno anche momenti comici pur nella drammaticità di una situazione generata dallo scontro tra culture diverse. Alla fine, ci sarà posto anche per l’amore, in questa loro storia così strampalata.
 
La scuola, inizialmente sostenuta economicamente anche dal governo afgano, sarà poi lasciata a se stessa: l’uscita del libro, anziché aiutare l’iniziativa, ne precluderà il proseguimento.
Deborah e Sam troveranno aiuti da alcuni sponsor, con l’uscita del libro avevano sperato di trovarne altri ma purtroppo, senza fondi adeguati, la scuola finirà per dover essere abbandonata.
La difficile situazione nel paese aveva scoraggiato i possibili finanziatori, la scuola era diventata bersaglio dei kamikaze e Deborah finì per essere perseguitata dal governo centrale.
Una fine molto amara.
Deborah ora vive in Messico, non ha mai cessato di aiutare le donne afgane e spera di poter tornare a Kabul, una città che le è rimasta nel cuore

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Messaggio Da Susanna Lun Ago 23, 2021 6:29 pm

Ho letto questo libro diversi anni fa. La situazione in Afganistan ha riproposto in tutta la sua colossale drammaticità cosa significhi vivere in un paese dove le donne sono "niente".
Quando ho visto le immagini di donne che affidano i loro bambini a degli sconosciuti pur di dare loro un'occasione di "vivere" il cuore mi si è stretto  in una morsa che non si allenta.
A suo tempo, pagina dopo pagina, mi ero fatta mentalmente l'elenco delle cose per me normali e scontate che posso fare senza nessun problema:
- posso parlare anche con degli sconosciuti
- posso esprimere un mio parere, anche discordante da quello degli altri
- posso vestirmi, pettinarmi come meglio credo
- posso uscire da sola, senza un marito o un padre o un fratello di cui essere ombra
- ho potuto studiare
- ho sposato l'uomo di cui mi sono innamorata, non quello impostomi dalla famiglia
- ho lavorato, in un ambiente dove c'erano molti uomini
- guido l'automobile
- leggo, guardo la tv,
- vado a fare la spesa da sola, scelgo un abito da sola
- vado da sola dal medico, anche se uomo
- quando ho avuto necessità di andare in ospedale, ci sono andata indipendentemente se medici ed infermieri potessero essere uomini
- ogni momento della mia giornata può essere anche solo mio, magari andando a passeggiare, da sola
- se devo rendere conto a mio marito di qualcosa, lo faccio in libertà, posso ribattere e contestare
- posso pensare.

Vedento quelle madri ho pensato:
sono stata un madre apprensiva, ho spiato il respiro di mia figlia neonata, timorosa di un respiro più leggero o troppo pesante (anche i neonati russano), mi sono preoccupata se non mangiava tutto, se non faceva la cacca tutti i giorni o se la faceva tre volte, se ci fossero state le telecamere al nido o all'asilo, avrei rischiato il licenziamento per il tempo trascorso a godermi la mia piccola, per essere sicura che fosse seguita e protetta.
Sono stata una madre che qualche volta faceva fatica a rimproverare, che avrebbe voluto mettere la figlia sotto una campana di vetro, pur di proteggerla.
Sono stata una madre non pronta a lasciare andare la figlia, quando è stato il momento.
Quando ho visto l'immagine di quel neonato lasciato nelle mani di un soldato, uno sconosciuto, la prima cosa che ho detto: "E' pazzesco, non può essere. Non esiste che una madre faccia questo".
Ora sto pensando che quella madre e tutte le altre madri che ora vivono ore strazianti non sapendo cosa può essere successo ai loro figli, dove saranno, se sarano accuditi come loro facevano... queste sono le vere Mamme, quelle che la vita l'hanno donata davvero.
Forse sono sdolcinata, ma mentre scrivo ho di fronte a me una foto di mia figlia quando aveva poco più di un anno.


Ultima modifica di Susanna il Mar Ago 24, 2021 12:15 am - modificato 1 volta.

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Messaggio Da Ospite Lun Ago 23, 2021 7:54 pm

Quanto sei bella, Susanna.

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Messaggio Da Susanna Lun Ago 23, 2021 10:25 pm

Tommybe ha scritto:Quanto sei bella, Susanna.
Caro Tommy, sapere che hai letto e anche ascoltato tra le righe, perchè lo sai fare, rincuora.
Ogni tanto fa bene toccare con mano le grandi fortune che abbiamo e che ci paiono quasi dovute. Solo se mancassero, allora sì che ci accorgeremmo di quanto siano preziose: la salute (potermi curare), la libertà di esprimermi (ho potuto studiare), un lavoro (non dipendo da altri per il cibo) ecc.
Ci sono tante persone come Deborah che senza lauree, master, ricerche ecc. un giorno decidono di "esserci" per gli altri, fanno le valigie e "fanno".
Credono in quello che fanno. Lottano. Guardano in faccia a quello che altri - me compresa - vivono attraverso foto, articoli, libri ma non sentono sulla pelle le lacrime, non respirano la polvere, non toccano con mano.
E questo fa la differenza.
Tempo qualche settimana e le donne afgane non saranno più in prima pagina, altre notizia raccoglieranno i clic. Ma ci saranno persone che continueranno a provare ad aiutarle. Queste sono le persone di cui mi piace leggere le storie.

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Messaggio Da Phoenix Gio Ago 26, 2021 1:18 pm

Grazie Susanna, per questa recensione bellissima.
Come sai ho letto quel libro ed è un libro che dovremmo leggere tutti. A me ha colpito in maniera particolare, tanti anni fa sono stato da quelle parti e ho visto cose che non dimenticherò mai più e questo romanzo come pochi altri mi ha tenuto col magone fino alla fine.
Grazie. I love you

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