Una sezione del tempo

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 Una sezione del tempo

Un vecchio palazzo baronale, piazza con chiesa venduta dal parroco, veduta gelateria con specialità limone fresco, odore di caffè…

Luoghi dell’anima corrono via, ci ritorni e non sei più te stesso, non sono come li ricordavi.
Un cane randagio fa il fantasma mentre tuo nonno ti sorride, lui gioca sempre a carte, nel pomeriggio, in un bar della piazza, proprio di fronte alla sezione del partito comunista.
S’ode da lontano un vociare di bicchieri e di bestemmie rivolte al malcapitato di turno, quello più stupidotto di tutti, bersaglio della compagnia d’amici.
Intanto il barbiere è sull’uscio a rimirar le corte gonne e il cliente dentro a borbottare tra crema da barba al naso e taglio alla double face con cresta a gallo sul capoccione.
Cosce e minigonne non sfuggono all’occhio vigile del sivigliano tagliator di barbe e capelli, poi tra un occhio di lince, un taglio di naso, un cerotto d’emergenza ecco che la vera passione si rivela, la
canonica partita a scala quaranta nel retrobottega col vigile senza divisa che fa la cresta sulle contravvenzioni e… tutto il resto è noia.

È la sera dei miracoli e, mentre un giovane fa a pezzi una canzone di Dalla, il vento del mare leviga le pietre sabbiose del palazzo comunale e, nell’amorfa vita del luogo, qualche luce illumina i locali che s’affacciano sull’agorà del paese, “a chiazza” dove il bicchiere vuoto si trasforma in pieno e il lampione viene preso in pieno, del volto...
Suona il vespertino e il prete è anch’egli sull’uscio a rimirar le “caruse”, due mandate al portone della chiesa, un scrollata alla tonaca usurata e usuraia e di corsa in canonica a far conti sulle entrate di quei due appartamenti affittati in periferia che non lo pagano mai puntuale...

Se ne va così il giorno dentro l’arco del castello, dove un tempo viveva la sezione del PC.
E se capitavi al momento giusto della sera ti davano pure dei pezzetti di carne al sugo, pane fresco
e un bicchiere di negroamaro, sì perché da sempre in politica se magna.
E poi vuoi mettere lo schianto di quelli della Dc, seduti a destra della piazza, che vendevano solo gelati confezionati dell’Alemagna e a loro non restava altro da fare che guardare quel sugo rosso scolante sui piatti e… lentamente la bava gli scendeva dalle labbra sino alla camicia bianca con le maniche arrotolate su un gomito rugoso, come le cortecce degli ulivi.

I pezzi di Flash sono inconfondibili. Riesce sempre a caratterizzare una persona, un luogo, un momento (una "sezione del tempo", appunto) con poche parole ma decisamente buone; riesce sempre a strappare un sorriso, una risata, a trasformare malinconia e/o nostalgia in qualcosa di frizzante, vivo, coinvolgente.
Qui, la piazza del paese (l'agorà) è reale, tangibile, carica di personaggi a tutto tondo. E l'atmosfera è quella tipica di una cittadina quasi guareschiana con tanto di "sezione" del PC che fronteggia quella degli odiati/amati dicciniani vestiti a festa, in camicia bianca, ma, in fondo, apparentati ai "comunisti" dal duro lavoro ("un gomito rugoso, come le cortecce degli ulivi").
Ciliegina sulla torta, il prete venale dalla "tonaca usurata e usuraia".
Poi, per rendere il piatto ancora più gustoso (non bastassero i "pezzetti di carne al sugo"), ecco le citazioni musicali ("tutto il resto è noia"; "la sera dei miracoli" [anche se, per la precisione, Dalla parla di "notte dei miracoli"]): citazioni precise, non certo buttate là a caso.
C'è una sola frase che modificherei, invertendo "vuoto" e "pieno" ("il bicchiere vuoto si trasforma in pieno e il lampione viene preso in pieno"). Secondo me, se dici "il bicchiere pieno si trasforma in vuoto e il lampione viene preso in pieno" rendi meglio l'idea di chi si sbronza e va a schiantarsi contro un palo.
A parte questa piccolezza, una lettura piacevolissima.
M.

Ciao Mark grazie di cuore per la precisa lettura e per il generoso commento.  Ormai certe realtà vivono solo nei ricordi. Giusta la precisazione del bicchiere che calza a pennello come indichi. Sul vuoto io intendevo usare metafora non troppo sul vino ma sul fatto che in piazza gli uomini meno fortunati cercavano lavoro dai padroni terrieri. Quindi il loro vuoto si riempiva con qualche soldo d'ingaggio salvo sbattere la testa con la tirchiaggine e avarizia del padrone "pieno" di sé come un lampione che fa luce.
Su Dalla il testo della canzone dice proprio "la sera dei miracoli".

Hai ragione Flash. Dice proprio sera e non notte. Mi ero frettolosamente basato su una cover fatta da un gruppo che, non so per quale motivo, aveva inserito la parola notte. 
Grazie
M.

Una vecchia foto color seppia, un vecchio quadro di borgata pieno di dettagli che prendono vita grazie al tuo scritto. Piacevole e malinconico al punto giusto.

Complimenti! Leggendoti si rivive un mondo.

L'avevo già letto.
Immagini veraci che accolgono e rassicurano il lettore senza cercare di stupirlo a tutti i costi. Pure gli odori perdono il loro potere. Nessuno si sogna di essere stanco, in quel posto ci devi stare e basta e il confronto politico quasi non esiste.
Grazie Gian per essere così vero e commestibile.