Don Quijote di Irun
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Don Quijote di Irun
Primavera ‘45
Lo trovò lì, rannicchiato nella penombra, in un angolo di quella cantina, ancora umida e fredda in quel periodo dell’anno.
François Gauthier aveva dovuto attendere più di sei mesi prima di poter ritornare a Hendaye, dall’ Oflag di Döberitzk, dove i Tedeschi lo avevano spedito, prigioniero di guerra, a lavorare nelle miniere di carbone per una misera paga giornaliera. Dopo la liberazione, i medici, vista la situazione sanitaria precaria e la tubercolosi, lo avevano obbligato a un lungo periodo di degenza prima di rimetterlo su un treno verso casa.
E ora, oltre a scoprire che la casa durante la sua assenza era stata occupata da un comandante tedesco, una nuova sorpresa lo attendeva, varcata la porta della cantina: un terribile odore di escrementi, di sudore e di cibo andato a male lo aveva assalito. Con un moto di ribrezzo aveva fatto dietrofront. Poi quel suono, ancestrale, primordiale, una specie di lamento che di umano aveva ben poco lo aveva fatto arrestare.
Era sceso lungo la stretta scalinata, aveva scavalcato le numerose bottiglie vuote sparpagliate sul pavimento, i barattoli delle conserve, i rimasugli di cibo sparsi qua e là.
Lo aveva illuminato con la lampada a cherosene: il vecchio si era ritratto, spaventato e accecato dall’improvviso bagliore, gli occhi da troppo abituati solo al buio di quello scantinato.
Infine, qualche flebile parola era uscita dalla sua bocca: «David Luis Martins Oliveira».
Parecchi anni prima
Più leggeva quel documento, più David Luis Martins Oliveira ne era convinto: quel benedetto Trattato dei Pirenei non era altro che una vessazione che la Francia imponeva alla Spagna, mascherando astutamente la condizioni della resa iberica come fossero patti concordati, mentre si trattava unicamente di clausole a vantaggio dei gallici.
A sottolineare la falsa volontà del Mazzarino di chiudere quei trent’anni di guerra con un accordo solo in apparenza vantaggioso per entrambe le parti, il cardinale ne aveva stabilito la firma su quell’isola in mezzo al Bidasoa, a ugual distanza tra Spagna e Francia. Territorio neutrale e condiviso: ma guarda caso, il trattato era stato firmato il 7 novembre, e quindi nel periodo in cui, per convenzione, negli anni a venire l’isola sarebbe stata di dominio francese.
E in effetti, come si poteva considerarsi neutrale un accordo in cui gli Asburgo dovevano cedere ai Borboni territori in Lussenburgo, nelle Fiandre, nel Ducato di Lorena, per finire con una manciata di paesini catalani a cavallo dei Pirenei? Per non parlare della dote di cinquecentomila ecu, da versarsi direttamente nelle casse dello stato, francese ovviamente. E già, perché in tutto questo il povero Filippo IV aveva dovuto anche accettare di dare la mano della sua amata figlia, l’ìnfanta Marie-Teresa, a Luigi XIV, garantendo quindi anche i diritti di successione alla corona spagnola.
Di sicuro Luis de Haro, incaricato di trattare a nome degli iberici, non era il Mazzarino, né come standing né come capacità, e l’unico risultato che era riuscito ad ottenere fu che quella benedetta isola, l’île des Faisans o Isla de los Faisanes che dir si voglia, sarebbe stata spagnola, sei mesi all’anno: almeno in questo aveva ottenuto la completa parità.
Ma a David Luis Martins Oliveira questa storia proprio non andava giù; a lui, l’unico che aveva il permesso di attraccare con la sua barchetta, dal giorno successivo al passaggio delle consegne tra il comandante della base navale dell'Adour e l’omologo delegato spagnolo della base navale di Hondarribia.
Così, ogni primo di febbraio, da quarant’anni ormai, si recava su quell’isoletta di neanche duecento metri di lunghezza, a mettere in ordine il giardino che contornava il monumento in memoria del trattato. Riordinava quel piccolo appezzamento che a fatica si era conquistato uno spazio tra la fitta vegetazione, ripulendolo dalle erbacce, rasando il prato e piantando qualche vaso di primule o camelie. Poi, dopo un saluto impettito alla bandiera spagnola, tornava al suo negozio di fiori a Irun.
Allo stesso modo, al 30 luglio, vi tornava, a riprendere le sue pianticelle e, più di una volta, a lasciare un bisognino non lontano da dove i cugini avrebbero dovuto alzare la bandiera rossa, bianca e blu.
Così, passava i sei mesi successivi rodendosi il fegato, nella speranza che qualcosa potesse incrinare uno status quo che si perpetrava da ormai quasi tre secoli.
Estate ‘40
Il 30 luglio del 1940 il fioraio, guardava l’isola accarezzata dal lento scorrere del fiume, ma un dubbio lo assillava: che bandiera avrebbe sventolato al primo agosto e nei mesi a seguire? Il trattato era da considerarsi ancora valido ora che Irun non confinava più con il paese che lo aveva sottoscritto, ma con un paese occupato, e quindi a tutti gli effetti tedesco? E in effetti, nei mesi a venire, nessuna bandiera venne issata sull’isolotto.
L’occasione che David Luis attendeva arrivò su un piatto d’argento, servito nel piccolo borgo di Hendaye, giusto alla foce del Bidasoa. Il 23 ottobre, alla stazione ferroviaria, il Caudillo de España, Francisco Franco e il Führer, Adolf Hitler, si erano incontrati per trattare l’unione della Spagna alle Potenze dell'Asse.
Il Generalissimo, certo non timido e impacciato come il suo predecessore di fronte al Mazzarino, aveva snocciolato una serie di richieste, a cominciare dalla consegna di Gibilterra, una volta sconfitti gli inglesi ovviamente, fino alla cessione del Marocco francese e di parte dell'Algeria: il tutto a fronte di un vago impegno ad entrare in guerra in un prossimo indefinito futuro.
Francisco Franco non aveva fatto riferimenti all’Isola dei Fagiani tra le sue richieste: troppo piccola per far parte di un negoziato di tale importanza, ma chi avrebbe potuto dire qualche cosa se la Spagna, approfittando della situazione, ne avesse preso il pieno possesso?
E così, il 31 dicembre dello stesso anno, approfittando dei seppur dimessi festeggiamenti per il nuovo anno, qualche minuto prima della mezzanotte, David Luis caricò la sua barca con una bandiera spagnola, una tromba in ottone scintillante e un moschetto, più pericoloso per chi l’avesse maneggiato che non per chi se lo fosse trovato puntato addosso.
Al primo gennaio i francesi, udito uno squillo, si affacciarono sulla riva per vedere, non appena un pallido sole aveva sollevato la bruma mattutina, un vecchio imbracciare un fucile e una enorme bandiera rossa e gialla con un’aquila al centro sventolare alle sue spalle.
Una rogna così, Karl Hotz, il tedesco sindaco reggente di Hendaye, non l’avrebbe augurata a nessuno, tantomeno al primo dell’anno nuovo. Che fare? Lasciare quell’inutile isolotto in mano spagnola? Ma come l’avrebbe presa il maresciallo di Francia, Philippe Pétain, l’ottantaquattrenne presidente del consiglio dello stato di Vichy?
Non gli restava che telefonare a Joachim von Ribbentrop, Ministro degli Affari Esteri, che il precedente 23 ottobre aveva conosciuto di persona.
Quest’ultimo non gli lasciò scelta: riconquistare l’isola. Il Führer, infatti, non era partito molto soddisfatto dall’incontro con Francisco Franco, anzi, si riferiva che pochi giorni dopo, in Germania avesse detto a Mussolini: “Preferisco farmi estrarre tre o quattro denti piuttosto che parlare di nuovo con quell'uomo!”. Era quindi l’occasione giusta per una piccola vendetta nei confronti di quell’arrogante di Franco, anche se a farne le spese sarebbe stato un povero vecchietto, sicuramente un discendente di Don Quijote.
Ma un altro rebus assillava il povero Karl Hotz: quale bandiera avrebbe dovuto sventolare, una volta ripreso il possesso dell’isola? Decise quindi di attendere a sferrare l’attacco il 31 gennaio, ultimo giorno di dominio francese, conquistandosi il diritto di tergiversare per i successivi sei mesi che spettavano di diritto alla Spagna. Appena calata la sera sul Golfo di Biscaglia dell’ultimo giorno utile, un drappello di dodici uomini perfettamente addestrati, accompagnati da tre cani pastore, si accingeva a salpare alla cattura del ribelle che aveva invaso quel simbolico territorio.
Estate ‘42
Dopo due anni passati in prigione, David Luis Martins Oliveira stava ancora aspettando che qualcuno gli chiarisse quale sarebbe stato il suo destino.
Gli avvocati avevano speso il primo anno solamente per definire secondo quale legge l’imputato avrebbe dovuto essere giudicato, sentenziando infine che occorreva seguire il Codice Penale Francese del 1810, essendo il crimine stato perpetrato su suolo francese, seppur occupato da forze tedesche, seppur commesso da un cittadino spagnolo.
L’anno seguente era trascorso tra dibattimenti per decidere la pena da applicare, oscillando tra i lavori forzati, la deportazione… ma dove?, la marchiatura a fuoco e, aimè, l’esecuzione capitale per ghigliottinamento.
Ma quando i giudici stabilirono la pena, toccò di nuovo a Herr Hotz sbrigare quella spiacevole formalità, informando David Luis che sarebbe stato decapitato il primo agosto del ’43, proprio sull’isola dei Fagiani, non appena questa fosse tornata sotto il dominio francese.
Il 31 luglio, finito da poco di cenare, seduto nel salotto gustandosi un buon sigaro accompagnato da un bicchiere di Cognac, Karl Hort ricevette un telegramma dal Ministero degli Affari Esteri di Berlino.
David Luis Martins Oliveira non deve essere giustiziato STOP
Preparare messinscena per finta decapitazione STOP
Tenere il prigioniero in luogo segreto ed isolato STOP
Fino a nuovo ordine STOP
Non divulgare ad altri che al capo esecutore testamentario STOP
Solo alcune settimane dopo, durante un colloquio telefonico con Joachim von Ribbentrop, il sindaco venne a sapere che il Generalissimo Franco, ritenendosi in qualche modo responsabile per la sorte del povero fioraio, aveva telefonato di persona a Adolf Hitler, scusandosi per i toni usati nell’incontro a Hendaye e chiedendo la grazia per il vecchietto. Non potendo, o meglio non volendo, cancellare una sentenza sulla quale non aveva competenza, il leader tedesco rispose che il prigioniero avrebbe avuto la vita, ma non la grazia.
Karl Hotz chiamò quindi immediatamente Jules-Henri Desfourneaux, capo esecutore testamentario, il boia in poche parole, per cercare una soluzione su come procedere.
Il Desfourneaux, discendente da una famiglia di macellai dal centro della Francia, non ebbe alcun dubbio.
E così, il mattino seguente, il sindaco, accompagnato solamente dal boia e dal condannato, raggiunse lo spiazzo dove era stata collocata la ghigliottina. Al posto del condannato, un maiale, portato là nottetempo in gran segreto, prese posto sulla tavola basculante della mefistofelica macchina. Opportunamente infagottato in un bianco tessuto, con una deliziosa cuffietta a nascondere il capo, avrebbe confuso i numerosi curiosi che dai due lati del fiume osservano la raccapricciante scena. Dopo pochi secondi, la pesante lama separò di netto la testa dal corpo, facendola cadere nel secchio predisposto.
Tornati sull’altra riva del fiume, mentre il maiale chiuso in una bara spoglia veniva condotto al vicino camposanto, David Louis veniva accompagnato nel luogo che lo avrebbe “ospitato” sintanto che qualcuno non avesse deciso che fare di lui.
Karl Hotz, suo malgrado coinvolto in questa surreale pantomima, aveva deciso di tenere il “graziato” condannato nella piccola cantina della villetta di cui aveva preso possesso per adempiere al compito di sindaco al quale il Reich l’aveva destinato. Occupazione a titolo gratuito, ovviamente.
Dopotutto era la scelta più corretta: dato che Dame Hotz non aveva voluto seguire il marito in terra francese, nella casetta, situata in zona piuttosto isolata ai margini del paese, Herr Hotz vi abitava insieme a un solo domestico, per giunta sordomuto.
Alla cantina si accedeva da una piccola porta, scendendo una lunga rampa di scale, per arrivare in un piccolo locale con pareti in pietra, diviso in due strette navate con soffitti a botte. Uno sfiato permetteva una corretta areazione e una tenue illuminazione, lasciando l’ambiente in una scura penombra.
La decisione non era stata comunque indolore: amante del bere bene e del buon cibo, quella piccola cantina era stata opportunamente attrezzarla per conservare fino alla bisogna il frutto delle sue ricerche culinarie. Lungo le pareti, alloggiavano Champagne di ogni genere, bottiglie di Cognac e Armagnac, anche se la sua vera passione era per i rossi di Bordeaux, tra i quali poteva vantare anche alcune pregiate magnum di Premier Grand Cru Classé della zona di St-Emilion. Dal soffitto pendevano cosce intere di Jamon de Bayonne, formaggi dalle diverse stagionature, conserve di ogni genere e, non ultimo, vasetti di caviale d’Aquitania.
Con Martins Oliveira era stato chiaro: il suo domestico avrebbe avuto cura di portargli ogni giorno il cibo per la giornata, lo avrebbe accompagnato nel locale di servizio per lavarsi e per i propri bisogni… ma guai se avesse solamente toccato uno di quei prodotti impilati e catalogati ai lati delle pareti.
Estate ‘44
Il sindaco di Hendaye non aveva perso l’abitudine, ogni sera dopo cena, di assaporare un liquore fumandosi un sigaro, ma aveva accompagnato questo rituale con l’ascolto della radio che, contravvenendo alle istruzioni del Führer, teneva sintonizzata su Radio Londra. Le informazioni ufficiali che riceveva dal suo comando non lo convincevano, e voleva verificarne la veridicità anche sentendo l’altra campana.
Quanto ascoltava non lo lasciava affatto tranquillo. Aveva preparato tutto con tale scrupolo che, neanche qualche ora dopo che le truppe alleate erano entrate a Parigi e moti di giubilo si erano scatenati in tutta la Francia, Karl Hotz, in abiti civili, abbandonata con dolore sul retro la Mercedes 700K, lasciava la sua abitazione a bordo di una Citroën Traction Avant, da diverse settimane pronta ad ogni evenienza. Alla guida il fedele domestico.
Aveva ormai passato Bordeaux, quando gli venne in mente di David Luis Martins Oliveira.
«Si è ricordato di aprire la porta della cantina prima di partire?» domandò al domestico.
“Che stupido” pensò, “non mi può rispondere “… e neppure sentire.”
“Beh, prima o poi lo troveranno: per un bel po' ha sicuramente di che sopravvivere!”
E fece cenno di premere sull’acceleratore.
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
Ho trovato una scrittura pressoché sicura, fluida, per cui la lettura è stata piacevole e scorrevole.
Segnalo soltanto questo passaggio:
"E in effetti, come si poteva considerarsi neutrale"
"E in effetti, comesi poteva considerarsi neutrale", oppure
"E in effetti, come si poteva considerare neutrale".
Sicuramente un racconto storico, che colloca un personaggio comune dentro una Storia molto più grande di lui. L'Autore ha giocato bene con la suddetta Storia: un trattato vecchio di trecento anni che si riflette, ancora, durante un altrettanto importante avvenimento storico del Novecento. Può sembrare una stupidaggine ma in realtà è qualcosa che sconvolge gli equilibri, proprio come la sovranità semestrale che ancora oggi "subisce" l'Isola dei Fagiani. E se poi le cose sono andate come sono andate, allora il lettore non può fare a meno di chiedersi che fine ha fatto il fioraio semestrale David Luis Martins Oliveira. Senza farmi troppe domande, si sarà liberato, per mano sua o d'altri dalla prigionia indotta e avrà curato la "sua" isola, semestralmente, fino alla morte.
Un racconto che avrebbe meritato la partecipazione allo step. E forse anche di più.
Grazie
Segnalo soltanto questo passaggio:
"E in effetti, come si poteva considerarsi neutrale"
"E in effetti, come
"E in effetti, come si poteva considerare neutrale".
Sicuramente un racconto storico, che colloca un personaggio comune dentro una Storia molto più grande di lui. L'Autore ha giocato bene con la suddetta Storia: un trattato vecchio di trecento anni che si riflette, ancora, durante un altrettanto importante avvenimento storico del Novecento. Può sembrare una stupidaggine ma in realtà è qualcosa che sconvolge gli equilibri, proprio come la sovranità semestrale che ancora oggi "subisce" l'Isola dei Fagiani. E se poi le cose sono andate come sono andate, allora il lettore non può fare a meno di chiedersi che fine ha fatto il fioraio semestrale David Luis Martins Oliveira. Senza farmi troppe domande, si sarà liberato, per mano sua o d'altri dalla prigionia indotta e avrà curato la "sua" isola, semestralmente, fino alla morte.
Un racconto che avrebbe meritato la partecipazione allo step. E forse anche di più.
Grazie
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"È buio il mattino che passa senza la luce dei tuoi occhi." Cesare Pavese
As comensa a meuire quand as nass.
Molli Redigano- Maestro Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
Un racconto frizzantino, con quel che di surreale, quasi kafkiano, che hanno storie in cui una persona comune si trova catapultata in eventi di portata storica ed è in balia di avvocati, leggi e leggine, interpretazioni e volontà di allungare i tempi affinchè siano altri a doversi trarre d’impiccio.
Mi ricorda qualcosa… un ricordo vago…
Scritto bene - ho trovato solo qualche inciampo - con un buon ritmo che scandisce il passare del tempo per il povero prigioniero: me lo sono immaginato paziente, senza protestare, in attesa che di dovere facesse il suo di dovere, sicuro delle proprie ragioni che immagina anche altri facciano proprie.
Se lui, modesto funzionario di provincia, era riuscito a districarsi tra “le carte”, per altri più preparati di lui sarebbe dovuto essere una bazzecola, anche in tempi non sospetti. Ma come al solito, sono rimaste pie illusioni.
Un racconto che sarebbe stato bene nello step, per stemperare un poco atmosfere lugubri.
Anche la parte strettamente storica, seppur abbondantemente trattata, si è fatta leggere agilmente, forse perché - avendo cercato info per preparare il mio racconto - l’avevo ancora piuttosto presente.
Le mie note
né come standing - lo trovo troppo moderno
Appena calata la sera sul Golfo di Biscaglia dell’ultimo giorno utile - la leggo meglio così :
Nell’ultimo giorno utile, appena calata la sera sul Golfo di Biscaglia, un drappello…
aimè,
con una deliziosa cuffietta - no dai, una cuffietta no, magari un cappuccio. Solo la cuffietta copre poco, anche da lontano qualcosa poteva intravedersi, metti che qualcuno si fosse dotato di binocolo… si sa che il macabro attira sempre.
opportunamenteattrezzarla attrezzata
Mi ricorda qualcosa… un ricordo vago…
Scritto bene - ho trovato solo qualche inciampo - con un buon ritmo che scandisce il passare del tempo per il povero prigioniero: me lo sono immaginato paziente, senza protestare, in attesa che di dovere facesse il suo di dovere, sicuro delle proprie ragioni che immagina anche altri facciano proprie.
Se lui, modesto funzionario di provincia, era riuscito a districarsi tra “le carte”, per altri più preparati di lui sarebbe dovuto essere una bazzecola, anche in tempi non sospetti. Ma come al solito, sono rimaste pie illusioni.
Un racconto che sarebbe stato bene nello step, per stemperare un poco atmosfere lugubri.
Anche la parte strettamente storica, seppur abbondantemente trattata, si è fatta leggere agilmente, forse perché - avendo cercato info per preparare il mio racconto - l’avevo ancora piuttosto presente.
Le mie note
né come standing - lo trovo troppo moderno
Appena calata la sera sul Golfo di Biscaglia dell’ultimo giorno utile - la leggo meglio così :
Nell’ultimo giorno utile, appena calata la sera sul Golfo di Biscaglia, un drappello…
aimè,
con una deliziosa cuffietta - no dai, una cuffietta no, magari un cappuccio. Solo la cuffietta copre poco, anche da lontano qualcosa poteva intravedersi, metti che qualcuno si fosse dotato di binocolo… si sa che il macabro attira sempre.
opportunamente
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
Susanna- Maestro Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
Ciao @FedericoChiesa ho letto con gusto il racconto.
La struttura che hai scelto è molto particolare. In pratica è stato come leggere la storia conoscendo il finale. La cosa mi ha divertita.
Veniamo ai punti da migliorare in una prossima revisione.
1) Il narratore “onnisciente” non è il demonio ma trovo che la storia sarebbe stata molto più gustosa tenendo il punto di vista del personaggio principale. Tutte le varie escursioni storiche tolgono forza al personaggio che invece potrebbe spaccare per la sua resilienza e l’avventura straordinaria che la vita gli ha riservato.
Via il narratore onnisciente…
2) L’utilizzo sovrabbondante di agg e pronomi dimostrativi anche laddove sono del tutto inutili (questo, quello, quell’ quei) il testo ne è zeppo. Credo che rimuovendoli il testo sarebbe più elegante e scorrevole
3) Altra presenza ingombrante sono gli avverbi in “mente”. Dovrebbero essere sempre utilizzati con parsimonia perché appesantiscono la lettura e fanno un po’ l’effetto “qualunquemente” preferibile sostituirli e lasciarne al massimo due o tre in un testo così breve.
4) I verbi. Ci sono lunghi passaggi al trapassato p. (Altra brutta bestia da gestire…) È inevitabile che dal trapassato p. si passi prima o poi al p. remoto. È un errore che può (e deve) essere corretto. Inoltre il trapassato prossimo rende le frasi poco scorrevoli e si mangia un sacco di battute, cosa che nell’economia di un racconto breve con battute limitate, può risultare micidiale.
5) Punteggiatura… ci sono tanti passaggi in cui non rende fluidi i periodi.
Alcuni periodo sono troppo lunghi.
Concludendo lo trovo un racconto divertente e originale ma ancora da affinare per brillare al massimo. Comunque bravo e grazie per la condivisione.
La struttura che hai scelto è molto particolare. In pratica è stato come leggere la storia conoscendo il finale. La cosa mi ha divertita.
Veniamo ai punti da migliorare in una prossima revisione.
1) Il narratore “onnisciente” non è il demonio ma trovo che la storia sarebbe stata molto più gustosa tenendo il punto di vista del personaggio principale. Tutte le varie escursioni storiche tolgono forza al personaggio che invece potrebbe spaccare per la sua resilienza e l’avventura straordinaria che la vita gli ha riservato.
Via il narratore onnisciente…
2) L’utilizzo sovrabbondante di agg e pronomi dimostrativi anche laddove sono del tutto inutili (questo, quello, quell’ quei) il testo ne è zeppo. Credo che rimuovendoli il testo sarebbe più elegante e scorrevole
3) Altra presenza ingombrante sono gli avverbi in “mente”. Dovrebbero essere sempre utilizzati con parsimonia perché appesantiscono la lettura e fanno un po’ l’effetto “qualunquemente” preferibile sostituirli e lasciarne al massimo due o tre in un testo così breve.
4) I verbi. Ci sono lunghi passaggi al trapassato p. (Altra brutta bestia da gestire…) È inevitabile che dal trapassato p. si passi prima o poi al p. remoto. È un errore che può (e deve) essere corretto. Inoltre il trapassato prossimo rende le frasi poco scorrevoli e si mangia un sacco di battute, cosa che nell’economia di un racconto breve con battute limitate, può risultare micidiale.
5) Punteggiatura… ci sono tanti passaggi in cui non rende fluidi i periodi.
Alcuni periodo sono troppo lunghi.
Concludendo lo trovo un racconto divertente e originale ma ancora da affinare per brillare al massimo. Comunque bravo e grazie per la condivisione.
Petunia- Moderatore
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Re: Don Quijote di Irun
Grazie.
Vi ho dato lavoro extra ma statene certi/e che farò tesoro dei consigli.
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FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
Ma lo sai che cominci a starmi simpatico?
Ti ho sempre visto come un privilegiato, ed era una visione senza senso.
Questo racconto è una delle cose migliori che ho letto di te, paletti o non paletti rispettati.
Un abbraccio grande.
Anche il mio racconto non ha superato l'ammissione. E per la rabbia l'ho cancellato.
Mi piacerebbe vederlo pubblicato qui, accanto al tuo, per stima e rispetto.
Ciao.
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Questo racconto è una delle cose migliori che ho letto di te, paletti o non paletti rispettati.
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Anche il mio racconto non ha superato l'ammissione. E per la rabbia l'ho cancellato.
Mi piacerebbe vederlo pubblicato qui, accanto al tuo, per stima e rispetto.
Ciao.
tommybe- Maestro Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
La prima parola che mi viene in mente? Originale!
Un racconto storico che più storico non si può. Bello, opulento e ricco di dettagli ma che non annoia. Non è pesante come può sembrare ma scorre via con piacere.
Grazie Federico per averlo condiviso con noi.
Il racconto mette in evidenza il paletto spaziale e lo eleva a protagonista.
Se devo essere sincero il fioraio poteva… dare di più. Poteva essere più protagonista.
L’unica nota di demerito è il riferimento a don quixote. Da quel punto di vista avrei preferito collegamento maggiore con il personaggio di cervantes.
Un racconto storico che più storico non si può. Bello, opulento e ricco di dettagli ma che non annoia. Non è pesante come può sembrare ma scorre via con piacere.
Grazie Federico per averlo condiviso con noi.
Il racconto mette in evidenza il paletto spaziale e lo eleva a protagonista.
Se devo essere sincero il fioraio poteva… dare di più. Poteva essere più protagonista.
L’unica nota di demerito è il riferimento a don quixote. Da quel punto di vista avrei preferito collegamento maggiore con il personaggio di cervantes.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
Si lo so, il nome a molti non può stare simpatico .tommybe ha scritto:Ma lo sai che cominci a starmi simpatico?
Ti ho sempre visto come un privilegiato, ed era una visione senza senso.
Questo racconto è una delle cose migliori che ho letto di te, paletti o non paletti rispettati.
Un abbraccio grande.
Anche il mio racconto non ha superato l'ammissione. E per la rabbia l'ho cancellato.
Mi piacerebbe vederlo pubblicato qui, accanto al tuo, per stima e rispetto.
Ciao.
Senza spoilerare niente, comunque sono anche in concorso.
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
Bè, sono contento e spero che il tuo racconto sia nei miei prescelti.
tommybe- Maestro Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
Errori / refusi non ne ho trovati: ottima scrittura
Ti segnalo soltanto, giusto per dovere, un paio di imprecisioni:
Scritto, come ho detto, molto bene, si legge con piacere e scorre via senza intoppi fino al finale che, è vero che è un po' telefonato dal periodom iniziale, ma ugualmente risulta un po' sorprendente e, lo confesso, strappa anche un sorriso (sebbene amaro)
Paletti presenti e ben inseriti, con naturalezza a parte forse il fioraio che però, essendoci già il boia, poteva anche non esserci.
Il genere è più storico che mai e il racconto ha una trama vera, credibile e ben organizzata con i salti avanti indietro che non creno confusione ma sono sempre ben chiari e spiegati; forse manca un po' di dialogo (lo sai che io li amo molto) ma è anche vero che, per come la vedo io, un racconto storico che sia tale difficilmente può esserne infarcito.
Un ottimo racconto, in conclusione, che avrebbe avuto molte probabilità di entrare nella mia cinquina (peccato!)
Ti segnalo soltanto, giusto per dovere, un paio di imprecisioni:
come si poteva considerare oppure come poteva considerarsicome si poteva considerarsi neutrale un accordo
ti è scappato uno spazio di troppo...toccò di nuovo a Herr Hotz sbrigare
Scritto, come ho detto, molto bene, si legge con piacere e scorre via senza intoppi fino al finale che, è vero che è un po' telefonato dal periodom iniziale, ma ugualmente risulta un po' sorprendente e, lo confesso, strappa anche un sorriso (sebbene amaro)
Paletti presenti e ben inseriti, con naturalezza a parte forse il fioraio che però, essendoci già il boia, poteva anche non esserci.
Il genere è più storico che mai e il racconto ha una trama vera, credibile e ben organizzata con i salti avanti indietro che non creno confusione ma sono sempre ben chiari e spiegati; forse manca un po' di dialogo (lo sai che io li amo molto) ma è anche vero che, per come la vedo io, un racconto storico che sia tale difficilmente può esserne infarcito.
Un ottimo racconto, in conclusione, che avrebbe avuto molte probabilità di entrare nella mia cinquina (peccato!)
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paluca66- Maestro Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
Volevo ben dire! No perchè sei presente nel mio totoautore e pensavo proprio di aver preso uno svarione.FedericoChiesa ha scritto:Senza spoilerare niente, comunque sono anche in concorso.
Due racconti addirittura!! Non so se dirti "Vergognati" o "Stupendo". Deciderò.
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Re: Don Quijote di Irun
Allora pubblicalo!tommybe ha scritto:Mi piacerebbe vederlo pubblicato qui, accanto al tuo, per stima e rispetto.
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
ciao, Federico.
racconto ben piazzato, solido nella scrittura, accurato nella ricerca storica.
l'ho sentito forse troppo "impersonale", più narrato che vissuto.
Il rischio del genere era proprio questo: staccarsi dal quotidiano per riportare esclusivamente fatti storici.
ho notato:
Il 30 luglio del 1940 il fioraio, guardava l’isola accarezzatac'è una virgola tra soggetto e verbo (e te lo dice una che con le virgole fa a botte!)
a rileggerci presto
ps:grazie per aver commentato tutti i racconti in gara!
Resdei- Maestro Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
Ciao Federico, grazie per la bella lettura. Uno storico con tutti i crismi del caso, comprese le continue digressioni e il narratore onnisciente ingombrante, ma devo dire che la buona scrittura, mi sono inceppato solo con una virgola tra soggetto e complemento, aiutano a non annoiarsi. Anche la storia è decisamente avvincente, spoileratissima con il paragrafo iniziale, ma di certo quello che ricercavi non era l'effetto sorpresa. Sarebbe cambiato qualcosa iniziando dall'inizio e non dalla fine? Insomma, seguendo il corretto ordine cronologico? Non so, di solito se proprio le esigenze narrative lo impongono io al massimo inizio in media res, ma sono scelte che rispetto sempre, se sono nei limiti della correttezza formale e non inficiano troppo la lettura.
Un abbraccio e a rileggerci!
Un abbraccio e a rileggerci!
Akimizu- Cavaliere Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
Ciao Federico,
un racconto che più storico non si può!
Nel testo c'è una ricerca precisa e accurata, tanti fatti vengono menzionati ad arricchire il racconto che però ho percepito un po' troppo ingombranti nell'economia della storia. Provo a spiegarmi meglio: nomi, date e situazioni si alternano con un ritmo serrato senza dare molto spazio a David, del quale avrei preferito conoscere meglio la storia e i pensieri.
I personaggi li ho percepiti statici nei loro ruoli, e nel testo si crea una sorta di distacco, a mio parere, tra lettore e opera: forse perchè il racconto ha più una funzione nozionistica che emozionale. Anche a livello visivo il muro di parole ha un effetto poco accogliente e di solito a me fa un effetto strano, quasi di minaccia...
Per questo ho preferito di più la parte dove agisce quel sognatore di David che la lunga spiegazione dei fatti, anche se in questo prevale molto il gusto personale.
Ben confezionato il finale che strappa un sorriso.
Il narratore onnisciente non mi fa impazzire e credo sia più adatto a un altro genere, per questo testo avrei preferito il narratore esterno, forse più adatto perchè imparziale.
un racconto che più storico non si può!
Nel testo c'è una ricerca precisa e accurata, tanti fatti vengono menzionati ad arricchire il racconto che però ho percepito un po' troppo ingombranti nell'economia della storia. Provo a spiegarmi meglio: nomi, date e situazioni si alternano con un ritmo serrato senza dare molto spazio a David, del quale avrei preferito conoscere meglio la storia e i pensieri.
I personaggi li ho percepiti statici nei loro ruoli, e nel testo si crea una sorta di distacco, a mio parere, tra lettore e opera: forse perchè il racconto ha più una funzione nozionistica che emozionale. Anche a livello visivo il muro di parole ha un effetto poco accogliente e di solito a me fa un effetto strano, quasi di minaccia...
Per questo ho preferito di più la parte dove agisce quel sognatore di David che la lunga spiegazione dei fatti, anche se in questo prevale molto il gusto personale.
Ben confezionato il finale che strappa un sorriso.
Il narratore onnisciente non mi fa impazzire e credo sia più adatto a un altro genere, per questo testo avrei preferito il narratore esterno, forse più adatto perchè imparziale.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Don Quijote di Irun
Ciao Federico.
Il racconto non ha dialoghi e il risultato è che è molto raccontato e poco mostrato, con conseguente "effetto favola". La trama è accattivante, nonostante si sappia già come va a finire ho letto comunque volentieri fino alla fine.
Ho scoperto che magnum riferito alle bottiglie va declinato al maschile (alcuni magnum).
Grazie e alla prossima.
Il racconto non ha dialoghi e il risultato è che è molto raccontato e poco mostrato, con conseguente "effetto favola". La trama è accattivante, nonostante si sappia già come va a finire ho letto comunque volentieri fino alla fine.
Ho scoperto che magnum riferito alle bottiglie va declinato al maschile (alcuni magnum).
Grazie e alla prossima.
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Re: Don Quijote di Irun
Piaciuto molto questo Don Chisciotte moderno imbarcato in un impresa che interessa probabilmente solo a lui mentre si infila in meccanismi più grandi e complessi. La scrittura e buona e si legge con vero piacere (pur con i salti temporali che non amo particolarmente). I paletti sono ben inseriti, l'isola è centrale e ambito tesoro del protagonita.
Una commedia storica piacevole e interessante.
Complimenti.
Grazie
Una commedia storica piacevole e interessante.
Complimenti.
Grazie
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I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
CharAznable- Maestro Jedi
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