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Il primo conquistador
Levar pretese di italica conquista in terra di Messico. Parole belle, cariche di speranza e di alti ideali. Parole che io, prof. Italo Franceschini, mi prefiggo di riportare a caratteri alti e sonanti sulle principali testate giornalistiche della gloriosa nazione che il fato mi diede per natali.
Questo mio resoconto vuol tener fede alle parole gentilmente elargite dal mio protettore, nonché parente, omonimo Balbo:
«Professor Franceschini, affido a voi e alla vostra squadra un compito della massima importanza nella terra del Messico. Restate colà per tutto il tempo necessario, fin quando non troverete notizie certe della conquista italica secondo le ardimentose teorie del Prof. Costante Fieracci. Non vi mancherà il sostegno della nazione, né la massima riconoscenza del Duce».
[…]
Oggi, 31 agosto 1939 (anno XVII E.F.), i rifornimenti richiesti non ci sono ancora pervenuti, sicché temo che le barbare genti locali ne facciano incetta. Taccia pure quella sozza malelingua del nostro soldato Guidobaldo Balducci, il quale suole ripetere:
«Ci hanno mandati qui per staccarci dall’Italia, siamo il peggio del peggio del peggio. Non ci ripescheranno mai più, potete starne certi!»
Non è dello stesso avviso l’altro mio stimato e insigne compagno di avventura, il preclaro Dott. Costante Fieracci, storico di fama internazionale, primo nella sua disciplina per la sensazionale scoperta che gli antichi nostri predecessori romani già solevano sollazzarsi con bibite fresche a base di anice. E alle insistenti voci secondo le quali egli fu cacciato dall’Istituto Luce a seguito di un modestissimo supplemento sul costo delle sue ricerche (appena dieci miliardi di lire, nemmeno il doppio della direttissima Bologna-Firenze), egli risponde con un fiero e italico:
«Me ne frego!»
Parole gettate al vento da detrattori e socialisti, in quanto ora il Prof. Fieracci è a capo della spedizione per la rivendicazione italica sul Messico, della quale ho l’onore di far parte. La motivazione ufficiale recita:
“Pare che il nostro compatriota, il ciabattino Modestino de’Scalzis, abbia seguito il conquistatore spagnolo Hernan Cortés nella sua missione. Di lui si sono perse le tracce: gli spagnoli lo vollero morto ma un’antica leggenda tribale lo designerebbe come primo imperatore del Messico”.
Parole all’apparenza scarne e prive di fondamento ma che, data l’altissima mente che le ha partorite e le prodigiose mani che le hanno rese imperiture nero su bianco, lasciano poco spazio all’immaginazione.
Non voglio mancar di modestia, ma la mia partecipazione alla missione è di gran lunga la scelta migliore che i gerarchi potessero effettuare in materia. Non posso mentire sul fatto che la mia ridente fama sia dovuta all’idea di inserire, all’interno delle mie lezioni di italiano presso il Regio Liceo di Aosta, due ore aggiuntive obbligatorie di dileggio alla letteratura francese (il peggio che possa esistere per immelansire i cuori e ammollarli verso sentimenti contrari alla supremazia della razza italica). Grazie a ciò, il mio augusto protettore Balbo mi ha concesso, al fine di partecipare alla spedizione, di anticipare di quattro anni l’uscita dal bel mondo dell’insegnamento; ora sono qui, in lapis e ossa, in vece addetto stampa: quando il prestigio italico chiama, io rispondo senza esitazioni con un perentorio e risoluto: «Presente!»
[…]
Raggiungiamo la meta in mattinata, allo stremo delle provviste ma speranzosi, una volta tornati nella sospirata Patria, di poter festeggiare con frizzanti moscati piemontesi (ben altro sapore, rispetto alle marniche sciampagne!) e autarchiche cozze di terra napoletana (a cui qualche detrattore preferisce addirittura le modeste e volgari ostriche d’oltralpe: qual cibo barbaro!), raffinatezze impreziosite dalle sicure lodi e ed energiche strette di mano da parte del Duce (il quale, secondo i rozzi galli già citati, figurerebbe combattente meno fiero di quell’ingrato nanetto còrso: quanta ignominia!).
Il grande complesso di Chichén Itzà, dove il Fieracci conta di trovare le spoglie memori del nostro illustre predecessore in esplorazione, si staglia davanti a noi senza garbo, sgraziatamente, manco fosse stato mal disegnato dallo stesso architetto di Versailles. Penetriamo all’interno del Caracol in cerca di qualche indizio supplementare.
L’ingresso, buio e triste quanto una notte senza luna a Parigi, ci conduce in un antro. La prima trappola di quel primitivo luogo ci viene tese pochi metri oltre, peggio che se l’avesse congegnata un malandrino marsigliese. La porta d’ingresso, che avevamo trovato tanto spalancata da risultare invisibile, ripiomba nella sua sede, lasciandoci in una lunga galleria completamente isolati.
Il disfattismo del Balducci si palesa in men che non si dica, più codardo delle guardie della Bastiglia il giorno dell’ingloriosa rivoluzione:
«Ecco professore, siamo chiusi dentro, non ci verranno nemmeno a cercare!»
Quell’odiosa erre moscia (francese pure quella, ca vans sa dir) me lo rende ancor più repellente:
«E’ così che ti hanno insegnato a pugnare? Anche nelle tenebre un milite italico deve rappresentare degnamente la sua stirpe! Su, corri, vile effeminato, e cerca immediatamente un’uscita per gli illustri uomini d’ingegno che indegnamente accompagni!»
«E come faccio, se non si vede nulla?»
In effetti, per quanto proveniente da una mente meschina e disonesta, non so proprio come controbattere all’osservazione. Propongo dunque di usare un acciarino per diradare le tenebre che ci avvolgono. Il vile Balducci, per puro spirito di contestazione, ben presto mi contraddice:
«Ma che cosa dici, dai! Ma non senti che puzza c’è qui? Mi sa che qualcuno ha scorreggiato di brutto! Se accendiamo una fiamma, qui scoppia tutto!»
È meglio indagare: il temibile gas petano, che promettenti risultati ha fornito nella sostituzione del gassogeno sulle nostre potenti e leggiadre littorine, potrebbe rivelarsi un bel grattacapo.
«Balducci, cosa hai mangiato ieri sera?»
«Niente, come al solito! Fra poco mi mangerò anche le suole delle scarpe, dalla fame che c’ho! Ti vuoi rendere conto che qui non c’è più nulla da mangiare?»
«Mi scusi esimio Dott. Fieracci, posso avere l’ardimento di chiederle se ieri sera ha desinato e quali deliziose pietanze ha preferito per la sua dieta?»
«Pasta e fagioli!»
«Ottima scelta! Cibo sano e nutriente, gradito a tutti i sudditi di Sua Maestà, dal contadino al gerarca, dal soldato semplice al generale!»
Non oso pensare che le mefitiche esalazioni provengano dal suo augusto deretano ma molti indizi me lo lasciano supporre. Forse è meglio attendere che si diradi il pericoloso gas, la cui inspirazione mi provoca conati peggiori che se avessi di fronte una fetta di camembert.
«Aspettate, ho qui una torcia elettrica!»
«E chi te l’ha mai data, soldato? Tali strumenti di alta tecnologia non dovrebbero finire nelle mani di rozzi volgari come te, ma solo di grandi scienziati e uomini illuminati che, proprio in quanto tali, dovrebbero…»
«Va bene, se ci tieni tanto prendila pure!”
«Ma come ti permetti di darmi del tu? Solo un fiero e italico “voi” si addice a persone del calibro mio e del celeberrimo dottore in storia qui presente!»
Non ho mai usato una torcia elettrica ma la grande facilità di accensione e conduzione della stessa, che non necessita né di fiamma né di combustibile, me la fanno già preferire alla lampada ad olio. Non mi stupisco peraltro che il vero motore di tale prodigio, la pila elettrica, provenga da quel grande genio tutto italiano di Alessandro Volta: al diavolo quegli scettici mangiarane! Le loro ottusa mente, abituata nei secoli a modeste stregonerie, dubitò persino che potesse esistere la forza elettrica, almeno fin quando il grande comasco non ne dimostrò pubblicamente la potenza di fronte a quel nanerottolo ulceroso del Bonaparte.
Un lungo corridoio, forse esplorato per la prima volta, ci inghiotte. Ci spostiamo più avanti, nella speranza che l’involontaria flatulenza smetta di perseguitarci. Dopo venti passi troviamo una porta sul nostro fianco destro. Dopo altri venti una seconda. Quale scegliere?
Propongo uno dei metodi scientifici più utilizzati in questi casi, figlio di studi minuziosissimi e calcoli che da soli potrebbero occupare intere pagine nelle più importanti riviste autarchiche di settore. Metodo davvero accurato e senza possibilità di errore, scevro di qualsivoglia ingerenza di spannometria proveniente dal modesto stato che ci contende le Alpi Marittime:
«Signori, esimi colleghi! Non dobbiamo brancolare nelle tenebre! Proporrei una bella conta.»
L’indegno fante che ci accompagna, sicuramente in vena di dileggi, inizia a canzonarci:
«Ambarabbà, ciccì coccò, tre civette sul comò, che facevano l’amore con la figlia del dottore…»
Non posso trattenermi dal fargli le mie rimostranze per quell’oscena canzoncina:
«Ma come ti permetti, ignobile e sozzo soldato! Ti degraderei all’istante se non fossi già all’infimo grado della gerarchia militare! Come puoi accostare l’augusta e virginea figlia del qui presente dottor Fieracci all’amoreggiamento con un mite animale notturno? Nemmeno in Francia, nei peggiori luoghi di perdizione come il Moulin Rouge, ho mai visto una simile promiscuità sessuale!»
«Vabbè, non ti scaldare, professore! Proviamo con questa: sotto il ponte di Baracca c’è Pierin che fa la cacca, la fa dura…»
Tuonai peggio di come farebbe il Duce se si osasse paragonare la papale San Pietro alla provinciale Notre Dames de Paris:
«Ancora? Adesso te la prendi con l’aviazione e col suo degnissimo asso? Hai forse invidia per non essere stato ammesso a tale corpo della nostra sfavillante e sicuramente vittoriosa milizia? È ora che qualcuno te lo dica, ragazzo! Hai l’onore di far parte del regio esercito solo perché le madri come la tua non hanno mai generato, quando era necessario, i sessanta milioni di baionette che la patria gli chiede! Sei figlio unico scommetto, famiglia degenere…»
Nel frattempo, in barba alle nostre accese discussioni, quella mente eccelsa e preclara del dottor Fierucci, con un’illuminazione degna del Vate, si appoggia ad una porta e questa vi si schiude. L’ambiente è ampio e ben luminoso: potrebbe essere la chiave di volta per levarci da quel maledetto corridoio e ritrovare alfine l’ambìto tesoro. L’emozione del nostro scienziato e provetto esploratore è incontenibile:
«Che bello, sono così contento di uscire da qui che farei gli scalini a due a due!»
Meglio controllare bene, per assicurarsi che la cosa sia fattibile.
«Mi dispiace deludervi, gentile professore, ma i gradini mi paiono dispari, non credo che potrà farli a due a due.»
«E allora a tre a tre!»
Il tono piccato mi fa intuire che forse le mie conoscenze di matematica non sono così avanzate come le sue, ma trovo anche qui argomento di cui discutere fra galantuomini delle massime scienze.
«Se non ho contato male, i gradini mi paiono diciassette. Dunque, secondo l’ancestrale regola del tre, di ignoto scopritore sicuramente di italica stirpe… diciassette… uno più sette fa otto, asino cotto…»
Interruzione del Balducci:
«Professore, ti pare il momento di perdere tempo? Ma che, non sai nemmeno contare? Comunque diciassette è numero primo!”
«Silenzio, come osi interrompere i miei calcoli!? Proprio tu, indegno soldato, che se non ci fosse stato il Duce a darti un’istruzione conteresti ancora con le dita, come fanno i francesi! Dunque, riprendiamo, otto diviso tre fa due, con resto di due. Dottor Fierucci, mi tiene lei il resto di due?»
È in questo momento che l’esimio collega, economo di parole quanto incisivo, ci pregia di una delle sue grandi perle di conoscenza:
«Il milite ha ragione, diciassette è effettivamente un numero primo e non credo di poter effettuare un balzo da diciassette scalini. Credo che sarebbe meglio trovare una scala parallela con un numero pari di scalini.»
«E poi il diciassette porta sfiga!» Ecco come una semplice chiosa, profferita da una voce tanto volgare e sgraziata da dubitare che fosse italica, sia in grado di rovinare una delle più chiare e nitide lezioni sulla matematica che mai ebbi modo di udire in tutta la mia vita. E poi, di che ha da lamentarsi l’infido Balducci? Ancora vi è in Italia traccia di superstizione, come se non bastassero la fede in Santa Romana Chiesa e nel suo pio e devoto fedele Benito Mussolini? Mi vien persino il dubbio che quel trascurabile individuo sia stato istruito d’Oltralpe, dove ancora oggi si eleva al grado di eroina quella perversa di Giovanna d’Arco, strega meschina che soleva giacere con Satanasso in persona.
Ma ecco che, quasi rendendosi conto di una forza maligna che aleggia su di noi, il nostro preclaro professore sfoggia un altro suggerimento che potrebbe rivelarsi risolutivo per noi, per l’intera spedizione, per l’Italia e per il mondo intero.
«Ho con me una mappa del Caracol, forse potremmo controllare lì.»
Non ho intenzione di sprecare carta e lapis per trascrivere le urla e le starnazzate di quell’oca senza testa del Balducci, vieppiù se si considera che erano profferite contro la grandissima ed eccelsa mente poco sopra descritta, con il pretestuoso intento di denigrarlo, rinfacciandogli che la suddetta cartina sarebbe potuta tornare utile qualche istante prima.
L’ira è così accesa che il Balducci si permette di frugare personalmente nello zaino in Lanital (materiale autarchico ad elevata resistenza e compatibile con qualsiasi clima) in cerca di ciò che ritiene la nostra unica ancora di salvezza.
Ne estrae una rivista nella quale campeggiano una serie di uomini nudi, con attributi tanto fieri e gagliardi da non dubitare essere di robusta e sana razza italica, tanto che mi vien oggi da complimentarmi al sano nutrimento che i seni materni hanno profferto per poterli avvantaggiare con tanta baldanza e ariana potenza sessuale.
«Dottore, che schifo… Ma cos’è, invertito? Busone?»
«Balducci, se non la smetti di schernire in questo modo l’uomo che ci ha onorati di presenziare alla più grande scoperta di tutti i tempi, giuro che ti porterò in cima alle scale e da lì ti butterò giù! Non vedi questi superbi esemplari di maschio ariano della Penisola? Si tratta sicuramente di un catalogo di generi per corrispondenza, per dar felici nozze alla figliola del dottore con un robusto giovanotto atto alla prosecuzione della razza superiore…»
Ammetto di lasciarmi anch’io stesso abbindolare dal membro nella fotografia che, penzolando a mo’ di battacchio, pare una nuova Colonna Traiana piantata in mezzo alle gambe del giovane. Vorrei vedere un catalogo del genere per le molli e piagnucolose sgualdrinelle nizzarde o lionesi, con pagine ricolme unicamente di corpi striminziti e membri flosci, capaci a malapena di generare una progenie ottusa e malaticcia!
Conveniamo infine di percorrere i gradini a uno a uno, diciassette per la precisione. In cima alla scala, in un'altra anticamera angusta e alquanto malfatta, con la volta pericolante e un tanfo di muffa tanto acre da lasciarci rimpiangere la mefitica scia intestinale incontrata poco fa.
Ci troviamo dinnanzi una porta di primitiva e barbarica fattura, tanto sgangherata che persino quello smidollato scansafatiche del Balducci, i cui geni sicuramente transalpini hanno dotato di un fisico smunto e di un’indole pusillanime, riesce a sfondare.
Il tonfo assordante rimbomba quanto il fuoco di cento battaglie condotte dal Duce in persona: la tomba del nostro quadricentenario predecessore, il superbo esploratore Modestino de’Scalzis, sulle cui tracce siamo da giorni ad imitazione di un italico segugio, è davanti a noi.
Grande è il nostro disappunto quando notiamo che il magnifico antenato fu ritratto con le ruvide e sgraziate fattezze azteche. Errore più che perdonabile, peraltro, dati gli enormi tributi in oro e pietre che circondano il rude sarcofago. Non possiamo del resto supporre che si tratti di altro personaggio, dato il certo indizio che ci guida alla scoperta del primo imperatore europeo in terra del Messico:
“De’Scalzis: tutta la gran corte indo-americia portò i suoi tesori ai suoi piedi”, da interpretare in lingua corrente, secondo il mio personale e autorevole ammodernamento, come “la corte azteca porta ai piedi del de’Scalzis i propri tesori”, in segno di schietto tributo al grande regnante.
Il profetico dottore, colmo di gioia, non riesce a reggere al vanto della sua gloriosa scoperta, si commuove e piange come fosse al cospetto di Sua Altezza Reale in persona.
Ma quello sciocco fantuccio che ci accompagna non resiste alla tentazione di rovinare la solennità del momento: la sua lingua è inopportuna, manco fosse in bocca alla più laida cortigiana di Maria Antonietta.
«Ehi, professoroni, ma non vedete che De’Scalzis è scritto su questa statua qua, con in mano un paio di sandali?»
La magnanimità del mio mentore Fieracci raggiunge l’apoteosi: chi potrebbe immaginarsi che tanto buon cuore si nasconda dietro un aspetto così austero e a cotanto contegno nel parlare? Si alza in piedi, di scatto, si avvicina anch’egli alla statua e finisce per lodare quell’immonda creatura subumana che ci ha tediato fino ad ora, ricompensandola immeritatamente per i miserevoli servigi che talvolta si è degnato di portarci:
«Balducci, lei è un genio! Nell’imperfetto italiano con cui è scritto il messaggio, la locuzione suo non è attribuita alle opere della corte azteca, bensì alle opere del de’Scalzis stesso. Sicché la frase sarebbe da intendere come “Tutta la corte porta ai propri piedi le opere di de’Scalzis”, ovvero sandali e scarpe! Festeggiamo con le poche derrate ancora a disposizione: non abbiamo scoperto il primo imperatore europeo in terra d’America, bensì il primo calzolaio europeo dell’Imperatore in terra d’America!»
Indietreggio, studio la statua e trovo una piccola nota, pare il testamento spirituale dell’ingegnoso antenato. Mi appresto a prendere nota:
“Ringrazio con viva forza il benefattore che mi concesse di traversar lo Oceano: l’augustissimo Re Francesco I, re di Francia.”
PS: Meglio rimuovere la targhetta e nasconderla alla vista di altri storici e scienziati, sempre ammesso che quei due cialtroni trovino il modo di uscire da qui!
Different Staff- Admin
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Re: Il primo conquistador
È molto difficile costruire un testo comico che faccia ridere con la semplice lettura. Diverso è il discorso se un testo come questo viene rappresentato al teatro o al cinema. In questo caso la fisicità dei personaggi, i movimenti del corpo, la loro mimica, il loro abbigliamento contribuiscono a rendere decisamente comica la rappresentazione.
Ho letto questo testo immaginando di vederlo scorrere realmente sotto i miei occhi e non è stato difficile entrare in questa dinamica data la qualità della scrittura.
Mi è piaciuto molto il lessico utilizzato che riproduce (a dire il vero fedelmente, senza troppe forzature) quello tipico del ventennio.
La comicità sta proprio nell’uso di “quel” linguaggio e sulla stupidità dei vari personaggi, a cui si sottrae soltanto il Balducci che assume, con il suo effetto dirompente, il ruolo dell’Augusto della tradizione circense.
Alcune considerazioni sui vincoli dello step.
I personaggi previsti sono presenti entrambi
Il luogo Chichén Itzà e il corridoio sono ben rappresentati.
La data del 31.8.1939 è definita fino dall’inizio.
Il genere comico (forse la parte più complicata della prova) mi pare sufficientemente centrato.
In conclusione, un ottimo lavoro che tengo ben presente per i primi posti.
Ho letto questo testo immaginando di vederlo scorrere realmente sotto i miei occhi e non è stato difficile entrare in questa dinamica data la qualità della scrittura.
Mi è piaciuto molto il lessico utilizzato che riproduce (a dire il vero fedelmente, senza troppe forzature) quello tipico del ventennio.
La comicità sta proprio nell’uso di “quel” linguaggio e sulla stupidità dei vari personaggi, a cui si sottrae soltanto il Balducci che assume, con il suo effetto dirompente, il ruolo dell’Augusto della tradizione circense.
Alcune considerazioni sui vincoli dello step.
I personaggi previsti sono presenti entrambi
Il luogo Chichén Itzà e il corridoio sono ben rappresentati.
La data del 31.8.1939 è definita fino dall’inizio.
Il genere comico (forse la parte più complicata della prova) mi pare sufficientemente centrato.
In conclusione, un ottimo lavoro che tengo ben presente per i primi posti.
Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: Il primo conquistador
Diverte e fa ridere, quindi il primo obiettivo (genere) è riuscito.
Professore e calzolaio si integrano alla perfezione ma il corridoio molto marginale.
Il colpo di scena finale è la ciligina.
Il linguaggio bombastic del ventennio ci sta, ma a tratti rende la lettura pesante.
Professore e calzolaio si integrano alla perfezione ma il corridoio molto marginale.
Il colpo di scena finale è la ciligina.
Il linguaggio bombastic del ventennio ci sta, ma a tratti rende la lettura pesante.
FedericoChiesa- Padawan
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Re: Il primo conquistador
Mi son divertito nel leggerti e quindi lo scopo è raggiunto. Non mi è dispiaciuto nemmeno il tono aulico con cui ti sei cimentato e che ti è riuscito benissimo. Perfetto anche l'odio verso i mangiarane (ho vissuto vent'anni con loro e lo capisco). Un refusino "tese" che dovrebbe essere "tesa" visto che si riferisce a "trappola". Bravo.
Antonio Borghesi- Padawan
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Re: Il primo conquistador
anche questo racconto non riesce a divertirmi, mi spiace.
ti faccio i complimenti per la fantasia, questo sì, perché hai elaborato una storia particolare.
diverso è il mio parere per quanto riguarda il genere. di sicuro ascoltare il tuo testo recitato da attori avrebbe un effetto infinitamente superiore alla lettura, piuttosto piatta nonostante il tono altezzoso tipico del ventennio.
i paletti sono presenti tutti quanti.
un lavoro discreto.
ti faccio i complimenti per la fantasia, questo sì, perché hai elaborato una storia particolare.
diverso è il mio parere per quanto riguarda il genere. di sicuro ascoltare il tuo testo recitato da attori avrebbe un effetto infinitamente superiore alla lettura, piuttosto piatta nonostante il tono altezzoso tipico del ventennio.
i paletti sono presenti tutti quanti.
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Re: Il primo conquistador
“La prima trappola di quel primitivo luogo ci viene tese pochi metri oltre”
“La prima trappola di quel primitivo luogo ci viene tesa pochi metri oltre”
“(francese pure quella, ca va sans dire)”
“(francese pure quella, ça va sans dire)”
«Va bene, se ci tieni tanto prendila pure!”
È partita una virgoletta diversa
“Le loro ottusa mente, abituata nei secoli”
“La loro ottusa mente, abituata nei secoli”
Qualche refusino qui sopra. A parte questo devo dire che il linguaggio in stile retorica fascista l’ho trovato veramente ben condotto, senza sbavature, dall’inizio alla fine. Un plus, anche per come si plasma al genere scelto, che mi sembra molto centrato. Lo stesso dicasi per i personaggi, che per certi versi mi hanno ricordato i film di Totò.
Il continuo rimando all’inferiorità dei francesi è pure un elemento caratterizzante, ripetuto ma che non annoia poiché fa parte di un disegno narrativo che conta sull’esasperazione di questo tipo di “odio”.
Credo che questo racconto meriti molto perché concentra in sé tutta la potenzialità espressiva che l’Autore ha voluto dare.
“Le autarchiche cozze” non me lo scorderò più.
Grazie
“La prima trappola di quel primitivo luogo ci viene tesa pochi metri oltre”
“(francese pure quella, ca va sans dire)”
“(francese pure quella, ça va sans dire)”
«Va bene, se ci tieni tanto prendila pure!”
È partita una virgoletta diversa
“Le loro ottusa mente, abituata nei secoli”
“La loro ottusa mente, abituata nei secoli”
Qualche refusino qui sopra. A parte questo devo dire che il linguaggio in stile retorica fascista l’ho trovato veramente ben condotto, senza sbavature, dall’inizio alla fine. Un plus, anche per come si plasma al genere scelto, che mi sembra molto centrato. Lo stesso dicasi per i personaggi, che per certi versi mi hanno ricordato i film di Totò.
Il continuo rimando all’inferiorità dei francesi è pure un elemento caratterizzante, ripetuto ma che non annoia poiché fa parte di un disegno narrativo che conta sull’esasperazione di questo tipo di “odio”.
Credo che questo racconto meriti molto perché concentra in sé tutta la potenzialità espressiva che l’Autore ha voluto dare.
“Le autarchiche cozze” non me lo scorderò più.
Grazie
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Sensa cugnisiun

Molli Redigano- Cavaliere Jedi
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Re: Il primo conquistador
L'idea del racconto è originale e apprezabile ed è ben riuscita la resa del linguaggio magniloquente in puro stile fascista.
Ma, anche in questo caso, il testo mi sembra un po' troppo lungo per riuscire a reggere il registro comico. E anche le reiterate invettive contro i francesi creano via via una sorta di assuefazione, quasi un fastidio, tanto che ho accolto la scritta sulla targhetta (debitamente rimossa) come un giusto contrappasso.
Ammetto che il genere comico non rientra tra i miei preferiti, anche perché è raro trovare testi ben fatti e originali. Questo racconto me lo conferma e la riprova sta, ancora una volta, nel ricorso infelice a una "scorreggia" per riuscire a strappare una risata in più.
A rendere la lattura più faticosa contribuiscono poi una serie di refusi sparsi lungo tutto il testo:
- molte eufoniche errate;
- "La prima trappola [...] ci viene tese" tesa;
- "ca vans sa dir" ça;
- "Le loro ottusa mente" La;
e altri che non sto a elencare.
Non posso proprio dire che mi abbia entusiasmato.
M.
Ma, anche in questo caso, il testo mi sembra un po' troppo lungo per riuscire a reggere il registro comico. E anche le reiterate invettive contro i francesi creano via via una sorta di assuefazione, quasi un fastidio, tanto che ho accolto la scritta sulla targhetta (debitamente rimossa) come un giusto contrappasso.
Ammetto che il genere comico non rientra tra i miei preferiti, anche perché è raro trovare testi ben fatti e originali. Questo racconto me lo conferma e la riprova sta, ancora una volta, nel ricorso infelice a una "scorreggia" per riuscire a strappare una risata in più.
A rendere la lattura più faticosa contribuiscono poi una serie di refusi sparsi lungo tutto il testo:
- molte eufoniche errate;
- "La prima trappola [...] ci viene tese" tesa;
- "ca vans sa dir" ça;
- "Le loro ottusa mente" La;
e altri che non sto a elencare.
Non posso proprio dire che mi abbia entusiasmato.
M.
M. Mark o'Knee- Padawan
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Re: Il primo conquistador
Opera d’Italico ingegno pure questo racconto che individua una lieson nientemeno che tra il ciabattino De Scalzis e il mitico Montezuma.
Penso tu ti sia divertito (e anche un po’ affaticato) a scrivere un testo di questo genere. Oltretutto colpisce come tu sia riuscit a mantenere dritta la barra sul linguaggio prescelto per tutta la durata del testo (che non è affatto breve)
Lo ammetto, non sono una facile alla risata, ma la tua storia è ricca d’inventiva e di rispettabile lavoro.
Complimenti.
Penso tu ti sia divertito (e anche un po’ affaticato) a scrivere un testo di questo genere. Oltretutto colpisce come tu sia riuscit a mantenere dritta la barra sul linguaggio prescelto per tutta la durata del testo (che non è affatto breve)
Lo ammetto, non sono una facile alla risata, ma la tua storia è ricca d’inventiva e di rispettabile lavoro.
Complimenti.
Petunia- Moderatore
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Località : Prato
Re: Il primo conquistador
Il finale è PAZZESCO! qualcosa mi dice che l'autore sia partito da lì.
In ogni caso il primo comico che leggo e già mi piace. La comicità è fisica non è solo affidata alle battute (che spesso non mi fa non mi fanno ridere) la situazione è comica e questo diverte. È leggero e spensierato.
Quello che mi è mancato è l'ordine. l'inizio soprattutto è molto ma molto confusionario è come se il racconto avesse trovato la sua strada man mano che l'autore lo scriveva.
Infatti sembra scritto quasi di getto in un momento particolarmente ispirato.
un'altra annotazione, è forse un pochino troppo lungo e questa lunghezza un pochino penalizza i momenti comici.
Rivedrei anche la formattazione.
Io se fossi nell'autore taglierei la prima parte e inizierei il racconto da
“Pare che il nostro compatriota, il ciabattino Modestino de’Scalzis, abbia seguito il conquistatore spagnolo Hernan Cortés nella sua missione. Di lui si sono perse le tracce: gli spagnoli lo vollero morto ma un’antica leggenda tribale lo designerebbe come primo imperatore del Messico”.
In ogni caso il primo comico che leggo e già mi piace. La comicità è fisica non è solo affidata alle battute (che spesso non mi fa non mi fanno ridere) la situazione è comica e questo diverte. È leggero e spensierato.
Quello che mi è mancato è l'ordine. l'inizio soprattutto è molto ma molto confusionario è come se il racconto avesse trovato la sua strada man mano che l'autore lo scriveva.
Infatti sembra scritto quasi di getto in un momento particolarmente ispirato.
un'altra annotazione, è forse un pochino troppo lungo e questa lunghezza un pochino penalizza i momenti comici.
Rivedrei anche la formattazione.
Io se fossi nell'autore taglierei la prima parte e inizierei il racconto da
“Pare che il nostro compatriota, il ciabattino Modestino de’Scalzis, abbia seguito il conquistatore spagnolo Hernan Cortés nella sua missione. Di lui si sono perse le tracce: gli spagnoli lo vollero morto ma un’antica leggenda tribale lo designerebbe come primo imperatore del Messico”.
In conclusione ti faccio i complimenti per aver scritto un bel pezzo comico. Io magari non ho riso sempre ma dicerto non posso che apprezzarne il valore.
Complimenti.
Grazie.
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Un caloroso benvenuto alle persone giunte fino a noi dal futuro.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Il primo conquistador
Sul momento mi sono chiesta perché questi siano stati mandati in Messico, poi la risposta è arrivata poche righe dopo: “Ci hanno mandati qui per staccarci dall’Italia, siamo il peggio del peggio del peggio. Non ci ripescheranno mai più, potete starne certi!”
Una spedizione di “indesiderabili”! Idea molto simpatica.
Ho apprezzato e trovato forse l’elemento più divertente questo alternarsi dei toni esaltati di Franceschini e quelli invece più che concreti e smitizzanti di Balducci.
Mi sembra che a volte si sia spinto troppo il pedale sulle caratteristiche caricaturali di Franceschini (l’ultrafascismo encomiastico e acritico, l’assoluto antifrancesismo, il linguaggio) che finiscono per dare un’impressione di pesantezza. Si potrebbero sfrondare tante frasi, senza perdere l’impressione che si vuole dare.
Trovo di nuovo un racconto in cui si mescolano elementi storici riferiti agli Aztechi (la spedizione di Cortés) e quelli Maya (Chichén Itzá), come se le due civiltà fossero intercambiabili.
Mi ha colpito la presenza delle due “conte”: sono esattamente quelle che usavamo noi bambini! Mi ha colpito perché mi ha fatto pensare alla capacità di questi elementi di cultura popolare, di essere gli stessi in diverse parti d’Italia.
Simpatico il finale: la scoperta del primo calzolaio europeo in America e tirare le fila, dandogli un senso, tramite il riferimento a Francesco I, a tutto l’antifrancesismo di Franceschini.
Arianna 2016- Cavaliere Jedi
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Re: Il primo conquistador
Forse sarò un sempliciotto ma a me questo racconto è piaciuto e ha divertito proprio tanto.
Mi è piaciuta l'ambientazione, la capacità di coniugare il Messico con il 1939, mi è piaciuto il tono aulico in cui hai calato perfettamente il personaggio finendo per tratteggiarlo principalmente attraverso i suoi scritti, mi è piaciuto come hai saputo gestire l'antipatia verso i francesi che avrebbe potuto finire con l'essere ripetitiva e stucchevole e che invece fa sorridere ogni volta di più a d ogni intervento.
paletti centrati tutti in modo appropriato (se non è comico questo racconto...) a parte forse uno...
Che siamo al 31 agosto 1939 lo si evince solo perché lo scrivi quasi all'inizio perché tutto il racconto potrebbe svolgersi tranquillamente in aprile piuttosto che in gennaio senza che cambi nulla.
La tirata d'orecchi, invece, te la faccio per aver mancato una rilettura finale (spero per mancanza di tempo) che avrebbe tolto una serie di errori talmente pacchiani da poter essere solo frutto di fretta.
Spero che alla fine non siano queste "distrazioni" a impedirti di finire sul mio podio come il racconto merita senza dubbio.
Mi è piaciuta l'ambientazione, la capacità di coniugare il Messico con il 1939, mi è piaciuto il tono aulico in cui hai calato perfettamente il personaggio finendo per tratteggiarlo principalmente attraverso i suoi scritti, mi è piaciuto come hai saputo gestire l'antipatia verso i francesi che avrebbe potuto finire con l'essere ripetitiva e stucchevole e che invece fa sorridere ogni volta di più a d ogni intervento.
paletti centrati tutti in modo appropriato (se non è comico questo racconto...) a parte forse uno...
Che siamo al 31 agosto 1939 lo si evince solo perché lo scrivi quasi all'inizio perché tutto il racconto potrebbe svolgersi tranquillamente in aprile piuttosto che in gennaio senza che cambi nulla.
La tirata d'orecchi, invece, te la faccio per aver mancato una rilettura finale (spero per mancanza di tempo) che avrebbe tolto una serie di errori talmente pacchiani da poter essere solo frutto di fretta.
raffinatezze impreziosite dalle sicure lodi e ed energiche strette di mano
La prima trappola di quel primitivo luogo ci viene tese
Le loro ottusa mente, abituata nei secoli a modeste stregonerie,
Questo periodo sembra mancare di una consecutiva che forse è la frase successiva che è stata inspiegabilmente separata da questa da un punto che invece avrebbe dovuto non esserci.In cima alla scala, in un'altra anticamera angusta e alquanto malfatta, con la volta pericolante e un tanfo di muffa tanto acre da lasciarci rimpiangere la mefitica scia intestinale incontrata poco fa.
Spero che alla fine non siano queste "distrazioni" a impedirti di finire sul mio podio come il racconto merita senza dubbio.
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paluca66- Cavaliere Jedi
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Re: Il primo conquistador
I dialoghi mi hanno ricordato 'il Federale', il bel film con un Tognazzi fascista piu' che comico.
Molto impegno e molto risultato, questo racconto sara' premiato. Lo sento. Non fosse altro per il bel finale a sorpresa con Modestino ciabattino carico d'oro.
Molto impegno e molto risultato, questo racconto sara' premiato. Lo sento. Non fosse altro per il bel finale a sorpresa con Modestino ciabattino carico d'oro.
tommybe- Cavaliere Jedi
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Re: Il primo conquistador
Mi sembra doveroso scrivere una postilla al mio commento. Sì, è vero che Cortés ha conquistato la civiltà azteca e che la conquista di quella Maya è legata a Francisco de Monteyo, ma oggi, cercando di chiarirmi le idee a proposito di un altro racconto, ho trovato che anche Cortés inviò una spedizione nei territori della civiltà Maya, prima di Monteyo, per cui "ci sta" il calzolaio a seguito di Cortés che si ferma presso i Maya.
Arianna 2016- Cavaliere Jedi
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Re: Il primo conquistador
Francamente? Non ho trovato questo racconto particolarmente comico, mi ha strappato qualche tiepido sorriso, mi spiace Penna.
Scritto molto bene non c’è dubbio: il riproporre lo stile lessicale dell’epoca denota bravura perché mantenerlo per tutta la durata del racconto deve essere stato faticoso, quasi un lavoro di traduzione. Qui tanti complimenti per questo aspetto del racconto.
Originale anche la motivazione del viaggio, alla fine una scusa per liberarsi di qualche personaggio in un certo qual senso scomodo mandandoli dall’altra parte del mondo, oltretutto un luogo dove potersene disfare senza tema di averne colpa.
Penso che l’insieme sarebbe stato una buona base per una sceneggiatura di un film, tipo “Il federale” o similari, ma come racconto di per se stesso, perde di ritmo della trama, disperdendo la situazione con il continuo riproporre Italia vs Francia, che alla fine è un po’ esagerato, quasi che fosse su questi confronti che la Penna ha impostato il racconto.
I paletti sono presenti, ben chiari, con un professore alle prese con le sue idiosincrasie verso i francesi (che si ritrova tra i piedi ogni tre per due) e un più ruspante soldato che lo riporta coi piedi per terra e un calzolaio che i piedi dei locali li ha ben calzati.
C’è, dal punto di vista del giudizio, una sorta di dualità: scritto bene, ma non mi ha lasciato sensazioni tali da ricordarlo per qualcosa che non sia qualche battuta.
Scritto molto bene non c’è dubbio: il riproporre lo stile lessicale dell’epoca denota bravura perché mantenerlo per tutta la durata del racconto deve essere stato faticoso, quasi un lavoro di traduzione. Qui tanti complimenti per questo aspetto del racconto.
Originale anche la motivazione del viaggio, alla fine una scusa per liberarsi di qualche personaggio in un certo qual senso scomodo mandandoli dall’altra parte del mondo, oltretutto un luogo dove potersene disfare senza tema di averne colpa.
Penso che l’insieme sarebbe stato una buona base per una sceneggiatura di un film, tipo “Il federale” o similari, ma come racconto di per se stesso, perde di ritmo della trama, disperdendo la situazione con il continuo riproporre Italia vs Francia, che alla fine è un po’ esagerato, quasi che fosse su questi confronti che la Penna ha impostato il racconto.
I paletti sono presenti, ben chiari, con un professore alle prese con le sue idiosincrasie verso i francesi (che si ritrova tra i piedi ogni tre per due) e un più ruspante soldato che lo riporta coi piedi per terra e un calzolaio che i piedi dei locali li ha ben calzati.
C’è, dal punto di vista del giudizio, una sorta di dualità: scritto bene, ma non mi ha lasciato sensazioni tali da ricordarlo per qualcosa che non sia qualche battuta.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: Il primo conquistador
Racconto molto simpatico e divertente, che non stanca nonostante la lunghezza non proprio indifferente. Ho apprezzato particolarmente, oltre al linguaggio altisonante tipico del periodo di ambientazione, il fatto che la trama sia molto semplice e lineare, quasi una "rivista" nella quale i vari personaggi possono esprimere al meglio la loro stupidità: la leggerezza regna sovrana. I paletti sono ben delineati: la data è riportata già dall'inizio, molto presente negli atteggiamenti, il professore è il vero protagonista, con un accenno di calzolaio anche nel finale. Genere centrato, corridoio giustamente presente come luogo "di passaggio". Anche il luogo entra molto bene nell'economia del racconto. Nel complesso piaciuto proprio come comico: senza pretese ma divertente!
Nellone- Younglings
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Re: Il primo conquistador
A me ha fatto sorridere più volte questo racconto, sarà che l'ironia sul fascismo tende a essere scontata mentre qui l'ho trovata originale e diversa dal solito.
Mi ha ricordato qualche spezzone di "Fascisti su Marte", se conosci il riferimento.
E' vero, forse in qualche passaggio c'è un po' di ridondanza tra linguaggio pesante e leitmotiv dell'odio anti-francese, ma nel complesso per me il lavoro ha funzionato e svolto il suo onesto compito d'intrattenimento arguto.
Un grande plauso per la scrittura in stile Ventennio, che hai riproposto in maniera credibile, gonfiata nel modo giusto, quasi mai pesante e soprattutto coerente dall'inizio alla fine.
Apprezzato il finale-beffa.
Tra l'altro, il Franceschini ha un riferimento alla Francia persino nel cognome, cosa che lo avrà fatto soffrire a lungo.
Insomma, al netto degli errorini sparsi e di una comicità che non fa cadere dalla sedia leggendo, il racconto mi è comunque piaciuto molto e per me prende un buon voto.
Mi ha ricordato qualche spezzone di "Fascisti su Marte", se conosci il riferimento.
E' vero, forse in qualche passaggio c'è un po' di ridondanza tra linguaggio pesante e leitmotiv dell'odio anti-francese, ma nel complesso per me il lavoro ha funzionato e svolto il suo onesto compito d'intrattenimento arguto.
Un grande plauso per la scrittura in stile Ventennio, che hai riproposto in maniera credibile, gonfiata nel modo giusto, quasi mai pesante e soprattutto coerente dall'inizio alla fine.
Apprezzato il finale-beffa.
Tra l'altro, il Franceschini ha un riferimento alla Francia persino nel cognome, cosa che lo avrà fatto soffrire a lungo.
Insomma, al netto degli errorini sparsi e di una comicità che non fa cadere dalla sedia leggendo, il racconto mi è comunque piaciuto molto e per me prende un buon voto.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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