Il suono del violino
Notte risuona.
Rintocchi e tocchi.
Apro finestre chiuse sul giardino.
Chiudo porte aperte sull'inferno.
Si sbriciola l'ultima candela nella luce dell'oscuro, spegnendo il buio acceso in me.
Frattaglie maleodoranti intorno, cibo d'un indigesto pasto.
Non mangio da tempo, è tempo di nutrirsi degli avanzi del mondo.
Conducimi con la tua barca come facesti un tempo,
traghettatore di fiumi putridi d'acque ribollenti d'uomini marci.
Dove sei.
Non ti vedo, sposta i lumi dalle idiozie.
Vendo anima usata poco, accomodati se t'accontenti del poco o dell'usato.
Vendo ma non regalo.
Ho i piedi intinti nel sulfureo risciacquo del sangue,
per te prezzo speciale se paghi in contanti.
Contano sai i contanti
e se nel contar sbagliano, sarai nudo sul fuoco del giudizio.
Sarai giù dal pregiudizio.
Sarai in fondo al precipizio.
Sarai chiuso come libro senza frontespizio.
Sfoglio la pelle,
a cosa serve se non protegge?
Indosso altro che non sia altro da me,
senza fardelli.
Conta anche il peso e la pelle pesa,
se intrisa del nulla e d'illusioni.
Cera, si mi vestirò di te, per sciogliermi con la prima notte di freddo.
Notte di soffi eterni d'aliti inquieti.
Notte non finisce, non lenisce, forse stupisce.
Fuori piove.
Goccia.
Goccia.
Lucernai rotti.
Dovrò rientrare, così mi bagnerò tutto...
Ma sono già dentro? Si ma dove?
Piove, sento il rame suonare il violino.
Suona, suona.
Io m'addormo, non svegliarmi ti prego ho paura della notte,
non conosco la notte.
Forse questa sera la conoscerò in sogno.