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Quasi una vendetta

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Messaggio Da Different Staff Lun Ott 03, 2022 12:04 pm

Il Glane è un insignificante affluente del fiume Vienne nella regione della Nuova Aquitania e Oradour era un paese tranquillo, nonostante la guerra, fino al 10 giugno del ’44. Soltanto qualche giorno prima, il 6 giugno, c’era stato lo sbarco degli alleati in Normandia e si riassaporava la speranza di un prossimo ritorno alla normalità.
Uomini della Resistenza avevano catturato e ucciso in un suo tentativo di fuga, un comandante tedesco, Helmut Kämpfe. I tedeschi, appresa la notizia il 9 giugno, decisero di far scattare la rappresaglia. Adolf Diekmann, il comandante, ordinò di radunare tutti gli abitanti di Oradour nella piazza del paese, poi divise le donne e i bambini dagli uomini. Le donne furono rinchiuse nella chiesa e gli uomini portati all’interno di alcuni magazzini in cui erano già state posizionate le mitragliatrici. I nazisti spararono loro alle gambe per non farli fuggire, poi li cosparsero di carburante e appiccarono il fuoco.
Nella chiesa fecero esplodere un ordigno, causando la morte di 247 donne e 205 bambini. Alcune di esse cercarono di salvarsi gettandosi dalle finestre, ma furono uccise a colpi di mitragliatrice. Si salvò solo una donna, Marguerite Rouffanche, che sopravvisse ai colpi dei nazisti, così come cinque uomini che riuscirono a fuggire: furono i soli testimoni oculari dell’accaduto. Gli uomini uccisi furono 190, le vittime, complessivamente, 642. Fu l’eccidio più feroce perpetrato dai nazisti in Francia.
Perfino il comando militare tedesco aprì un’inchiesta nei confronti di Adolph Diekmann, che sembrava aver preso un’iniziativa personale non autorizzata e ritenuta una barbarie anche dagli stessi nazisti.


«Pierre, da quanto tempo sei nel servizio DST?»
«Sono due anni e mezzo, dall’inizio del ’45. Un anno prima di te, Ethan».
I due uomini si parlano a bassa voce, nel buio di una camera che ha un letto ancora perfettamente rifatto. Non sono lì per dormire. È solo un punto di osservazione. Nel loro dialogo non distolgono mai lo sguardo dalla finestra socchiusa e dal palazzo di fronte.
«Che facevi… prima?»
«Il carpentiere. E tu?»
«Lavoravo in una fabbrica, prima di unirmi alla Resistenza».
«Hai aderito dopo il fatto di Oradour?»
«No. C’ero già prima. Avrei dovuto prestare servizio con i collaborazionisti di Pétain e la cosa non mi andava proprio a genio. Anzi, è proprio quello che mi ha salvato la vita; se fossi rimasto a Oradour avrei fatto la fine della mia famiglia».
«Deve essere stato terribile».
«Pensa alla crudeltà del destino: in casa mi scongiuravano di non abbandonare il nostro tranquillo paese e non rischiare la vita nella lotta partigiana. E invece io sono ancora qui e loro…»
«Quando hai saputo di Julien Bouvier?»
«È stato il Direttore. Ero entrato da circa sei mesi alla Direzione per la Sorveglianza del Territorio. Lui conosceva la mia storia. Un giorno mi chiamò e mi fece vedere una foto.
“Vedi? – mi disse questo è Julien Bouvier. Lui è un traditore che era al seguito del Primo Battaglione del reggimento "Das Reich" delle Waffen-SS, proprio quello che ha fatto quella porcata. Lui conosceva bene la regione e la lingua tedesca e per i nazisti era di grande utilità».
«Che figlio di puttana!»
Qualcuno si sta avvicinando. Nel silenzio della notte i passi rimandano una strana eco. I due fanno silenzio, le mani corrono istintivamente alle armi. Sono soltanto due innamorati. Si fermano proprio di fronte alla finestra e si scambiano un tenero bacio.
«Beati loro - sospira Pierre – è un bel modo di riscaldarsi nel fresco della notte». Poi guarda Ethan: «Peccato. Non sei il mio tipo». Soffoca una risata.
«Che cretino!» anche lui sorride.
«Ma non è tutto – continua Nathan - nessuno era più bravo di lui a far parlare un prigioniero.
Ricorreva a ogni mezzo per ottenere il suo scopo e sembra che lo facesse con sadica soddisfazione. Nella maggior parte dei casi riusciva a ottenere le informazioni desiderate, ma in molti casi il prigioniero non resisteva alle torture a cui era sottoposto e moriva prima di poter fare dei nomi. Del resto, neppure chi parlava era destinato a un futuro migliore. Le carte della Direzione lo definivano “il boia” del Reggimento “Das Reich”».
«Ora però ha le ore contate. Lascio a te l’onore».
«Odio lui più degli stessi nazisti, credimi Pierre. Lui è il male assoluto, uno che ha fatto delle sofferenze degli altri la sua ragione di vita. Sulla strage c’è la sua regia, ne sono sicuro. Non ha nemmeno l’attenuante di un’ideologia folle come quella nazista. Anzi, non credo che gli interessasse affatto».
«Ho capito. È un talento naturale», osserva Pierre con un amaro sorriso.


L’informazione dal comando era piuttosto precisa. Bouvier era stato avvistato a Hendaye, al numero civico 72 di Rue Richelieu, a due passi dal fiume Bidasoa. È appena passata la mezzanotte e il silenzio viene interrotto di nuovo da passi veloci. Un uomo, di robusta corporatura, con il capo coperto da un ampio cappello, si avvicina al portone d’ingresso. «Occhio, Pierre. È lui. Cazzo, Pierre! Proprio ora dovevi accendere la sigaretta? Se si insospettisce, siamo fregati».
Il portone è appena socchiuso; lo spinge, entra e scompare nell’oscurità.
«Dai, Nathan! Non perdiamo tempo. Andiamo a prenderlo!»
«Aspetta. Vediamo dove abita. Dovrà pure accendere una luce da qualche parte».
I due si mettono a osservare attentamente. Tutte le finestre sono al buio. Passano i minuti, poi a un tratto: «Guarda, Ethan! Guarda in basso, vicino al marciapiede!»
Proprio all’altezza della strada il palazzo ha una serie di piccole finestre protette da sbarre di ferro. Sono quelle adibite a dare un po’ di aria e luce alle cantine. Tutte sono al buio, ma da una di esse, a ben guardare, trapela un filo di luce. La piccola apertura è stata schermata in qualche modo, proprio come quando, poco tempo prima, quei locali erano utilizzati come rifugi dai bombardamenti aerei.
«Andiamo, Pierre. Lo abbiamo in pugno!» I due si precipitano giù dalle scale, dopo aver accuratamente controllato l’efficienza delle proprie armi.
Attraversano la strada e aprono lentamente il portone. Dalla tenue luce dell’unico lampione in strada intravedono quattro scalini e un pianerottolo. Da questo una scala scende verso il basso. La discendono lentamente stringendo con forza il calcio delle pistole bagnato di sudore. Il cuore di Nathan è accelerato. Ha una ragione in più di Pierre per catturare quell’uomo e non è una ragione di poco conto.
Stanno per avvicinarsi all’unica cantina illuminata quando sentono all’improvviso, alle loro spalle. un rumore di passi veloci che si allontanano.
«È lui! Sta scappando!» grida Nathan. I due si lanciano all’inseguimento. In fondo al pianerottolo d’ingresso c’è una porticina spalancata sul retro dell’edificio. Mentre corrono Nathan pensa con rabbia:
“Gli siamo passati accanto e non ce ne siamo accorti”.
Nella tenue luce dell’ultimo spicchio di luna intravedono davanti a loro quella sagoma ingombrante che corre con un’agilità impensabile in direzione del fiume.
«Nooooo!» gridano quasi in coro i due. L’uomo è salito su una barchetta e con poderosi colpi di remi si appresta a guadare il fiume in direzione dell’Isola dei Fagiani. In due minuti attracca all’isola, abbandona la barca e scompare nella fitta vegetazione.
«Dai, Nathan! Vediamo se c’è una barca. Non facciamocelo sfuggire!»
Nathan non si muove. La penombra nasconde il suo senso di rabbia e di frustrazione. «L’abbiamo perso, Pierre. Di là ci sono i franchisti. Avrà vita più facile in Spagna. Il fiume è in secca in questo periodo e può raggiungere facilmente a piedi la sponda spagnola. Anche se per il momento si nascondesse sull’isola, non potremmo fare niente. Fino alla fine di luglio si trova in territorio spagnolo e non possiamo rischiare di far aprire un caso diplomatico. I rapporti sono già molto tesi».
«Che facciamo allora?»
«Per il momento niente, Pierre. Ma stai pur certo che non mollo. Andiamo a dare un’occhiata al suo nascondiglio».

Ripercorrono a passi lenti il breve tragitto dalla sponda del fiume al rifugio di Bouvier.
«Che facciamo ora, Nathan?»
«Controlleremo il covo di quel maiale e faremo il nostro verbale. Sappiamo dove si trova e cercheremo di tenerlo sotto osservazione. Abbiamo i nostri uomini anche in Spagna».
Pierre scende per primo la scala verso la cantina e si avvicina alla porta socchiusa. Ethan si attarda con prudenza, alla ricerca di un interruttore per dare un po’ di luce all’ambiente.
Nel frattempo, Pierre spalanca energicamente la porta della cantina ed entra nella stanzetta angusta. Cinque secondi e un boato assordante lo investe, scaraventandolo con violenza sul muro del corridoio e poi in terra, proprio davanti agli occhi di Nathan.
«Pierre! Pierre!» grida Nathan mentre accorre, in una nuvola di polvere, per soccorrere l’amico. In terra, un lago di sangue.
Pierre, in preda a convulsioni stringe con forza il braccio di Nathan e bisbiglia faticosamente: «Quel figlio di puttana… aveva collegato un filo alla porta e alla spoletta di una bomba… fagliela pagare Nathan… fagliela pagare…» Sono le sue ultime parole.
Sta per uscire per liberarsi di quell’aria satura di polvere, cemento e odore di esplosivi e sangue, quando nota in terra un pezzo di carta, mezzo bruciacchiato dall’esplosione: è una busta per lettere, affrancata. La raccoglie e la ripone nella tasca della giacca.
Sono passati sei mesi da quella sera ed Ethan siede di fronte al Direttore.
«Come sai, Ethan, abbiamo esaminato in ogni modo quella busta perché era l’unica traccia, anche se labile, per capire le intenzioni di Bouvier. La busta non riportava scritte o indirizzi leggibili. C’era un francobollo con l’effigie di José de San Martin e un timbro postale in cui si poteva leggere “Salta” che è una località della zona andina dell’Argentina e una data: 12 maggio 1947, esattamente due mesi prima della vostra irruzione in quella cantina».
«Ma certo! Molti criminali nazisti si sono rifugiati in Sud America e la maggior parte hanno scelto proprio l’Argentina. È là che dobbiamo cercarlo!»
«Calma, Ethan. Sai bene che è contro le regole affidare certi compiti a chi è troppo coinvolto nella vicenda, come te. Ti affido questo incarico delicato ma non farmi pentire della mia decisione. I nostri uomini sul posto stanno indagando. Da qui stiamo tenendo sotto controllo sua moglie e sua figlia. Certamente prima o poi lo raggiungeranno. Appena avremo notizie certe potrai recarti sul posto per fare… tutto il necessario».
«Sua moglie e sua figlia? Che può farsene uno così di una famiglia?»

È il rispettabilissimo signor Henri Dubois, contabile in un magazzino di generi alimentari di Salta.
«Non ha avuto grande fantasia questo infame. Ha scelto il cognome più comune in Francia», pensa Ethan mentre, seduto al caffè, tiene d’occhio il negozio di fronte dove ha visto poco prima entrare il suo uomo.
Una donna e una bambina entrano a loro volta nel negozio; poco dopo ne escono in compagnia di Bouvier. Ethan salta in piedi, con il cuore in gola, paga in fretta il conto ed esce in strada. Gli hanno insegnato bene come seguire qualcuno con discrezione.
A un incrocio girano sulla destra, dove un cartello riporta la scritta “E
stación de tren”.
Bouvier tiene per la mano la bambina. “Ethan, non farti impietosire. È un mostro»
I tre entrano in stazione e si dirigono verso la biglietteria. Pagano e con i biglietti in mano si dirigono verso le partenze. Ethan li lascia allontanare e corre a sua volta verso la biglietteria.
«Dove va signore?»
«Dove sono andati quei signori prima di me».
«Oggi tutti a vedere La Polvorilla. Se avessero la mia asma non si avventurerebbero lassù. Ecco qui, signore. Buon viaggio».
Il treno è abbastanza affollato. La linea è stata inaugurata pochi mesi prima e chi può permetterselo non resiste al desiderio di ammirare i panorami mozzafiato lungo il percorso e soprattutto il viadotto a oltre 4000 metri di altezza.
Lo scompartimento in cui si sono sistemati i Bouvier è già completamente occupato. Ethan trova un posto in quello vicino ma si alza spesso e si ferma nel corridoio, in piedi, davanti a un finestrino. Finge di guardare fuori ma con un occhio controlla i movimenti del suo uomo.
Finalmente può osservarlo bene. Non somiglia molto a quella vecchia foto sbiadita che ha visto in ufficio, alla Direzione. È molto più vecchio e appesantito, dimostra assai più dei suoi cinquantadue anni.
“Non credo che sia effetto dei rimorsi di coscienza. Quell’uomo non sa che cosa siano. Non sa nemmeno che sta per arrivare la resa dei conti. Le sue vittime gridano vendetta… e anche Pierre”.
Il viaggio è lungo e i Bouvier si sono portati dal negozio alcuni fagotti con generi alimentari da consumare sul treno. Ethan è così vicino che può sentire le loro parole.
«Papà, dammi ancora un po’ di quella; è buonissima».
«Ecco qui, cara!» Finge di darle un pezzo di focaccia e invece la infila in bocca e la divora.
«Cattivo, papà», piagnucola delusa la bambina.
«Vieni qui tesoro. Era uno scherzo. Tieni. Questo è ancora più grosso».
La bambina si calma e sorride contenta.
“Non farti fregare, Ethan. Pensa a quei 205 bambini di Oradour…”
Non sa nemmeno lui quello che potrà fare. Una cosa è certa: se capiterà l’occasione lo ucciderà con le proprie mani. È un rischio ma non gli importa. La sua vita è stata distrutta quel 10 giugno del ’44 e da allora ha vissuto solo per quella vendetta. Se non potrà farlo in quel momento cercherà un’altra occasione. Ora è lui che tiene in mano il gioco ma è certo che prima o poi lo farà.

Il viaggio dura alcune ore, mentre il treno si arrampica per tratti a zig-zag verso il cielo. Finalmente arriva in vista de La Polvorilla. Il convoglio rallenta e si ferma. Si aprono gli sportelli dei vagoni e qualcuno comincia a scendere. Anche Nathan scende. L’aria dei 4000 metri fa respirare con affanno. Nonostante le ore trascorse, il passaggio dai 1000 metri di Salta è stato troppo repentino. C’è una specie di punto di osservazione sul vuoto e sullo sfondo si vede l’imponente massa metallica del viadotto, circondata dalle montagne rosse illuminate dal sole.
Nathan si appoggia alla balaustra. Poco dopo scende anche la famiglia Bouvier. I tre si affacciano non troppo lontano da lui.
«Julien – sussurra la signora – mi gira la testa ed è troppo freddo. Ti aspettiamo sul treno». Prende per mano la bambina e si allontana.
“Ecco l’occasione. Potrei affrontarlo e farlo precipitare nel vuoto. Avrà tutto il tempo per godersi la sua morte”
D’un tratto l’uomo si volta verso Nathan: «Es una vista maravillosa»
«Sì, stupenda», risponde Nathan con freddezza.
«Siete francese?»
«Sì»
«Di dove?... se posso…»
La risposta arriva come una coltellata: «Di Oradour-sur-Glane. Conosce bene il posto, vero?»
Lo vede sbiancare, poi Bouvier rivolge lo sguardo di nuovo verso il panorama, anche se non lo vede; è soltanto un modo per riflettere sul da farsi. D’un tratto si porta una mano al petto, sembra non riuscire a prendere fiato, né a dire una parola, solo gli occhi sbarrati implorano aiuto. Pochi secondi e cade pesantemente a terra.
Nathan è impietrito. Una piccola folla accorre verso i due uomini.
«
Déjame pasar. Soy médico» Un uomo si fa largo e si china su Bouvier.
«Dottore, è morto?» chiede Nathan.
Il medico fa un cenno di assenso.
«Noooo. Non così!» È un grido in cui c’è insieme rabbia e delusione.
«Señor, es un pariente?... un paro cardiaco… esto sucede con frecuencia para la altitud excesiva… lo siento mucho.  Usted necesita ser fuerte, ànimo…»
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Messaggio Da Midgardsormr Lun Ott 03, 2022 2:30 pm

Ciao autor.

Primo racconto che leggo. Mi è piaciuto molto, scorrevole e preciso. Parlando dei paletti, penso di averli visti quasi tutti a parte il "futuro". Il viaggio dalla Francia all'Argentina è stato coerentemente spiegato e non è stato riduttivo.
Interessante il comparto storico, nozioni certe e una creazione di storia sulle stesse ( le cose che adoro ).
Nsiano appena accennati, tutti i luoghi hanno un ruolo ben definito ( la bomba in cantina, la fuga all'isola dei fagiani e il viaggio sul treno ).
Non ho trovato errori e, come detto, la lettura è stata scorrevole.
Bello il finale, anche se avrei preferito un po' più di "aria" sul discorso dei due.
Ma alla fine era un traditore, ha fatto la fine che meritava.

Complimenti e grazie della lettura.

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Messaggio Da M. Mark o'Knee Lun Ott 03, 2022 11:19 pm

Appena terminata la lettura, mi sono venute in mente le parole bibliche "A me appartiene la vendetta e la retribuzione" (ho poi controllato e si trovano in Deuteronomio 32:35): la riprova che la vendetta non dovrebbe essere prerogativa umana ma solo divina. Una tesi portata avanti con coerenza e precisione, precisione che si riscontra anche nella ricostruzione storica della strage di Oradour.
La lettura è per lo più scorrevole e non mi sembra presenti errori e/o refusi.
La trama si snoda in modo lineare e coerente e i personaggi risultano ben delineati e credibili.
Un po' farraginosi i dialoghi, che, a volte, mancano di spontaneità e spesso costringono a una rilettura per capire chi dice cosa.
Buona l'idea di utilizzare l'Isola dei fagiani come porta di passaggio verso la Spagna franchista e poi l'Argentina, un itinerario allora piuttosto comune nelle fughe dei nazisti.
L'inciampo più grosso nella lettura è stato il nome del protagonista.
Ethan?
Nathan?
Non so se i due nomi (entrambi di origine ebraica, e si torna quindi al tema biblico) siano intercambiabili: confesso la mia ignoranza.
Ma vedermi scorrere davanti agli occhi 14 Ethan e 18 Nathan mi ha fatto perdere un po' la bussola.
Nel complesso, un lavoro più che sufficiente.
M.

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Messaggio Da Arianna 2016 Mar Ott 04, 2022 6:23 pm

Promosso. Un racconto storico di tutto rispetto, costruito in modo coerente, scritto in modo corretto. Si legge bene dall’inizio alla fine. La motivazione del protagonista è solida e sorregge tutta la trama.
Per una futura revisione, rimetterei mano ai dialoghi: qualche scambio di battute funziona bene, altri invece suonano un po’ ingessati e poco naturali.
Altre minuzie che sistemerei:
- Il protagonista a volte si chiama Ethan e a volte Nathan
- “Nooooo”= eviterei l’iterazione onomatopeica delle vocali
- Non ha avuto grande fantasia questo infame. Ha scelto il cognome più comune in Francia= mi sembra una frase inutile
- Credo ci sia un errore di consecutio temporum: tutto il racconto è al presente, quindi la frase “L’informazione dal comando era piuttosto precisa. Bouvier era stato avvistato”, stabilendo un’antecedenza rispetto al tempo presente, credo richieda un passato prossimo e non il trapassato prossimo: “L’informazione dal comando è/è stata piuttosto precisa. Bouvier è stato avvistato”.
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Messaggio Da SCM Mar Ott 04, 2022 6:39 pm

Ciao autore/autrice,

non si capisce bene quale sia il nome del protagonista.
Sono stati inseriti tutti gli elementi richiesti e questo denota un grande lavoro di progettazione. Mi è piaciuta molto la trama. Quando la vendetta quasi non è vendetta ma la conseguenza di ciò che si ha seminato.
Lettura scorrevole.

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Messaggio Da paluca66 Mar Ott 04, 2022 10:42 pm

Errori / refusi:
Il più grande è il nome del protagonista: 14 volte si chiama Ethan e 18 volte Nathan, qualcosa non ha funzionato in sede di revisione.
Altre piccolezze: dopo la frase
La raccoglie e la ripone nella tasca della giacca.
avrei inserito uno spazio per denotare lo stacco temporale
la maggior parte hanno scelto proprio l’Argentina.
non so se è propriamente un errore ma io avrei preferito la maggior parte ha scelto proprio l’Argentina.

La sua vita è stata distrutta quel 10 giugno del ’44 e da allora ha vissuto solo per quella vendetta. Se non potrà farlo in quel momento cercherà un’altra occasione.
In questo periodo c'è una ripetizione eccessiva di "quel/quella", io avrei reso la frase così: La sua vita è stata distrutta il 10 giugno del ’44 e da allora ha vissuto solo per la vendetta. Se non potrà farlo in quel momento cercherà un’altra occasione.
Paletti:
di solito è un rischio cercare di inserire troppi paletti ma in questo caso il lavoro è riuscito benissimo e il risultato è assai apprezzabile.
Anche dal punto di vista della grammatica e dell'italiano posso solo farti i complimenti, il racconto è scritto bene, si legge facilmente e scorre senza problemi.
Buona la trama, coerente, senza strappi o forzature se si esclude qualche dialogo che appare un po' poco naturale. Bella la soluzione finale del racconto, la vendetta è "quasi" portata a termine come il bel titolo lasciava intuire, il "boia" dovrà vedersela con Nostro Signore e a Lui spiegherà il suo comportamento qui in Terra.

Osservazione a margine che non c'entra con il tuo racconto: è il primo che ho letto e commentato ma credo che la combinazione di paletti "boia - anni '40" mi porterà spesso, in questo step, ad avere a che fare con gli orrori del nazismo.


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Messaggio Da ceo Mer Ott 05, 2022 11:59 am

Il racconto rispetta tutti i parametri richiesti e tecnicamente è molto buono: i dettagli storici mi sembrano a posto, così come grammatica e sintassi. La trama è coerente e il finale non me l'aspettavo: è stato una sorpresa! Il nome del protagonista, come già detto da altri, è mutabile e eviterei i "nooooo". Secondo me la cosa da rivedere di più è lo stile: è troppo "tecnico", soprattutto nei dialoghi; mi sembra in alcuni punti troppo meccanico e distaccato, quasi come fosse un verbale. Diciamo che manca un po' di respiro più propriamente letterario e "poetico". Comunque è una bella storia che mi ha fatto piacere leggere.

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Messaggio Da Marcog Mer Ott 05, 2022 3:18 pm

Il racconto si fa leggere volentieri e scivola nella sua ben orchestrata trama.
La scrittura è più che valida secondo me, anche se ci sono alcune imprecisioni già segnalate. La più evidente è ia sovrapposizione dei due nomi Ethan/Nathan, nomi ebrei dai significati differenti: Ethan, vuol dire forte, solido, Nathan, regalo di Dio.
Paletti ben rispettati, finale a sorpresa direi riuscito. Forse il racconto resta un pò asciutto, schematico, ma essendo storico, ci sta.
Grazie, bel lavoro.
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Messaggio Da Petunia Mer Ott 05, 2022 4:15 pm

Un bel racconto storico, senza compromessi. Le vicende reali sono abilmente fuse con personaggi d’invenzione. I paletti neanche si notano tanto la storia sembra plausibile. 
È il tipo di racconto che oltre alla piacevolezza di lettura lascia arricchiti. Non conoscevo l’episodio di cui hai narrato.
La narrazione lineare facilita la comprensione del susseguirsi degli eventi, la cantina riveste un ruolo importante come richiesto. 
La parte migliorabile, a mio avviso, sono i dialoghi che appaiono a volte poco naturali e forse un po’ troppo ricchi d’informazioni. 
La “quasi vendetta” la compie il padreterno lasciando il povero Nathan con un palmo di naso.
Un ottimo racconto.
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Messaggio Da Byron.RN Mer Ott 05, 2022 6:46 pm

Un racconto interessante, decisamente valido, con una buona trama e un buono sviluppo.
Le cose da mettere a posto te le hanno già segnalate:
-Il continuo scambio di nome Ethan, Nathan che disturba abbastanza la lettura.
-I dialoghi talvolta appaiono stereotipati, poco naturali. A titolo di esempio di evidenzio quello che mi è rimasto subito impresso: «Calma, Ethan. Sai bene che è contro le regole affidare certi compiti a chi è troppo coinvolto nella vicenda, come te. Ti affido questo incarico delicato ma non farmi pentire della mia decisione. I nostri uomini sul posto stanno indagando. Da qui stiamo tenendo sotto controllo sua moglie e sua figlia. Certamente prima o poi lo raggiungeranno. Appena avremo notizie certe potrai recarti sul posto per fare… tutto il necessario».
Un dialogo trito e ritrito, già sentito in migliaia di serie e film polizieschi.
Poi ti aggiungo un'altra cosa, a me la spiegazione iniziale, l'introduzione non è piaciuta. Io avrei messo un riferimento alla strage di Oradour nel dialogo d'apertura tra Pierre e Nathan/Ethan, in modo da permettere al lettore di calarsi subito nella storia e andare ad approfondire poi la vicenda in un secondo tempo. Così mi stona, mi da la sensazione di qualcosa non ben assemblato.
Detto questo, racconto decisamente positivo.
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Messaggio Da ImaGiraffe Ven Ott 07, 2022 12:29 pm

Quel finale... Mamma che bello quel finale. 
Ma partiamo dall'inizio. 
Ho apprezzato molto l'introduzione in cui mostri il fatto storico. in pratica la penso all'opposto di Byron. 
Se avessi inserito il fatto in un dialogo o lo avresti raccontato nel testo vero e proprio secondo me avrebbe appesantito la lettura. 
Così sappiamo già tutti gli antefatti e l'autore non deve spiegarci nulla ma concentrarsi sulla storia. 
la storia è molto valida e si segue abbastanza bene. (a parte i nomi)
Due sono le mie perplessità personali. 
È un racconto storico. va bene. ma mi sarei aspettato più dinamismo. Alcune parti mi sono sembrate troppo lente soprattuto nella parte centrale. 
Avrei dato più spazio alla ricerca e soprattutto alla scena in cantina. 
Seconda perplessità. 
Capisco (dopo che ho letto il commento di Mark) perché hai usato entrambi i paletti spaziali ma se devo essere sincero lì per lì l ho percepito come una forzatura. 
In conclusione un buonissimo lavoro, soprattutto perché è uno dei pochissimi veri racconti storici per me.
grazie.
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Messaggio Da Antonio Borghesi Ven Ott 07, 2022 5:46 pm

Credo di essere al settimo nazista qui con la variante francese e di questo te ne do atto. Il racconto, a parte alcune inezie che ti hanno già comunicato gli altri (il bello di arrivare dopo) scorre abbastanza bene e anche la fine, forse un po' telegrafata, è plausibile. Mi sembra tutto un po' troppo senza scossoni e il tuo Nathan/Ethan lo è parimenti (finalmente uso questa parola prima che vada in disuso). Non ho scritto che non mi è piaciuto. L'avrei gradito molto di più se non fosse stato parte del gruppone "Nazi/Salta". Tua sfortuna. Peccato.
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Messaggio Da Akimizu Ven Ott 07, 2022 6:02 pm

Ciao autore, ti ringrazio per aver dedicato il tuo racconto a un tema tragico e importante come l'eccidio di Oradour. Il tuo testo mi lascia comunque con qualche dubbio. Sarà che non amo particolarmente i racconti strutturati a micro paragrafi così lontani tra loro e slegati, ma non sono riuscito a farmi prendere totalmente dagli eventi, nonostante il tema scelto. Non mi ha conquistato neanche lo stile di scrittura, troppo squadrato, rigido, in alcuni punti didascalico. Corretto, ma scolastico, ecco. Anche i dialoghi in alcuni punti risultano troppo costruiti e ingessati. Ho apprezzato invece moltissimo la tua scelta di non fare compiere a Nathan/Ethan la sua vendetta. Non so neppure se ne sarebbe stato capace, non se lo meritava comunque di abbassarsi al livello dell'assassino a cui dava la caccia. Ho poi una perplessità sulla dinamica degli eventi: Nathan ha un ruolo istituzionale? Nel senso, è mandato in Argentina da un organo statale? Sembrerebbe di sì, visto che trova Bouvier grazie al fatto che sono state seguite moglie e figlia dagli uomini del direttore (ma chi è questo direttore?) potrebbe quindi catturarlo a Salta in maniera legale. Riceverebbe comunque vendetta e giustizia e magari in un processo si scoprirebbero altri importanti particolari, potrebbero saltare fuori altri colpevoli. O ha l'ordine di ucciderlo? Potrebbe essere ma sarebbe strano, controproducente. Decide di ucciderlo disobbedendo agli ordini? Boh. Probabilmente qualche parola in più sull'incarico di Nathan sarebbero servite.
In conclusione un racconto grandi potenzialità che però mi lascia un po' d'amaro in bocca. A rileggerci!
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Messaggio Da Resdei Sab Ott 08, 2022 3:51 pm



ciao. 

Altro racconto sulle atrocità, che grazie ai “paletti” vengono fuori e da te ricordate.

È incredibile, però, come il desiderio di vendetta appiattisca tutto. Il tuo racconto è scritto molto bene, ben strutturato, il linguaggio è appropriato, come la ricerca storica.
Credo che non dipenda dalla narrazione, ma essendo la vendetta il motore di tutta la storia, gli uomini stessi ne escono appiattiti. Il “mostro” nonostante tutto si è creato degli affetti, chi vive nell’odio si nutre solo di quello, purtroppo. È la mia interpretazione, chiaro.
Il finale, a sorpresa, devo dire provvidenziale, livella le cose. 

C’è una giustizia al di sopra della nostra, ed è imperscrutabile.



comunque, un buon lavoro.

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Messaggio Da Fante Scelto Mar Ott 11, 2022 1:49 pm

Di questo racconto ho apprezzato molto l'inserimento dei paletti, in effetti fluido, naturale, anche logico se vogliamo. Tutto appare non artificioso ma anzi ragionato con una logica credibile.

E un po' tutto il resto a non avermi purtroppo convinto.

A partire dall'impostazione e lo stile: raccontatissimo. Non c'è immedesimazione, è tutto spiegato fin nei dettagli dalla voce narrante, che tra l'altro ha un taglio cronachistico, privo di verve.
C'è tanto infodump, soprattutto nei dialoghi. E' tutto spiegato, insomma, tranne qualche aspetto pur importante, come quello evidenziato da Aki.

I dialoghi non sono proprio riuscito ad apprezzarli. Sono troppo basici, da film impostato, mancano di sentimento anche laddove, come quando si parla della strage, dovrebbero essere più sinceri, più trasportati.
Che poi, ma questo è un pensiero personale, non ho proprio idea di come due persone potrebbero commentare tra loro un massacro come quello di Oradour (che non conoscevo, tra l'altro). Forse con più orrore? Forse con più indifferenza? Specie se sei reduce da una guerra, o una guerriglia.
Non lo so, ci rifletterò.
I "noooooo" non li riesco a leggere, perdonami, sembrano usciti da un cartone animato.

L'errore del doppio nome, Nathan/Ethan, mi lascia davvero un po' basito. Capirei qualche svista qua e là, ma i due nomi si alternano con una scioltezza impressionante. Possibile aver fatto una leggerezza così palese?

C'è un passaggio, quello in cui Julien fugge in barca verso l'isola, nel quale ho pensato: ma perché non gli sparano addosso? Dovevano essergli quasi addosso nel tempo che lui ha impiegato per salire in barca e mettersi a remare.

In ogni caso, rinforzo la mia asserzione iniziale: hai fatto un ottimo lavoro sull'inserimento dei paletti e l'idea di fondo della trama. Molto bello il finale che nega a Nathan/Ethan la vendetta.
Ma la realizzazione del racconto non mi ha davvero soddisfatto, purtroppo.
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Messaggio Da Danilo Nucci Mar Ott 11, 2022 5:19 pm

Gli elementi previsti dallo step ci sono tutti: la cantina appare nella parte iniziale con un proprio ruolo ben definito; il periodo è indubitabilmente gli anni ’40; c’è il boia che come in vari altri racconti di questo step è rappresentato da un criminale di guerra, non nazistain questo caso, ma collaborazionista; quanto ai luoghi, hai inserito entrambi quelli opzionabili, con una certa credibilità; quanto al genere, direi un misto fra storico e azione.
Non so se altri lo hanno notato, ma hai chiamato il protagonista talvolta Ethan, altre volte Nathan. Poi ci spiegherai se c’è una ragione logica o se si tratta di distrazione.

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Messaggio Da tommybe Mar Ott 11, 2022 6:14 pm

Sarà contento Briatore per quel Nathan che supera l'Ethan. Perdonami la battuta, autore, me l'ha dettata la simpatia che ho per il tuo racconto e per quella mancata vendetta che mi ha messo il cuore in pace. Proprio in questi giorni assistiamo a vendette orribili e ripetute nella guerra che c'è.
Come scrive Fante il dialogo su quell'orrore è il lato debole del racconto per mancanza di coinvolgimento. Fare sbadigliare il lettore su un episodio così forte è grave. Ma il resto è più che positivo.
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Messaggio Da CharAznable Mar Ott 11, 2022 10:28 pm

Parto col dire che la lettura è piacevole. Il racconto si legge bene e scorre fluido verso il finale. Però... c'è un però (c'è sempre un però). Ci sono un paio di cose che non mi lasciano soddisfatto. Tralasciando la questione dei nomi che è una svista alquanto bizzarra, la vicenda ha un che di artificioso, a partire dei dialoghi che risultano poco naturali. Anche l'azione, seppur coinvolgente, mi riporta a quei fumetti di guerra che giravano quando ero ragazzino. Un po' tutto enfatizzato.
Poi il finale, seppur suggestivo, brucia velocemente quasi senza che il lettore se ne possa rendere conto.
Un buon lavoro che avrebbe potuto essere migliore.
Complimenti.
Grazie.

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Messaggio Da FedericoChiesa Mer Ott 12, 2022 12:06 am

Un racconto piacevole, scorrevole, lineare, logico... ma che non mi lascia molto di più.
La trama è un poco scontata, a parte la sorpresa finale.
I luoghi inseriti in maniera forse troppo didascalica.
I dialoghi non sempre naturali.
Non fraintendrmi: non è che non mi sia piaciuto, manca solo un po' di verve e di coinvolgimrnto emotivo.
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Messaggio Da Susanna Ven Ott 14, 2022 11:36 pm

Il titolo è buono, anche se più che “Quasi una vendetta” starebbe bene “Quasi una beffa”.
I paletti sono inseriti con molto equilibrio, il che è un grande pregio: l’antefatto della storia, affidato con dovizia di particolari storici all’incipit, ha permesso poi di completare il quadro -  sia storico che logistico (hai utilizzato adirittura entrambi i luoghi senza che appaia come forzatura, vista anche lal realtà storica delle fughe verso il Sud America) - disseminando nella trama tanti piccoli particolari che, oltre a non appesantire il racconto, rendono agile lo sviluppo della storia nelle sue componenti senza più necessità di tornarci su.
Anche i dialoghi hanno un ruolo importante, consentendo di fornire altri dettagli utili all’economia del racconto.
I dialoghi sviluppati bene per me sono un “personaggio” in più, che fa da spalla ai protagonisti, come in questo racconto. I personaggi sono ben delineati, forse di poteva dar loro un po' più spessore rafforzando i loro stati d'animo, ma è un mio punto di vista.

Un racconto letto speditamente sino alla fine, grazie anche a una scrittura solida e ben strutturata, con uno stile adatto alla trama. Ho trovato solo qualche piccolo refuso. Unica pecca il nome di uno dei protagonisti che cambia nel corso del racconto. È capitato anche a me, soprattutto con i nomi stranieri. Ora faccio un bel “cerca” con tutti i nomi che ho inserito. In questo caso, essendo pochissimi i personaggi, non mi ha creato problemi.
Quindi un bel racconto, una storia che poteva finire in altri modi: vendetta/giustizia fatta cogliendo l’attimo, abbandonare il tutto per un attimo di “umanità” del giusto, pensando alla bambina che colpe non ne ha (la moglie sicuramente sapeva), come non ne avevano i bambini trucidati: invece il fato ci ha messo lo zampino, togliendo tutto a tutti. Quasi una beffa, neanche il tempo di vedere il terrore negli occhi dell’uno e della sete di vendetta in quelli dell’altro. Bel colpo di teatro: così si spiazza il lettore!
 
Le mie note
 
robusta corporatura - leggo meglio corporatura robusta
loro spalle. un - c’è un punto dimenticato
La sua vita è stata distrutta quel  o il 10 giugno del ’44 e da allora ha vissuto solo per quella la vendetta.

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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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Messaggio Da Molli Redigano Lun Ott 17, 2022 3:00 pm

Noooooo! Ho proprio esclamato così sul finale! Non mi è piaciuto, Nathan / Ethan doveva piantargli una lama nello stomaco oppure, come aveva paventato, buttarlo di sotto. Questo era ciò che mi aspettavo. 

Racconto scritto correttamente, si legge bene dall'inizio alla fine. Il tutto, genere, luoghi, personaggi, stanza, ecc., sono ben amalgamati tra loro e questo è sicuramente un pregio. Particolarmente apprezzato il fatto storico (di cui avevo sentito parlare, ma del quale non conoscevo i particolari) dal quale si sviluppa il racconto. Apprezzato inoltre, anche se avrei anch'io voluto qualche informazione in più, questo "organo / organizzazione" che da la caccia ai criminali nazisti in fuga per il mondo: questo ente ha un ruolo centrale, nella persona di Nathan / Ethan, ma nell'economia del racconto mi pare rimanga un aspetto soltanto marginale, in secondo piano, se così si può dire. Insomma: per conto di chi agisce Nathan / Ethan, a parte la vendetta di carattere personale?

Il finale, se non s'è capito, m'ha lasciato di m. Colpo di scena, senza dubbio, ma in male per me.

Grazie

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Messaggio Da Mac Mar Ott 18, 2022 5:01 pm

Una parte della storia che non conoscevo, atroce come gran parte di quelle che hanno come protagonista il nazismo.
A parte la confusione con i nomi (nel dialogo iniziale sono dovuta tornare indietro più volte perché non capivo chi diceva cosa) la trama si porta avanti bene.
Non avrei inserito il doppio paletto del luogo, ma tutto sommato non stride nemmeno molto.
La parte forse più debole di questo racconto sono i dialoghi. Arrancano un po' in alcune parti, in altre sono forse troppo tecnici e "vogliosi" di dare connotazioni storiche.
Mi è piaciuto molto il finale, in fondo la giustizia divina esiste.
Un'altra cosa che ho notato qui, ma anche negli racconti 'storici' è la mancanza di empatia con i protagonisti. La mia mente si è focalizzata sui due innamorati e sulla bambina. Credo però che dipenda proprio dal genere richiesto.
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Messaggio Da Achillu Dom Ott 23, 2022 7:05 am

Ciao Aut-

La prima cosa che ho notato è che il protagonista si chiama a volte Ethan e a volte Nathan.
La seconda cosa è che nei dialoghi i personaggi si chiamano spesso per nome: la cosa è molto utile al lettore per capire chi parla e a chi si rivolge, ma toglie la naturalezza al dialogo.
Dal punto di vista grafico, le frasi in lingua straniera andrebbero scritte in corsivo e non sottolineate. Aggiungo che io so leggere lo spagnolo, però mi metto nei panni di chi non lo sa e temo che siano frasi troppo lunghe e complesse per essere comprese. A mio avviso, avresti potuto lasciare tutti i dialoghi in italiano, lasciando sottinteso che i personaggi parlano francese in Francia e spagnolo in Argentina.
Il grido finale "Noooo. Non così!" mi lascia perplesso, forse è scritto in modo troppo fumettistico e stona con lo stile del finale.
Bene invece la reazione del medico.
Molto bene anche l'inserimento del treno senza chiamarlo per nome, perché negli anni 1940 ancora non si chiamava ufficialmente così.
Piaciuto molto l'inserimento di entrambi i luoghi. Il boia c'è, gli anni 1940 pure.

Grazie e alla prossima.



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Messaggio Da Asbottino Dom Ott 23, 2022 9:20 pm

Qui abbiamo sia l'isola che il treno. Potrebbe sembrare troppo, ma in realtà ci sta.
La cantina è davvero debole, invece. Il fatto di farla esplodere sembra quasi un modo per tirarsi via dalla necessità di esplorarla di più, di darle un ruolo più rilevante nella storia. Il fatto che Pierre muoia nell'esplosione potrebbe essere determinante per alimentare il desiderio di vendetta, ma Nathan/Ethan era ben deciso a consumarla molto prima.
Anche il finale mi da la stessa impressione. Nella scelta tra consumare la vendetta e risparmiare il boia/padre di famiglia (altrimenti perché sottolineare più volte di non farsi condizionare da questo elemento?) lo fai morire di infarto, liberandoti dalla necessità di prendere una decisione in merito.
Queste due non-scelte fanno un po' zoppicare il racconto, lo rendono meno convincente. Non arrivo a dire che sminuiscano l'importanza dell'episodio storico, ma forse gli rendono meno giustizia di quella che meriterebbe.
Lo stesso personaggio di Bouvier non è approfondito come dovrebbe e così più che il boia il vero protagonista è chi gli da la caccia.
I dialoghi come ti ha fatto notare qualcuno sono un po' ingessati, ricchi di espressioni già sentite. Anche qui sono soluzioni più "sicure" ma che lasciano al lettore dei personaggi che non saltano fuori dalla pagina e rischiano di essere dimenticati in fretta, nonostante l'importanza della pagina storica di cui fanno parte.

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Messaggio Da caipiroska Mar Ott 25, 2022 12:31 am

Ciao Autore,
non ero a conoscenza di questa ennesima carneficina gratuita e penso che sia stato un bell'omaggio ricordarla in questo contest.
Ci sono alcune cose nel racconto che non mi hanno convinta del tutto. In buona parte concorrono i dialoghi a rafforzare questa impressione: anche se alleggeriti con qualche battuta di spirito, li ho percepiti comunque pesanti, impostati, poco spontanei; hai usato due volte questa espressione "Noooo" per descrivere sconcerto (a proposito, come i puntini di sospensione che devono essere solo ed esclusivamente tre, anche le parole che aspirano a diventare onomatopee dovrebbero sottostare a questa regola), ma quella finale risulta quanto mai inverosimile: un uomo pronto ad uccidere, carico di adrenalina e con i nervi a fior di pelle non credo che reagirebbe così in quella situazione (non dico una bestemmia, ma una raffica di cazzocazzocazzo di sicuro, tanto più che non avrebbero capito la lingua), questo per fare un esempio di quanto risultino impostati i dialoghi.
La scelta finale è quanto meno singolare: ci sono rimasta malissimo per Ethan/Nathan! (sono curiosa di sapere il perchè del doppio nome), nemmeno la soddisfazione della vendetta.
Il testo è frammentato in micro capitoli saltando una riga anche se i protagonisti si muovono nella stessa situazione: credo però che la più importante ti sia sfuggita, in quanto quando scrivi Sono passati sei mesi cambi proprio tutto luogo, personaggi, situazione: qua sì che occorreva lo stacco.
Mi è rimasta un po' di curiosità nei confronti del Direttore.
Un buon racconto che, a mio avviso, andava pensato meglio.

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