Da qualche settimana Amedeo non era più la stessa persona.
Era diventato strano, molto strano.
Certo per definire una persona strana bisognerebbe avere uno standard di persona normale. Difficile: pare sia un’opinione particolarmente soggettiva, diversa da paese a paese, per non parlare delle culture!
Alla fine tutti siamo persone normali, o tali ci consideriamo. Ma sedetevi su una panchina una mezza giornata e osservate la gente e poi immaginate di osservare voi stessi, criticamente: arriverete alla conclusione che, oltre ad essere tutti diversi - per fortuna - , siamo tutti un po' strani nel nostro piccolo, chi più e chi meno, con le nostre manie, piccole o grandi che siano.
Amedeo non faceva eccezione.
Un po' strano lo era anche da piccolo, a sentire chi lo conosceva da una vita.
Bravo a scuola, obbediente e rispettoso in famiglia, teneva in ordine la sua camera, non distruggeva i giocattoli e non c'era mai bisogno di chiamarlo una seconda volta per andare a tavola.
Strano. Le altre mamme si sgolavano con quei disgraziati figli dei loro mariti, messi al mondo solo per farle diventare matte.
Anche da ragazzo Amedeo era un po' strano.
Diploma senza una bocciatura, un buon lavoro dopo qualche sano lavoretto di braccia, la moto ma con giudizio, tanti libri, viaggi senza stravolgimenti di contorno.
- Ma dai! Tutti a quell'età hanno fatto qualche pazzia! Figurati se…
- No, Amedeo no.
Strano.
Non lo avevano mai visto con una ragazza: al bar, quelle poche volte che si fermava per un aperitivo, parlava di calcio, del tempo, del motomondiale, di film, ma sulle ragazze niente. Si defilava che era un piacere.
Era strano. Forse gay.
Le solite tagliaimbastisciecuci di paese avevano indagato ma erano rimaste a bocca asciutta.
Amedeo abitava ancora con i genitori, nonostante ormai alla soglia dei trenta: ci stava bene, andavano d’accordo. Cosa c'è di strano?
- Niente. Però è strano.
- Lavora. Potrebbe essere indipendente. Ci sono ragazzi che farebbero carte false per andarsene dalle pastoie della famiglia.
- Certo. Altri per tornarci, ma sono altre storie.
Le stesse bocche sante curiosarono, posero domande trabocchetto ai genitori e non cavarono un ragno dal buco.
Amedeo amava viaggiare, ma non mandava cartoline, non invitava amici e parenti per poi subdolamente stenderli con centinaia di diapositive e tre ore di filmati: teneva per sé immagini, suoni, colori… ricordi che non poteva raccontare agli altri. Come si fa a descrivere il sapore di una spezia o la sensazione di un tramonto nel deserto? Se non ci sei stato, se non hai provato, sono solo parole.
Belle fin che vuoi, se sei bravo con le parole, ma solo parole.
Amedeo da qualche settimana parlava da solo.
E allora? Prima o poi lo facciamo tutti.
Qualcuno maschera questo momento "particolare" col telefonino. Chi si stupisce di vedere avvicinarsi per strada uno che parla da solo? Nessuno. Starà telefonando. Quando poi ti passa di fianco, due secondi più in là manco ti ricordi di averlo visto, quindi che telefoni o parli da solo che importanza ha.
Amedeo discuteva da solo.
Eh, va beh! Un po' di sana autocritica, meglio scaricare un attimo di tensione, o no?
In realtà Amedeo non parlava o discuteva da solo: lo faceva con la sua ombra.
Questo, anche con tutta la buona volontà del mondo, non è proprio normale.
Qualche settimana prima Amedeo era stato male, per qualche giorno si era temuto per la sua vita. Quindici giorni in ospedale, febbre alta, analisi, esami di ogni tipo. Tante ipotesi e nessuna certezza.
Quando lo dimisero era magrissimo e abulico. Silenzioso e triste.
- Poveraccio! Sembra l'ombra di sé stesso.
Quando non si sta bene, anche la frase più banale può diventare un pericolo per una mente anche solo momentaneamente fragile.
Quella frase lo accompagnò per giorni e giorni.
Amedeo cominciò a guardarsi sempre più spesso allo specchio, ma soprattutto cominciò ad osservare la propria ombra.
Quando andava al parco a passeggiare faceva in modo di avere sempre il sole alle spalle, per vedere la sua ombra. Non usciva la sera, perché il gioco di luce dei lampioni, come un bravo prestigiatore, gli faceva sparire e ricomparire l'ombra, senza il suo permesso.
Non andava più a giocare a calcetto, di sera: le lampade del piccolo campo da gioco creavano quattro ombre, che lo confondevano.
Ogni mattina, appena alzato, controllava che l'ombra ci fosse.
Il medico non diede troppo peso alle preoccupazioni della madre: Amedeo era stato davvero molto male, tutti quei chili persi in pochi giorni, le cure: normale che fosse un po' frastornato. "Passerà! Ci riderete sopra!"
Poi il dottor Morelli andò in ferie, e Amedeo divenne un problema del suo sostituto, che avendo altri problemi, finì per considerare Amedeo una delle tante persone strambe che popolavano le sale di attesa di ambulatori “da supplenti”.
Amedeo, adesso, fotografava anche la propria ombra e poi, al computer, ne studiava a lungo i dettagli.
Si fece fare degli ingrandimenti delle foto meglio riuscite e le appese in camera sua, in cucina, nella soffitta diventata il suo rifugio.
La sua ombra diventò l'incubo dei genitori, chiamati più volte al giorno a controllare che LEI, anzi la sua silhouette, fosse proprio uguale ad Amedeo. Arrivò a mettersi in posa e a far tracciare col gesso il contorno dell'ombra.
Quando passeggiava lo si vedeva girarsi di scatto e tornare sui suoi passi: voleva controllare che l'ombra fosse stata abbastanza svelta a seguirlo.
Dormiva poco e quel poco con la luce accesa, per via dell'ombra: ogni tanto si svegliava di colpo e controllava che LEI non se ne fosse andata, approfittandosi del suo sonno profondo. Come facesse era un mistero.
Ogni giorno di più Amedeo era l'ombra dell'Amedeo di una volta.
Amedeo non è più strano.
Amedeo si è buttato dal ponte, nel fiume in piena, in una giornata grigia e nebbiosa. Nessuna ombra quel giorno.
Normale. Quando una persona sta così male, è normale che prima o poi finisca in tragedia.
Amedeo ha lasciato poche righe, ordinate. Frasi secche e devastanti.
Non ha chiesto scusa a nessuno.
"Devo farlo: la mia ombra non mi obbedisce più, fa cose che io non voglio. Anche se la sgrido, fa finta di non sentirmi. Non mi ascolta. Mi ammazzo, così lei capirà cosa vuol dire essere sola."