- L’eremita del sangue parte 1 - Martin della Cappa:
- Spoiler:
- Il muro di parole, come già ti ha segnalato Achi, rende pesante la lettura.Ho letto solo perché ho visto che il testo non era troppo lungo altrimenti non avrei neppure tentato. Di questo devi tenere conto.Come genere propenderei per un fantasy. L’incipit al momento ti è funzionale, ma se proseguirai nella storia non piangerà nessuno se lo rimuoverai. Una infinità di racconti partono così quindi meglio cercare una strada più originale.Per quanto riguarda la scrittura, comprendo che lo stile può essere consono al narrato. Tuttavia trovo che ci sia un uso sovrabbondante degli aggettivi che rallentano parecchio la lettura e, alla lunga, stancano. Ti segnalo alcuni punti.afferrava la calda lana (trovo ridondante l’uso di calda)
panciolle…ma (dopo i puntini di sospensione ci vuole sempre lo spazio. Questo è un errore)
sempre: se c’è un conflitto non mi ci ficco! (In questo caso potevi usare le virgolette alte oppure il corsivo per esprimere il pensiero.)
suoi occhi vispi notarono un flebile filo di fumo levarsi da oltre la sommità della collina e stagliarsi esile e leggero su uno sfondo di pallide nuvole grigie. (Questo è un altro esempio di “frase eccessiva”)
Tuttavia, egli non ebbe nemmeno il tempo di pensare che forse ancora una volta le sue speranze erano state disattese, che i suoi sensi gli vennero meno: la sua mente annebbiata dall’inedia e il suo corpo provato dalla fatica non avevano retto
Troppi aggettivi possessivi rallentano e non servono.
Scusa se ti ho fatto un po’ di pulci, ma l’intento è quello di esserti utile.
Il mio nome è Nubet Heptari-Tahdis e questa è la mia storia.
Amon Ra mi è testimone che tutto quello che sto per dichiarare è solo la verità e la mia anima, leggera come una piuma, non teme la bilancia di Anubi il castigatore.
Da piccola abitavo con la mia famiglia in una modesta casa in prossimità della riva del sacro Nilo. Eravamo felici: mio padre lavorava nei campi ed era esperto nel prevedere le piene per la coltivazione del grano e mia madre accudiva i miei fratelli più piccoli e mi preparava al futuro di moglie.
«Luxtari, si dice che il gran visir Senhiraat verrà presto in visita in questa regione»
disse una sera con aria preoccupata mio padre.
«Vorranno aumentare le tasse. Già pretendono quasi tutto il raccolto.»
«È così. E la piena quest’anno non sarà buona...»
«È perché non abbiamo sacrificato abbastanza. Hethor, amore mio, dobbiamo adottare un gatto. È sacro, ci proteggerà e intercederà per noi presso Il grande Amon Ra.»
Fu così che nel giro di qualche giorno la famiglia si allargò. Mio padre, l’umile contadino Hethor Heptari-Tahdis, si presentò con una gattina cui fu posto il nome di Nefti, letteralmente “la padrona di casa”. E il nome fu rispettato in pieno.
Quel felino godeva delle attenzioni riservate a un dio. Per conquistarsi la protezione di Bastet era sufficiente voler molto bene al suo piccolo rappresentante terreno: non fargli mai del male. E, naturalmente, viziarlo con ogni squisitezza: Nefti era la prima a essere servita con il pasto più abbondante. Io e mia madre, le altre due femmine di casa, spesso restavamo senza cena.
I miei fratellini impazzirono per quel batuffolo rossiccio. Io, al contrario, provai fin dal primo giorno un senso di disagio: quegli occhi verdi come giada mi fissavano ostili. Cercavo di evitarla, ma, appena mi vedeva, da quella bocca usciva un soffio terrificante.
Una sera, temendo che la piccola dea mi balzasse addosso per conficcarmi gli artigli nel viso, con un salto schizzai sopra il tavolo sui cui era accesa una lampada a olio...
Il fuoco divampò in un attimo. Il fumo acre mi faceva lacrimare gli occhi e non riuscivo a respirare. Sentivo solo mio padre che gridava come impazzito:
«Nefti, mia dea, dove sei? Che nessuno esca da qui finché non l’avrò trovata e messa in salvo!»
Lo confesso, quella sera disubbidii a mio padre: cercai di salvarmi senza pensare alla gatta che non si trovava. Ma Nefti si era già messa in salvo da sola.
Fu così che rimasi orfana: morirono tutti per cercare di mettere in salvo quell’animale.
A un tratto la sentii soffiare alle mie spalle. Gli occhi come fessure brillarono illuminate dal fuoco che stava ancora divorando la mia vita e i miei affetti. Raccolsi quel poco di coraggio che mi restava e afferrai un palo infuocato.
Bastò un solo colpo sferrato con tutto l’odio di cui disponevo a finirla: non le diedi il tempo di reagire tanto l’azione fu fulminea. Poi, esausta, crollai sopra quel corpicino peloso.
Quando mi ripresi mi trovai nientemeno che al cospetto dell’alto funzionario Senhiraat.
Uccidere un gatto era un reato gravissimo punito con la morte.
Attendevo dunque di essere condannata, mentre egli si dimostrò molto gentile.
Era dispiaciuto della disgrazia occorsa alla mia famiglia e soprattuto scoprii che aveva molta simpatia per me credendo che io avessi fatto il possibile per salvare la vita a quella gatta. Secondo quanto gli era stato riferito, avevo cercato di proteggerla dalle fiamme col mio stesso corpo rischiando la mia vita per lei.
«Qual è il tuo nome?»
«Nubet. Nubet Heptari-Thadis» risposi con un filo di voce inchinandomi.
«Da oggi ti chiamerai Nefti Nubet Heptari Bastet poiché hai trovato grazia presso la dea.»
Riuscivo a malapena a reggermi in piedi. Immaginai che la dea mi ritenesse degna delle più atroci maledizioni per il delitto che avevo commesso, altro che grazia.
«Mio signore, questo è un onore troppo grande per una umile serva come me.»
«Taci. Così è deciso.»
Poi, con un cenno del capo, chiamò a sé una donna che mi parve bellissima nel suo kalasiris leggero.
«Nefti Nubet Heptari Bastet, ti affido alla sacerdotessa Mutnofret, consacrata alla dea Bastet. Vi prenderete cura dei gatti destinati a proteggere le case dei nobili. Ora, andate!»
Non avevo ancora avuto modo di piangere la morte dei miei familiari i quali avrebbero avuto un destino atroce anche nel regno dei morti. Nessuna cerimonia, nessun amuleto per loro. Distrutti per colpa di un maledetto gatto, un animale che ho sempre odiato e che sempre odierò. Questa era la punizione di Amon Ra, ne ero certa.
Mutnofret parve leggere nei miei pensieri e quando fummo sole, mi parlò:
«Il nostro compito è quello di compiacere la dea Bastet alla quale siamo consacrate, ma ho visto il dubbio nei tuoi occhi.»
«Mia signora, temo per la sorte della mia famiglia. Non potranno mai trovare pace.» risposi scossa dai singhiozzi.
«Appena giunte al tempio, sacrificheremo per loro. La dea sa essere generosa con chi la onora.»
Mutnofret tenne fede alla promessa e io, mi ritrovai nell’unico posto sulla terra dove non avrei mai né voluto né potuto stare.
La sola vista di quei felini mi dava il tormento, tutto il mio essere rifiutava il benché minimo contatto. La sacerdotessa era costernata. Non c’era un solo animale che io potessi avvicinare senza scatenare un putiferio. Ma gli ordini del visir dovevano essere rispettati.
Una sera, dopo l’ennesima crisi, Mutnofret volle parlare di nuovo con me.
«Nubet, è evidente che non puoi prestare i tuoi servizi in questo luogo sacro.»
Restai a capo chino trattenendo il respiro, la punizione divina era inevitabile.
«Stanotte ho fatto un sogno, la dea mi ha parlato» proseguì soppesando le parole. «Domani sarai trasferita a Bubastis. Ti occuperai di dare degna sepoltura ai nostri gatti, emissari della volontà della dea sulla terra. Li preparerai per il grande viaggio di ritorno tra le braccia di Bastet.»
Bubastis è la città sacra a Bastet e la più grande necropoli per i miei odiati gatti. Essere sepolti a Bubastis è un privilegio che tocca ai gatti dei più nobili.
Ho imparato a mummificarli, proprio come si fa con i faraoni perché si dice che la mummificazione garantisca all’animale di raggiungere la vita nell’aldilà da vivo.
Certo non posso certo permettere che questo avvenga.
Per questo non faccio proprio le cose come mi hanno insegnato: lascio parte delle viscere dentro al corpo e le chiudo dentro a una striscia di lino insieme a un bel pò di segatura. Nessuno se ne accorge, anzi le mie mummie si presentano così bene che sono molto apprezzata nel mio lavoro.
Non ringrazierò mai abbastanza Amon Ra per questa nuova e appagante vita che chi mi ha concesso e confesso che, in realtà, mi trovo molto bene con i gatti quando sono... morti.
Ultima modifica di Petunia il Mar Feb 09, 2021 2:20 pm - modificato 2 volte.