Complicità
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Complicità
Uno dei tre racconti che trasloco da SPS.
COMPLICITA'
di Marcello Rizza
Coi muscoli in tensione, le gambette già forti per le tante fughe e leggermente divaricate e salde, con quella fatica che i bambini nemmeno se ne accorgono, Ionita sorreggeva l’acerba e agile Domnita che coi piedini scalzi e screpolati gli stava ritta sulle spalle. Era il crepuscolo nel vicolo maleodorante a lato dello sfavillante e patinato ingresso sulla Via Roma della sala da ballo il Coup de Fou. I due erano complici senza capirne il presupposto, legati dall’esperienza stradaiola di carne e sangue.
La bambina dal musetto sporco e occhi scintillanti, aggrappata alla grata della finestrella con vista sulla sala da ballo, parlava a ruota libera di ogni cosa che le venisse in mente; raccontava all’amichetto e collega quel che accadeva all’interno saltando di palo in frasca, esercitando quello strano modo di associare idee con cui le donne sono capaci di confondere i maschi. “Sei pesante Dom. Mi fanno male le spalle. Cosa stanno facendo? Sono già entrati nella sala?” A far la questua dal momento dell’apertura del club, tra moine e suppliche erano riusciti a raggranellare qualche soldo. Le persone entrate per ballare erano state memorizzate tutte.
“Stanno già saltellando quasi tutti, mancano ancora il ciccione e gambe secche. Ho fame Ionita”.
“Anch’io ho fame. Ci daranno da mangiare stasera, Dom?”
Quanto avevano ricavato dalla questua non sarebbe stato sufficiente, lo sapevano, non bastava per garantire loro la cena da parte della comunità accampata dall’altra parte del fiume. Forse sarebbero anche stati picchiati e fatti dormire all’aperto infradiciati d’acqua gelata. Domnita era assorta a guardare i ballerini, la musica giungeva a lei attutita.
“Guarda!” Ionita non poteva guardare dalla finestra, guardava quello che poteva da lì sotto: le mutandine di Domnita. Non sapeva esattamente perché gliele guardasse, perché gli piacesse, ma gli sembrava fosse suo dovere osservare le femmine e le loro nudità. Nessuno della sua famiglia o della carovana l’aveva mai castigato quando scoperto a spiare le donne più grandi di lui che si lavavano al fiume.
“Quel signore antipatico, quello che mi ha guardato come lo zio Andreu prima di darmi il soldo, sta ballando con quella con gli occhiali. Quant’è brutto quel signore, quella donna proprio non ci vede. Da grande ti sposerò Ionita, e poi picchierai lo zio Andreu”. Lo zio Andreu faceva paura a tutti e due.
“Si… ci sposeremo. Sono arrivati il ciccione e gambe secche? Mi stai facendo male coi piedi!”
“No, non ci sono ancora. Stanno ballando tutti, ma loro due non si vedono. Forse sposerò Manuelito, è più grande di te e tra un po’ potrà già picchiare zio Andreu”, Ionita divenne rosso in viso e non per la fatica.
“Manuelito l’ho preso a pugni e calci l’altra sera, mi aveva rubato le scarpe. L’ho buttato giù e gli ho pisciato addosso, tutti ridevano e gli hanno pisciato addosso anche loro. Lo picchierò io lo zio Andreu”.
“Ci saranno tante chitarre come al matrimonio del Re quando ci sposeremo. E anche le fisarmoniche. Solo tu potrai guardarmi come mi guarda quello schifoso dello zio Andreu. Ora smettila di guardarmi le mutandine! Sono arrivati ciccione e gambe secche! Andiamo!”
Domnita scese di corsa scivolando dalle spalle del piccolo complice, si appostò sulla strada, seduta all’ingresso delle scale della cantina che Ionita sapeva essere collegata allo spogliatoio della sala da ballo. Dom avrebbe fischiato due volte per avvisarlo che c’era gente che si avvicinava.
Ionita voleva bene a Domnita. Forse avrebbero mangiato quella sera.
COMPLICITA'
di Marcello Rizza
Coi muscoli in tensione, le gambette già forti per le tante fughe e leggermente divaricate e salde, con quella fatica che i bambini nemmeno se ne accorgono, Ionita sorreggeva l’acerba e agile Domnita che coi piedini scalzi e screpolati gli stava ritta sulle spalle. Era il crepuscolo nel vicolo maleodorante a lato dello sfavillante e patinato ingresso sulla Via Roma della sala da ballo il Coup de Fou. I due erano complici senza capirne il presupposto, legati dall’esperienza stradaiola di carne e sangue.
La bambina dal musetto sporco e occhi scintillanti, aggrappata alla grata della finestrella con vista sulla sala da ballo, parlava a ruota libera di ogni cosa che le venisse in mente; raccontava all’amichetto e collega quel che accadeva all’interno saltando di palo in frasca, esercitando quello strano modo di associare idee con cui le donne sono capaci di confondere i maschi. “Sei pesante Dom. Mi fanno male le spalle. Cosa stanno facendo? Sono già entrati nella sala?” A far la questua dal momento dell’apertura del club, tra moine e suppliche erano riusciti a raggranellare qualche soldo. Le persone entrate per ballare erano state memorizzate tutte.
“Stanno già saltellando quasi tutti, mancano ancora il ciccione e gambe secche. Ho fame Ionita”.
“Anch’io ho fame. Ci daranno da mangiare stasera, Dom?”
Quanto avevano ricavato dalla questua non sarebbe stato sufficiente, lo sapevano, non bastava per garantire loro la cena da parte della comunità accampata dall’altra parte del fiume. Forse sarebbero anche stati picchiati e fatti dormire all’aperto infradiciati d’acqua gelata. Domnita era assorta a guardare i ballerini, la musica giungeva a lei attutita.
“Guarda!” Ionita non poteva guardare dalla finestra, guardava quello che poteva da lì sotto: le mutandine di Domnita. Non sapeva esattamente perché gliele guardasse, perché gli piacesse, ma gli sembrava fosse suo dovere osservare le femmine e le loro nudità. Nessuno della sua famiglia o della carovana l’aveva mai castigato quando scoperto a spiare le donne più grandi di lui che si lavavano al fiume.
“Quel signore antipatico, quello che mi ha guardato come lo zio Andreu prima di darmi il soldo, sta ballando con quella con gli occhiali. Quant’è brutto quel signore, quella donna proprio non ci vede. Da grande ti sposerò Ionita, e poi picchierai lo zio Andreu”. Lo zio Andreu faceva paura a tutti e due.
“Si… ci sposeremo. Sono arrivati il ciccione e gambe secche? Mi stai facendo male coi piedi!”
“No, non ci sono ancora. Stanno ballando tutti, ma loro due non si vedono. Forse sposerò Manuelito, è più grande di te e tra un po’ potrà già picchiare zio Andreu”, Ionita divenne rosso in viso e non per la fatica.
“Manuelito l’ho preso a pugni e calci l’altra sera, mi aveva rubato le scarpe. L’ho buttato giù e gli ho pisciato addosso, tutti ridevano e gli hanno pisciato addosso anche loro. Lo picchierò io lo zio Andreu”.
“Ci saranno tante chitarre come al matrimonio del Re quando ci sposeremo. E anche le fisarmoniche. Solo tu potrai guardarmi come mi guarda quello schifoso dello zio Andreu. Ora smettila di guardarmi le mutandine! Sono arrivati ciccione e gambe secche! Andiamo!”
Domnita scese di corsa scivolando dalle spalle del piccolo complice, si appostò sulla strada, seduta all’ingresso delle scale della cantina che Ionita sapeva essere collegata allo spogliatoio della sala da ballo. Dom avrebbe fischiato due volte per avvisarlo che c’era gente che si avvicinava.
Ionita voleva bene a Domnita. Forse avrebbero mangiato quella sera.
digitoergosum- Cavaliere Jedi
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Re: Complicità
piaciuto.
un punto di vista diverso dal solito, espresso dai diretti protagonisti.
zingarelli che anche qui conosciamo bene, capaci di intrufolarsi ovunque e portare via quanto possibile.
non mi stanno particolarmente simpatici, visto che ne sono stato vittima pure io, però li descrivi tanto bene e con dolcezza che quasi cambio parere
un punto di vista diverso dal solito, espresso dai diretti protagonisti.
zingarelli che anche qui conosciamo bene, capaci di intrufolarsi ovunque e portare via quanto possibile.
non mi stanno particolarmente simpatici, visto che ne sono stato vittima pure io, però li descrivi tanto bene e con dolcezza che quasi cambio parere
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L'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
Non si può toccare l'alba se non si sono percorsi i sentieri della notte.
Kahlil Gibran
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Re: Complicità
Molto bello, tutto quello che avviene sulla strada mi ricorda Pasolini. A differenza di Fausto amo il mondo gitano. Per la crudeltà che esprime e un assurdo romanticismo sgangherato. Tutto molto sincero.
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Re: Complicità
Ciao Marcello. Avevo già letto e apprezzato tanto questo tuo racconto quando lo avevi pubblicato in Sps.
E anche adesso, rileggendolo, mi ha regalato una bella emozione.
E anche adesso, rileggendolo, mi ha regalato una bella emozione.
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Re: Complicità
Io questa mattina ho litigato con mia moglie perchè non ricordavo il colore dello spazzolino. 'Tu non ricordi mai niente', mi ha detto. Ma ora che ci penso comincio a ricordarlo pure io, il tuo racconto, e il mio commento relativo.
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Re: Complicità
Grazie a tutti dei commenti. È un racconto che nasce anche da aspetti della mia vita professionale dove ho dovuto affrontare alcune realtà di infinita tristezza. I bambini sono bambini, né buoni né cattivi. Sarà la vita e l'ambiente (e infine una loro responsabilità) che decideranno il loro futuro.
digitoergosum- Cavaliere Jedi
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Re: Complicità
è vero, i bambini sono bambini, nè buoni nè cattivi.digitoergosum ha scritto:Grazie a tutti dei commenti. È un racconto che nasce anche da aspetti della mia vita professionale dove ho dovuto affrontare alcune realtà di infinita tristezza. I bambini sono bambini, né buoni né cattivi. Sarà la vita e l'ambiente (e infine una loro responsabilità) che decideranno il loro futuro.
però c'è chi li fa diventre, spesso, buoni cattivi.
te lo dico per esperienza personale che, francamente, vorrei non avere avuto.
vedere i bambini diventare cattivi è brutto, molto brutto.
ma accade
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Re: Complicità
Spesso vedo quei bambini sgattaiolare fuori dai camper e rovesciarsi nudi in questa nostra società, già adulti e avvezzi a non prendere nemmeno un raffreddore, temprati dall'esistenza, quella che noi spesso non viviamo e li rifuggiamo, quando s'avvicinano per sfilarti il portafoglio e li etichettiamo sporchi e pericolosi e poi li vediamo rubare alle bancarelle del mercato e pensiamo come mai nessuno faccia niente. Scivola così questo racconto nella nostra coscienza, scuotendola con immagini dolci nella loro tragica quotidianità e ripercorro così, tramite questa lettura, il senso dell'esistere e di quanto sia vero che "tutto dipende da come guardi il mondo".
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Re: Complicità
Non so dire se questo racconto mi sia piaciuto o meno, ultimamente mi succede di arrivare alla fine di un bel racconto, come in questo caso scritto bene, senza troppo e senza troppo poco, con un ritmo accattivante e con la voglia di arrivare alla fine... e poi ritrovarmi dentro a storie che non mi piacciono.
Non il racconto di per sè stesso, ma le storie dei personaggi. Quando poi ci sono bambini... i bambini sono straordinari: non sono nè buoni nè cattivi. Sono l'umanità prima che la disumanità li fagociti, anche quando hanno la straordinaria fortuna - che neanche da adulti riescono talvolta a comprendere - di essere sani, di avere famiglie che li proteggono, che fanno sacrifici per farli crescere, di poter studiare, di non dover rubare o lavorare, bambini, per mangiare. Di non diventare a loro volta genitori come i loro genitori, che alla fine scelte non ne hanno avute.
Quindi che non mi sia piaciuto è solo per l'argomento, caro Digito, non per il tuo stile, piacevole e garbato.
Il tuo racconto mi ha ricordato un bel libro letto anni fa, "Il mio nome è Tarzan Soraya" di Maurizio Matrone
Dice di chiamarsi Tarzan Soraia e di essere uno zingaro orfano. Isolato e perseguitato per la sua bruttezza dai fratelli, che lo costringevano a chiedere l'elemosina e pure a rubare, ha deciso di fuggire e raggiungere Bologna, dove ha chiesto aiuto in una caserma dei Carabinieri. È un ragazzino gracile, sparuto, con un aspetto orribile: per di più balbetta, è analfabeta e nel suo racconto ci sono molti dettagli lacunosi e confusi. Dopo i primi, infruttuosi accertamenti della polizia, è destinato a un centro di accoglienza per minori "difficili". Per Tarzan, che viene presto accettato dai compagni, è l'inizio di una nuova esistenza, lo schiudersi di possibilità fino a quel momento ritenute impensabili: avere degli amici, vivere le prime timide, ma esaltanti esperienze sessuali, trovare addirittura un vero lavoro... Il ragazzino, però, nasconde un segreto e una serie di fortuite coincidenze porta gli investigatori a farsi un'inquietante domanda: chi è veramente Tarzan Soraia? Una storia "di cuore", ispirata a una vicenda realmente accaduta.
Non il racconto di per sè stesso, ma le storie dei personaggi. Quando poi ci sono bambini... i bambini sono straordinari: non sono nè buoni nè cattivi. Sono l'umanità prima che la disumanità li fagociti, anche quando hanno la straordinaria fortuna - che neanche da adulti riescono talvolta a comprendere - di essere sani, di avere famiglie che li proteggono, che fanno sacrifici per farli crescere, di poter studiare, di non dover rubare o lavorare, bambini, per mangiare. Di non diventare a loro volta genitori come i loro genitori, che alla fine scelte non ne hanno avute.
Quindi che non mi sia piaciuto è solo per l'argomento, caro Digito, non per il tuo stile, piacevole e garbato.
Il tuo racconto mi ha ricordato un bel libro letto anni fa, "Il mio nome è Tarzan Soraya" di Maurizio Matrone
Dice di chiamarsi Tarzan Soraia e di essere uno zingaro orfano. Isolato e perseguitato per la sua bruttezza dai fratelli, che lo costringevano a chiedere l'elemosina e pure a rubare, ha deciso di fuggire e raggiungere Bologna, dove ha chiesto aiuto in una caserma dei Carabinieri. È un ragazzino gracile, sparuto, con un aspetto orribile: per di più balbetta, è analfabeta e nel suo racconto ci sono molti dettagli lacunosi e confusi. Dopo i primi, infruttuosi accertamenti della polizia, è destinato a un centro di accoglienza per minori "difficili". Per Tarzan, che viene presto accettato dai compagni, è l'inizio di una nuova esistenza, lo schiudersi di possibilità fino a quel momento ritenute impensabili: avere degli amici, vivere le prime timide, ma esaltanti esperienze sessuali, trovare addirittura un vero lavoro... Il ragazzino, però, nasconde un segreto e una serie di fortuite coincidenze porta gli investigatori a farsi un'inquietante domanda: chi è veramente Tarzan Soraia? Una storia "di cuore", ispirata a una vicenda realmente accaduta.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: Complicità
Mi è piaciuto molto questo piccolo spaccato del mondo Rom. Il ragazzino e la ragazzina hanno la calibratura dell'età e di una vita che va oltre l'età. Hanno l'incanto dei bambini e allo stesso tempo il disincanto degli adulti.
In questo brano trovo la scrittura meno ricercata, ma più genuina, che si sposa perfettamente col contesto.
In questo brano trovo la scrittura meno ricercata, ma più genuina, che si sposa perfettamente col contesto.
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Re: Complicità
Ciao Francesca. Ti rispondo ora perché domattina partirò per la Baviera e difficilmente potrò intervenire qui fino a martedì sera, al mio rientro. Questo è uno dei miei primi racconti, penso del 2015, quando cominciai a frequentare un corso di scrittura creativa. È un racconto che è piaciuto a molti, e a cui sono molto affezionato. Nel frattempo, ad oggi ho cambiato molto il modo di pormi al lettore, eppure qualcosa di questo racconto vorrei riuscire a tenerlo. Grazie per averlo letto e commentato. Ci si ritrova dopo martedì prossimo. Buona serata.
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Re: Complicità
Buon viaggio!digitoergosum ha scritto:Ciao Francesca. Ti rispondo ora perché domattina partirò per la Baviera e difficilmente potrò intervenire qui fino a martedì sera, al mio rientro. Questo è uno dei miei primi racconti, penso del 2015, quando cominciai a frequentare un corso di scrittura creativa. È un racconto che è piaciuto a molti, e a cui sono molto affezionato. Nel frattempo, ad oggi ho cambiato molto il modo di pormi al lettore, eppure qualcosa di questo racconto vorrei riuscire a tenerlo. Grazie per averlo letto e commentato. Ci si ritrova dopo martedì prossimo. Buona serata.
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Re: Complicità
Caro digito.
Affronti un tema estremamente complesso in questo breve racconto, e lo fai con uno sguardo privo di giudizio. Se vuoi tenere qualcosa di questo testo, tieni stretto il punto di vista che non giudica ma che racconta ed empatizza.
Io coi bambini (più piccoli di quelli che descrivi) ci lavoro da dieci anni.
A noi maestre (educatrici in questo caso, parliamo di bambini fino a poco più di 3 anni di età) ci chiamano maghe e incantatrici per come riusciamo a farci ascoltare da loro.
In verità siamo un po' bambini anche noi, abbiamo ancora la capacità di immedesimarci e di comprendere il loro punto di vista, anche quando appena accennato.
Nel tuo testo i bambini vivono in una realtà che fa crescere prima, ma certe cose da bambino non te le stacchi dalla pelle.
La tua attuale scrittura è più matura e accurata, ma resta la traccia di quel bambino che ti è rimasto attaccato alla pelle e che racconta per te, senza giudizi.
Ele
Affronti un tema estremamente complesso in questo breve racconto, e lo fai con uno sguardo privo di giudizio. Se vuoi tenere qualcosa di questo testo, tieni stretto il punto di vista che non giudica ma che racconta ed empatizza.
Io coi bambini (più piccoli di quelli che descrivi) ci lavoro da dieci anni.
A noi maestre (educatrici in questo caso, parliamo di bambini fino a poco più di 3 anni di età) ci chiamano maghe e incantatrici per come riusciamo a farci ascoltare da loro.
In verità siamo un po' bambini anche noi, abbiamo ancora la capacità di immedesimarci e di comprendere il loro punto di vista, anche quando appena accennato.
Nel tuo testo i bambini vivono in una realtà che fa crescere prima, ma certe cose da bambino non te le stacchi dalla pelle.
La tua attuale scrittura è più matura e accurata, ma resta la traccia di quel bambino che ti è rimasto attaccato alla pelle e che racconta per te, senza giudizi.
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