Forse no, nemmeno
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Petunia
miichiiiiiiiiiii
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Forse no, nemmeno
Avete presente la libertà?
Forse no, ma avete presente una prigione?
Forse nemmeno, provate anche solo a immaginare cosa possa significare la libertà, essere liberi.
Forse anche poter solo respirare è libertà, perché la vita no, lei è simile a una prigione, simile all'Olocausto, lo sterminio degli ebrei e delle etnie da parte nei nazisti dal 1939 al 1945, tramutatosi in individualità oggi.
Per questo spaventa la libertà, tutti cerchiamo di respirare, o forse respiriamo e basta, ma tutti abbiamo paura di non riuscirci più, eppure non abbiamo paura di vivere.
E poi quando arriva quell'intramontabile notte, anche le prigioni più fredde ci sembrano piccole libertà, anche poter ricevere un pezzo di pane duro ci sembra una libertà enorme, così come poter dormire anche solo per pochissime ore in un letto, che letto alla fine poi non è.
Forse perché non ci rendiamo conto che siamo tutti imprigionati e che lo siamo sempre stati, le nostre anime lo sono; però così come il respiro, loro raggiungono la libertà una volta uscite dai nostri corpi, quando finalmente iniziano a vivere; durante le deportazioni, le violenze, i massacri, tutte le vittime, ma non parlo solo delle persone morte, mi riferisco alle infanzie distrutte, alle donne violentate, agli uomini costretti a inginocchiarsi e a quei poveri anziani derisi e umiliati, ai bambini non nati e a tutti i sopravvissuti, loro l'hanno raggiunta la libertà, secondo me, quella vera.
Le loro anime hanno raggiunto uno stato che non si sa se le nostre lo proveranno mai, così come quei nazisti, indifferenti all'amore, indifferenti alla vita, e così come tutti noi che facciamo del male, a volte anche senza accorgercene.
Noi non trattiamo i sentimenti, le emozioni, la libertà, come una meta, li trattiamo come cose e le cose non vanno raggiunte, le cose vanno prese, invece la felicità e il resto vanno raggiunte, si ci arrampica, si salgono scale infinite, si affrontano selve oscure e tramonti che sanno ben presto di albe.
Così raggiunta la meta desiderata, sentita come si sente la fame nell'ora di pranzo, sarà tutto più semplice e forse saremo liberi, ma non importa se non la dovessimo raggiungere, c'è tutta la vita per provare a essere felici, liberi, senza mai perdere la speranza, la forza d'animo, senza smettere mai di ricordare le catastrofi, causate per un motivo che non so spiegare e che mai sapremo accettare.
Terremo per sempre quell'amaro in bocca e così come ogni inizio ha una fine, una fine avrà sempre un nuovo inizio.
Forse anche poter solo respirare è libertà, perché la vita no, lei è simile a una prigione, simile all'Olocausto, lo sterminio degli ebrei e delle etnie da parte nei nazisti dal 1939 al 1945, tramutatosi in individualità oggi.
Per questo spaventa la libertà, tutti cerchiamo di respirare, o forse respiriamo e basta, ma tutti abbiamo paura di non riuscirci più, eppure non abbiamo paura di vivere.
E poi quando arriva quell'intramontabile notte, anche le prigioni più fredde ci sembrano piccole libertà, anche poter ricevere un pezzo di pane duro ci sembra una libertà enorme, così come poter dormire anche solo per pochissime ore in un letto, che letto alla fine poi non è.
Forse perché non ci rendiamo conto che siamo tutti imprigionati e che lo siamo sempre stati, le nostre anime lo sono; però così come il respiro, loro raggiungono la libertà una volta uscite dai nostri corpi, quando finalmente iniziano a vivere; durante le deportazioni, le violenze, i massacri, tutte le vittime, ma non parlo solo delle persone morte, mi riferisco alle infanzie distrutte, alle donne violentate, agli uomini costretti a inginocchiarsi e a quei poveri anziani derisi e umiliati, ai bambini non nati e a tutti i sopravvissuti, loro l'hanno raggiunta la libertà, secondo me, quella vera.
Le loro anime hanno raggiunto uno stato che non si sa se le nostre lo proveranno mai, così come quei nazisti, indifferenti all'amore, indifferenti alla vita, e così come tutti noi che facciamo del male, a volte anche senza accorgercene.
Noi non trattiamo i sentimenti, le emozioni, la libertà, come una meta, li trattiamo come cose e le cose non vanno raggiunte, le cose vanno prese, invece la felicità e il resto vanno raggiunte, si ci arrampica, si salgono scale infinite, si affrontano selve oscure e tramonti che sanno ben presto di albe.
Così raggiunta la meta desiderata, sentita come si sente la fame nell'ora di pranzo, sarà tutto più semplice e forse saremo liberi, ma non importa se non la dovessimo raggiungere, c'è tutta la vita per provare a essere felici, liberi, senza mai perdere la speranza, la forza d'animo, senza smettere mai di ricordare le catastrofi, causate per un motivo che non so spiegare e che mai sapremo accettare.
Terremo per sempre quell'amaro in bocca e così come ogni inizio ha una fine, una fine avrà sempre un nuovo inizio.
miichiiiiiiiiiii- Younglings
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Re: Forse no, nemmeno
Boh, mi sembrano un po' dei pensieri in libertà buttati lì e tenuti assieme da un'invettiva contro tutte le ingiustizie di questo mondo e dai nazisti (che tanto inserirli dovunque non fa mai male). È una sorta di flusso di coscienza troppo divagante per i miei gusti.
Ospite- Ospite
Re: Forse no, nemmeno
E io di questo tuo flusso di pensieri terrò quest’ultima frase:
“Terremo per sempre quell'amaro in bocca e così come ogni inizio ha una fine, una fine avrà sempre un nuovo inizio.”
“Terremo per sempre quell'amaro in bocca e così come ogni inizio ha una fine, una fine avrà sempre un nuovo inizio.”
Petunia- Moderatore
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A miichiiiiiiiiiii garba questo messaggio
Re: Forse no, nemmeno
Non voglio urtare la tua sensibilità, michiii, ma ritengo che qui non abbiamo un racconto ma uno sfogo, e per quanto possa essere condivisibile da x persone, non si tratta di un racconto.
Puoi trasformare questo testo in un racconto inserendolo in un contesto, aggiungendo dialoghi e personaggi, mantenendo il messaggio ma veicolandolo sul narrato. Allo stesso modo da questo pensiero puoi estrapolare un testo poetico modificando un po' il registro narrativo e prestando attenzione a metrica e musicalità.
Ora come ora lo considero un appunto, un canovaccio di qualcosa ancora in divenire.
Ele
Puoi trasformare questo testo in un racconto inserendolo in un contesto, aggiungendo dialoghi e personaggi, mantenendo il messaggio ma veicolandolo sul narrato. Allo stesso modo da questo pensiero puoi estrapolare un testo poetico modificando un po' il registro narrativo e prestando attenzione a metrica e musicalità.
Ora come ora lo considero un appunto, un canovaccio di qualcosa ancora in divenire.
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Hellionor- Admin
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Re: Forse no, nemmeno
Si, hai perfettamente ragione, è che non so ancora bene come funziona qui e così ho provato in questo modo, ma comunque posso provare, come dici tu, a trasformare questo mio sfogo in un testo poetico e inserirlo nella giusta categoria!Hellionor ha scritto:Non voglio urtare la tua sensibilità, michiii, ma ritengo che qui non abbiamo un racconto ma uno sfogo, e per quanto possa essere condivisibile da x persone, non si tratta di un racconto.
Puoi trasformare questo testo in un racconto inserendolo in un contesto, aggiungendo dialoghi e personaggi, mantenendo il messaggio ma veicolandolo sul narrato. Allo stesso modo da questo pensiero puoi estrapolare un testo poetico modificando un po' il registro narrativo e prestando attenzione a metrica e musicalità.
Ora come ora lo considero un appunto, un canovaccio di qualcosa ancora in divenire.
Ele
Grazie mille...


miichiiiiiiiiiii- Younglings
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Re: Forse no, nemmeno
In realtà non è che c'è da capire come funziona "qui", ma c'è da capire come funziona la scrittura. E in questo racconto di scrittura ce n'è. Il genere scelto per il racconto è il monologo, mi immagino una voce recitante sul palco. L'italiano mi sembra corretto ma ho dovuto leggere due volte per capire il senso del monologo. Magari è un limite mio, però alla prima lettura non mi era chiaro per alcune immagini se rappresentassero la libertà o la prigionia, non sapendo dove volessi andare a parare.
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Re: Forse no, nemmeno
Achillu ha scritto:In realtà non è che c'è da capire come funziona "qui", ma c'è da capire come funziona la scrittura. E in questo racconto di scrittura ce n'è. Il genere scelto per il racconto è il monologo, mi immagino una voce recitante sul palco. L'italiano mi sembra corretto ma ho dovuto leggere due volte per capire il senso del monologo. Magari è un limite mio, però alla prima lettura non mi era chiaro per alcune immagini se rappresentassero la libertà o la prigionia, non sapendo dove volessi andare a parare.
Io credo che la percezione deve essere personale, con questi miei "sfoghi", vorrei che il lettore trovi non la chiave di ciò che ha appena letto, ma la chiave della propria anima che apre questa "porta" se davvero sente questo bisogno... non so se mi spiego.
La vera domanda alla fine è tu come ti senti adesso? Libero o in prigione?
miichiiiiiiiiiii- Younglings
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Re: Forse no, nemmeno
Perdona la schiettezza, ma dopo questa risposta io non mi sento né libero né in prigione, ma semplicemente confuso. Più che altro, non che capisco di che porta tu stia parlando? Della mente? dell'anima? Io suppongo che l'intento dei tuoi sfoghi sia di agire in maniera maieutica sul lettore, ma questo in particolare, come ti è già stato fatto notare, è talmente un vortice di pensieri confusionari che è difficile riuscire a ricavarne una lezione perché non si riesce a comprendere dove vada a parare. Se un testo non è sufficientemente chiaro, come può aiutare il lettore a far chiarezza in se stesso?miichiiiiiiiiiii ha scritto:Achillu ha scritto:In realtà non è che c'è da capire come funziona "qui", ma c'è da capire come funziona la scrittura. E in questo racconto di scrittura ce n'è. Il genere scelto per il racconto è il monologo, mi immagino una voce recitante sul palco. L'italiano mi sembra corretto ma ho dovuto leggere due volte per capire il senso del monologo. Magari è un limite mio, però alla prima lettura non mi era chiaro per alcune immagini se rappresentassero la libertà o la prigionia, non sapendo dove volessi andare a parare.
Io credo che la percezione deve essere personale, con questi miei "sfoghi", vorrei che il lettore trovi non la chiave di ciò che ha appena letto, ma la chiave della propria anima che apre questa "porta" se davvero sente questo bisogno... non so se mi spiego.
La vera domanda alla fine è tu come ti senti adesso? Libero o in prigione?
Ospite- Ospite
Re: Forse no, nemmeno
Dovresti prima di tutto porti una domanda a cui questo monologo/flusso di coscienza vuole rispondere. Poi riorganizza il materiale in modo che il lettore capisca cosa vuoi rispondere alla domanda.
Per esempio: la libertà è una prigione?
I mezzi espressivi li hai, frasi pulite, lessico adeguato, grammatica rispettata. Penso che devi solo dare ordine ai pensieri.
Non ho capito la frase: tramutatosi in individualità oggi. Cosa si tramutà, la prigione, la vita, l'olocausto?
A risentirci presto con altri racconti o riflessioni.
mezzomatto- Viandante
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A miichiiiiiiiiiii garba questo messaggio
Re: Forse no, nemmeno
Dopo aver letto il tuo monologo mi sento come prima di averlo letto. Il motivo è che il monologo non mi ha dato un punto di vista diverso rispetto a quelli che conoscevo già.miichiiiiiiiiiii ha scritto:La vera domanda alla fine è tu come ti senti adesso? Libero o in prigione?
Non è una critica, è solo una constatazione. Probabilmente abbiamo percorso strade molto simili e quindi ho già scoperto i punti di vista che hai riversato nel monologo.
Comunque sia, la domanda non è "pertinente". La scrittura non è solo il concetto; anzi, è soprattutto il modo di esprimere il concetto. A volte si dice di qualche scritt-: "renderebbe interessante anche leggere la lista della spesa". Perché sul concetto si può essere o meno d'accordo; ma sulla scrittura no. Cioè, sì, si può essere o meno d'accordo anche su quella. Ma bisogna distinguere bene le due cose.
Re: Forse no, nemmeno
Ciao Miichiiiii,
c'è tanta passione in quello che hai scritto, tanto cuore.
Si sente che il tema ti sconvolge e t'infiamma e questo è un bene.
Ma scritto in questo modo non arriva al lettore: si percepisce un grande urlo, ma senza capire bene cosa stia urlando... Non so se mi sono spiegata bene...
Non basta dire che una cosa è brutta (con annessi e connessi) per farla percepire tale a chi legge: la scrittura è più sottile, deve scivolare addosso al lettore e serrarlo piano piano, scivolargli addosso senza che se ne accorga e avvolgerlo tutto fino a togliergli il fiato!
Come si fa?
Io non lo so, ma cerco in tutti i modi di legare il lettore a quello che scrivo, di tirarlo dentro il mio mondo per farlo uscire (spero!) arricchito da un'emozione.
c'è tanta passione in quello che hai scritto, tanto cuore.
Si sente che il tema ti sconvolge e t'infiamma e questo è un bene.
Ma scritto in questo modo non arriva al lettore: si percepisce un grande urlo, ma senza capire bene cosa stia urlando... Non so se mi sono spiegata bene...
Non basta dire che una cosa è brutta (con annessi e connessi) per farla percepire tale a chi legge: la scrittura è più sottile, deve scivolare addosso al lettore e serrarlo piano piano, scivolargli addosso senza che se ne accorga e avvolgerlo tutto fino a togliergli il fiato!
Come si fa?
Io non lo so, ma cerco in tutti i modi di legare il lettore a quello che scrivo, di tirarlo dentro il mio mondo per farlo uscire (spero!) arricchito da un'emozione.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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A miichiiiiiiiiiii garba questo messaggio
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