Mojave Ghosts
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Mojave Ghosts
Mojave Ghosts
– Dove cazzo sei? Rispondi, maledizione! Devo vederti!
Beatrice, con voce strozzata, lascia l’ennesimo messaggio vocale a Giulia: – Ti aspetto al Café de Paris. È urgente, cazzo, vieni subito!
L’aria del pomeriggio è ancora tiepida, sebbene l’autunno abbia fatto da giorni il suo ingresso. Solo un vento improvviso turbina le foglie lungo il marciapiede, facendone cadere altre dai platani lungo il viale.
Beatrice entra nel locale ansimando, in preda a una crisi respiratoria simile ad altre, negli ultimi tempi sempre più frequenti. È una bella ragazza, giovane, di appena una trentina d’anni, alta, capelli lunghi e castani. Semplice, ma che comunque non passa inosservata, sebbene indossi quasi sempre abiti larghi e scarpe basse.
Percorre tutta la sala e si siede a uno dei tavolinetti in ferro stile liberty in fondo, da cui riesce a vedere la porta d’ingresso.
Conosce bene quel bar, dove più di una volta si è rifugiata, in preda alle sue angosce, senza sapere perché, per lei, sia così rassicurante. Forse le pareti verde salvia, con le foto d’altri tempi in bianco e nero, gli specchi dentro semplici cornici, hanno qualcosa di vagamente familiare. O perché la luce calda e soffusa l’accoglie, in qualsiasi ora del giorno, in un morbido abbraccio. Anche quando il locale è pieno di gente, i rumori non sono fastidiosi, è come se in quel posto l’aria fosse assorbente, come certe carte che eliminano il superfluo, quando c’è.
Da quando è entrata chiama in continuazione il numero dell’amica, ma dopo due squilli scatta la segreteria.
Un cameriere, che le sembra di non aver mai visto, le si avvicina e lei ordina un gin tonic, con poco ghiaccio.
Lo sguardo percorre sempre lo stesso tragitto, dalla porta al cellulare, entrambi muti, due bocche serrate.
Un gesto della mano e un secondo bicchiere si materializza sul marmo del tavolino. Beatrice finisce l’ultimo sorso quando dall’ingresso entra Giulia che la vede e le corre incontro.
– Scusa Bea. Ero in riunione… Non potevo rispondere. Ho sentito i messaggi e mi sono precipitata. Ma cosa è successo?
– È terribile! Io non so nemmeno come dirtelo, da dove cominciare, ma tu devi credermi, tu mi devi aiutare! – le dice abbracciandola forte, le mani strette nelle sue, mentre continua a tremare.
– Ma che ti prende? Calma, stai calma! Adesso ci sono io, tranquilla. Ora ti siedi e mi racconti ogni cosa.
Giulia si toglie con un movimento lento il trench e lo poggia, insieme alla borsa, sulla sedia accanto, con un gesto rassicurante a significare che è lì per ascoltarla.
Beatrice porta alle labbra il bicchiere, sollevandolo per far scendere le ultime gocce rimaste sul fondo e un po' di coraggio, poi si avvicina all’orecchio dell’amica e le sussurra, con voce lenta: – Giù, sono ovunque. Mi seguono, mi spiano, vogliono farmi del male, vogliono uccidermi! Non so chi sono, sembrano diversi…e io li vedo ovunque.
– Ma chi? Di chi stai parlando? – chiede, guardandosi intorno per scorgere qualche segnale che, entrando, le è sfuggito.
– Li vedo riflessi negli specchi, in bagno, in macchina, sulle vetrine per strada, nei camerini dei negozi, dentro l’ascensore. Mi guardano, e so che aspettano il momento giusto per uccidermi!
– Aspetta, frena un attimo! Ma chi? Ma cosa cazzo dici!
Giulia si allontana appena, si sistema meglio sulla sedia, come per riprendere fiato e la giusta distanza. Poi tenendo tra le mani la testa dell’amica e guardandola dritto negli occhi, le chiede: – Mi spieghi cosa sta succedendo? Guarda come ti sei ridotta! Da quanto tempo non vai da un parrucchiere? Hai gli occhi cerchiati, le unghie mangiate fino all’osso, puzzi di alcol, tremi come una foglia.
Poi annusando i bicchieri: – Ma che fai? Bevi super alcolici alle sei del pomeriggio? Ti rifai di coca?
– Che dici? Lo sai che ho chiuso con quella roba.
– Allora prendi farmaci, antidepressivi, tranquillanti? Da dove cazzo ti vengono queste allucinazioni?
– Non lo so, Giulia, – si sgancia dalla presa dell’amica e passa una mano tra i capelli, arruffandoli ancora un po' – Ma non sono allucinazioni! Li vedo veramente! – conclude alzando la voce.
Giulia la fissa, non le piace quello sguardo impaurito, non le piacciono le cose che dice.
– Ascoltami Bea… – inizia con tono pacato, ma l’altra la interrompe subito.
– Non mi parlare con quel tono accondiscendente! Non mi trattare come se fossi
matta! – urla.
Nel locale in molti si voltano verso di loro: una coppia di anziani borbotta scuotendo la testa, un gruppo di ragazze le indica ridendo e a una bambina, impaurita da quel grido, sfugge il gelato di mano che si spiaccica sul pavimento. La sala si riempie con il pianto della piccola, mentre la madre cerca di consolarla.
Beatrice guarda le persone sparse nel locale, gli occhi si sgranano, il volto impallidisce.
– Bea, calmati! Stai dando spettacolo! – l’ammonisce Giulia.
Beatrice si prende la testa tra le mani, disperata.
– Non capisci, nessuno mi può capire!
– Bea, io…
Ma l’altra tira su il volto e le serra un braccio: – La vedi quella coppia d’anziani? – sibila all’amica. Giulia si volta, li guarda e si affretta a fare di sì con la testa.
– Ieri sera li ho visti riflessi nel vetro della metropolitana.
– Non credo che…
– E quelle ragazzine? Le vedi? Le vedo ovunque, sempre insieme, sempre a sbirciare verso di me e sghignazzare.
– Smettila!
Ma Beatrice non può farlo, presa nella foga di raccontare tutto.
– E quella bambina? L’hai vista bene? Ha gli occhi di due colori diversi. Lei è quella che appare più spesso: la vedo dappertutto, su ogni cazzo di superficie riflettente… Lei deve essere il capo.
– Bea, ma cosa dici? Mi stai spaventando!
– Giulia, devi credermi! Sono tutti qui per me! Vogliono qualcosa!
– Adesso basta!
– No, smettila tu di non credermi! Sto impazzendo, aiutami!
Beatrice scoppia a piangere, l’amica si alza e l’abbraccia.
– Certo che ti credo, ma hai bisogno di qualcuno che ti aiuti. Ci vuole uno specialista che…
– No! – si alza di scatto e la sedia cade all’indietro con un rumore tremendo.
– Non sono matta! – urla ancora più forte con gli occhi spalancati e la bocca tremante, – Va’ al diavolo! – e corre via.
Gli specchi propongono la sua corsa da decine di angolazioni diverse.
– Bea! – la chiama l’amica prima di correrle dietro. Un attimo dopo non ci sono più; dalla porta lasciata aperta entrano alcune foglie morte che il vento si diverte a far danzare prima di dimenticarle in un angolo del locale.
Al Cafè de Paris cala il silenzio: le ragazzine smettono di ridacchiare, gli anziani appoggiano le tazze del tè sul tavolo, il cameriere abbandona il vassoio sul bancone.
Poi tutti si voltano verso la bambina.
La piccola si massaggia una tempia con la mano tenendo gli occhi chiusi, poi li spalanca all’improvviso. Un lampo attraversa le iridi dai colori contrastanti.
– Andate – bisbiglia e tutti si precipitano fuori. Con lei rimane solo la madre che si mette più comoda sulla sedia e sorseggia lentamente il suo caffè.
– Tosta questa Beatrice, non trovi? – chiede la donna.
La bambina annuisce, si porta alle labbra il bicchiere e lo svuota in un attimo. Nel collo un pomo d’Adamo che non dovrebbe esserci sussulta in maniera vistosa. Sulle labbra rimane un po' di succo prima che la lingua biforcuta lo faccia sparire. Poi sorride.
Per un attimo lo specchio che ha di fronte coglie la sua vera immagine e subito dopo si crepa con uno scricchiolio sinistro. La crepa si arrampica su tutti i muri, attraversa gli specchi appesi e li fa esplodere uno alla volta.
– È per questo che l’ho scelta – afferma l’essere che sembra una bambina, mentre coriandoli di vetro volteggiano tutt’intorno, brillando di riflessi infuocati.
Giulia si ritrova per strada ma, nonostante abbia seguito Beatrice il più in fretta possibile, non riesce a vederla.
Si dirige a destra, in direzione dell’abitazione dell’amica, le sembra la destinazione più logica.
Svolta ancora a destra, imbucando una stradina che percorrono spesso per tornare a casa e infatti le pare di sentire il suo profumo, un costosissimo Mojave Ghost, impossibile da confondere.
Un grido secco e acuto squarcia l’aria, e Giulia non dubita nemmeno per un secondo che si tratti dell’amica. Inizia a correre, l’abitazione di Beatrice è ormai vicina, ma quando gira l’angolo i capelli le si rizzano in testa.
Beatrice è a terra proprio davanti la porta di casa sua e, a un paio di metri di distanza, accovacciata sulle gambe, c’è la bambina che ha visto prima al Café de Paris.
E ci sono anche tutti gli altri, dalla coppia di pensionati alle tre ragazzine odiose.
– Ma cosa cazz…
Beatrice si gira a guardare l’amica, gli occhi solcati dalle lacrime, fa un gesto con la mano come per fermarla.
– Ti prego, Giulia – dice, tirando su col naso e facendosi forza – vattene via da qui. Corri, scappa. Loro non sono quello che sembrano.
In pochi, lunghissimi secondi, Giulia capisce che l’amica non ha avuto nessuna allucinazione, anche se ancora non sa cosa stia succedendo. Ma decide di non indietreggiare.
– Io non vado da nessuna parte senza di te. – risponde, con la voce più ferma che riesce ad avere.
Beatrice la guarda con riconoscenza.
– Loro non sono…
In quel momento la bambina appoggia le mani a terra, come fosse un cane. Si dirige verso le due donne, si avvicina all’orecchio di Giulia, che cerca di non voltarsi per guardarla. Sente il suo respiro sul collo, e una puzza incredibile di piscio.
– Lei deve venire con noi. – le sussurra, riferendosi a Beatrice – Scappa, sei ancora in tempo.
Poi le lecca l’orecchio, lentamente, con la lingua biforcuta.
Giulia spinge via la bambina e si rizza in piedi, furente.
– Ma che cazzo vuoi? Che cazzo volete, bastardi? Lasciateci in pace, o chiamo la polizia! – urla, con tutte le forze, i pugni chiusi fino a farli diventare bianchi.
La bambina striscia indietro senza cadere, poi si rimette carponi e comincia a mutare.
Il barman cade in ginocchio e inizia a mutare anche lui, e tutti gli altri fanno la stessa cosa. Si muovono in maniera innaturale, con un gran rumore di giunture e ossa che si spostano.
In meno di un minuto tutti diventano lupi, o qualcosa di molto simile.
La bambina è il più grosso, sta a capo del branco che si avvicina latrando alle due donne.
– Merda! – esclama Giulia, terrea in viso.
Si gira verso l’amica e la vede in piedi, la mano nel petto, lo sguardo determinato.
Beatrice fa qualche passo avanti, frapponendosi fra i lupi e Giulia.
– È tutto vero allora, figli di puttana!
La bestia che ha assunto le sembianze di una bambina sembra sorridere.
– Non puoi più fuggire, Hok’ee. Verrai con noi, o morirai.
Beatrice tira fuori dalla giacca un ciondolo che porta al collo, e lo mostra. Una specie di ampollina con della polvere dentro.
Il branco fa qualche passo indietro.
– Io non vengo con voi, brutti stronzi. Se vi avvicinate ancora la uso, potete giurarci. Adesso ricordo, adesso so chi siete.
I lupi ringhiano di rabbia, sbavando ovunque. Ma non attaccano, e infine sembrano rinunciare.
– Forse, ma non puoi fermarci. Devi scegliere, o noi, o muori. – dice il lupo al comando.
Si volta e si allontana, seguito dagli altri.
Il fetore di piscio ammorba l’aria. Inizia a piovere.
Pochi secondi ansiosi e Giulia si mette muso a muso con Beatrice:
– Ok, cosa cazzo è appena successo? Cosa è…
– Giulia, calmati!
– Io sono calmissima, Cristo, ma tu devi dirmi cosa succede. Cosa sono quelle cose?
Beatrice fa un sospiro profondo, poi fissa gli occhi in quelli dell’amica.
– Sono Skinwalkers!
– Ne so quanto prima, ma il fatto che abbiano un nome che li identifichi non lo trovo rassicurante.
– Sono mutaforma navajo, cattivi e spietati. Sono qui per me, per uccidermi. Ma la verità è che non lo so. So davvero poco di tutta questa storia, so solo che mi riguarda, essendo io stessa della stirpe navajo.
Giulia guarda a lungo l'amica. Sembra più forte, sembra essersi trasformata in un’amazzone in pochi minuti, e questa cosa la spaventa ancora di più.
– Quindi li conosci?
– In un certo senso. I navajo sono una gigantesca famiglia, e loro ne sono le pecore nere. Gli Skinwalkers hanno stretto un patto con il demonio, e la nostra tradizione narra che per unirti a loro devi compiere un sacrificio di sangue.
– Niente corsi di Bon Ton?
– Temo di no. Mia nonna mi ha sempre detto di fare attenzione a loro e, se mai li avessi incontrati, di usare questo amuleto. Non mi ha mai voluto dire cosa ci fosse dentro, polveri sacre le definiva lei. So che con questo posso affrontarli. Lui mi guiderà. Sono arrivati fin qui per me, l'unico modo per sfuggirgli è uccidere quella piccola. Lei è il capo.
– Ti preferivo quando ti facevi di coca, a conti fatti. Andiamo dai, vengo anche io.
– Meglio di no. Non vorrei trovarmi costretta a fare qualcosa contro di te. Devo andare sola. Al Café de Paris. Tu aspettami a casa, e se non torno, brucia tutto, ok?
Mentre pensa ma tutto cosa, Giulia guarda l'amica allontanarsi a passo svelto, e prende una decisione: se ne fotte dei navajo, degli skinwalkers e di tutte quelle cose spaventose. Non può lasciare l’amica da sola.
La vede entrare nel locale e la segue, riparandosi nella penombra che sembra avvolgere ogni cosa. Se la sente scivolare addosso come un mantello, pesante e scuro.
Sono loro, pensa, sono già qui.
L’odore fortissimo di urina conferma il suo pensiero
Beatrice è al centro della sala, le braccia verso l’alto, i capelli smossi da un vento innaturale che sembra arrivare dal pavimento. Canta. Una nenia che sembra partire dal centro del suo corpo, che fende la penombra e mostra il piccolo esercito di mutaforma seduti sopra il bancone, la bambina al centro. Ride, tra gli specchi crepati, facendo oscillare il volto tra forma animale e forma umana, in una smorfia grottesca.
Beatrice è altrove, e il suo canto piano piano fa breccia nella risata della bambina che si spegne, congelando il suo volto nella forma umana di un piccolo viso innocente inondato di lacrime.
– Abbiamo bisogno di te.
Dice la bambina, con una voce da bambina.
– Si è aperta la crepa, per chiuderla serve sangue. Un sangue prezioso, come il tuo, ultima della tua stirpe. La tua discendenza ti rende la prescelta. Se tu vieni con noi, noi viviamo. Se tu muori, noi viviamo. È semplice, non credi?
Ma Beatrice non sente o non ascolta, continua a cantare come in una trance antica che non può controllare, e il suo canto agisce come un anestetico su quelli che adesso sembrano solo uomini e donne seduti sul bancone, a circondare una bambina che piange.
Senza fermare la sua nenia, Beatrice si avventa con un balzo inaspettato, afferra la piccola al collo e le caccia in gola l’amuleto, spingendolo con forza.
Il piccolo corpo sussulta ma cede subito, con un gemito animale.
I corpi degli altri, nel momento in cui la bambina esala l’ultimo respiro, si accasciano come mucchi di stracci, alcuni scivolando giù dal bancone con uno scrocchio.
La voce di Beatrice è l’unico rumore che si sente nel locale; Giulia esce dalla penombra, che ora è leggera come un velo, e prende sottobraccio l’amica, aiutandola a indietreggiare. Un sentore di Mojave Ghost le avvolge come un abbraccio.
Bea smette di cantare, guarda Giulia negli occhi, e fa un sorriso che sembra quello di una vendicatrice: – E adesso, bruciamo tutto.
Beatrice e Giulia un locale come il Cafè de Paris non lo avevano trovato più. Quell’atmosfera retrò, quel servizio cortese, quella discrezione d’altri tempi, quei deliziosi dettagli liberty.
Un vero peccato.
Resdei- Cavaliere Jedi
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Re: Mojave Ghosts
Il racconto è bello e coinvolgente e i pezzi sono molto ben amalgamati tra di loro, tanto che non si nota alcuno stacco tra le varie parti.
A voler fare le pulci, l'unica cosa che mi sembra leggermente "strana" è che la ragazza, che ha l'amuleto "da sempre" e la cui nonna l'ha messa sull'avviso fin da piccola, ci mette un bel po' a "ricordarsene" ma, una volta afferrato l'amuleto, cambia atteggiamento e da terrorizzata diventa l'eroina che prima li scaccia e poi li elimina.
A parte questo il racconto si legge, coinvolge e trascina e, a me personalmente, piacciono molto sia l'incipit che la chiusura.
A voler fare le pulci, l'unica cosa che mi sembra leggermente "strana" è che la ragazza, che ha l'amuleto "da sempre" e la cui nonna l'ha messa sull'avviso fin da piccola, ci mette un bel po' a "ricordarsene" ma, una volta afferrato l'amuleto, cambia atteggiamento e da terrorizzata diventa l'eroina che prima li scaccia e poi li elimina.
A parte questo il racconto si legge, coinvolge e trascina e, a me personalmente, piacciono molto sia l'incipit che la chiusura.
Stefy- Padawan
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Re: Mojave Ghosts
Grazie ai miei meravigliosi compagni di staffetta.
È stata davvero un'impresa non da poco lavorare su un racconto completamente al di fuori della mia confort zone e molto al di fuori delle mie preferenze scrittorie.
C'è stata molta ansia da prestazione quando è arrivato il mio turno, ma è stato anche divertente e stimolante cercare di dare una quadra a tutto ciò che avevamo messo in campo.
Per me, il risultato finale è MERAVIGLIOSO, molto al di sopra delle mie aspettative.
Grandi tutti

È stata davvero un'impresa non da poco lavorare su un racconto completamente al di fuori della mia confort zone e molto al di fuori delle mie preferenze scrittorie.
C'è stata molta ansia da prestazione quando è arrivato il mio turno, ma è stato anche divertente e stimolante cercare di dare una quadra a tutto ciò che avevamo messo in campo.
Per me, il risultato finale è MERAVIGLIOSO, molto al di sopra delle mie aspettative.
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Hellionor- Admin
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Re: Mojave Ghosts
Una storia che avvolge e coinvolge e, alla fine, tutto ha un senso.
Trovo che sia un vero e proprio racconto con una trama che si dipana riga dopo riga mantenendo alta la tensione e all’attenzione del lettore.
Ho apprezzato particolarmente che ogni autore, pur nella ricerca e nel rispetto dell’amalgama col pezzo precedente, sia riuscito a mantenere la propria personalità scrittoria. La parte introduttiva con descrizioni poetiche, la parte horror, la parte carica di ironia e il finale con l’umanità e i sentimenti. È un lavoro corale in cui ogni autore ha trovato il proprio spazio senza soffocare troppo la propria indole. Non so se mi spiego bene, ma quello che emerge è proprio quello che mi aspettavo da un “esercizio” di questo tipo. Una storia che si porta dentro anime diverse ma che risuona come una sola. Un quartetto proprio ben riuscito.
Trovo che sia un vero e proprio racconto con una trama che si dipana riga dopo riga mantenendo alta la tensione e all’attenzione del lettore.
Ho apprezzato particolarmente che ogni autore, pur nella ricerca e nel rispetto dell’amalgama col pezzo precedente, sia riuscito a mantenere la propria personalità scrittoria. La parte introduttiva con descrizioni poetiche, la parte horror, la parte carica di ironia e il finale con l’umanità e i sentimenti. È un lavoro corale in cui ogni autore ha trovato il proprio spazio senza soffocare troppo la propria indole. Non so se mi spiego bene, ma quello che emerge è proprio quello che mi aspettavo da un “esercizio” di questo tipo. Una storia che si porta dentro anime diverse ma che risuona come una sola. Un quartetto proprio ben riuscito.
Petunia- Moderatore
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Re: Mojave Ghosts
Ho voluto leggere la stesura definitiva senza passare attraverso i vari step e confermo che non si notano stacchi o cambiamenti di stile. Complimenti!
Quello che si nota e stona un pochino è il fatto che Beatrice fosse al corrente di questi mutanti navajo ma che non avesse li avesse collegati subito alle presenze che vedeva attorno a sé.
La lettura è piacevole. Un buon lavoro! Bravi/e!
Quello che si nota e stona un pochino è il fatto che Beatrice fosse al corrente di questi mutanti navajo ma che non avesse li avesse collegati subito alle presenze che vedeva attorno a sé.
La lettura è piacevole. Un buon lavoro! Bravi/e!
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I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
CharAznable- Cavaliere Jedi
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Re: Mojave Ghosts
Ciao a tutti! Allora, il racconto non è nelle mie corde e, proprio per questo, ho apprezzato ancora di più la sua costruzione. Da un incipit che ha lasciato moltissimo spazio a chi veniva dopo, si è arrivati a una seconda e a una terza parte che avevano lasciato troppi, veramente troppi aspetti a cui fornire una chiusura coerente: impresa impossibile in 2.000-4.000 battute.
Impossibile a meno che non si abbia Ele in squadra.
Come stracacchio ci sia riuscita non lo so, ma resta il fatto che, quando si arriva al punto finale, non c'è rimasto niente in sospeso. Il finale è effettivamente un finale, coerente e che soddisfa il lettore.
Le piccole questioni che sollevano dubbi a chi ha commentato prima di me effettivamente ci sono, ma sono poca cosa nell'economia di un racconto che si preannuncia e si mantiene horror.
Ripeto, per amor di coerenza: non è una storia nelle mie corde, ma se devo valutare la "corsa staffettistica" e non il racconto, per me siete stati tutti bravissimi.
Tutti, è vero, ma soprattutto chi ha scritto incipit e chiusura.
Quindi i miei sinceri complimenti. Spero vi siate divertiti. A leggervi da fuori, penso di sì.
Impossibile a meno che non si abbia Ele in squadra.
Come stracacchio ci sia riuscita non lo so, ma resta il fatto che, quando si arriva al punto finale, non c'è rimasto niente in sospeso. Il finale è effettivamente un finale, coerente e che soddisfa il lettore.
Le piccole questioni che sollevano dubbi a chi ha commentato prima di me effettivamente ci sono, ma sono poca cosa nell'economia di un racconto che si preannuncia e si mantiene horror.
Ripeto, per amor di coerenza: non è una storia nelle mie corde, ma se devo valutare la "corsa staffettistica" e non il racconto, per me siete stati tutti bravissimi.
Tutti, è vero, ma soprattutto chi ha scritto incipit e chiusura.
Quindi i miei sinceri complimenti. Spero vi siate divertiti. A leggervi da fuori, penso di sì.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
vivonic- Admin
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Re: Mojave Ghosts
Dopo la lettura del testo definitivo, non posso far altro che confermare le buone impressioni avute nelle varie frazioni. È venuto fuori un horror un po' anomalo, con risvolti poetici e psicologici che raramente emergono in questo genere e che rispecchiano lo stile di ogni staffettista. In effetti, alcune incongruenze saltano agli occhi, ma restano poca cosa di fronte al testo coeso e uniforme che il quartetto di autori è riuscito a produrre.
Nel suo insieme, il racconto è molto valido e penso darà parecchio filo da torcere a quelli delle altre corsie.
Ancora complimenti a tutti.
M.
Nel suo insieme, il racconto è molto valido e penso darà parecchio filo da torcere a quelli delle altre corsie.
Ancora complimenti a tutti.
M.
M. Mark o'Knee- Cavaliere Jedi
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Data di iscrizione : 27.01.22
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Località : Prato
Re: Mojave Ghosts
Anche qui è davvero notevole la sintonia tra le sue parti. Ammetto che non avevo letto i singoli frammenti, in questo caso, quindi l'effetto è ancora più convincente. C'è forse una parte un po' troppo spiegata concentrata in un punto, ma credo fosse impossibile evitarla. Nelle mani di un unico scrittore le spiegazioni possono essere distillate goccia a goccia, ma in una staffetta a qualcuno tocca dare il via, a qualcuno provare a spiegare e a qualcuno a tirare le somme. L'inizio mi ha ricordato It follows, un horror di una decina di anni fa che consiglio a chi ama il genere. Nel complesso un buonissimo lavoro, bravi
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Asbottino- Cavaliere Jedi
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Re: Mojave Ghosts
Come per Vivonic anche per me siamo in una zona che non amo particolarmente come tipologia di racconto ma in questo contest, non è certo la piacevolezza a essere al primo posto della valutazione.
Ecco eprché promuovo questo racconto a pieni voti complimentandomi con i quattro staffettisti in grado di manetenre un unità di intenti e ad amalgamare i rispettivi stili in un "unicum" davvero molto buono.
Penso che ognuno dei partecipanti a questa corsia abbia dovuto sacrificare qualcosa di se stesso ma leggendo il racconto tutto insieme, questo non si nota affatto.
Un racconto in lizza per la vittoria finale, complimenti sinceri a tutti.
Ecco eprché promuovo questo racconto a pieni voti complimentandomi con i quattro staffettisti in grado di manetenre un unità di intenti e ad amalgamare i rispettivi stili in un "unicum" davvero molto buono.
Penso che ognuno dei partecipanti a questa corsia abbia dovuto sacrificare qualcosa di se stesso ma leggendo il racconto tutto insieme, questo non si nota affatto.
Un racconto in lizza per la vittoria finale, complimenti sinceri a tutti.
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paluca66- Maestro Jedi
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Re: Mojave Ghosts
Ciao, Penne.
Il risultato è un racconto urban fantasy/horror che si lascia leggere volentieri e in cui i passaggi di testimone non si notano per nulla, al punto che ho dovuto leggere i pezzi originali per capire dove finisce una Penna e dove inizia quella successiva.
Il risultato finale mi piace molto per la coerenza stilistica. I difetti che ho trovato: l'incipit sembra troppo trascinato, soprattutto perché dopo succede di tutto. Beatrice che vira improvvisamente da giovane in preda a crisi respiratorie in eroina è in linea con i racconti Marvel o DC, una soluzione che io non amo molto e il personaggio di Giulia alla fine serve a poco o niente.
Il lavoro di world building è riuscito alla perfezione, con ognuno di voi che ha aggiunto un pezzetto rimanendo coerente con chi ha preceduto.
Grazie e speriamo che ci sia un prossimo Relay!
Il risultato è un racconto urban fantasy/horror che si lascia leggere volentieri e in cui i passaggi di testimone non si notano per nulla, al punto che ho dovuto leggere i pezzi originali per capire dove finisce una Penna e dove inizia quella successiva.
Il risultato finale mi piace molto per la coerenza stilistica. I difetti che ho trovato: l'incipit sembra troppo trascinato, soprattutto perché dopo succede di tutto. Beatrice che vira improvvisamente da giovane in preda a crisi respiratorie in eroina è in linea con i racconti Marvel o DC, una soluzione che io non amo molto e il personaggio di Giulia alla fine serve a poco o niente.
Il lavoro di world building è riuscito alla perfezione, con ognuno di voi che ha aggiunto un pezzetto rimanendo coerente con chi ha preceduto.
Grazie e speriamo che ci sia un prossimo Relay!
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Re: Mojave Ghosts
Avevo letto i vari pezzi e, pur non essendo questo genere tra i primi della mia personale classifica, il risultato finale non mi è spiaciuto. I vari stili che caratterizzano ognuno degli staffettisti si sono ben amalgamati, le differenze si perdono nel proseguo del racconto che mantiene una sua linearità.
Ci sono alcuni punti poco chiari, già evidenziati e quindi non li ripeto, ma occorre mettere in campo anche il poco spazio per dare le necessarie spiegazioni, soprattutto per l'ultimo staffettista che ha l'arduo compito di completare il puzzle, in cui ogni aspetto deve incastrarsi per rendere finalmente il disegno completo.
Complimenti a tutti.
mi è piaciuto il titolo. Gusti raffinati e costosetti.
Ci sono alcuni punti poco chiari, già evidenziati e quindi non li ripeto, ma occorre mettere in campo anche il poco spazio per dare le necessarie spiegazioni, soprattutto per l'ultimo staffettista che ha l'arduo compito di completare il puzzle, in cui ogni aspetto deve incastrarsi per rendere finalmente il disegno completo.
Complimenti a tutti.
mi è piaciuto il titolo. Gusti raffinati e costosetti.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Punti : 2249
Infamia o lode : 17
Data di iscrizione : 03.02.21
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Re: Mojave Ghosts
Un racconto davvero equilibrato in cui le singole parti si fondono molto bene. Ottima la scelta fatta da due staffettisti di proseguire un dialogo avviato, cosa che ha favorito la fusione dei pezzi. I due personaggi femminili ne escono molto bene. Giulia più razionale e fredda, molto combattiva. Beatrice assai più incasinata e fragile, ma si riscatta nel finale. Emerge comunque un’amicizia vera fra le due.
Buono il titolo che mette l’accento sul cuore della vicenda.
Geniale l’accostamento al profumo.
Mi è piaciuta anche la chiusura che riprende la parte descrittiva dell’incipit.
Veramente un ottimo lavoro per il quale, senza conoscere la storia della staffetta, non avrei mai sospettato dell’esistenza delle più mani in pasta.
Buono il titolo che mette l’accento sul cuore della vicenda.
Geniale l’accostamento al profumo.
Mi è piaciuta anche la chiusura che riprende la parte descrittiva dell’incipit.
Veramente un ottimo lavoro per il quale, senza conoscere la storia della staffetta, non avrei mai sospettato dell’esistenza delle più mani in pasta.
Ultima modifica di Danilo Nucci il Dom Nov 12, 2023 9:38 pm - modificato 1 volta.
Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: Mojave Ghosts
Racconto piacevole, che a differenza di altri rientra nelle mie corde.
Anche qui c'è molto affiatamento tra i partecipanti, anche se ognuno ha conservato la propria cifra stilistica, le proprie peculiarità.
Il risultato è davvero buono, forse il passaggio dalla casa di Bea al Cafè de Paris per la resa dei conti è un pelo troppo rapido, ma i caratteri a disposizione erano quelli ed Ele ha anche dovuto cercare di venire a capo di alcuni punti in sospeso.
Una bella lettura, col folclore dei nativi americani che a me piace.
Anche qui c'è molto affiatamento tra i partecipanti, anche se ognuno ha conservato la propria cifra stilistica, le proprie peculiarità.
Il risultato è davvero buono, forse il passaggio dalla casa di Bea al Cafè de Paris per la resa dei conti è un pelo troppo rapido, ma i caratteri a disposizione erano quelli ed Ele ha anche dovuto cercare di venire a capo di alcuni punti in sospeso.
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Byron.RN- Cavaliere Jedi
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Re: Mojave Ghosts
Sarò sincero, ero sicuro che questo, letti i primi due pezzi, sarebbe stato senza dubbio il mio racconto preferito, invece il cambio di marcia e argomento mi ha destabilizzato. Non vuol dire che non mi sia piaciuto, anzi, ma ho avuto una strana sensazione a fine lettura. Non so, probabilmente Res non aveva minimamente previsto che la sua Bea avrebbe finito il racconto combattendo contro dei mutaforma navajo e devo dire che l'ho sentito mentre leggevo il testo per Intero e alla fine forse è davvero tutto qua. A parte questa "sensazione" comunque il racconto è scritto benissimo ed è probabilmente il più suggestivo tra quelli in gara sia per come si dipana la trama che per l'argomento. A rileggerci!
Akimizu- Cavaliere Jedi
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Re: Mojave Ghosts
Lo dirò chiaro e tondo: credo che questa corsia rispecchi esattamente la mia idea di staffetta. Quindi non posso che fare mille complimenti a voi.
Non mi stancherò mai di ripetere che gran parte del merito sia da attribuire a @Resdei , con il suo incipit così "generoso".
La vera parte da leonessa qui la fa @Hellionor , che personalmente incorono come la staffettista migliore di tutte le corsie. Si vede che le era stato affidato un testo che non era nelle sue corde, e questa cosa traspare anche nel suo pezzo, ma onestamente me ne frego. Si percepisce anche il suo grande impegno nel cercare di chiudere la storia nel modo migliore possibile.
Se questo concorso voleva essere una palestra, Lei è la migliore tra tutti noi che ci siamo messi in gioco.
Poi va beh! Non voglio lasciare indietro @caipiroska , per cui ho una crash letteraria. Per finire con l'unico maschio del gruppo " @Phoenix che con il suo contributo ha dato movimento e scompiglio le carte in tavola.
Bravissimi.
Non mi stancherò mai di ripetere che gran parte del merito sia da attribuire a @Resdei , con il suo incipit così "generoso".
La vera parte da leonessa qui la fa @Hellionor , che personalmente incorono come la staffettista migliore di tutte le corsie. Si vede che le era stato affidato un testo che non era nelle sue corde, e questa cosa traspare anche nel suo pezzo, ma onestamente me ne frego. Si percepisce anche il suo grande impegno nel cercare di chiudere la storia nel modo migliore possibile.
Se questo concorso voleva essere una palestra, Lei è la migliore tra tutti noi che ci siamo messi in gioco.
Poi va beh! Non voglio lasciare indietro @caipiroska , per cui ho una crash letteraria. Per finire con l'unico maschio del gruppo " @Phoenix che con il suo contributo ha dato movimento e scompiglio le carte in tavola.
Bravissimi.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Mojave Ghosts
Retroscena caipiroskese.
Dopo aver letto il bell'incipit di Resdei, avvolto da immagini suggestive e con una situazione tormentata e intrigante mi sono detta: lo faccio? Non lo faccio?
E niente, è partita la mia zampata horror che ha incasinato ogni aspettativa di chi mi avrebbe seguito.
Ma il grande Phoenix è riuscito con una doppia capriola carpiata avanti/indietro a creare una scena ricca d'azione e coinvolgimento, dando una direzione ben precisa al testo: difficile anche solo da pensare in solo 4000 battute!
Già, ma come si conclude un racconto così?
All'invocazione Ele pensaci tu! la maga Hellionor ha attinto alle sue mirabolanti risorse e ha tirato fuori un finale da brividi che convince e chiude un cerchio (forse meglio ellisse...) là dove sembrava impossibile farlo, arricchendo il tutto con delicate immagini e profonde emozioni.
Belli! Bravi! Bis!
Dopo aver letto il bell'incipit di Resdei, avvolto da immagini suggestive e con una situazione tormentata e intrigante mi sono detta: lo faccio? Non lo faccio?
E niente, è partita la mia zampata horror che ha incasinato ogni aspettativa di chi mi avrebbe seguito.
Ma il grande Phoenix è riuscito con una doppia capriola carpiata avanti/indietro a creare una scena ricca d'azione e coinvolgimento, dando una direzione ben precisa al testo: difficile anche solo da pensare in solo 4000 battute!
Già, ma come si conclude un racconto così?
All'invocazione Ele pensaci tu! la maga Hellionor ha attinto alle sue mirabolanti risorse e ha tirato fuori un finale da brividi che convince e chiude un cerchio (forse meglio ellisse...) là dove sembrava impossibile farlo, arricchendo il tutto con delicate immagini e profonde emozioni.
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caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Mojave Ghosts
Avevo iniziato da questo racconto, ma confesso che ho dovuto ulteriormente rileggerlo. Senza girarci troppo intorno dico che ciò che manca, secondo me, è il passato - con le sue tradizioni e credenze - di Beatrice. Che poi è il motivo per cui tutto si svolge nel contesto della storia, che si riflette negli specchi e nei personaggi cattivi. Io credo che questo aspetto sia determinante e proprio per questo mi accorgo della sua assenza. Ho letto un racconto che è uno spezzone di qualcosa di molto più ampio e grande. E interessante, che mi piacerebbe conoscere, indagare. Che mi incuriosisce.
Ho un po' l'amaro in bocca, voglio essere sincero. Preso così com'è, il testo è così intrigante che appare, passatemi il termine, "incompiuto" a mio gusto. Quando il limite di caratteri non aiuta...
Grazie
Ho un po' l'amaro in bocca, voglio essere sincero. Preso così com'è, il testo è così intrigante che appare, passatemi il termine, "incompiuto" a mio gusto. Quando il limite di caratteri non aiuta...
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"Già credo che in qualunque punto dell'universo ci si stabilisca si finisce coll'inquinarsi. Bisogna moversi. La vita ha dei veleni, ma anche degli altri veleni che servono di contravveleni. Solo correndo si può sottrarsi ai primi e giovarsi degli altri."
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Re: Mojave Ghosts
Secondo me abbiamo scritto un racconto niente male (la modestia è il mio forte!) ma soprattutto ci siamo divertiti moltissimo.
Il solito grazie va agli organizzatori, quello è scontato, ma un grazie particolare ai miei compagni di viaggio, siete splendidi e già mi mancate...
Spero ci saranno altre occasioni per scambiarci le penne e non solo.
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Resdei- Cavaliere Jedi
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Re: Mojave Ghosts
Grazie a tutti per i commenti. È stato divertente
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Re: Mojave Ghosts
Coinvolgente la trama, fluida la narrazione che appare scritta da una sola penna.
I dialoghi tra Beatrice e Giulia, i momenti descrittivi e quelli dialogici si amalgamano dando vita a un racconto veramente pregevole.
I dialoghi tra Beatrice e Giulia, i momenti descrittivi e quelli dialogici si amalgamano dando vita a un racconto veramente pregevole.
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Re: Mojave Ghosts
Eccomi! Arrivo in zona cesarini a leggere per bene i racconti di tutte le corsie.
E ho iniziato col botto.
La storia è partita bene, mi ha preso e mi ha coinvolto.
Nel momento in cui sono spuntati i mutaforma il racconto, secondo me, perde un po' di mordente.. ma questo credo derivi dai miei gusti personali.
Resta il fatto che la staffetta ha funzionato bene, non ho notato il cambiamento di autore e questo vuol dire che il racconto è omogeneo e la trama è coerente.
Tutti i cerchi aperti sono stati chiusi.
La scrittura è impeccabile ma, visto la mole di penne che l'hanno prodotta, non c'erano dubbi.
Avete scordato un punto alla fine di una frase, ma chissene.
Non posso che farvi i miei complimenti, picciotti.
E ho iniziato col botto.
La storia è partita bene, mi ha preso e mi ha coinvolto.
Nel momento in cui sono spuntati i mutaforma il racconto, secondo me, perde un po' di mordente.. ma questo credo derivi dai miei gusti personali.
Resta il fatto che la staffetta ha funzionato bene, non ho notato il cambiamento di autore e questo vuol dire che il racconto è omogeneo e la trama è coerente.
Tutti i cerchi aperti sono stati chiusi.
La scrittura è impeccabile ma, visto la mole di penne che l'hanno prodotta, non c'erano dubbi.
Avete scordato un punto alla fine di una frase, ma chissene.
Non posso che farvi i miei complimenti, picciotti.
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IN GRAN SILENZIO OGNI PARTIGIANO GUARDAVA QUEL BASTONE SU IN COLLINA.
REACH OUT AND TOUCH FAITH! Sembrano di sognante demoni gli occhi, e i rai
del lume ognor disegnano l’ombra sul pavimento,
né l’alma da quell’ombra lunga sul pavimento
sarà libera mai!
Quel vizio che ti ucciderà
non sarà fumare o bere,
ma è qualcosa che ti porti dentro,
cioè vivere.
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Re: Mojave Ghosts
Molto bello e coinvolgente. Brava! Ci sta anche il fatto che lei non abbia ricordo dell'altra parte di sé e che questa esca all'improvviso, ma comunque si percepisce come troppo netto il passaggio da lei che non sa a lei che sa. E' vero che noi siamo negli occhi dell'amica e lei rimane spiazzata quanto noi dalla corsa fuori dal locale, ma avrei comunque aggiunto una parte di unione che ci accompagnasse nella presa di coscienza di Beatrice e di Giulia.Resdei ha scritto:Mojave Ghosts
– Dove cazzo sei? Rispondi, maledizione! Devo vederti!Beatrice, con voce strozzata, lascia l’ennesimo messaggio vocale a Giulia: – Ti aspetto al Café de Paris. È urgente, cazzo, vieni subito!L’aria del pomeriggio è ancora tiepida, sebbene l’autunno abbia fatto da giorni il suo ingresso. Solo un vento improvviso turbina le foglie lungo il marciapiede, facendone cadere altre dai platani lungo il viale.Beatrice entra nel locale ansimando, in preda a una crisi respiratoria simile ad altre, negli ultimi tempi sempre più frequenti. È una bella ragazza, giovane, di appena una trentina d’anni, alta, capelli lunghi e castani. Semplice, ma che comunque non passa inosservata, sebbene indossi quasi sempre abiti larghi e scarpe basse.Percorre tutta la sala e si siede a uno dei tavolinetti in ferro stile liberty in fondo, da cui riesce a vedere la porta d’ingresso.Conosce bene quel bar, dove più di una volta si è rifugiata, in preda alle sue angosce, senza sapere perché, per lei, sia così rassicurante. Forse le pareti verde salvia, con le foto d’altri tempi in bianco e nero, gli specchi dentro semplici cornici, hanno qualcosa di vagamente familiare. O perché la luce calda e soffusa l’accoglie, in qualsiasi ora del giorno, in un morbido abbraccio. Anche quando il locale è pieno di gente, i rumori non sono fastidiosi, è come se in quel posto l’aria fosse assorbente, come certe carte che eliminano il superfluo, quando c’è.Da quando è entrata chiama in continuazione il numero dell’amica, ma dopo due squilli scatta la segreteria.Un cameriere, che le sembra di non aver mai visto, le si avvicina e lei ordina un gin tonic, con poco ghiaccio.Lo sguardo percorre sempre lo stesso tragitto, dalla porta al cellulare, entrambi muti, due bocche serrate.Un gesto della mano e un secondo bicchiere si materializza sul marmo del tavolino. Beatrice finisce l’ultimo sorso quando dall’ingresso entra Giulia che la vede e le corre incontro.– Scusa Bea. Ero in riunione… Non potevo rispondere. Ho sentito i messaggi e mi sono precipitata. Ma cosa è successo?– È terribile! Io non so nemmeno come dirtelo, da dove cominciare, ma tu devi credermi, tu mi devi aiutare! – le dice abbracciandola forte, le mani strette nelle sue, mentre continua a tremare.– Ma che ti prende? Calma, stai calma! Adesso ci sono io, tranquilla. Ora ti siedi e mi racconti ogni cosa.Giulia si toglie con un movimento lento il trench e lo poggia, insieme alla borsa, sulla sedia accanto, con un gesto rassicurante a significare che è lì per ascoltarla.Beatrice porta alle labbra il bicchiere, sollevandolo per far scendere le ultime gocce rimaste sul fondo e un po' di coraggio, poi si avvicina all’orecchio dell’amica e le sussurra, con voce lenta: – Giù, sono ovunque. Mi seguono, mi spiano, vogliono farmi del male, vogliono uccidermi! Non so chi sono, sembrano diversi…e io li vedo ovunque.– Ma chi? Di chi stai parlando? – chiede, guardandosi intorno per scorgere qualche segnale che, entrando, le è sfuggito.– Li vedo riflessi negli specchi, in bagno, in macchina, sulle vetrine per strada, nei camerini dei negozi, dentro l’ascensore. Mi guardano, e so che aspettano il momento giusto per uccidermi!– Aspetta, frena un attimo! Ma chi? Ma cosa cazzo dici!Giulia si allontana appena, si sistema meglio sulla sedia, come per riprendere fiato e la giusta distanza. Poi tenendo tra le mani la testa dell’amica e guardandola dritto negli occhi, le chiede: – Mi spieghi cosa sta succedendo? Guarda come ti sei ridotta! Da quanto tempo non vai da un parrucchiere? Hai gli occhi cerchiati, le unghie mangiate fino all’osso, puzzi di alcol, tremi come una foglia.Poi annusando i bicchieri: – Ma che fai? Bevi super alcolici alle sei del pomeriggio? Ti rifai di coca?– Che dici? Lo sai che ho chiuso con quella roba.– Allora prendi farmaci, antidepressivi, tranquillanti? Da dove cazzo ti vengono queste allucinazioni?– Non lo so, Giulia, – si sgancia dalla presa dell’amica e passa una mano tra i capelli, arruffandoli ancora un po' – Ma non sono allucinazioni! Li vedo veramente! – conclude alzando la voce.Giulia la fissa, non le piace quello sguardo impaurito, non le piacciono le cose che dice.– Ascoltami Bea… – inizia con tono pacato, ma l’altra la interrompe subito.– Non mi parlare con quel tono accondiscendente! Non mi trattare come se fossimatta! – urla.Nel locale in molti si voltano verso di loro: una coppia di anziani borbotta scuotendo la testa, un gruppo di ragazze le indica ridendo e a una bambina, impaurita da quel grido, sfugge il gelato di mano che si spiaccica sul pavimento. La sala si riempie con il pianto della piccola, mentre la madre cerca di consolarla.Beatrice guarda le persone sparse nel locale, gli occhi si sgranano, il volto impallidisce.– Bea, calmati! Stai dando spettacolo! – l’ammonisce Giulia.Beatrice si prende la testa tra le mani, disperata.– Non capisci, nessuno mi può capire!– Bea, io…Ma l’altra tira su il volto e le serra un braccio: – La vedi quella coppia d’anziani? – sibila all’amica. Giulia si volta, li guarda e si affretta a fare di sì con la testa.– Ieri sera li ho visti riflessi nel vetro della metropolitana.– Non credo che…– E quelle ragazzine? Le vedi? Le vedo ovunque, sempre insieme, sempre a sbirciare verso di me e sghignazzare.– Smettila!Ma Beatrice non può farlo, presa nella foga di raccontare tutto.– E quella bambina? L’hai vista bene? Ha gli occhi di due colori diversi. Lei è quella che appare più spesso: la vedo dappertutto, su ogni cazzo di superficie riflettente… Lei deve essere il capo.– Bea, ma cosa dici? Mi stai spaventando!– Giulia, devi credermi! Sono tutti qui per me! Vogliono qualcosa!– Adesso basta!– No, smettila tu di non credermi! Sto impazzendo, aiutami!Beatrice scoppia a piangere, l’amica si alza e l’abbraccia.– Certo che ti credo, ma hai bisogno di qualcuno che ti aiuti. Ci vuole uno specialista che…– No! – si alza di scatto e la sedia cade all’indietro con un rumore tremendo.– Non sono matta! – urla ancora più forte con gli occhi spalancati e la bocca tremante, – Va’ al diavolo! – e corre via.Gli specchi propongono la sua corsa da decine di angolazioni diverse.– Bea! – la chiama l’amica prima di correrle dietro. Un attimo dopo non ci sono più; dalla porta lasciata aperta entrano alcune foglie morte che il vento si diverte a far danzare prima di dimenticarle in un angolo del locale.Al Cafè de Paris cala il silenzio: le ragazzine smettono di ridacchiare, gli anziani appoggiano le tazze del tè sul tavolo, il cameriere abbandona il vassoio sul bancone.Poi tutti si voltano verso la bambina.La piccola si massaggia una tempia con la mano tenendo gli occhi chiusi, poi li spalanca all’improvviso. Un lampo attraversa le iridi dai colori contrastanti.– Andate – bisbiglia e tutti si precipitano fuori. Con lei rimane solo la madre che si mette più comoda sulla sedia e sorseggia lentamente il suo caffè.– Tosta questa Beatrice, non trovi? – chiede la donna.La bambina annuisce, si porta alle labbra il bicchiere e lo svuota in un attimo. Nel collo un pomo d’Adamo che non dovrebbe esserci sussulta in maniera vistosa. Sulle labbra rimane un po' di succo prima che la lingua biforcuta lo faccia sparire. Poi sorride.Per un attimo lo specchio che ha di fronte coglie la sua vera immagine e subito dopo si crepa con uno scricchiolio sinistro. La crepa si arrampica su tutti i muri, attraversa gli specchi appesi e li fa esplodere uno alla volta.– È per questo che l’ho scelta – afferma l’essere che sembra una bambina, mentre coriandoli di vetro volteggiano tutt’intorno, brillando di riflessi infuocati.Giulia si ritrova per strada ma, nonostante abbia seguito Beatrice il più in fretta possibile, non riesce a vederla.Si dirige a destra, in direzione dell’abitazione dell’amica, le sembra la destinazione più logica.Svolta ancora a destra, imbucando una stradina che percorrono spesso per tornare a casa e infatti le pare di sentire il suo profumo, un costosissimo Mojave Ghost, impossibile da confondere.Un grido secco e acuto squarcia l’aria, e Giulia non dubita nemmeno per un secondo che si tratti dell’amica. Inizia a correre, l’abitazione di Beatrice è ormai vicina, ma quando gira l’angolo i capelli le si rizzano in testa.Beatrice è a terra proprio davanti la porta di casa sua e, a un paio di metri di distanza, accovacciata sulle gambe, c’è la bambina che ha visto prima al Café de Paris.E ci sono anche tutti gli altri, dalla coppia di pensionati alle tre ragazzine odiose.– Ma cosa cazz…Beatrice si gira a guardare l’amica, gli occhi solcati dalle lacrime, fa un gesto con la mano come per fermarla.– Ti prego, Giulia – dice, tirando su col naso e facendosi forza – vattene via da qui. Corri, scappa. Loro non sono quello che sembrano.In pochi, lunghissimi secondi, Giulia capisce che l’amica non ha avuto nessuna allucinazione, anche se ancora non sa cosa stia succedendo. Ma decide di non indietreggiare.– Io non vado da nessuna parte senza di te. – risponde, con la voce più ferma che riesce ad avere.Beatrice la guarda con riconoscenza.– Loro non sono…In quel momento la bambina appoggia le mani a terra, come fosse un cane. Si dirige verso le due donne, si avvicina all’orecchio di Giulia, che cerca di non voltarsi per guardarla. Sente il suo respiro sul collo, e una puzza incredibile di piscio.– Lei deve venire con noi. – le sussurra, riferendosi a Beatrice – Scappa, sei ancora in tempo.Poi le lecca l’orecchio, lentamente, con la lingua biforcuta.Giulia spinge via la bambina e si rizza in piedi, furente.– Ma che cazzo vuoi? Che cazzo volete, bastardi? Lasciateci in pace, o chiamo la polizia! – urla, con tutte le forze, i pugni chiusi fino a farli diventare bianchi.La bambina striscia indietro senza cadere, poi si rimette carponi e comincia a mutare.Il barman cade in ginocchio e inizia a mutare anche lui, e tutti gli altri fanno la stessa cosa. Si muovono in maniera innaturale, con un gran rumore di giunture e ossa che si spostano.In meno di un minuto tutti diventano lupi, o qualcosa di molto simile.La bambina è il più grosso, sta a capo del branco che si avvicina latrando alle due donne.– Merda! – esclama Giulia, terrea in viso.Si gira verso l’amica e la vede in piedi, la mano nel petto, lo sguardo determinato.Beatrice fa qualche passo avanti, frapponendosi fra i lupi e Giulia.– È tutto vero allora, figli di puttana!La bestia che ha assunto le sembianze di una bambina sembra sorridere.– Non puoi più fuggire, Hok’ee. Verrai con noi, o morirai.Beatrice tira fuori dalla giacca un ciondolo che porta al collo, e lo mostra. Una specie di ampollina con della polvere dentro.Il branco fa qualche passo indietro.– Io non vengo con voi, brutti stronzi. Se vi avvicinate ancora la uso, potete giurarci. Adesso ricordo, adesso so chi siete.I lupi ringhiano di rabbia, sbavando ovunque. Ma non attaccano, e infine sembrano rinunciare.– Forse, ma non puoi fermarci. Devi scegliere, o noi, o muori. – dice il lupo al comando.Si volta e si allontana, seguito dagli altri.Il fetore di piscio ammorba l’aria. Inizia a piovere.Pochi secondi ansiosi e Giulia si mette muso a muso con Beatrice:– Ok, cosa cazzo è appena successo? Cosa è…– Giulia, calmati!– Io sono calmissima, Cristo, ma tu devi dirmi cosa succede. Cosa sono quelle cose?Beatrice fa un sospiro profondo, poi fissa gli occhi in quelli dell’amica.– Sono Skinwalkers!– Ne so quanto prima, ma il fatto che abbiano un nome che li identifichi non lo trovo rassicurante.– Sono mutaforma navajo, cattivi e spietati. Sono qui per me, per uccidermi. Ma la verità è che non lo so. So davvero poco di tutta questa storia, so solo che mi riguarda, essendo io stessa della stirpe navajo.Giulia guarda a lungo l'amica. Sembra più forte, sembra essersi trasformata in un’amazzone in pochi minuti, e questa cosa la spaventa ancora di più.– Quindi li conosci?– In un certo senso. I navajo sono una gigantesca famiglia, e loro ne sono le pecore nere. Gli Skinwalkers hanno stretto un patto con il demonio, e la nostra tradizione narra che per unirti a loro devi compiere un sacrificio di sangue.– Niente corsi di Bon Ton?– Temo di no. Mia nonna mi ha sempre detto di fare attenzione a loro e, se mai li avessi incontrati, di usare questo amuleto. Non mi ha mai voluto dire cosa ci fosse dentro, polveri sacre le definiva lei. So che con questo posso affrontarli. Lui mi guiderà. Sono arrivati fin qui per me, l'unico modo per sfuggirgli è uccidere quella piccola. Lei è il capo.– Ti preferivo quando ti facevi di coca, a conti fatti. Andiamo dai, vengo anche io.– Meglio di no. Non vorrei trovarmi costretta a fare qualcosa contro di te. Devo andare sola. Al Café de Paris. Tu aspettami a casa, e se non torno, brucia tutto, ok?Mentre pensa ma tutto cosa, Giulia guarda l'amica allontanarsi a passo svelto, e prende una decisione: se ne fotte dei navajo, degli skinwalkers e di tutte quelle cose spaventose. Non può lasciare l’amica da sola.La vede entrare nel locale e la segue, riparandosi nella penombra che sembra avvolgere ogni cosa. Se la sente scivolare addosso come un mantello, pesante e scuro.Sono loro, pensa, sono già qui.L’odore fortissimo di urina conferma il suo pensieroBeatrice è al centro della sala, le braccia verso l’alto, i capelli smossi da un vento innaturale che sembra arrivare dal pavimento. Canta. Una nenia che sembra partire dal centro del suo corpo, che fende la penombra e mostra il piccolo esercito di mutaforma seduti sopra il bancone, la bambina al centro. Ride, tra gli specchi crepati, facendo oscillare il volto tra forma animale e forma umana, in una smorfia grottesca.Beatrice è altrove, e il suo canto piano piano fa breccia nella risata della bambina che si spegne, congelando il suo volto nella forma umana di un piccolo viso innocente inondato di lacrime.– Abbiamo bisogno di te.Dice la bambina, con una voce da bambina.– Si è aperta la crepa, per chiuderla serve sangue. Un sangue prezioso, come il tuo, ultima della tua stirpe. La tua discendenza ti rende la prescelta. Se tu vieni con noi, noi viviamo. Se tu muori, noi viviamo. È semplice, non credi?Ma Beatrice non sente o non ascolta, continua a cantare come in una trance antica che non può controllare, e il suo canto agisce come un anestetico su quelli che adesso sembrano solo uomini e donne seduti sul bancone, a circondare una bambina che piange.Senza fermare la sua nenia, Beatrice si avventa con un balzo inaspettato, afferra la piccola al collo e le caccia in gola l’amuleto, spingendolo con forza.Il piccolo corpo sussulta ma cede subito, con un gemito animale.I corpi degli altri, nel momento in cui la bambina esala l’ultimo respiro, si accasciano come mucchi di stracci, alcuni scivolando giù dal bancone con uno scrocchio.La voce di Beatrice è l’unico rumore che si sente nel locale; Giulia esce dalla penombra, che ora è leggera come un velo, e prende sottobraccio l’amica, aiutandola a indietreggiare. Un sentore di Mojave Ghost le avvolge come un abbraccio.Bea smette di cantare, guarda Giulia negli occhi, e fa un sorriso che sembra quello di una vendicatrice: – E adesso, bruciamo tutto.
Beatrice e Giulia un locale come il Cafè de Paris non lo avevano trovato più. Quell’atmosfera retrò, quel servizio cortese, quella discrezione d’altri tempi, quei deliziosi dettagli liberty.Un vero peccato.
Per quanto riguarda la lettura del testo avrei aggiunto qualche "a capo" in più: non ne avrebbero compromesso la leggibilità...anzi. Umilmente e conscia che il mio parere valga 1.
Re: Mojave Ghosts
@Luna in Giardino qui su questo forum ogni commento vale uno e non è un modo di dire, penso che te ne renderai conto presto. Siamo tutti alla pari e ci teniamo molto a esserlo 
Grazie per il commento, lo trovo molto pertinente.

Grazie per il commento, lo trovo molto pertinente.
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