Funere mersit maturo
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Funere mersit maturo
Eh sì, ne ho viste tante, ne ho di cose da raccontare. Cose belle, ma anche tante cose brutte.
Ho aiutato tanta gente, ma non sono stato benevolo con altri.
A volte, senza volerlo, ho rappresentato un pericolo.
Tanta gente raccoglieva legna per scaldarsi e castagne per saziarsi, ma questo accadeva molto tempo fa. D’inverno, con la neve, vedevo pochissima gente, ma cervi, daini e caprioli venivano a scavare alla ricerca di qualche residuo germoglio, seguiti da qualche lupo che aspettava pazientemente il momento opportuno per attaccarli. Il lupo non è crudele: uccide per sopravvivere.
Poi la neve si scioglieva, si formavano rigagnoli e la natura esplodeva in un turbinio di colori, gli alberi si coprivano di germogli e si rivestivano di foglie, gli uccelli tornavano ai loro nidi e il loro cinguettio diventava la colonna sonora della vita, gli scoiattoli risvegliatisi dal loro letargo saltavano gioiosi di ramo in ramo.
Con il bel tempo, arrivava tanta gente: sportivi che si allenavano, escursionisti amanti della natura, campeggiatori maturi, giovani esploratori.
Che gioia provavo nel vedere quei ragazzi in pantaloncini corti e fazzolettoni al collo piantare le loro tende, cantare le loro canzoni, stupirsi per un nido, un’erba, un fiore, come se tali cose li aspettassero e fossero tutte lì per loro. E al calare della sera, al fuoco del falò, raccontarsi con gioia le esperienze vissute durante la giornata.
Poi la notte, dentro le tende, ascoltavano con un po’ di apprensione l’ululare del vento fra le cime degli alberi.
A volte qualche incidente lo avevano avuto, ma mai niente di grave o irreparabile. Piccole ferite, scottature, delle slogature. La cosa più grave era stata una frattura alla gamba capitata a un ragazzo piuttosto vivace che, arrampicatosi su un albero, si era aggrappato a un ramo secco che, spezzandosi, lo aveva fatto cadere a terra. Era stato subito soccorso dai suoi compagni, poi i loro capi lo avevano portato al pronto soccorso più vicino. Lo vidi tornare il giorno dopo con la gamba ingessata. Non aveva voluto rinunciare al campo e alla compagnia dei suoi amici.
Anche i raccoglitori di funghi non erano male. Si muovevano con delicatezza, cercando di non turbare l’armonia esistente. In una mano un cesto dove riponevano il frutto delle loro ricerche, e nell’altro un bastone con il quale spostavano le foglie che lo nascondevano. Arrivavano al sorgere del sole, e andavano via quando il loro cesto era colmo. In genere erano preparati e sapevano bene cosa raccogliere e cosa no. A volte, qualche sprovveduto raccoglitore occasionale prendeva dei funghi non buoni da mangiare o addirittura velenosi. Sventatezze che spesso hanno portato a sviluppi drammatici.
I cacciatori non mi piacevano, ma non li vedevo molto spesso; probabilmente non potevano andare dappertutto e in ogni periodo. Comunque erano pericolosi.
Detestavo anche i giovani che venivano a bordo di numerose due ruote a scorrazzare per i sentieri, spaventando uccelli e animali e danneggiando fiori e manto erboso. Fortunatamente, dopo qualche controllo delle guardie forestali, non si erano più visti.
In certi periodi dell’anno, col tempo buono, si vedevano i gitanti che venivano a fare i pic-nic. Questi erano di due tipi: gli strafottenti incivili e gli amanti della natura. I primi, accendevano fuochi liberi senza nessuna attenzione, spezzavano rami agli alberi, sporcavano dappertutto e, dopo aver mangiato, lasciavano in giro cartacce, avanzi di cibo e ogni altro genere di immondizia sparsa per ogni dove; i secondi erano gente molto piacevole che non solo non sporcava o danneggiava, ma spesso indossava guanti di lattice e raccoglieva ciò che gli altri avevano lasciato in giro, riempiendo dei grossi sacchi che loro stessi provvedevano a smaltire.
Ho imparato a riconoscere la brava gente dal modo in cui si pone riguardo alla natura, al rispetto e alla gratitudine che mostravano per essa. Le persone cattive sono arroganti e hanno rispetto solo per loro stessi.
Mi ricordo di un episodio tristissimo che mi ha molto angustiato: il corpo di una persona crivellata di proiettili era stato trovato in un angolo nascosto. Gli uomini in divisa avevano a lungo perlustrato i dintorni e, alla fine, erano giunti alla conclusione che era stato ucciso altrove e poi gettato tra i rovi. D’altronde avrei ben saputo se fossero stati sparati dei colpi.
Ho capito che la mia esistenza sta volgendo al termine. Dicono che tanti ricordi ritornano in mente in quei momenti. D’altronde non si è eterni.
Non ho paura, accetto la mia fine. Forse vivrò nella memoria di chi mi ha amato e apprezzato. Quanto durerà questa agonia? Ore, giorni, settimane?
Ho visto quegli uomini cattivi portare delle taniche, versarne il contenuto tra i cespugli e poi dare fuoco. Perché l’hanno fatto?
Non può esserci una giustificazione.
Non sono come il cervo, il daino e il capriolo, che con le erbe e i germogli si nutrono. Non sono come il lupo. Loro danneggiano e uccidono senza alcun motivo.
Mi stanno uccidendo.
Ho aiutato tanta gente, ma non sono stato benevolo con altri.
A volte, senza volerlo, ho rappresentato un pericolo.
Tanta gente raccoglieva legna per scaldarsi e castagne per saziarsi, ma questo accadeva molto tempo fa. D’inverno, con la neve, vedevo pochissima gente, ma cervi, daini e caprioli venivano a scavare alla ricerca di qualche residuo germoglio, seguiti da qualche lupo che aspettava pazientemente il momento opportuno per attaccarli. Il lupo non è crudele: uccide per sopravvivere.
Poi la neve si scioglieva, si formavano rigagnoli e la natura esplodeva in un turbinio di colori, gli alberi si coprivano di germogli e si rivestivano di foglie, gli uccelli tornavano ai loro nidi e il loro cinguettio diventava la colonna sonora della vita, gli scoiattoli risvegliatisi dal loro letargo saltavano gioiosi di ramo in ramo.
Con il bel tempo, arrivava tanta gente: sportivi che si allenavano, escursionisti amanti della natura, campeggiatori maturi, giovani esploratori.
Che gioia provavo nel vedere quei ragazzi in pantaloncini corti e fazzolettoni al collo piantare le loro tende, cantare le loro canzoni, stupirsi per un nido, un’erba, un fiore, come se tali cose li aspettassero e fossero tutte lì per loro. E al calare della sera, al fuoco del falò, raccontarsi con gioia le esperienze vissute durante la giornata.
Poi la notte, dentro le tende, ascoltavano con un po’ di apprensione l’ululare del vento fra le cime degli alberi.
A volte qualche incidente lo avevano avuto, ma mai niente di grave o irreparabile. Piccole ferite, scottature, delle slogature. La cosa più grave era stata una frattura alla gamba capitata a un ragazzo piuttosto vivace che, arrampicatosi su un albero, si era aggrappato a un ramo secco che, spezzandosi, lo aveva fatto cadere a terra. Era stato subito soccorso dai suoi compagni, poi i loro capi lo avevano portato al pronto soccorso più vicino. Lo vidi tornare il giorno dopo con la gamba ingessata. Non aveva voluto rinunciare al campo e alla compagnia dei suoi amici.
Anche i raccoglitori di funghi non erano male. Si muovevano con delicatezza, cercando di non turbare l’armonia esistente. In una mano un cesto dove riponevano il frutto delle loro ricerche, e nell’altro un bastone con il quale spostavano le foglie che lo nascondevano. Arrivavano al sorgere del sole, e andavano via quando il loro cesto era colmo. In genere erano preparati e sapevano bene cosa raccogliere e cosa no. A volte, qualche sprovveduto raccoglitore occasionale prendeva dei funghi non buoni da mangiare o addirittura velenosi. Sventatezze che spesso hanno portato a sviluppi drammatici.
I cacciatori non mi piacevano, ma non li vedevo molto spesso; probabilmente non potevano andare dappertutto e in ogni periodo. Comunque erano pericolosi.
Detestavo anche i giovani che venivano a bordo di numerose due ruote a scorrazzare per i sentieri, spaventando uccelli e animali e danneggiando fiori e manto erboso. Fortunatamente, dopo qualche controllo delle guardie forestali, non si erano più visti.
In certi periodi dell’anno, col tempo buono, si vedevano i gitanti che venivano a fare i pic-nic. Questi erano di due tipi: gli strafottenti incivili e gli amanti della natura. I primi, accendevano fuochi liberi senza nessuna attenzione, spezzavano rami agli alberi, sporcavano dappertutto e, dopo aver mangiato, lasciavano in giro cartacce, avanzi di cibo e ogni altro genere di immondizia sparsa per ogni dove; i secondi erano gente molto piacevole che non solo non sporcava o danneggiava, ma spesso indossava guanti di lattice e raccoglieva ciò che gli altri avevano lasciato in giro, riempiendo dei grossi sacchi che loro stessi provvedevano a smaltire.
Ho imparato a riconoscere la brava gente dal modo in cui si pone riguardo alla natura, al rispetto e alla gratitudine che mostravano per essa. Le persone cattive sono arroganti e hanno rispetto solo per loro stessi.
Mi ricordo di un episodio tristissimo che mi ha molto angustiato: il corpo di una persona crivellata di proiettili era stato trovato in un angolo nascosto. Gli uomini in divisa avevano a lungo perlustrato i dintorni e, alla fine, erano giunti alla conclusione che era stato ucciso altrove e poi gettato tra i rovi. D’altronde avrei ben saputo se fossero stati sparati dei colpi.
Ho capito che la mia esistenza sta volgendo al termine. Dicono che tanti ricordi ritornano in mente in quei momenti. D’altronde non si è eterni.
Non ho paura, accetto la mia fine. Forse vivrò nella memoria di chi mi ha amato e apprezzato. Quanto durerà questa agonia? Ore, giorni, settimane?
Ho visto quegli uomini cattivi portare delle taniche, versarne il contenuto tra i cespugli e poi dare fuoco. Perché l’hanno fatto?
Non può esserci una giustificazione.
Non sono come il cervo, il daino e il capriolo, che con le erbe e i germogli si nutrono. Non sono come il lupo. Loro danneggiano e uccidono senza alcun motivo.
Mi stanno uccidendo.
Maledetti piromani.
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Re: Funere mersit maturo
Un racconto piuttosto breve (pregio da non sottovalutare) e scritto correttamente. Non ho riscontrato errori né refusi e la lettura procede spedita fino alla fine.
Il titolo è una parafrasi da un componimento del Carducci (che a sua volta cita Virgilio) in morte del figlio, intitolato Funere mersit acerbo.
Nella generale linearità della storia ho trovato comunque un paio di contraddizioni nell'argomentare del bosco.
La prima, proprio all'inizio, secondo me sta nella frase "Ho aiutato tanta gente, ma non sono stato benevolo con altri", perché non mi sembra che il bosco sia stato né d'aiuto né malevolo nei confronti degli abitanti o dei visitatori. In pratica, non ha aiutato - per esempio - il giovane boy-scout caduto dall'albero ("Era stato subito soccorso dai suoi compagni") o i raccoglitori di funghi velenosi. Allo stesso modo, non ha fermato i motociclisti fracassoni o i gitanti strafottenti né tantomeno i piromani. Giustissimo invece che dica "A volte, senza volerlo, ho rappresentato un pericolo".
L'altra incongruenza è invece nel finale, dove, in un primo momento il bosco appare accettare con rassegnazione la sua fine ("Non ho paura, accetto la mia fine"), per poi invece inveire contro chi la provoca ("Mi stanno uccidendo. Maledetti piromani").
In definitiva, il lavoro è buono, ma un po' piatto. Manca quel guizzo che potrebbe spingerlo davvero in alto.
Grazie
M.
Il titolo è una parafrasi da un componimento del Carducci (che a sua volta cita Virgilio) in morte del figlio, intitolato Funere mersit acerbo.
Nella generale linearità della storia ho trovato comunque un paio di contraddizioni nell'argomentare del bosco.
La prima, proprio all'inizio, secondo me sta nella frase "Ho aiutato tanta gente, ma non sono stato benevolo con altri", perché non mi sembra che il bosco sia stato né d'aiuto né malevolo nei confronti degli abitanti o dei visitatori. In pratica, non ha aiutato - per esempio - il giovane boy-scout caduto dall'albero ("Era stato subito soccorso dai suoi compagni") o i raccoglitori di funghi velenosi. Allo stesso modo, non ha fermato i motociclisti fracassoni o i gitanti strafottenti né tantomeno i piromani. Giustissimo invece che dica "A volte, senza volerlo, ho rappresentato un pericolo".
L'altra incongruenza è invece nel finale, dove, in un primo momento il bosco appare accettare con rassegnazione la sua fine ("Non ho paura, accetto la mia fine"), per poi invece inveire contro chi la provoca ("Mi stanno uccidendo. Maledetti piromani").
In definitiva, il lavoro è buono, ma un po' piatto. Manca quel guizzo che potrebbe spingerlo davvero in alto.
Grazie
M.
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M. Mark o'Knee- Cavaliere Jedi
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Re: Funere mersit maturo
Un racconto in prima persona (il bosco che narra). La storia è scritta bene, ma senza guizzi, l'unico brivido si prova alla fine quando entrano in scena i piromani. Dunque mi sarei almeno aspettata un racconto più concitato. Se il bosco ha visto i piromani arrivare...
Non posso pensare che la narrazione sia successiva all'incendio. Anche se il titolo "funere mersit maturo" porterebbe verso questa indicazione. Non si tratta di una morte prematura come nel significato della frase originale, ma di una morte che avviene dopo i molti anni che sono stati necessari per far crescere il bosco. Non so se ho interpretato bene, ci dirai.
Dunque, scrittura corretta a parte, sono almeno due gli aspetti che non mi convincono troppo: la narrazione in prima persona con sprazi di onniscienza e la mancanza di una vera e propria storia. Comunque la lettura è piacevole.
Non posso pensare che la narrazione sia successiva all'incendio. Anche se il titolo "funere mersit maturo" porterebbe verso questa indicazione. Non si tratta di una morte prematura come nel significato della frase originale, ma di una morte che avviene dopo i molti anni che sono stati necessari per far crescere il bosco. Non so se ho interpretato bene, ci dirai.
Dunque, scrittura corretta a parte, sono almeno due gli aspetti che non mi convincono troppo: la narrazione in prima persona con sprazi di onniscienza e la mancanza di una vera e propria storia. Comunque la lettura è piacevole.
Petunia- Moderatore
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Re: Funere mersit maturo
Racconto breve e che si legge bene. Interessante il punto di vista del bosco, narratore in prima persona.
Purtroppo il racconto risulta molto "placido", senza particolari guizzi, mentre il finale lo trovo un po' forzato, troppo diverso dalla narrazione precedente. "Ma come, mi dici che non ci sono guizzi e quando cambio ritmo ti lamenti pure?". Lo so, caro autore. Hai ragione, però mi arriva forzato. Poco naturale.
Poi, ma questo è puramente personale, la narrazione del bosco è puramente moderna, molto recente. Avrei forse voluto vedere i secoli passare tra quei rami. Ma ripeto, questa è solo un parere personale.
Grazie.
Purtroppo il racconto risulta molto "placido", senza particolari guizzi, mentre il finale lo trovo un po' forzato, troppo diverso dalla narrazione precedente. "Ma come, mi dici che non ci sono guizzi e quando cambio ritmo ti lamenti pure?". Lo so, caro autore. Hai ragione, però mi arriva forzato. Poco naturale.
Poi, ma questo è puramente personale, la narrazione del bosco è puramente moderna, molto recente. Avrei forse voluto vedere i secoli passare tra quei rami. Ma ripeto, questa è solo un parere personale.
Grazie.
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CharAznable- Maestro Jedi
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Re: Funere mersit maturo
Bella e originale l'idea di dare voce al bosco, idea che purtroppo non si sviluppa. Oltre al panorama di normali frequentatori non si vede altro. Il tuo è un bosco perbene che racconta poco e che ha solo paura di incendiarsi e non infiamma neppure il lettore.
tommybe- Maestro Jedi
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Re: Funere mersit maturo
Ciao, Autore. Ho deciso di iniziare i commenti da questo racconto perché è uno di quelli che mi ricordo meglio, e questo anche e soprattutto grazie al titolo, che per me è sempre fondamentale. Il narratore è utilizzato in maniera coraggiosa e quasi perfetta: più narratore onnisciente di un narratore interno che parla praticamente solo di sé stesso e delle proprie percezioni non può esistere: ottimo lavoro!
Ottimo lavoro anche per quanto concerne il tema, uno dei meglio riusciti dello step. Al di là dell'ambientazione, la tematica è affrontata con quella tipica malinconia che il tuo titolo rievoca, per giungere prepotente nel finale (anche se il titolo non lascia spazio a colpi di scena, ma non era indubbiamente questo il tuo intento). Il messaggio, in pieno spirito Pachamama, arriva puntuale e preciso, e lascia quell'amaro in bocca carducciano e forse anche virgiliano.
La scrittura è priva di qualsiasi errore o refuso, sintomo di cura e rispetto per i lettori, così come ci si aspetta in un concorso letterario.
Per quanto mi riguarda, un ottimo lavoro. Siamo di fronte a uno di quei racconti che si riescono a ricordare molto tempo dopo la fine dello step.
Complimenti!
Ottimo lavoro anche per quanto concerne il tema, uno dei meglio riusciti dello step. Al di là dell'ambientazione, la tematica è affrontata con quella tipica malinconia che il tuo titolo rievoca, per giungere prepotente nel finale (anche se il titolo non lascia spazio a colpi di scena, ma non era indubbiamente questo il tuo intento). Il messaggio, in pieno spirito Pachamama, arriva puntuale e preciso, e lascia quell'amaro in bocca carducciano e forse anche virgiliano.
La scrittura è priva di qualsiasi errore o refuso, sintomo di cura e rispetto per i lettori, così come ci si aspetta in un concorso letterario.
Per quanto mi riguarda, un ottimo lavoro. Siamo di fronte a uno di quei racconti che si riescono a ricordare molto tempo dopo la fine dello step.
Complimenti!
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
vivonic- Admin
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Re: Funere mersit maturo
Un bel racconto, un narratore in prima persona, il bosco, che tira le fila di una lunga vita, indugiando con nostalgia sulle figure umane e animali che lo hanno abitato o anche solo attraversato.
La scrittura è pulita e precisa, si nota l'accuratezza dell'esposizione, priva di errori formali.
C'è una specie di inconguenza nel finale, dove il bosco accetta di essere arrivato alla fine dei suoi giorni:"Non ho paura, accetto la mia fine", mentre nell'ultima frase inveisce con chi gliela procura: "Maledetti piromani".
Tuttavia non disturba, perché l'invettiva suona come un ultimo guizzo di indignazione prima di una fine ingiusta.
La scrittura è pulita e precisa, si nota l'accuratezza dell'esposizione, priva di errori formali.
C'è una specie di inconguenza nel finale, dove il bosco accetta di essere arrivato alla fine dei suoi giorni:"Non ho paura, accetto la mia fine", mentre nell'ultima frase inveisce con chi gliela procura: "Maledetti piromani".
Tuttavia non disturba, perché l'invettiva suona come un ultimo guizzo di indignazione prima di una fine ingiusta.
Albemasia- Padawan
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Re: Funere mersit maturo
Un racconto lineare e onesto. La sua lunghezza si rivela un grande pregio, poiché contribuisce a mantenere un'atmosfera coinvolgente. Se fosse stato più lungo, soprattutto all'inizio, temo che avrebbe compromesso l'atmosfera creata.
Da un punto di vista della "pancia", essendo il racconto narrato in prima persona, avrei preferito vivere più intensamente l'agonia che vive la foresta mentre viene bruciata. Penso che ciò avrebbe reso il colpo finale più efficace.
In conclusione, è stato un racconto piacevole da leggere.
Da un punto di vista della "pancia", essendo il racconto narrato in prima persona, avrei preferito vivere più intensamente l'agonia che vive la foresta mentre viene bruciata. Penso che ciò avrebbe reso il colpo finale più efficace.
In conclusione, è stato un racconto piacevole da leggere.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Funere mersit maturo
Un vecchio bosco che sta morendo per mano di piromani.
Ti dico subito quello che mi ha convinto poco.
Il fatto che riconosca, parli in prima persona, che sia ormai vecchio, non mi convince. è un umanizzare la natura secondo canoni temporali che sono propri dell’uomo. Siamo l’unica specie, credo, che conti gli anni, e solo per questo sappiamo quando siamo vecchi. Le altre specie non hanno questa percezione del tempo, tanto meno il mondo vegetale.
Se il bosco è cosciente che sta per morire per colpa di piromani, forse dovrebbe usare un altro tono, meno rassegnato, più partecipe, per non dire inferocito.
Mi ha, invece, convinto la carrellata di ricordi e il riconoscere le persone da come trattano la natura.
Nel complesso, secondo me, il racconto potrebbe essere ripreso per approfondire e migliorare alcuni aspetti, anche perché hai a disposizione ancora diverse battute.
Ti dico subito quello che mi ha convinto poco.
Il fatto che riconosca, parli in prima persona, che sia ormai vecchio, non mi convince. è un umanizzare la natura secondo canoni temporali che sono propri dell’uomo. Siamo l’unica specie, credo, che conti gli anni, e solo per questo sappiamo quando siamo vecchi. Le altre specie non hanno questa percezione del tempo, tanto meno il mondo vegetale.
Se il bosco è cosciente che sta per morire per colpa di piromani, forse dovrebbe usare un altro tono, meno rassegnato, più partecipe, per non dire inferocito.
Mi ha, invece, convinto la carrellata di ricordi e il riconoscere le persone da come trattano la natura.
Nel complesso, secondo me, il racconto potrebbe essere ripreso per approfondire e migliorare alcuni aspetti, anche perché hai a disposizione ancora diverse battute.
Resdei- Maestro Jedi
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Re: Funere mersit maturo
Utilizzare come narratore il bosco è interessante ma rischioso. Purtroppo, il racconto è una descrizione della classica vita naturale e umana e non serve essere un bosco per conoscerla, almeno per come è stata riportata. Il testo è scritto bene ma la storia non coinvolge, anzi, non è presente. Peccato, ma chi sa scrivere così bene non avrà problemi a creare qualcosa di più entusiasmante negli step successivi.
Giammy- Younglings
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Re: Funere mersit maturo
Apprezzo la brevità del testo, la correttezza della scrittura senza errori o refusi e l'originalità dell'idea di far narrare il bosco in prima persona. Tuttavia, manca un climax narrativo che potrebbe rendere la storia più coinvolgente. Il finale, sebbene mi susciti un brivido di indignazione nei confronti dei piromani, mi viene da considerarlo forzato. Nel complesso è un racconto con spazio per miglioramenti e approfondimenti. Nonostante ciò, riconosco un lavoro solido, lineare e piacevole da leggere.
Gimbo- Padawan
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Re: Funere mersit maturo
In questo racconto protagonista e narratore coincidono. L’idea di umanizzare il bosco non è male e dà modo di descrivere eventi e atmosfere: “Eh, ne ho viste di cose…”
Come un anziano al termine della vita, il bosco racconta e si racconta, utilizzando una scrittura corretta, semplice e scorrevole. Sul racconto aleggia la malinconia impotente di chi, conscio della fine imminente, assiste ai preparativi dei piromani senza poter fuggire. Non gli resta che rassegnarsi.
Piuttosto della imprecazione finale avrei preferito una predizione sul futuro degli uomini e sulla loro cecità. Oggi distruggono il bosco, domani ne subiranno le conseguenze.
Forse manca al racconto una storia forte, ma va bene lo stesso.
mirella- Padawan
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Re: Funere mersit maturo
Il bosco raccontato in prima persona è originale, anche se – come detto altre volte – con la narrazione in prima persona si corre sempre il rischio di ripetersi o esagerare con le spiegazioni nel timore di non essere stati chiari. Ma qui, col narratore onnisciente a fare da spalle, il gioco vale la candela.
Il bosco racconta di sé, e al contempo racconts dell’”uomo”, che non sempre si approccia a questo ambiente consapevole della sua importanza e di quanto poco il bosco abbia bisogno dell’uomo per sopravvivere, anzi sia il bosco a donare a piene mani, senza aspettarsi nulla in cambio che il rispetto.
Nel racconto c’è proprio tutta l’esistenza del bosco: il donare a uomini e animali, l’accogliere chi nel bosco vuol trovare un po’ di pace e vivere qualche giorno diverso, la protesta per gli scempi perpetrati…
L’unica nota stonata è il ritrovamento del corpo dell’uomo ucciso, o perlomeno la trovo stonato perchè il bosco non racconta quello che ha visto accadere. Con la frase “D’altronde avrei ben saputo se fossero stati sparati dei colpi.” è come se mancasse qualcosa, una frase che chiuda il cerchio di quest’episodio. Eh se mi avessere interrogato io avrei ecc. ecc.
Il finale è molto amaro, anche se un po’ affrettato, quasi che il finale stesso non potsse aspettare o essere gestito in più spazio, con maggior pathos, dato l’epilogo. Qui davvero sarebbero servite più parole: questo bosco umanizzato non può solo criticare, sicuramente soffre, fisicamente, sente la vita che sfugge.
Resta comunque un buon racconto, ricco perché il bosco è ricco e di cose da dire ne avrebbe.
Il bosco racconta di sé, e al contempo racconts dell’”uomo”, che non sempre si approccia a questo ambiente consapevole della sua importanza e di quanto poco il bosco abbia bisogno dell’uomo per sopravvivere, anzi sia il bosco a donare a piene mani, senza aspettarsi nulla in cambio che il rispetto.
Nel racconto c’è proprio tutta l’esistenza del bosco: il donare a uomini e animali, l’accogliere chi nel bosco vuol trovare un po’ di pace e vivere qualche giorno diverso, la protesta per gli scempi perpetrati…
L’unica nota stonata è il ritrovamento del corpo dell’uomo ucciso, o perlomeno la trovo stonato perchè il bosco non racconta quello che ha visto accadere. Con la frase “D’altronde avrei ben saputo se fossero stati sparati dei colpi.” è come se mancasse qualcosa, una frase che chiuda il cerchio di quest’episodio. Eh se mi avessere interrogato io avrei ecc. ecc.
Il finale è molto amaro, anche se un po’ affrettato, quasi che il finale stesso non potsse aspettare o essere gestito in più spazio, con maggior pathos, dato l’epilogo. Qui davvero sarebbero servite più parole: questo bosco umanizzato non può solo criticare, sicuramente soffre, fisicamente, sente la vita che sfugge.
Resta comunque un buon racconto, ricco perché il bosco è ricco e di cose da dire ne avrebbe.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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A mirella garba questo messaggio
Re: Funere mersit maturo
Faccio mio il commento di Resdei. Avevo una sensazione come quella che lei ha descritto, ma non riuscivo a spiegarla.
Il primo problema del racconto è quello: umanizza troppo il bosco, lo piega a considerazioni e impostazioni che non riesco a collegare a un'entità naturale magari centenaria, o anche più vecchia.
Il secondo problema, per me, è che la testimonianza di questo bosco-narratore non ci offre nulla di davvero originale, niente che ci faccia immergere nel punto di vista unico e profondo di una "creatura" del genere.
Se avessimo messo una telecamera nascosta su un albero, avremmo visto esattamente quanto il racconto descrive per carrellate: i caprioli, i lupi, gli sportivi, i gitanti, quello che butta la bottiglia di Coca-Cola e il motociclista imprudente.
L'unica cosa un po' fuori dalla norma, il cadavere crivellato, il bosco la salta a piè pari senza dirci nulla di realmente intrigante.
Un peccato, secondo me, vista la particolarità del narratore scelto e il potenziale che aveva nel trattare temi e argomenti seguiti da un punto di vista unico nel suo genere.
Infine, ma qui entra di nuovo in gioco la mia personale visione delle cose, la natura come luogo felice dove gli animali giocano e prosperano io l'ho vista sempre e solo nei cartoni Disney.
Là fuori, al di là della bellezza oggettiva di tanti luoghi naturali, io vedo più che altro sofferenza, paura, dolore, malattia. Sarà che ho una sensibilità particolare verso gli animali, ma trovo che la natura sia un posto veramente orribile nel quale nascere e vivere.
E' la stessa cosa che ho detto ad alcuni attivisti pro-animali, poco tempo fa, che non avevano apprezzato granché il mio aver comprato un animale esotico da compagnia (nato in allevamento, beninteso, non catturato in natura).
- "Gli animali vanno lasciati in natura, dove sono liberi e felici!"
- "Guarda mezzo documentario, neanche fino ai titoli di coda, e ti accorgerai che non c'è nulla di felice nella vita degli animali in natura."
- "Le sofferenze degli animali sono solo causa dell'uomo e se sostieni il contrario non hai una morale!"
- "Un'aquila che dilania a colpi di becco ricurvo un coniglio e che gli strappa le viscere mentre è ancora vivo ha decisamente meno morale di me e di buona parte dell'umanità."
- "Quello è del tutto naturale, la Natura funziona così!"
- "Perfetto, allora io ho deciso di risparmiare a QUESTO animale l'orrore di vivere in quel postaccio che è la Natura. Saluti."
Poi, si può essere d'accordo con me o con loro, non discuto di questo.
Ma che la Natura sia un bel posto, beh, parliamone.
Scusa autore, non volevo invadere il tuo spazio, mi è solo tornato in mente il breve e animato dibattito e sono un carattere un po' energico, in queste cose. Sai che con gli animalisti non è facile ragionare. E lo dico da amante degli animali.
Tornando al tuo racconto, i difetti li ho evidenziati.
I pregi sono sicuramente la scrittura attenta, buona, scorrevole, e un'impostazione del racconto tutto sommato efficace.
Il finale mi arriva un po' subitaneo e inaspettato. Lo avrei preparato meglio, o allungandolo un po' per far crescere la tensione (avevi ancora molti caratteri a disposizione) oppure creando qualche riferimento all'inizio, in modo da farne una struttura circolare.
Il primo problema del racconto è quello: umanizza troppo il bosco, lo piega a considerazioni e impostazioni che non riesco a collegare a un'entità naturale magari centenaria, o anche più vecchia.
Il secondo problema, per me, è che la testimonianza di questo bosco-narratore non ci offre nulla di davvero originale, niente che ci faccia immergere nel punto di vista unico e profondo di una "creatura" del genere.
Se avessimo messo una telecamera nascosta su un albero, avremmo visto esattamente quanto il racconto descrive per carrellate: i caprioli, i lupi, gli sportivi, i gitanti, quello che butta la bottiglia di Coca-Cola e il motociclista imprudente.
L'unica cosa un po' fuori dalla norma, il cadavere crivellato, il bosco la salta a piè pari senza dirci nulla di realmente intrigante.
Un peccato, secondo me, vista la particolarità del narratore scelto e il potenziale che aveva nel trattare temi e argomenti seguiti da un punto di vista unico nel suo genere.
Infine, ma qui entra di nuovo in gioco la mia personale visione delle cose, la natura come luogo felice dove gli animali giocano e prosperano io l'ho vista sempre e solo nei cartoni Disney.
Là fuori, al di là della bellezza oggettiva di tanti luoghi naturali, io vedo più che altro sofferenza, paura, dolore, malattia. Sarà che ho una sensibilità particolare verso gli animali, ma trovo che la natura sia un posto veramente orribile nel quale nascere e vivere.
E' la stessa cosa che ho detto ad alcuni attivisti pro-animali, poco tempo fa, che non avevano apprezzato granché il mio aver comprato un animale esotico da compagnia (nato in allevamento, beninteso, non catturato in natura).
- "Gli animali vanno lasciati in natura, dove sono liberi e felici!"
- "Guarda mezzo documentario, neanche fino ai titoli di coda, e ti accorgerai che non c'è nulla di felice nella vita degli animali in natura."
- "Le sofferenze degli animali sono solo causa dell'uomo e se sostieni il contrario non hai una morale!"
- "Un'aquila che dilania a colpi di becco ricurvo un coniglio e che gli strappa le viscere mentre è ancora vivo ha decisamente meno morale di me e di buona parte dell'umanità."
- "Quello è del tutto naturale, la Natura funziona così!"
- "Perfetto, allora io ho deciso di risparmiare a QUESTO animale l'orrore di vivere in quel postaccio che è la Natura. Saluti."
Poi, si può essere d'accordo con me o con loro, non discuto di questo.
Ma che la Natura sia un bel posto, beh, parliamone.
Scusa autore, non volevo invadere il tuo spazio, mi è solo tornato in mente il breve e animato dibattito e sono un carattere un po' energico, in queste cose. Sai che con gli animalisti non è facile ragionare. E lo dico da amante degli animali.
Tornando al tuo racconto, i difetti li ho evidenziati.
I pregi sono sicuramente la scrittura attenta, buona, scorrevole, e un'impostazione del racconto tutto sommato efficace.
Il finale mi arriva un po' subitaneo e inaspettato. Lo avrei preparato meglio, o allungandolo un po' per far crescere la tensione (avevi ancora molti caratteri a disposizione) oppure creando qualche riferimento all'inizio, in modo da farne una struttura circolare.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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A vivonic non piace questo messaggio.
Re: Funere mersit maturo
perdonami, ma proprio non riesco ad apprezzarlo.
per una serie di motivi, il cui pricipale è che lo trovo del tutto fuori tema.
mi spiego: il narratore onnisciente c'è, ma è il bosco stesso, quindi non lo vedo neutrale al racconto.
poi perché rendere umano il bosco? perché dire che è vecchio?
il bosco, come tutto quello che c'è sul pianeta, non si sente vecchio anche se lo è, non ha la percezione del tempo come noi.
per una serie di motivi, il cui pricipale è che lo trovo del tutto fuori tema.
mi spiego: il narratore onnisciente c'è, ma è il bosco stesso, quindi non lo vedo neutrale al racconto.
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Re: Funere mersit maturo
Il racconto è scritto bene, ma senza guizzi.
Alla fine si tratta di un elenco, piuttosto stereotipato, della varietà dei frequentatori del bosco: i buoni sono buoni, i cattivi sono cattivi.
Non mi ha disturbato che il bosco fosse presentato in prima persona: alla fine è quello che dà originalità alla storia.
P.S. Con le due ruote intendi quelli con la moto o anche quelli con la bici?
Alla fine si tratta di un elenco, piuttosto stereotipato, della varietà dei frequentatori del bosco: i buoni sono buoni, i cattivi sono cattivi.
Non mi ha disturbato che il bosco fosse presentato in prima persona: alla fine è quello che dà originalità alla storia.
P.S. Con le due ruote intendi quelli con la moto o anche quelli con la bici?
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Funere mersit maturo
Come richiesto dall'intervento di moderazione di Viv, modifico il mio commento a questo racconto, che credo sia quello che abbia suscitato l'intervento di moderazione.
Ci tengo comunque a sottolineare che io non intendevo assolutamente dire che il racconto non fosse ammissibile allo step: il CdL è sovrano in questa materia e io non mi volevo assolutamente permettere di metterne in dubbio le considerazioni e decisioni, che spesso sono prese per motivazioni che non sono tenuti a spiegare a noi.
Anzi, nella mia pluriennale esperienza nel forum ho visto che le decisioni del CdL sono sempre state improntate alla massima lungimiranza, in modo da rendere i concorsi il più possibile una esperienza positiva per tutti.
Mi dispiace se il mio commento ha suscitato problemi e malumori e mi scuso con l'autore se se ne è sentito offeso. Io ho semplicemente scritto una cosa che per me era naturale, senza però appunto entrare nel merito dei paletti o meno.
Dei paletti e dell'ammissione si occupa il CdL, tanto che io di solito nemmeno li nomino, in sede di commento. Questa volta mi è venuto così, perché fa parte delle cose che faccio per lavoro, quindi non ci ho nemmeno pensato tanto.
Modifico il commento e lascio la parte che va bene.
Apprezzabile questa personificazione del bosco, realizzata attraverso l’uso della narrazione in prima persona: un anziano che ripercorre la propria vita e sente di essere pronto ad accettare la fine prossima, anche se poi ha quasi un moto di ribellione.
Questa è una narrazione autobiografica.
Interessante l’uso di questo punto di vista, che riesce a trasmettere l’idea di uno sguardo un po’ malinconico ma anche benevolo verso chi ama il bosco e lo tratta con rispetto.
Ultima modifica di Arianna 2016 il Dom Mar 17, 2024 1:04 pm - modificato 2 volte.
Arianna 2016- Maestro Jedi
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Re: Funere mersit maturo
Un racconto che sembra più un articolo da giornale, tanto che non riesce a "prenderti".
Non riesce a coinvolgere emotivamente e, in alcuni brevi passaggi, riscontro un narratore un pochino troppo invadente.
Non riesce a coinvolgere emotivamente e, in alcuni brevi passaggi, riscontro un narratore un pochino troppo invadente.
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Re: Funere mersit maturo
Leggendo questo racconto mi sono chiesta: se fossi un bosco ragionerei così?
Credo di no, autore. Non mi sentirei mai vecchia, perchè nascerei e morirei di continuo e anzi, credo che non avrei nemmeno il concetto di tempo come lo intendiamo noi, ma qualcosa di più arcano e indefinibile.
La natura è benevola e al tempo stesso maligna, bellissima da togliere il fiato e crudele oltre ogni limite, ma tutto questo per il semplice fatto che fa ciò che deve essere fatto, senza interferenze sentimentali o di coscienza.
In questo racconto invece ho percepito un'umanità forzata, che non si addice a una forma vivente così complessa come mi posso immaginare un bosco.
Il racconto è ben scritto e scorrevole, ma il modo di riflettere del bosco non mi convince del tutto: in un certo senso umanizzando il bosco se ne svilisce l'importanza e la maestà.
Credo di no, autore. Non mi sentirei mai vecchia, perchè nascerei e morirei di continuo e anzi, credo che non avrei nemmeno il concetto di tempo come lo intendiamo noi, ma qualcosa di più arcano e indefinibile.
La natura è benevola e al tempo stesso maligna, bellissima da togliere il fiato e crudele oltre ogni limite, ma tutto questo per il semplice fatto che fa ciò che deve essere fatto, senza interferenze sentimentali o di coscienza.
In questo racconto invece ho percepito un'umanità forzata, che non si addice a una forma vivente così complessa come mi posso immaginare un bosco.
Il racconto è ben scritto e scorrevole, ma il modo di riflettere del bosco non mi convince del tutto: in un certo senso umanizzando il bosco se ne svilisce l'importanza e la maestà.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Funere mersit maturo
La storia è un po’ evanescente e non si può dire che succeda un granché. Né si può chiedere di approfondire lo spessore dei personaggi, visto che, a parte poche comparse umane, il protagonista è un bosco che dice cosa abbastanza banali (“Il lupo non è crudele: uccide per sopravvivere.”).
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Re: Funere mersit maturo
Ciao, Penna.
Non conoscevo "Funere mersit acerbo", nonostante abbia letto tanti componimenti di Carducci, e nemmeno il mezzo verso dell'Eneide, quindi ti ringrazio per avermelo fatto scoprire.
Il racconto è una raccolta delle memorie del bosco senza particolari colpi di scena. C'è un punto dove si sarebbe potuto inserire un colpo di scena ed è la scoperta del cadavere crivellato di colpi, ma non l'hai fatto e va bene così.
Nel complesso il racconto è un insieme di quadri in cui vengono rappresentate le scene ma non c'è una vera evoluzione né un conflitto. In mancanza di una trama non posso che ammirare le scene così come le hai dipinte.
Grazie e alla prossima.
Non conoscevo "Funere mersit acerbo", nonostante abbia letto tanti componimenti di Carducci, e nemmeno il mezzo verso dell'Eneide, quindi ti ringrazio per avermelo fatto scoprire.
Il racconto è una raccolta delle memorie del bosco senza particolari colpi di scena. C'è un punto dove si sarebbe potuto inserire un colpo di scena ed è la scoperta del cadavere crivellato di colpi, ma non l'hai fatto e va bene così.
Nel complesso il racconto è un insieme di quadri in cui vengono rappresentate le scene ma non c'è una vera evoluzione né un conflitto. In mancanza di una trama non posso che ammirare le scene così come le hai dipinte.
Grazie e alla prossima.
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Re: Funere mersit maturo
Piacevole. Il bosco è anche l'io narrante. Qualche guizzo narrativo l'avrebbe un po' ravvivato. Magari raccontare meglio la vicenda del cadavere nel bosco ritrovato avrebbe aiutato.
La cosa che mi ha più deluso è stato il finale. Non succede nulla (o succede tutto, a seconda delle opinioni) nel racconto e questo era il suo fascino, lascia che tutto continui a non succedere
La cosa che mi ha più deluso è stato il finale. Non succede nulla (o succede tutto, a seconda delle opinioni) nel racconto e questo era il suo fascino, lascia che tutto continui a non succedere
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Re: Funere mersit maturo
Credo che il difetto evidente di questo racconto sia la sua staticità. La narrazione è una carrellata di situazioni e personaggi, uomini e animali, che passano di fronte a qualcosa di fermo e immutabile. Non c'è una trama, una storia con un inizio e una fine, anche se il finale, con quel "mi stanno uccidendo", è una valida conclusione.
Sembra quasi che a parlare sia un albero, o almeno così me lo sono immaginato io: un grande albero rappresentativo di un intero ecosistema.
Trovo però repentino il passaggio al presente quando dice che la sua esistente sta volgendo al termine. Quando muori la vita ti passa davanti tutta insieme. Ma allora perché non usare il presente per tutto il racconto? Forse avrebbe dato un senso di eternità in un istante, l'onniscienza di chi vede il proprio passato, presente e futuro tutti nello stesso momento. Non so, magari dico sciocchezze, magari potrebbe essere uno spunto di miglioramento.
Dalla sua ha di esser scritto davvero in maniera chiara e di essere breve ed essenziale, minimalista.
interessante la scelta del narratore onnisciente.
Sembra quasi che a parlare sia un albero, o almeno così me lo sono immaginato io: un grande albero rappresentativo di un intero ecosistema.
Trovo però repentino il passaggio al presente quando dice che la sua esistente sta volgendo al termine. Quando muori la vita ti passa davanti tutta insieme. Ma allora perché non usare il presente per tutto il racconto? Forse avrebbe dato un senso di eternità in un istante, l'onniscienza di chi vede il proprio passato, presente e futuro tutti nello stesso momento. Non so, magari dico sciocchezze, magari potrebbe essere uno spunto di miglioramento.
Dalla sua ha di esser scritto davvero in maniera chiara e di essere breve ed essenziale, minimalista.
interessante la scelta del narratore onnisciente.
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Asbottino- Cavaliere Jedi
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Re: Funere mersit maturo
Posso dire? Insomma...
Senz'altro scritto bene, non male anche l'idea di far parlare il bosco. Eh, se tutti i boschi potessero parlare in effetti.
Il testo non sfonda perché l'ho percepito più che altro come la descrizione di una serie di immagini che si svolgono in un arco temporale scandito dalle stagioni: penso al risveglio degli animali in primavera, ai gitanti d'estate, ai cercatori di funghi in autunno e alla neve d'inverno. Poi salta fuori un tipo crivellato di colpi e infine i piromani che con il loro crimine attentano alla vita del bosco.
Comunque è stata una discreta lettura.
Grazie
Senz'altro scritto bene, non male anche l'idea di far parlare il bosco. Eh, se tutti i boschi potessero parlare in effetti.
Il testo non sfonda perché l'ho percepito più che altro come la descrizione di una serie di immagini che si svolgono in un arco temporale scandito dalle stagioni: penso al risveglio degli animali in primavera, ai gitanti d'estate, ai cercatori di funghi in autunno e alla neve d'inverno. Poi salta fuori un tipo crivellato di colpi e infine i piromani che con il loro crimine attentano alla vita del bosco.
Comunque è stata una discreta lettura.
Grazie
Molli Redigano- Maestro Jedi
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Re: Funere mersit maturo
L'ho trovato interessante. Mi sono immaginata, leggendo, che a raccontare fosse stato uno spirito che, girovagando per il bosco, fosse entrato talmente tanto in armonia con esso, da diventarne una parte...
Non so, mi ha dato queste vibes.
Non so, mi ha dato queste vibes.
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