Lo scudo non pagato
«A trovarsi lestofanti e gran amatori a scapito di mariti ben cornuti polesi capitare che, tornando il maritino da lavoro e trovandosi nel letto tal protuberante e amoroso in atto con gentil consorte, la sorte voglia di scappar per strada tutto gnudo da capo a piè».
V’era un tal, a tarda sera, per strada tutto gnudo e, per la grande indignazione, li paesani avevano avvisato le autorità, che immantinente le guardie eran tutte in agitazione…
“Fermo lì tu che vai in giro a tal condizione”.
“E perché or mi si vieta pur la libera circolazione?” Rispose il villico viandante.
“Non ti sembra d’esser ‘si volgare a girar senza nemmen un pantalone?”.
“Giusto dice il mio collega almeno avessi le mutante!”.
“Han ragione i miei subalterni, ora pagar dovrai giusta e dura sanzione”.
“Esatto afferma il capo, son quaranta soldoni per non aver i pantaloni
e raddoppieranno se zelante non t’infili le mutante”.
“Quindi sai ora cosa t’aspetta e allor paga, briccone d’un uomo gnudo”.
“Vedano gentili guardie, a modo mio saria ben aitante d’aver almeno le mutante, ma per una vecchia contravvenzione tassata e non pagata rimasi così per strada e ora sono tanto gnudo perché non ho il becco d’uno scudo!”.
"Uhm... solo un attimo culleca capo, io cotesto gnudone lo cognosce, in paese ha fama di gran furbone e mandrillone”.
Fu così che, a uomo disfatto e scopertuto e per justizia al marito cornuto, i probi poliziotti lo presera due dietro e uno davanti e in circolo a mo’ di scudo lo cacciaron fora delle mura a quell'uomo tutto gnudo!
Fatto ch’ebbe riflession dovuta l’uomo gnudo, che di mestier faceva veramente il lestofante di bufale narrante, si trovò for delle mura e, cominciando a calar tal frescura estiva, azzampò un caprone che passava con certa premura e la situazione non lasciava scampo alla cesura.
“Signor caprone facciamo un patto da pecoro a necessario uomo ladrone”.
“Qual patto uomo tutta ciccia e senza nemmanco la pelliccia?”.
“Io ti toso senza pagare tutto quel pelo tuo setoso che a dir cagione te vedo sudar tutto il camicione e tu in cambio mi fornisci quel bel pelucchio con cui or ti pasci”.
“Mi sembra una giusta posizione… tu mi levi il caldo pelo e te ne fai un bel mantelo! E visto che veramente me sto a sudar il camicione accolgo questa tua proposizione, ma dimmi come farai a tosarmi che non hai forbice e nemmen panni?”.
“Uhm… facciam così io ti canto ninna nanna tu d’addormi beato e io chiamo un mio amico pastore che è pur gran tosatore e nulla sentirai di dolore”
“Ci sto umano gnudo, qua la zampa”
“Dormi, dormi bel caprone, ninna nanna ninna o mo il contropelo io ti fo”:
E bello che il caprone s’ebbe addormentato, il villico gnudone se lo cinse sul pansone e con siffatta armatura si recò per la tosatura.
“Egregio pastore, questo è un bel caprone addormentato, or se tu lo accoppi io te lo regalo, ma pria che tu l’abbi cucinato a me rendi il pelo tosato che io mi faccio un mantelo già indossato”.
“Se ho ben capito tu mi lasci il pecorone pell’arrostone e in cambio io lo toso e ti fornisco il caldo peloso”.
“Esatto pastor mio”.
“Ci sto qua la mano uomo gnudo”.
E fu ancor così che in un cesto grande grande il pastor lasciò una peluria abbondante, ma ora come far un bel mantelo da tanto codesto pelo?
L’uomo tanto zelante decise di andar da una cucitrice zitella e assai bruttarella che niun voleva in diletta sposarella.
“Gentil cucitrice, son qui a porle un baratto, io le regalo una notte d’amore e le mi cuce tutto sto pelo per farne un bel mantelo”.
“Vedo dalle sembianze protuberante uomo gnudo che un certo pensiero si pole fare, vinci dentro allora bel destriero!”.
E ancor una volta l’uomo gnudo ussì de fora con un bel mantelo tutto cucito de pelo e oltre al ringrazio del gran sollazzo pure in testa avea un bel copricapo e due calzate nove ai piedi che a guardarlo pareva proprio che fusse ricco che nun ti chiedi!
Decidette a tal modo vestito di far ritorno in città tutto impettito per trovar l’amata amante da cui era prima dipartito e per far questo il passo era tosto e parecchio andante.
Anco se dir abbisogna che, essendo che fubbe estate ed essendosi ello repente adattato al pelliccione per giusta e motiva nuda cagione, volendo andar a passo levato e tutto agghindato iniziò a menar sudore peggio d’un toro ngrifato.
E fato volle che le guardie, occhio di lince, lo videro in tal stato e col passo accelerato
tanto da destar sospetto assai fondato e poi quel gran puzzo di caprone che a lui s’era agguattato lasciava senza fiato…
Detto fatto li tesero un agguato e lo bloccarono bello che gabbato.
“Brutto lestofante a chi hai depredato codesta pelliccia puzzolente, di certo non è tua”.
“È tutta roba mia signore guardie son un morigerato mercante de pelli”.
“Fatte un po’ guardare signor mercante”.
E con mano lesta la guardia levò il copricapo al tal impelluccato
“Ma… io ti conosco lestofante, tu sei quello che contava della tassa non data. Bene allora per giusta pigione converrai che allor ti sequestro tutta questa tua agghindata come caparra della non pagata”.
Preso che l’ebbero lo lassiaron de novo tutto gnudo per la strada ma siccom legge dice che ci vol assai decoro quanno che vai per la contrada, tirandolo per un attributo, lo buttaron fuori del portone… dove ad attenderlo c’era l’anima del vecchio caprone armato d’un enorme randellone.
“Eh, caruccio mio non ce lo sai che a portar il pelliccione si ha indosso un bel puzzone, or, per esser pari, visto che non hai più il pelo io ti fo un bel contropelo!”.
E giù a randellate finì tutto in ossa frantumante il lestofante mandrillone che avea fregato il pelo al bon caprone!