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Messaggio Da Arunachala Ven Feb 05, 2021 5:47 pm

Non esiste terremoto più violento di quello interiore
 
 
Rio de Janeiro è una grande città, carica di vita, suoni, ritmi e colori, con palazzoni enormi e splendide ville, grandi strade, tanti mezzi, anche pubblici. Insomma, ha tutto quello che serve a una bella città moderna. E poi è famosa per una certa libertà a livello sessuale, specialmente nei giorni del carnevale, ma non solo.
Mi piace Rio de Janeiro, mi ci trovo davvero bene, perfettamente a mio agio, mi sento a casa mia. Sono uno dei tanti italiani che ha cercato fortuna all’estero e credo proprio d’esserci riuscito.
Oddio, non che avessi bisogni particolari, semplicemente ne avevo le scatole piene del mio paese e ho voluto provare un’emozione nuova, diversa: sudamericana!
Ho lasciato l’Italia quasi due anni fa e da allora ho avuto solo contatti telefonici e via e-mail con parenti o amici lasciati là. Non sono più tornato. I miei sono alquanto arrabbiati, ma io sto davvero bene. Ventisette anni, un buon lavoro, un ottimo introito e un numero indefinito di donne. Cosa altro posso pretendere?
 
Non ho avuto difficoltà ad ambientarmi in questa città piena di tutto ciò che un uomo può desiderare; inizialmente mi hanno aiutato alcuni conoscenti che mi hanno prima preceduto e poi invitato a godere del ritmo della vita, ma l’integrazione in questo nuovo mondo è stata comunque semplice. E qui sembra sia il mio regno.
Sono un tecnico informatico e al momento lavoro per una multinazionale del settore; sviluppo virus e antivirus. Non è bello né etico, lo so, ma mi pagano bene e questo mi basta. Per ora.
 
L’ufficio dove elaboro i miei dati si trova al settimo piano di un grattacielo di ventitre che si affaccia su una piazza, nella zona di Botafogo. Stamattina sono arrivato più euforico del solito, senza un motivo particolare, così…
«Cindy» ho detto alla mia segretaria appena entrato «oggi ti scopo!»
Lei mi ha sorriso. Non è la prima volta che glielo dico e nemmeno la prima che lo faccio.
«Ninguém problema» ha risposto, nessun problema. Una brava ragazza, sempre molto disponibile, Cindy.
Poi però il lavoro mi ha coinvolto, d’altronde devo pur fare qualcosa, e ormai da almeno tre ore sto smanettando per risolvere enigmi informatici atti a soddisfare la ditta. Prima il dovere e poi il piacere, giusto? E il dovere sta per compiersi, probabilmente ce l’ho fatta…
 
«Cindy» dico all’improvviso, «ho l’impressione che tra poco faremo vibrare il boss. Credo di avere sistemato tutto.» E alzo lo sguardo su di lei.
 
Resto sorpreso, ha gli occhi sbarrati: «Cindy, che c’è, non stai bene?»
«Oscilation» esclama «tremor de terra sucede!»
«Che diavolo stai dicendo? Un terremoto?»
«Sucede! Sucede!» e corre via, mentre io resto inebetito a osservarla.
 
Mi esplode una risata. Oscilation, tremor de terra… Ma cosa sono questi brasiliani, sentono il terremoto prima come gli animali? Se è così sono da paragonare a loro. Bah, lascio perdere e mi riaffaccio al monitor per chiudere il lavoro.
Mentre termino l’operazione ho l’impressione di tremare. Eppure sono più che tranquillo, cos’è questo tremolio? Cindy mi ha trasmesso ansia?
 
No, non è Cindy, non è ansia, è una vibrazione, è proprio un terremoto!
Mi affaccio alla finestra e guardo fuori: nella piazza la gente già sta correndo alla cieca, sembra fuggire dal nemico. Mi assale la paura e per qualche istante resto immobile a fissare in basso, poi l’istinto di sopravvivenza ha la meglio e le gambe mi trascinano di corsa verso l’uscita. L’ascensore è proprio davanti a me… no, meglio le scale, anche se sono già piene di uomini e donne che corrono e quattordici serie di rampe sono tante, non si sa mai, non vorrei restare imprigionato. Alcuni cadono, non mi interessa, devo salvarmi io.
Corro come un pazzo, spingendo e saltando i corpi di quelli che sono caduti e in breve riesco ad arrivare sulla strada: salvo!
Salvo un corno. Un’altra scossa, più forte della prima, fa cadere alcuni calcinacci a poca distanza da dove mi trovo, meglio muoversi in fretta. Parto verso il centro della piazza, incurante della folla, col terreno che balla sotto i miei piedi; mi viene da piangere, me la sto facendo sotto.
Un lampo di lucidità passa per il mio cervello in panico e fa sì che mi fermi. Mi trovo quasi al centro, guardo intorno a me e vedo i grattacieli oscillare, cominciano a cadere cornicioni, il terremoto non finisce più, non finisce più…
Mi riassale il terrore. Urlo ma non mi muovo, e solo lo scontro con una donna finitami addosso mi scuote, dando termine alla mia paralisi da paura. Ripreso parzialmente il controllo dei nervi decido, visto che la scossa sembra insistere, di andare verso la periferia, i sobborghi; non so cosa mi faccia fare così, ma sento che è giusto e allora scatto.
 
Non dovrei metterci molto, la zona dove lavoro è nella fascia esterna della città e anche se Rio è enorme, ciò facilita la mia fuga. Credo.
 
Mentre corro a perdifiato senza vedere nulla, sento le grida della folla e i rumori dei palazzi che cedono. Scricchiolii male auguranti mi accompagnano mentre esco dalla piazza entrando in una via fortunatamente molto larga; migliaia di persone intorno a me fanno lo stesso, ma è come se fossi solo.
La carenza di allenamento mi obbliga a rallentare il passo, così riesco a rendermi conto che le costruzioni sono più basse; sto uscendo.
Il problema è che tutto continua a tremare e che ogni tanto cadono pezzi di cemento, anche se, non so come, finora nessuno di questi mi ha colpito.
Sento un boato alle mie spalle, deve essere crollato qualcosa di grosso. L’impressione è confermata dall’amplificarsi delle urla dei fuggitivi e dal fatto che una nuvola di polvere ci avvolge, seguita a breve distanza da piccoli detriti che comunque fanno un male cane quando colpiscono.
Decido di fermarmi e mi butto a terra lasciando passare la sfuriata di sassi, ma subito mi rendo conto che potrei essere calpestato e questo mi dà la forza di ripartire.
 
Ho l’impressione di correre da mezz’ora, o forse da sempre, anche se in realtà è passato pochissimo tempo da quando la terra ha deciso di danzare. E non sembra intenzionata a smettere, sebbene ora sia meno frenetica. Io comunque mi sento soffocare, mi manca l’aria. Devo rallentare per forza, altrimenti muoio per lo sforzo di non morire.
 
Ora mi accorgo che la gente è molta meno, che le case sono sempre più basse e separate tra loro e che più avanzo meno sento il tremore; forse sta finendo, almeno spero sia così. A ogni modo meglio non fermarsi e uscire del tutto, poi deciderò il da farsi, una volta in salvo.
Però, osservando meglio, scopro che è una zona a me sconosciuta, non sono mai stato da queste parti. Strano, mi sembrava di aver perlustrato un po’ tutti i dintorni del mio posto di lavoro.
Ma che me ne frega? L’importante è venirne fuori.
 
Adesso la scossa è leggerissima, però non finisce più davvero. Potrei anche fermarmi, ormai il pericolo dovrebbe essere passato. Invece continuo ad avanzare, spinto dallo stesso qualcosa che mi ha fatto prendere questa direzione, una sensazione al momento indefinibile.
 
Chissà in che condizioni è il centro di Rio, chissà se ci sono morti, quanti palazzi sono crollati.
Mentre rimugino su queste cose mi rendo conto che ormai sto camminando. Solo, perché intorno a me non c’è più nessuno, e ci sono sempre meno edifici. Anzi, non ce ne sono proprio, è come se, all’improvviso, fossi passato in un altro mondo, più leggero e naturale.
E forse è proprio così. Qualcosa mi ha prima spinto e poi trascinato, sono passato dai grattacieli alle case senza accorgermi del momento in cui tutto cambiava, e ora… ora intorno a me c’è solo il verde, non c’è più nemmeno la strada. Ma quando è finita?
Mi trovo in mezzo ai prati, non ci sono persone, non c’è un solo essere vivente, almeno all’apparenza, nelle vicinanze. Dove sono finito? E tutti quelli che fuggivano con me? Li ha ingoiati la terra risparmiando la mia persona? O forse è l’opposto, sono morto e questo è il paradiso? Ma in paradiso, o inferno che sia, ci deve pur essere qualcuno oltre a me! Qui sono solo…
 
Sono solo ma non mi fermo. Il mio corpo insiste nell’avanzare, quasi volesse andare al cuore di questo mondo verde, sempre ammesso che sia un mondo e abbia un cuore, visto che potrei anche trovarmi in un incubo o semplicemente essere impazzito.
Non lo so, non so più niente, non capisco. Sono nel tilt più assoluto eppure continuo a camminare. Dolcemente, ora, senza alcuna fretta, ma cammino, senza rendermi conto di dove stia andando e perché.
 
Faccio ruotare lo sguardo a trecentosessanta gradi: verde, solo verde. Fili d’erba che salgono dalla terra verso il cielo, alti quindici o venti centimetri, non di più, ma che sembrano piccole braccia tese verso l’alto con l’intento di recepire energia, calore, vita, amore…
Sono sorpreso di me stesso. Non ho mai avuto pensieri di questo tipo, che mi sta succedendo?
Già, vorrei proprio saperlo. Sono scappato dalla città perché c’era un terremoto e adesso mi ritrovo disperso non so dove ad elaborare pensieri filosofico esistenziali. A proposito, il terremoto è finito, non sento più alcuna vibrazione sotto i piedi, quasi quasi torno sui miei passi.
 
Mentre penso questo il mio sguardo viene attratto da un riflesso. Automaticamente i miei piedi, che non si sono mai fermati, si dirigono verso quello che pare essere uno specchio d’acqua, forse uno stagno. Si, è un laghetto, uno spicchio di azzurro nel verde smeraldo che mi circonda. Ma dov’è finita la città?
Avvicinandomi mi accorgo che sembra un piccolo parco, l’erba è bassa, tagliata da poco, e nelle vicinanze ci sono degli alberi. Alberi. Ma com’è possibile che non li abbia visti prima? Sto veramente impazzendo?
 
Evidentemente a qualcuno, o qualcosa che sia, non importa nulla dei miei pensieri razionali e mi spinge in quella direzione; ho l’impressione di essere pilotato, quasi che il mio corpo fosse un automa, staccato da quello che ho sempre considerato il mio cervello, il ponte di comando da dove sono sempre partite le istruzioni per ogni mio comportamento. Mi sento spezzato in due, una parte logica che cerca di ritrovare la normalità delle cose e una fisica che agisce in maniera diversa, indipendente; sembra una lotta fra due parti di me, uno scontro, o forse una sfida, un… ma che ne so! Un gran caos e nient’altro, penso una cosa e ne faccio un’altra, cerco di ragionare e mi ritrovo con pensieri da beato…
 
Nella confusione più totale vedo altre cose prima non notate: sono due statue, una in pietra bianca e l’altra, più piccola, nera. Sono piazzate a quella che so essere l’entrata del lago. Ma cosa vuol dire…cos’è l’entrata del lago, e perché mi sorgono questi pensieri?
Mi fermo a breve distanza dalle due raffigurazioni: una, la più grande, è “Il Grande Padre Bianco”, l’altra è “Il Grande Padre Nero”, ne ho la consapevolezza assoluta mentre le osservo, e subito dopo mi rendo conto che tutto questo è meglio di qualsiasi religione.
Non so cosa mi sia accaduto, so che davanti a queste due pietre ho sentito aprirsi in me tutta una serie di finestre, e a ognuna appariva un’immagine, una scena. È come se avessi tolto le tende potendo così ammirare ciò che stava dietro, nascosto. Nascosto perché non lo vuoi vedere, non perché non puoi, basta spostare la tenda, appunto.
E perché non l’ho mai spostata prima? Forse non era il momento, forse ero preso da tutt’altro, forse volevo solo avere, prendere, guardare.
 
Prendo un pezzo di carne affumicata dal carretto vicino a me. Prima non c’era, ma a questo punto non mi interessa più nulla di ciò che c’era e ciò che ci sarà, accetto solo quello che c’è, indipendentemente da ogni cosa. Mi avvicino alla riva del laghetto.
Sono circondato dalla quiete più assoluta.
Guardo l’acqua, la vedo.
Sto urlando in silenzio e sto piangendo, ma dentro rido di gusto.
Mi inginocchio con la carne in mano, poi cado in avanti e mi ritrovo supino, il mio corpo è la terra, la carne è la terra.
 
Oh, Dio!

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Messaggio Da Ospite Ven Feb 05, 2021 9:53 pm

Ti dirò, sono contrastato: se da un alto ho molto apprezzato l'introduzione scorrevole (a proposito, un lode per il coraggio di aver scelto, in tempi come questi, di rendere il protagonista un dongiovanni) e il finale mistico e aperto (è vivo? è morto? sta andando in trip?), devo dire che la parte centrale in cui descrivi il terremoto non l'ho gradita granché. Infatti, quello che dovrebbe essere un momento altamente drammatico, mi giunge come un freddo e analitico reportage. Secondo me, hai indugiato troppo nel descrivere gli avvenimenti esterni e interni al protagonista durante l'evento catastrofico, adottando per altro uno stile alquanto asettico. In ogni caso, è comunque un racconto tutto sommato molto bello, e la suddivisione in tre parti si sente ma è omogenea, il che è un indubbio plus.

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Messaggio Da Petunia Ven Feb 05, 2021 10:25 pm

Mi ha travolta questo terremoto. Piu il terremoto interiore che quello oggettivo. Mi è arrivato un senso di rinascita, come se man mano che scorrevano le immagini e i pensieri (molto bello questo intreccio)il protagonista lasciasse andare “le cose del mondo e sperimentasse una diversa dimensione. C’è la paura , c’è  Lo stupore e,
alla fine un senso di sospensione non più paura ma sentirsi in armonia con l’universo.
Scusa se farnetico, ma mi sono arrivate queste emozioni leggendo.
La tua scrittura è dritta, senza fronzoli ma sa comunicare.
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Messaggio Da Arunachala Ven Feb 05, 2021 10:49 pm

Petunia ha scritto:Mi ha travolta questo terremoto. Piu il terremoto interiore che quello oggettivo. Mi è arrivato un senso di rinascita, come se man mano che scorrevano le immagini e i pensieri (molto bello questo intreccio)il protagonista lasciasse andare “le cose del mondo e sperimentasse una diversa dimensione. C’è la paura , c’è  Lo stupore e,
alla fine un senso di sospensione non più paura ma sentirsi in armonia con l’universo.
Scusa se farnetico, ma mi sono arrivate queste emozioni leggendo.
La tua scrittura è dritta, senza fronzoli ma sa comunicare.
in effetti quello interiore è il terremoto principale.
ho voluto provare a narrare cosa prova una persona materiale al massimo quando scopre la spiritualità, anche senza cercarla direttamente.
se ti sono arrivate le emozioni vuol dire che una parte del mio intento è stata raggiunta.
grazie

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Messaggio Da Arunachala Ven Feb 05, 2021 10:52 pm

Martin Della Cappa ha scritto:
Ti dirò, sono contrastato: se da un alto ho molto apprezzato l'introduzione scorrevole (a proposito, un lode per il coraggio di aver scelto, in tempi come questi, di rendere il protagonista un dongiovanni) e il finale mistico e aperto (è vivo? è morto? sta andando in trip?), devo dire che la parte centrale in cui descrivi il terremoto non l'ho gradita granché. Infatti, quello che dovrebbe essere un momento altamente drammatico, mi giunge come un freddo e analitico reportage. Secondo me, hai indugiato troppo nel descrivere gli avvenimenti esterni e interni al protagonista durante l'evento catastrofico, adottando per altro uno stile alquanto asettico. In ogni caso, è comunque un racconto tutto sommato molto bello, e la suddivisione in tre parti si sente ma è omogenea, il che è un indubbio plus.
sì, forse è la parte meno riuscita della storia e può apparire come un reportage.
ma io volevo narrare la sensazione e lo stato d'animo del protagonista, essenzialmente.
ovviamente è tutto migliorabile. sempre

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